Entro in banca per ricaricare una carta di credito. Un signore prima di me sta piangendo allo sportello. “E ora che faccio?”, continua a ripetere. Il commesso della banca vede la coda che comincia a formarsi e da gentile diventa ansioso. “Non posso aiutarla, mi spiace”. Lo dice al pover’uomo con voce sempre meno stabile e ad un tratto fa segno alla guardia della vigilanza che viene a spostare l’ometto dallo sportello. Questo allontana la guardia allungando il braccio e poi si indirizza verso la porta. “Ho aperto un mutuo per avere soldi sul conto” dice a noi della coda o forse a se stesso. “E ora anche se ho soldi sul conto non me li danno perchè non bastano a pagare la rata sul conto stesso… (qui aggiunge alcuni insulti sui movimenti del sistema bancario che magari sono in tanti a pensare ma non è il caso di scriverli).” Ecco che esce. Il commesso è agitato, a disagio: fissa il mio clergyman e mi dice: “Siamo a fine mese, dopo le feste glieli avrebbero dati, forse, che ne so io… è il computer qui che fa tutto, nemmeno il Direttore…” poi si accorge che sta violando la privacy e allora viene alla mia banale questione. Il computer questa mattina non ricarica le carte di credito, devo fare da solo al bancomat fuori. Mi accomodo anche io alla porta e mi avvicino al terminale che è ovviamente fuori servizio. Il tizio di prima è seduto sullo scalino vicino. Mi avvicino e gli chiedo scusa del disturbo e se posso fare qualcosa. Lui allunga il braccio anche contro di me e se ne va dicendo che noi preti siamo qualcosa che di nuovo è meglio non scrivere. Lo vedo prendere a calci una lattina per tutto il pezzo di strada che manca e poi gira via, ancora piangendo e dandosi pugni sulla testa.
Quei pugni mi sembra di averli presi io in testa. E spero che senta dolore anche questo sistema che non permette di violare le indicazioni di un computer, nemmeno davanti ad un uomo che è disperato. Nemmeno se sei il Direttore di una banca.