…e l’atomica, contro l’AIDS, funziona!

Apro un post nuovo (e potrei farne a meno), perché effettivamente quello sull’anoressia, che è molto interessante, sta precipitando in una deriva pro/anti fumo (e quindi, presto o tardi, pro/anti Facci).

Forse è stata colpa mia. A un certo punto della discussione qualcuno (non ricordo nemmeno il perché) ha affermato questa cosa:


“Lo sai per esempio che risulta che i fumatori si ammalano di Alzheimer in percentuale molto inferiore ai non fumatori?”

Ebbene, io non lo sapevo; ma a naso fiutavo la stronzata.


Però non l’ho detto, perché sono un tipino educato. Ho solo detto che attendevo fonti attendibili. Nel frattempo temevo che si trattasse di un’estrapolazione viziata di dati statistici: è chiaro che molti tabagisti non fanno in tempo ad ammalarsi di Alzheimer perché muoiono prima di cancro ai polmoni. O alla pelle. O di infarto. Da questo punto di vista, non c’è dubbio che il tabagismo ci risparmi un sacco di spese mediche; ma allora perché non provare rimedi ancora più sicuri come, che so, l’eroina o la Jihad islamica? Conoscete eroinomani o kamikaze islamici che soffrano di Alzheimer? Io no. In attesa di fonti attendibili, fidatevi.

Va be’, scherzi a parte, aspettavo fonti attendibili e le fonti attendibili sono arrivate subito: mi è stato citato il British Journal of Pharmacology (senza specificare numero o annata) e il New Scientist del 9 ottobre 1993. Ok, quindi non è una battuta. Probabilmente non è neanche un’estrapolazione viziata. E’ una teoria. Chiedo scusa, sono il solito malfidato.

Prima di fare pubblica ammenda, però, faccio una cosa. Vado su google. Se fossi un esperto di queste cose saprei rintracciarli io, i link negati, ma non ne so niente, per cui faccio la cosa più banale del mondo. Digito alzheimer smoking. Et voilà (sento già qualcuno: “google non è la bibbia, studia, cresci, chiedi in giro, leggi i miei libri”; ok, però non ho tutto tempo. Ho solo mezz’ora).

Il primo risultato è una pagina che ‘sembra’ seria, ma senza bibliografia, che cita due esperimenti nei Paesi Bassi: nel 1998

, a prospective study from Erasmus Medical School in the Netherlands, showed that smokers were twice as likely as those who never smoked to develop dementia associated with Alzheimer’s Disease.

E un altro esperimento dello stesso laboratorio, nel 2004…

showing that year to year, the rate of mental decline was significantly worse among those who smoked. In fact, they could even measure a difference between individuals who had smoked in the past, but since quit, and those who had not smoked their entire adult lives. The study was much larger than previous studies, involving almost 10,000 people over 65 years old.

Il secondo risultato è l’abstract di un articolo della Reuters, il cui originale però non è accessibile. Il tono è abbastanza perentorio: “Smoking does not prevent Alzheimer’s, study concludes” (devo tradurre? “Uno studio conclude che fumare non previene l’Alzheimer”). E’ il risultato del lavoro di due ricercatori californiani. Che naturalmente non sono la Bibbia neanche loro, ma… siete sicuri che su questa idea del fumo anti-Alzheimer ci sia un vero consenso scientifico?

Il terzo risultato è un articolo della BBC. Che non è la Bibbia: è semplicemente la BBC. E titola: Smoking may double the risk of Alzheimer’s (Devo tradurre? Se fumi hai il doppio di possibilità di soffrire di Alzheimer). L’articolo dà conto di una ricerca condotta a Rotterdam; probabilmente è la stessa citata nel primo sito.

Il quarto risultato, infine, assicura che il fumo previene l’alzheimer; ma a parte la mia diffidenza un po’ idiosincratica per i file in pdf e i siti dai nomi evocativi come tobaccofreekids, c’è da dire che la bibliografia risale al 2000. La ricerca olandese è del 2004. Gli articoli che mi avete citato voi dinosauri, risalgono al 1993. 13 anni fa. Di positivo c’è che siete ancora vivi, brutte ciminiere.

