L’uomo che ha cambiato il mondo / 4

Per loro ci sarebbero voluti mesi, ancor meglio un anno ancora, per finire il satellite. E il mostro ormai pesava sempre di più. Apparati su apparati, misuratori di particelle, telecamere.
Non è che io non fossi d’accordo, ma qui si trattava di scrivere la storia, non la geografia. Avrebbe volato poi quel raffinato sistema scientifico; avrebbe volato come terzo satellite. Ma ora si trattava di fare qualcosa di semplice e funzionante. Una sfera di alluminio lucidissima che avrebbe brillato nel cielo, un paio di strumenti e una trasmittente. Sarebbe bastato.
Sarebbe bastato per cambiare il mondo; per dare l’impressione che l’uomo nuovo sovietico fosse alla guida del progresso scientifico; per dare l’impressione che fossimo veramente forti.
In fondo quello Sputnik era il mio modo per far sì che il mondo diventasse diverso. In capo a qualche anno di satelliti ne avevamo a bizzeffe e divenne impossibile nascondere le notizie, creare false realtà, ignorare i problemi che accadono in un’altra parte del mondo, non vedere quello che i satelliti spia fotografano. Era il mio modo per far sì che di gulag e lager non ce ne fossero più; o almeno che, se qualcun’altro li avesse voluti rifare, non ci fosse modo di nasconderli.
Mi volevi ringraziare, tu ventenne che stai le ore a spulciare Google Maps o che accedi alle informazioni presenti in un server australiano o che ti compri un iPod. Lo so che mi volevi ringraziare. L’ho fatto per te.

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2 Commenti

  1. L’unica tecnologia spaziale che abbia avuto un qualche genere di significato (senza nulla togliere alla penna spaziale, o al Kirby)

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