Niente e così sia

Non è disfattismo pensare che per il Tibet, in concreto, non si farà nulla o ci si limiterà a spiegare ciò che non va fatto. Si invoca il boicottaggio delle Olimpiadi (che non verranno mai boicottate) come se maratoneti e lanciatori di giavellottto potessero affrontare moralmente ciò che l’Onu diserta politicamente: l’Occidente finge di appoggiarsi alla speranza che l’evoluzione del mercato cinese possa portare alla democrazia, ossia che alle libertà economiche possano equivalere quelle politiche.
Eppure, secondo molti osservatori, il problema cinese è giusto il contrario. A Pechino, liberalizzando e democratizzando, temono di mettere e rischio la crescita economica.

Tornando alle piccole cose italiche, vediamo che le timide reazioni nostrane sono sintomatiche: hanno reagito d’impulso, dopo le prime notizie dal Tibet, solo i ruspanti della Destra e della Legai; Gianfranco Fini, Walter Veltroni, Massimo D’Alema e Fausto Bertinotti di converso hanno fatto invocazioni di circostanza che in concreto sono nulla, con l’accezione del candidato sindaco Gianni Alemanno che ha prospettato il boicottaggio delle Olimpiadi, in competizione col candidato sindaco Francesco Storace. Anche l’appello del Presidente della Repubblica, che invoca «un’iniziativa europea», in buona sostanza, chiede che del problema si occupino altri.

Il cinismo commerciale di certo Occidente, se fosse una persona, assomiglierebbe terribilmente a Romano Prodi. L’esempio del Dalai Lama è lampante. Nel dicembre scorso, quando da capo del governo non volle incontrare il capo spirituale tibetano, Prodi disse così: «Ho la responsabilità di un Paese e devo rendermi conto delle conseguenze delle mie azioni: il Dalai Lama in fondo non l’avevamo neanche invitato, e comunque la ragion di Stato esiste». Nell’ottobre 2006, nondimeno, Prodi mancò a un altro incontro col Dalai Lama prima di recarsi in visita ufficiale in Cina. E arriivederci.

Berlusconi per ora tace, anche se avrebbe buon gioco nel ricordare che da capo del governo, nel 1994, ricevette il Dalai Lama senza che l’import-export con la Cina andasse per forza in frantumi.

Poi c’è il discorso, complicato, del Vaticano. Il Papa non ha ancora detto una parola sul Tibet (è comunque presto, data la macchinosità della struttura ratzingeriana) ma è anche vero che la Chiesa in Cina sta giocando una partita delicatissima; milioni di cattolici cinesi rischiano persecuzioni ogni giorno in un paese dove la libertà religiosa in fin dei conti non c’è, e dove segnatamente viene negata l’apertura di una nunziatura apostolica; la Cina, va ricordato, è un paese dove essere cattolici non autorizzati è proibito, pregare è proibito, preti e monache vengono ammazzati, l’aborto viene praticato sino al nono mese (altro che moratoria) e l’infanticidio della progenie femminile è praticamente una legge dello Stato.

Parte della sinistra invece non riesce a non strizzare l’occhio a un’economia che potrebbe sbaraccare quella statunitense, e sarà per questo, nel dicembre scorso, che tra i Comunisti italiani non c’era neanche un firmatario tra i 285 parlamentari che chiesero un ricevimento ufficiale per il leader tibetano; di Rifondazione comunista, poi, firmarono solo in due.
Il nostro Paese né uscì come un paesaggio di mezze stature e di piccoli interessi, per quanto nei mesi precedenti gli Usa avessero appigliato al Dalai Lama la medaglia d’oro del Congresso e nonostante lo stesso avessero già fatto Canada e Austria e Germania: lo Stato guidato da Angela Merkel, notare, era e resta il primo paese europeo per interscambio con la Cina. Ma non ebbe paura.

Ciò posto, gli Usa non possono rinunciare ai prodotti cinesi a basso costo (che abbassano l’inflazione e aumentano la capacità d’acquisto) e gli investitori cinesi se sparissero farebbero tracollare il Paese; l’Europa, manco a dirlo, ha nella Cina il principale partner commerciale. Di fronte a questo, i diritti umani valgono un fico secco. Nessuno azzarda l’inversione dei ruoli; ossia che anche Pechino non possa permettersi di azzerare l’interscambio commerciale con l’Occidente.
Il Tibet non è un problema, giacchè l’economia occidentale, in passato, non si è fatta condizionare da ben altro: dai dati sulla pena di morte in Cina, dalle notizie sugli organi espiantati e rivenduti senza il consenso dei familiari, dalle torture, dai religiosi ammazzati, dai dissidenti imbottiti di psicofarmaci, dai lager dove milioni di uomini imprigionati alimentano un’economia anche fondata sullo schiavismo. Nessuno, per ora, ha seriamente condannato la Repubblica Popolare Cinese per la sua produzione industriale e manifatturiera operata nei lager, la stessa schiavitù impiegata, ora, per preparare le mirabolanti strutture olimpioniche che vedremo l’estate prossima. 


