Ham

Von Braun, dopo le scaramucce degli anni ’50, era tornato in sella alla grande. Lui, il suo genio, la sua visione unica e la sua capacità organizzativa erano nuovamente al timone nei primi anni dell’esporazione spaziale statunitense. E ci rimase per un po’, fintanto che la macchina Apollo divenne più grande di tutti. Ma in quel 1961 la parola d’ordine era una sola: riuscire a mandare un uomo nello spazio.
Loro, gli altri, i rossi, ci stavano provando da mesi. C’erano leggende metropolitane che raccontavano di cosmonauti intrappolati nelle loro capsule in viaggi senza ritorno che trasmettevano lancinanti messaggi di aiuto. E tutto si giocava su quel vettore Redstone, derivazione della derivazione della derivazione di quell’incredibile concetto che Von Braun medesimo aveva sviluppato negli anni trenta.


Sulla testa di quell’ICBM modificato la capsula Mercury, prima e inimitabile navicella con un sistema di controllo di assetto voluto dai sette astronauti prescelti, i Mercury-Seven.
Però il Redstone soffriva di quel male di cui soffrirono tutti i vettori progettati dal genio tedesco (anche i futuri): il POGO. I missili cominciavano ad oscillare con frequenze basse, ma costanti. A volte l’oscillazione si smorzava, a volte continuava. Beh, mettetecelo voi un astronauta su un missile intercontinentale con le televisioni di tutto il mondo a guardare e fategli cominciare le oscillazioni quando è a 20Km di quota, poi ne riparliamo. Insomma, Alan Shepard non sarebbe partito se quel fastidioso pogo non fosse stato eliminato. Per cui Von Braun chiese ed ottenne una missione aggiuntiva.
E in quel Gennaio del 1961 al posto di un un uomo, sulla Mercury ci misero Ham, l’amorevole scimpanzè nato quattro anni prima e addestratissimo a pigiare i tasti a seconda dei colori. Era il migliore dei tre che erano stati scelti. E si comportò in modo esemplare per tutto quel breve viaggio nel cosmo. E alla fine, malgrado i 10g sopportati si abbracciava a tutti quelli che lo avvicinavano.
Non lo sapeva, ma aveva cambiato la storia. Se ci fosse stato Shepard su quella Mercury, gli USA si sarebbero ripreso quel dominio tecnologico che l’Unione Sovietica gli aveva strappato con gli Sputnik. E Kennedy non avrebbe dato via a quel progetto Apollo che segnò in modo indelebile la storia della tecnologia.

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1 Commento

  1. Gira questa storiella, falsa ma sempre divertente:

    “Durante la corsa allo spazio degli anni’60, la NASA si trovò di fronte a un problema complesso. Gli Astronauti avevano bisogno di una penna che potesse scrivere nel vuoto spaziale. La NASA si mise al lavoro. Al costo di 1,5 milioni di dollari sviluppò la Astronaut Pen. I russi si trovarono di fronte allo stesso problema. Loro, usarono una matita.”

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