Per chi come il sottoscritto ha calcato le vasche clorate negli anni ’80 ci vuole poco a farsi venire la lagrimuccia nel pronunciare il nome di Vladimir Salnikov, il fondista russo che dominò la scena per tutto il decennio. Soprannominato lo Zar di Leningrado, o più semplicemente lo Zar, rimarrà famoso nella storia dello sport per aver abbattuto la soglia dei 15 minuti nei 1500 stile libero, ovvero sotto al minuto di media per ogni cento metri, durante la finale olimpica di Mosca nel 1980; tempo che gli procurò mezz’ora di standing ovation e stravolse rigido cerimoniale sovietico.
Salnikov non è però rimasto impresso nella mente di tutti gli sportivi solo per quell’impresa, ottenuta a venti anni di età; ma e soprattutto rimane unico per quello che riuscì a raggiungere negli anni successivi. Lui subì infatti quel doppio ricatto che gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica si fecero l’un l’altro alle spalle degli atleti: così come gli USA boicottarono le Olimpiadi di Mosca, altrettanto fecero i russi e i paesi del blocco orientale, non presentandosi a Los Angeles nel 1984.
Chi conosce le possibilità di carriera di un nuotatore, sa benissimo che saltare un’olimpiade a 24 anni vuol dire non solo aspettare quattro anni, ma praticamente appendere il costume al chiodo; perchè quattro anni in più a massacrarsi in piscina farebbe friggere il cervello a chiunque.
Allo Zar toccò la fortuna di sposarsi presto, e di sposarsi una laureata in psicologia e sport all’Accademia delle Scienze di Mosca. La Salnikova divenne l’allenatrice del marito proprio a cavallo di quel disastroso 1984, quando lui pensava decisamente di ritirarsi. E lo aiutò e motivò passo dopo passo per fargli ritrovare la concentrazione.
E non fu impresa facile. Allenarsi per più di 20Km al giorno, in acqua, quando si hanno più di 24 anni è massacrante. Sapendo poi che alla prossima olimpiade sulla carta di identità gli anni saranno 28. E, permettetemi il paragone, allenarsi con quei ritmi per più di un decennio vuol dire avere un’età atletica come un calciatore di 50 e passa anni.
Le Olimpiadi di Seoul arrivarono. E lui era alla sua terza partecipazione, visto che si era già segnalato giovanissimo a Montreal, ma agiograficamente era alla quarta. Dodici anni di storia agonistica. Fu l’Olimpiade delle levatacce, e quella della prima medaglia del nuoto Italiano, il bronzo di Bibi nei 400 misti.
Il russo era il più anziano in vasca e nessuno si era mai azzardato a vincere un oro olimpico nel nuoto a 28 anni; nessuno si azzarderà neanche dopo Seoul a farlo. In batteria aveva fatto registrare il primo tempo guadagnandosi la finale, stretto nella morsa dell’americano Matthew Cetlinski e dei tedeschi DDR.
Cosa scatta in testa ad un atleta di una certa età che non ha nulla da perdere e che dopo un terzo di gara si trova appaiato con altri campioni? Succede che, tra il boato dei diecimila spettatori presenti nell’arena, lo Zar cambia passo e si mette a girare un secondo più veloce degli altri per ogni cento metri. Li smonta uno ad uno e controlla poi nell’ultimo terzo di gara, andando a vincere.
Dopo la vittoria non tradisce neanche uno straccio di emozione, come l’altro 28-enne che ha appena vinto il mondiale con la Ferrari. Va sul podio. E si prende quella medaglia, che doveva essere sua 4 anni prima a Los Angeles.
Poi, a serata inoltrata, se ne viene in Caffetteria nel villaggio olimpico a mangiarsi un panino. Ci saranno state almeno duecento persone, tra atleti, allenatori e dirigenti. Tutti scattarono in piedi con le lagrime agli occhi e cominciarono un lungo ed appassionato applauso.
E lui a mangiare.
E’ una di quelle storie da cui gli Offlaga Disco Pax potrebbero fare una canzone.
A proposito, chissà a che punto è il nuovo disco..
Grande storia, grazie per averla rievocata. In piccolo, ma non troppo, Hackett e Rosolino stanno facendo qualcosa del genere.
Magno Carletto , mi hai fatto venire anche un “brividino”.
Esigo dalla Rai (a cui pago il canone, avro un minimo potere di voto, o no ? Skifosi. ) che si avvalgano della collaborazione di CD per la prossima edizione di Sfide.
Non si vive di solo Condor.
ricordo bene salnikov. di vasche clorate ne ho fatte a milioni anch’io negli anni ’80, e nuotai anche con salnikov invitato a savigliano al Trofeo Lavazza, prima e unica prova del nuoto italiano di tentare di portare talenti esteri per fare nuoto spettacolo. Ci riuscirono con un po’ patetico Spitz, cmq grandioso, e l’anno dopo con Max Biondi, del quale presi praticamente solo le onde. Ultimo fu Popov, del quale ho un ricordo meraviglioso. Ricordo bene la gara che citi, e che mi ricordava quanta emozione poteva darmi uno sport puro, povero, ancestrale. Che bello questo post.
@lollodj: stavo esattamente dicendo la stessa cosa
Quello che ha fatto Salnikov in carriera, non lo ha più ripetuto nessuno.