Ma non è detto che non vi stiate ammalando di Alzheimer. Anzi, tutto sommato le possibiltà che vi stiate ammalando di Alzheimer sono abbastanza elevate. E questo spiegherebbe perché prima di dire sciocchezze non abbiate provato a fare una ricerchina su google. Una cosina semplice, di quelle che fanno i bambini in prima media. Io ci ho messo tre secondi. A scorrere i quattro articoli, dieci minuti. C’è anche da dire che non fumo.

Questo post si sarebbe anche potuto evitare, ma cercate di capirmi. Io ho una mamma, che ha paura (come tante) di ammalarsi di Alzheimer. Se un giorno capitasse in questo sito, molto ben indicizzato, potrebbe (tra le varie oscenità e il mio nome) assumere che persone degne di fede sono convinte, perché lo hanno letto su pezzi di carta molto prestigiosi, che fumare aiuta. Per cui, se stai leggendo, per favore, mamma, smetti. Non fidarti di questa gente. Si attaccano a ogni sciocchezza, proprio come i tossici per giustificare la loro dipendenza. Lascia perdere. Io ti dico che secondo me il fumo raddoppia le possibilità di ammalarsi di Alzheimer. Voi qua sotto dimostratemi il contrario.

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36 Commenti

  1. Peccato che quel ministro si è dimesso, si è difeso in tribunale e ne è uscito pulito. Mentre i suoi accusatori non hanno dato nessuna dimissione, anzi si vantano in giro di aver fatto dimettere un ministro.