Nessuno ha seriamente da dire neppure sui lavoratori non forzati: nelle imprese private cinesi, a fronte di paghe ridicole e di ferie praticamente inesistenti, le ore straordinarie sono obbligatorie e forfetizzate; la cifra è la stessa che si tratti di venti minuti o di dieci ore. I salari sono spesso pagati in ritardo per giornate che vanno dalle 10 alle 12 ore, e i regolamenti sono da pazzi: capita che ai lavoratori sia vietato di parlare nelle ore di lavoro e anche durante i pasti, mentre in caso di negligenza è previsto licenziamento e pene corporali. Ai lavoratori spesso è vietato sposarsi ed avere figli. Se licenziati, spesso, non ricevono alcuna indennità e solo una minima parte della pensione.
In Cina non si può certo parlare di cure sanitarie, e i licenziati possono vedersi negare l’accesso all’educazione scolastica dei figli: da qui una maggior tolleranza per il il lavoro minorile e nondimeno per una spaventosa quantità di ragazzini morti sul lavoro. 
Resta inteso che i sindacati indipendenti sono proibiti, e che la loro costituzione è oggetto di una repressione che li accomuna per durezza solo ai tibetani.
Non è chiaro quanto possa durare tutto questo: ma è ben evidente che a un possibile tracollo della Cina saranno egualmente impreparati Bruxelles come Pechino.

(Il Giornale, 18 marzo 2008)

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24 Commenti

  1. considerazione sparse:
    1) FF critica giustamente la piccineria di uomini e parti politiche italiane, che affrontano i problemi cinesi Con l’ottica delle micro-beghe nostrane, poi non manca l’occasione di sottolineare che Berlusconi sì, mica quel senzadio di Prodi, è favorevole ai diritti umani, perchè nel ’94 ricevette il Dalai Lama. Magari nel ’94 l’import export con la Cina era altra cosa da quello attuale, ma di questo si tace, come del fatto che l’amico dei diritti umani è anche amico del distruttore della Cecenia.

    2) Quando, correttamente, si critica senza sconti il comunismo e gli orrori che ha provocato, sarebbe ora, forse, di inserire l’osservazione, che in certi Paesi il livello del rispetto dei diritti umani è per antichissima tradizione ai livelli più bassi, quale che sia il regime economico operante. In Cina che si collettivizzi e si faccia il grande balzo in avanti oppure che – bianco o nero, l’importante è che il gatto catturi i topi- si passi al capitalismo più sfrenato, i diritti dei singoli e delle minoranza sono calpestati comunque. Come in Russia, del resto.

    Per il resto, un buon pezzo, ottimo per il Giornale.

  2. La Cina è troppo grande… è troppo potente… per potersi permettere di interferire nella “sua” politica interna.
    La Cina non è l’IRAK o l’AFGHANISTAN…

  3. Non capisco perchè l’articolo (condivisibile in buona parte) termini citando un possibile tracollo della Cina. Facci: la sua è una previsione reale o una speranza?

  4. Prima o poi tutti gli imperi crollano, ma mi sembra che il tracollo della Cina non sia una possibilità imminente. Forse Facci ha informazioni che noi comuni mortali non abbiamo.

  5. complimenti, bel pezzo!

    Particolarmente importante mi sembra la sottolineatura “Nessuno azzarda l’inversione dei ruoli; ossia che anche Pechino non possa permettersi di azzerare l’interscambio commerciale con l’Occidente.” in risposta al sempiterno mantra che vuole l’incapacità diplomatica europea dovuta alle partnership commerciali cinesi.

    E’ innegabile che il costante flusso di valuta pregiata in ingresso in Cina (grazie all’Euro a livelli stellari) sarebbe un’OTTIMA leva attraverso cui negoziare quote di mercato europeo in cambio di libertà e diritti civili cinesi.

