Tutti avrete probabilmente letto la puntata della rubrica nella quale ho dichiarato ufficialmente che per raggiungere la pace interiore mi sarebbe bastato conoscere un nome soltanto, quello del responsabile della programmazione di Italia 1 a cui si deve lo stupro, l’omicidio e il successivo occultamento del cadavere di parecchie serie televisive di successo. E invece no, non è vero: mentivo, oppure ero inconsapevole delle mie parole. Un solo nome non mi basta più: ora voglio anche le generalità della persona che ha in carico la definizione del palinsesto di Canale 5. Non sono per la giustizia sommaria: desidero solo che venga incriminato. Mi accontento di un reato minore, tipo “maltrattamento di neurone” o “porto abusivo di cervello”. Basta che paghi. È il minimo, del resto. Nel medioevo erano di moda sevizie che potrebbero essere considerate persino umane, se messe a confronto con la messa in onda da anni, intorno alle 2 e 20 del mattino, della replica di un avanzo di magazzino degli anni ’80: “I cinque del quinto piano“. La riproposizione all’infinito delle insulse storie della famiglia di minus habens ideata da Umberto Simonetta (per farvi capire: quella composta dalla coppia Edoardo e Gisella e i figli Gianfilippo, Stefania e Simone) conferma lo scarso rispetto che la tv nutre per “quelli della notte”, ed ha un colpevole: lo stesso dirigente che, in 24 ore di programmazione, è riuscito a ricavare un o spazio per “Don Tonino“, ma non per le nuove puntate de “I Sopranos“, di “NYPD Blue“, di “Ally McBeal“. Ecco, io di questa persona voglio nome e indirizzo: mi serve per fargli recapitare un lama che gli sputi in mia assenza.
Il killer dei serial
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