  2. Ghino, nun ce prova’. Mica voglio la gente in galera. Voglio che la si conti giusta.

    ***

    Si parla, attenzione, di fatti accertati, i quali – spiega questa sentenza – avrebbero potuto, se egli non avesse interrotto la carriera, pregiudicarla alquanto. E si parla, ancora attenzione, di un giudizio di tribunale: l’ha vergato il presidente Francesco Maddalo (n. 364/96 – 1519/95 in data 29 gennaio 1997, depositata il 10 marzo) che ha fatto seguito a un pubblico dibattimento con esibizione di prove e audizione di parti (e si ricorderà che una di queste parti, ossia Di Pietro, rifiutò di rispondere alle domande poste dal Tribunale): sicchè il giudizio di cui si parla è insomma da ritenersi definitivo e vincolante, anche perchè nessuna delle parti (tantomeno Di Pietro) ha mai presentato appello. Tutte queste cose, a un pugno di giornalisti, sono stranote. Ma fa lo stesso.
    Parte dei fatti appurati (pagina 132 della sentenza) fanno riferimento ai favori che un imprenditore inquisito per bancarotta, Giancarlo Gorrini, fece al magistrato. Li si racconterà da capo, come se nulla fosse. Si legge testualmente di «sistematico ricorso di Di Pietro ai favori di Gorrini», dunque al fatto di «Aver prestato al magistrato la somma di cento milioni di lire tra la fine del 1989 e l’inizio del 1990… somma corrisposta mediante assegni». (cifra poi frettolosamente restituita solo nel 1994, senza interessi). Ancora: «Nel 1990 Gorrini aveva poi ceduto a Di Pietro (…) un’auto Mercedes 300 CE, provento di furto già indennizzato dalla compagnia assicuratrice Maa, per un importo di circa 20-25 milioni a fronte di un valore commerciale dell’auto di circa 60 milioni. … l’auto era stata rivenduta dopo 2/3 mesi da Di Pietro il quale aveva trattenuto la somma percepita per la vendita… Non può negarsi un trattamento di favore riservato a Di Pietro nonostante le apodittiche affermazioni contrarie di quest’ultimo». «Di Pietro (pagine 153-156) vende sostanzialmente un’auto che non gli appartiene, trattenendo i soldi… i fatti si erano realmente svolti ed alcuni rivestivano caratteri di dubbia correttezza, se visti secondo la prespettiva della condotta che si richiede a un magistrato».
    Senza vergogna. Il Tribunale ha poi fatto cenno a un «interessamento specifico» dai «risvolti non certo trasparenti» che riguardò gli interventi fatti dal magistrato Di Pietro per ripianare i debiti di un amico, tal Eleuterio Rea: debiti contratti negli ambienti delle corse dei cavalli e del gioco d’azzardo. Si legge: «Vi è stato un intervento di Di Pietro al fine di ottenere il consenso sia di D’Adamo che di Gorrini per aiutare finanziariamente Rea» ed è acclarato un intervento diretto del magistrato, all’ippodromo, «presenti scommettitori e allibratori» (pagina 149).
    Lette in sentenza, accuse del genere, fanno più impressione. Come quelle sintetizzate da pagina 150 a pagina 152. Si cita «La prestazione di attività lavorativa di Cristiano Di Pietro (figlio del magistrato) a favore della Maa assicurazioni (appartenente all’imprenditore inquisito Gorrini)», e ancora «l’assegnazione di alcune cause a Susanna Mazzoleni da parte della Maa, l’erogazione di un prestito a Di Pietro».
    Promemoria: stiamo scorrendo una sentenza della Repubblica italiana che «fa stato quanto ai fatti accertati» e che supera, quindi, qualsiasi altra sentenza di «non luogo a procedere» che abbia riguardato Di Pietro. Ciò riguarda anche le ragioni che indussero Di Pietro a dimettersi dalla magistratura, così spiegate da pagina 151 a pagina 152: «… timore nutrito dall’inquisito per i possibili esiti dell’inchiesta ministeriale in sè, quanto, anche, per l’appannamento dell’immagine pubblica che la divulgazione di quei fatti avrebbe comportato» , episodi che «rischiavano di prospettare agli inquirenti un sistematico ricorso di Di Pietro ai favori di Giancarlo Gorrini, il quale, peraltro, alla data del novembre 1994 risultava già condannato per appropriazione indebita»… «ne viene fuori un quadro negativo dell’immagine di Di Pietro… fatti specifici che oggettivamente potevano presentare connotati di indubbia rilevanza disciplinare».
    La sentenza non rinuncia a spiegare altri comportamenti «giudiziari» dell’ultimo scorcio del 1994, periodo in cui, poco prima di dimettersi, Di Pietro si adoperò con vigore perchè fosse inquisito l’allora Presidente del Consiglio e attuale Presidente di Forza Italia, tal Silvio Berlusconi: «Decisiva appare l’intenzione di Di Pietro di intraprendere l’attività politica ovvero di ottenere incarichi pubblici di maggior rilievo» (pagina 167). «Altri eventi si allinenano con una strategia personale della parte offesa di uscire dalla magistratura… evidenziano chiaramente questo sempre più marcato orientamento di Di Pietro ad assumere iniziative e posizioni più confacenti ad un esponente politico che a un magistrato… particolarmente arduo è separare una condotta antecedente alle preannunciate dimissioni del 6 dicembre da una condotta a queste successiva» (pagina 170). «Palese il desiderio di lasciare l’incarico giudiziario nel momento di massima popolarità e seguito, e ciò non poteva non essere funzionale e strumentale ad un successivo sfruttamento di questa popolarità, proprio in vista di quella progettata attività politica (pagina 177).
    Senza parole. Questo è, ufficialmente, Antonio Di Pietro. Senza contare, come detto, che il medesimo è a tutt’oggi inquisito: e forse non varrebbe neppure la pena di ricordarlo, se non fosse per le invettive da lui rivolte a quanti sono «inquisiti» semplicemente come lo è lui. E non per sciocchezze: nel citato ricorso pendente presso la Cassazione si ipotizza che abbia svolto una serie impressionante di atti contrari ai doveri d’ufficio nell’ambito di un procedimento penale nel quale era indagato un banchiere italo-svizzero, tal Francesco Pacini Battaglia. Citiamo dal ricorso: «Concordavano una serie di interventi economici e finanziari di Pacini Battaglia a sostegno delle società facenti capo ad Antonio D’adamo». Quest’ultimo, D’Adamo, è un ex amico di Antonio Di Pietro a lui legatissimo. Nel procedimento in questione, peraltro, è reo confesso. Spiega ancora il ricorso: «Il trattamento di favore riservato dal pm Di Pietro all’indagato Pacini Battaglia si concretizzava in condotte e omissioni contrarie ai doveri d’ufficio (…) aver omesso di indagare sui conti (…) utilizzati per la gestione occulta di somme provenienti da disponibilità extracontabili di società… di vari imprenditori privati, destinate al sistema dei partiti», dunque «aver omesso di contestare a Pacini Battaglia le numerose incongruenze, contraddizioni e falsità emergenti dagli interrogatori resi tra il marzo ’93 e il settembre ’94», e ancora «di aver consentito a Pacini Battaglia un’assoluta libertà di movimento, sia in Italia che all’estero, senza alcun vincolo o divieto, pur a fronte delle numerose contraddzioni e falsità che evidenziavano un’evidente attività di inquinamento probatorio».