    Ho paura che la storia giudicherà la politica estera europea meschina, e avrà ragione.
    alla faccia di Jean Monnet :\

  6. Tutto vero!Soprattutto l’ultima parte,quella sugli operai,quei vantaggi della classe operaia fanno parte dell’apertura al capitalismo da parte del governo cinese.
    Non so se prima succedevano cose di questo genere.
    http://www.asianews.it/view.php?l=it&art=4525
    Comunque non bisogna andare fino in cina per sentire di trattamenti inumani sul lavoro.Quì li fermano solo le leggi,ed a volte neppure quelle.Ma nessuno si sogna di dire che confindustria è piena di imprenditori terroristi.

  7. Realmente pensavo che non ci fosse granchè da commentare. Poi però Poldo ha aperto nuove frontiere e proporzioni.

  8. facci,,, (volutamente scritto in minuscolo), essere ipocriti e ruffiani puo essere talvolta un diritto di tutti, ma tu te ne approfitti ! sei una persona disgustosa, difficile trovare persone, ammesso che tu possa essere classificato come tale, con tanti e tali spregevoli difetti. fai un favore all`umanita, fatti castrare, non inquinare il patrimonio genetico dell`umanita con una tua eventuale prole !

  9. @maurizio: suvvia, è un bel post! perchè non torna a trollare sul blog di quel fascista di beppe grillo? ;)
    oppure provi a guardare al di la del suo corto naso, “facci” un po’ lei.. :>

  10. In Cina l’accesso all’informazione via web viene ostacolato dal governo. La cosa è vergognosa, ma potrebbe tornarci utile.
    Facci non ha mai pensato di trasferire i suoi articoli su di un server di Pechino ?
    Ringraziandola anticipatamente

  11. È stato cassato un commento di Ventomare?
    Protesto.Seriamente.
    Qualsiasi cosa abbia scritto vale 100 di quelli sopra.

  12. Virginia frequenta wine-bars e vede tanti films.

    Volevo solo paternamente consigliare a Morosita di evitare di invidare, seppur sanamente, Viginia. Diffida di una che scrive “bullet points” e stakeholders, è così compresa nella sua aria da MBA fichetta da ignorare l’uso che in italiano si fa dei termini stranieri.
    Il commento sovrastante è solo una conferma della sua vacuità.

  13. E tu Ventomare sei talmente stolido e ingessato che non hai nemmeno capito di che cosa parlassi (te lo spiego piano: avevo letto un tuo commento in un altro post). Si vede che mandi giù tutto a memoria.

  14. No, tesoro mio, l’ho capito benissimo. Purtroppo ti è mancato il buon gusto di capire che era un chiarimento personale. Se può essere utile, per un momento, può capitare di dover staccare dall’ironia. E per chiarezza l’ho premesso.

    Tu, invece, hai perso una buona occasione per tacere. O almeno di fare un commento a tono. Insomma hai steccato.

  15. Bada che la tua nuova musa Veltroni non ama rivolgersi ai suoi interlocutori col tesoro mio. Tu che hai buon gusto.

  16. Se, proprio, dovessi scegliere una musa sceglierei te che per me sei una continua fonte di ispirazione.

    P.s.: Avevo una battuta parecchio più carina, ma forse l’avresti presa nel modo sbagliato. Evitiamo. :)

  17. Caro Filippo, oltre alle violazioni dei diritti civili, alla mentalità colonizzatrice ed autocratica, ad un sistema di produzione che fa strame delle norme più elementari sulla sicurezza nei posti di lavoro e tutela lo sfruttamento, non dimentichiamoci che il governo cinese sembra sbattersene allegramente anche dell’ambiente e dell’inquinamento atmosferico, sacrificati all’esasperata crescita economica. Milano è alta montagna in confronto all’aria delle città cinesi. E altrove, nel mondo, già respirano le loro emissioni.

  18. Facci, sono d’accordo con lei.
    Le propongo però, al fine di non essere coresponsabili della repressione tibetana, di non demandare ad altri quello che potremmo fare noi.
    Facci, provi ad eliminare dai suoi acquisti ciò che è di importazione cinese e fonda il suo economico prezzo sullo sfruttamento del lavoro minorile, per esempio.
    Dica a qualche frequentatore del giornale per cui scrive, ma anche a molti “azionisti” del PD, di non trasferire le loro fabbrichette là dove il costo del lavoro è iniquo e i sindacati non rompono le balle, per esempio.
    Dica a molti medio-piccoli imprendotori di rifiutare il commercio con quei paesi “canaglia”.
    Poi se si ha voglia e avanza tempo, che gli atleti boicottino pure le olimpiadi.
    Facci, ha capito cosa sono le “ragioni di stato”?
    Chieda a Della Valle se lo vede.

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