  3. dio grazie,
    stanno ancora discutendo…

    >>

    per favore vorrei sapere perchè i cerotti fanno malissimo
    qui c’è chi si impegna a smettere… Alzheimer o no

  4. dio grazie,
    stanno ancora discutendo…

    —-
    Comunque, negli Usa, medici che consigliano a persone anziane di fumarsi qualche sigaretta ne esistono (anche i cerotti di nicotina fanno malissimo)

    Inviato da: Filippo Facci , 26.11.06 13:19 – [x]

  5. Basta,chiedo la scorta

    p.s. quando avverto la presenza di giornalisti investigativi non posso fare a meno di ricordarmi che il piccolo aereo si schiantò sul Pirellone lo stesso giorno in cui la mattina il mio media preferito annunciò le prime risultanze di un’indagine,svanita nel nulla concernente centinaia di studi lombardi che avevano a che fare con servizi sanitari(si si,chiedo la scorta)

  6. Per Squa.

    ***

    Anzitutto anche i cerotti alla nicotina danno dipendenza, per quanto paradossale.
    in secondo luogo c’è chi sostiene che il fumo contenga modeste quantità di monossido di azoto, un vasodilatatore che in parte controbilancia l’effetto vasocostrittore della nicotina: ciò che dovrebbe mettere in guardia dall’assunzione dei famosi cerotti o gomme da masticare alla nicotina, prodotti potenzialmente nocivi perchè non controbilanciati appunto da niente.

    Pietro Mangiaracina, direttore dell’Istituto di Tabaccologia (che è contro il fumo), un tizio cher conobbi anni fa a margine di un dibattito televisivo, ha scritto questo:

    “Ci sarebbe bisogno di una ricerca più approfondita per determinare se l’uso di prodotti a base di tabacco, come gli stessi cerotti alla nicotina, riducono significativamente il rischio di patologie associate al fumo. Una Commissione dell’Istituto Americano di Medicina ha studiato i prodotti approvati dalla Food and Drug Administration per un uso limitato nel tempo per aiutare i fumatori a smettere, come cerotti alla nicotina, gomme, inalatori e spay nasali (Terapie Sostitutive Nicotiniche, o TSN). La Commissione ha affermato che mentre questi prodotti riducono l’esposizione alle altre sostanze tossiche contenute nel tabacco (oltre 4.000), il loro uso potrebbe non comportare un minore rischio di incorrere in patologie come l’infarto, patologie polmonari, ictus e altri tipi di tumori, tipici dei fumatori. Fin’ora non vi sono stati studi approfonditi che hanno potuto valutare in maniera scientifica le conseguenze dell’uso delle TSN, percio’ la commissione ha suggerito un protocollo di controllo cosi’ strutturato:
    1. Sviluppare un sistema di controllo per valutare l’uso e le conseguenze delle TSN.
    2. Offrire incentivi per la produzione e la commercializzazione di prodotti che riducano l’esposizione alle sostanze tossiche del tabacco e che abbiano una ragionevole probabilità di ridurre il rischio di patologie.
    3. Assicurarsi che i consumatori siano accuratamente informati di tutte le conseguenze note e di quelle possibili derivanti dall’uso di TSN.
    4. Regolamentare la promozione, la pubblicità e le etichette per evitare false e ingannevoli aspettative.
    5. Monitorare gli effetti sulla salute e sul comportamento derivanti dall’uso di TSN.
    Secondo la stima dell’Istituto Americano di Medicina, circa 47 milioni di americani fumano sigarette. Il 70% di questi vorrebbe smettere, ma solo il 3% ci riesce”.

    Altri studi che ho sbirciato in giro dicono che solo il 10-15% dei fumatori che riescono a smettere lo fanno grazie alle gomme alla nicotina o ai cerotti.
    Io consiglio altri metodi.

    Occhio anche allo zyban, il cosiddetto farmaco antifumo. Il cosiddetto “Wellbutrin” venne riproposto come anti-depressivo nel 1989. Quando i ricercatori constatarono che alcuni assuntori del farmaco abbandonavano o riducevano l’abitudine del fumo, la Glaxo Wellcome cominciò a testarlo clinicamente come un aiuto per la cessazione dal fumo. La FDA approvò lo Zyban come farmaco per la cessazione dal fumo nel Maggio 1997 e approvò l’uso combinato dello Zyban con il cerotto di nicotina nel 1999. Il bupropione é attualmente venduto da GlaxoSmith Kline come anti-depressivo con il nome commerciale Wellbutrin e come farmaco di cessazione dal fumo con il nome Zyban.
    Ma molti ne escono quasi pazzi. E’ pur sempre uno psicofarmaco.

    La Food and Drug Administration negli Stati Uniti ha rilevato dati impressionanti:

    – L’87 per cento dei fumatori fuma ogni giorno.

    – Quasi due terzi dei fumatori accendono la prima sigaretta entro mezz’ora dal risveglio.

    – L’84,3 per cento di coloro che fumano 20 o più sigarette al giorno hanno tentato senza successo di ridurne il numero.

    – Un fumatore che fa un serio tentativo di smettere ha meno del 5 per cento di probabilità di esserci realmente riuscito un anno più tardi.

    – Il 70 per cento dei fumatori sostiene di voler smettere completamente di fumare.

    – L’83-87 per cento delle persone che fumano più di 26 sigarette al giorno ritiene di aver sviluppato una dipendenza.- Quasi la metà dei fumatori che si sottopongono a intervento chirurgico per cancro al polmone riprende a fumare.

    – Anche dopo l’asportazione della laringe, il 40 per cento ha tentato di riprendere a fumare.

    – Tra coloro che appaiono fortemente determinati a smettere, e ricevono un’assistenza medica ottimale, la metà è in grado di smettere solo per una settimana, mentre a lungo termine la percentuale di fallimento è pari a oltre l’80 per cento.

    La dipendenza è curiosamente riscontrabile anche da quanto accadde nel Moors Valley Country Park (sud dell’Inghilterra) laddove si registravano periodiche aggressioni di scoiattoli che giungevano a mordere i visitatori senza un apparente motivo. Il responsabile del parco notò che ciò avveniva solo nei periodi di siccità e cioè quando era proibito fumare per il pericolo di incendi: si giunse alla conclusione che gli scoiattoli, che in precedenza erano stati visti mangiare i mozziconi abbandonati a terra, diventavano aggressivi perché in crisi di astinenza da nicotina: con un conseguente nervosismo e un’aggressività mai riscontrati in precedenza.
    Dipendenza a parte – si fa per dire: è il problema principale – in linea di massima, e per dirla sbrigativamente, tutti i malanni legati al fumo – quando ci sono – si presentano come direttamente e immediatamente percepibili da chi fuma. Questo pensiamo. In altre parole, il fumatore tende a rendersi perfettamente conto se le sigarette che sta fumando gli stiano facendo male, e in che misura. Per quanto eretica e mai ufficiale, questa è anche l’opinione di molti specialisti.
    Non c’è dubbio che il fumo diminuisca o complichi l’ossigenazione – dipende ovviamente dalla quantità, non staremo più a ripeterlo – e più di altri se ne accorgono gli sportivi anche se quest’ultimi ne risentono meno perché sollecitano di continuo un ricircolo dell’aria. Il bomber Gigi Riva correva come un forsennato e fumava due pacchetti al giorno, così come il tennista Adriano Panatta: ma se lo potevano permettere, e comunque sono eccezioni al pari dell’olimpionico di salto in alto Patrick Sijoberg, solito fumarsi una sigaretta prima di ogni performance. Ma uno sportivo della domenica, due pacchetti al giorno, li sente eccome. Sostenere che “il fumo riduce notevolmente le prestazioni atletiche” resta in sé una sciocchezza a meno che un tizio fumi appunto come un pazzo: la nicotina, in quantità smodate, restringe i vasi sanguigni sicchè il cuore batte più velocemente perchè il corpo richiede più ossigeno, e va da sè che questo sia un cattivo segno perchè a lungo andare gli organi vengono sottoposti a uno sforzo troppo intenso, soprattutto se a distruggerci al solito basta una rampa di scale o un quarto d’ora di sesso.

  7. perdono, ho detto una sciocchezza. Fanno due vasocostrittori al prezzo di uno…
    Allora diciamo ginkgo biloba? uno spicchio d’aglio? un bicchierino di vino?

  8. il popper…
    quello con la pietrina sul fondo?
    …mi scende una lacrimuccia di nostalgia a sentirlo nominare…..

    psss..f.f. …ne hai??????

  9. No. L’ho provato una sola volta nella vita e credo di aver perso l’85 per cento dei neuroni.

  10. Facci, a questo punto però uno ti chiede: se internet non esiste, se non ha nessuna importanza, che ci fai ancora qui?

    Perché, se permetti, son due sabati sera che passi davanti a questo thread. Ma davvero, a Milano non c’è un cazzo da fare?

    Stai qui per prendermi per il culo, dici. Non è vero: a parte il tuo concetto di “presa per il culo” (“pirla, cialtrone, megalomane pericoloso”, ecc.: sai che ridere) tu continui a star qui anche se io me ne vado. Passa uno e chiede un consiglio sui cerotti, e tu gli rispondi. Come mai? Perché non gli hai detto di andare fuori, a informarsi nel mondo reale, dove ci sono i libri seri?

    La verità è che internet esiste, e ti piace, e tu ameresti essere stimato e rispettato anche qui.

    Quando io parlo di “gente”, parlo di tutti noi. Siamo tutti intelligenti, e se vogliamo veramente sapere qualcosa, ci documentiamo seriamente. Non c’è dubbio.

    Ma a volte non vogliamo davvero sapere qualcosa. Vogliamo soltanto rassicurare alcune nostre false credenze. Vogliamo – per esempio – una scusa per non smettere di fumare. E allora cosa facciamo? Una ricerchina su internet, e ci mettiamo il cuore a posto.

    Il mondo in cui io mi muovo è questo qui, e i miei limiti li conosco benissimo. Non ho studiato medicina, ma ho studiato, e non metterei mai in bibliografia qualcosa che è evidente che non posso leggere: perché sarebbe come autocertificare la mia ignoranza. La mia pericolosità sociale quale sarebbe? Che cerco di suggerire alla gente di non fumare? Più o meno è quel che fai tu. Vorrei solo essere meno ambiguo.

    Io leggo articoli di divulgazione, il più possibile seri (non quella scemenza col tè alla nicotina che hai lincato tu) e tutti consigliano di non fumare, perché non previene l’alzheimer. Il fatto che i fumatori si ammalino meno di alzheimer è controverso, come sai benissimo: gli ultimi studi rigettano l’idea, e tu stai rifiutando di prenderli in considerazione.

    Io voglio semplicemente che le persone pigre, come me, quando cercano scuse per proseguire un vizio, non le trovino. Almeno su internet, che è lo spazio nel quale mi muovo io. E io mi ci muovo abbastanza bene.

    So benissimo che fuori c’è il mondo vero: in questo mondo vero tu sei un giornalista assai stimato, che scrive su testate autorevoli come il Giornale, si è preso 144 querele, e ha scritto per i tipi della prestigiosa casa editrice BVS un libro controverso sul fumo con una bibliografia già vecchia nel 2004. E va bene, che ti posso dire, bravo.

    Facci, a te internet piace, ma non ti ci muovi molto bene. Per te è come tuffarsi nelle sabbie mobili: più ti agiti e più ti invischi. Nessuno è tenuto a sapere che ti hanno querelato 144 volte: non è cosa di cui vantarsi; chiunque potrebbe concludere che tu abbia una certa propensione a non dire la verità. Certo, nel giornalismo sono cose che succedono, ma per uno chiunque che passa di qui, 144 querele sono tante. E poi pretendi che si fidino di te? ‘Gente, fidatevi, ho studiato, mi hanno querelato 144 volte, potrei mai abusare della vostra fiducia?’

    Se tu non hai voglia di vedere il tuo nome associato a questo o quello stupefacente, dipende in primo luogo da te: hai la password di macchianera, perché non togli quel post in cui un personaggio in prima persona si concede una pista di 25 cm.? Ti assicuro che quel post ha alimentato alcuni equivoci, che poi rischiano di danneggiare unicamente te. Pensavo che tu avresti apprezzato il mio sforzo a non ritirare in ballo la parola “cocaina”, ma vedo che alla fine l’hai tirata fuori tu. Perché? Che bisogno c’era? Se poi qualcuno tira conclusioni, sarà colpa mia?

    Più scrivi e più ti scopri: c’era proprio bisogno di mettere nero su bianco che la tua bibliografia ti è costata 30 dollari? Trenta dollari? E tu saresti serio perché hai studiato trenta dollari di bibliografia? “qualcuno di più saggio, ha provato a scaricarle e ha pagato 30 dollari”. Anvedi la saggezza di Filippo Facci! E uno bravo così, Big Tobacco se lo lascia scappare?

    Facci, nel mondo reale io, che studio, se voglio fare una ricerca, prendo un aereo, vado negli USA e mi chiudo dentro in una biblioteca per tre mesi. Quest’anno avevo solo 2 mesi a disposizione e non ho concluso. Con trenta dollari non arrivo neanche in aeroporto.

    Guarda che non succede nulla, a non avere una cultura accademica. Molta gente non ce l’ha e ha successo nella vita. Nessuno qui pretende che tu conosca i fondamenti dell’epidemiologia o dell’epistemologia. Ma se fai finta ce ne accorgiamo: non è difficile.

    Devi smettere, semplicemente, di considerarmi un tuo avversario. Io non ho nessun interesse a darti addosso: appena ti calmerai, scoprirai che questo post è nato prima di te, che tu sei intervenuto a gamba tesa, e che nonostante i tuoi insulti ripetuti, io ho continuato a considerarti un interlocutore.

  11. Leo, tu hai l’alzheimer.
    E’ l’unica spiegazione.

    Quando uno ripete sempre le stesse cose e fa sempre le stesse domande, ha l’alzheimer.

    Quando uno uno dice che non devo considerare avversario uno che per me manco esiste, perchè neppure so come si chiama, ha l’alzheimer.

    Quando uno capisce che la mia ‘bibliografia’ (che bibliografia?) mi è costata 30 dollari, quando 30 dollari è semplicemente la cifra che un utente di macchianera (non io) due giorni fa ha speso per scaricare da internet UNA ricerca seria, ha l’alzhaimer.

    Quando uno crede di screditarmi menzionando artatamente uno solo dei giornali per cui scrivo e ho scritto (ci sono anche Repubblica, l’Unità, Il Tempo, Panorama) e uno solo dei libri che ho scritto (non quelli pubblicati con la prima casa editrice italiana) o è un cretino o ha l’alzheimer.

    Quando uno fa un casino della madonna per arrivare a concludere, piano piano, esattamente quello che ho scritto e riscritto io, ossia che “Il fatto che i fumatori si ammalino meno di alzheimer è controverso”, ha alzhaimer

    Quando uno pensa che questo post sia arrivato a 260 commenti perchè alla ‘gente’ interessa l’opinione di Leo sul rapporto tra nicotina e alzheimer, e non perchè ci sono io che faccio casino, a dir poco ha l’alzheimer.

    Quando uno non capisce la differenza tra fiction e realtà, ha l’alzheimer.

    Quando uno pensa che tante querele di per sè siano negative per l’immagine di chi le riceve, e non si chiede se le querele ricevute costui le abbia perse o vinte, e non si chiede se semplicemente abbia scritto ciò che altri non hanno scritto, ha l’alzheimer.

    In conclusione, forse, hai l’alzheimer.
    Curati. Dall’osservazione del particolare che i fumatori mediamente si ammalavano meno di alzheimer rispetto ai non fumatori, sono nate delle ricerche che individuano nella nicotina un potenziale agente di cura del morbo di alzheimer.
    Informati.

  12. E se fosse semplicemente che ti spieghi male?

    Hai scritto: “perchè in vita mia ho preso 144 querele”: se alcune le hai vinte, fallo presente. Altrimenti uno tende a concludere, in buona fede, che le hai perse tutte.

    Hai scritto: “Al mondo esistono ricerche scientifiche serie (se volete io ne ho qualcuna, scrivetemi, c’è il copyright, qualcuno di voi, qualcuno di più saggio, ha provato a scaricarle e ha pagato 30 dollari”; siccome parli al plurale, uno tende a concludere che 30 dollari era il prezzo del pacchetto. (Se ti è costato di più, tanto peggio: hai sprecato i tuoi soldi).

    E’ chiaro che siamo arrivati a 260 commenti perché ci sei tu che fai casino. E non si capisce neanche perché continui. Tu hai affermato: “Io perchè scrivo e riscrivo qui l’ho appunto scritto trecento volte, ed è una ragione assai più contesualizzata (qui) della tua: prenderti per il culo”.

    Uno ne deduce che mi consideri, in qualche modo, un avversario, uno da demolire sistematicamente con una serie di accuse e offese. Invece, a quanto pare, no: mi prendi per il culo per 200 commenti, ma sei d’accordo con me.

    Proprio così: si scopre che andiamo d’accordo. Adesso tu pensi che il fatto che i fumatori si ammalino meno di alzheimer sia controverso? Bene. Fa piacere sentirtelo dire.

    E quando scrivevi: “I FUMATORI SI AMMALANO MENO DI ALZHEIMER, I FUMATORI SI AMMALANO MENO DI ALZHEIMER,I FUMATORI SI AMMALANO MENO DI ALZHEIMER”, quattro giorni fa, eri della medesima opinione? Perché leggendoti, uno si faceva un’impressione diversa.

    E allora forse è tutto qui: tendi a spiegarti male. Ok.

  13. Ultima mail, perchè la convalescenza la faccio finire oggi e comunque mi sono rotto i coglioni.

    > Hai scritto: “perchè in vita mia ho preso 144 querele”: se alcune le hai vinte, fallo presente. Altrimenti uno tende a concludere, in buona fede, che le hai perse tutte.

    Uno sei solo tu. Una persona normale, se apprende che uno ha preso 144 querele, apprende che uno haq preso 144 querele e basta: non che è stato condannato. Uno che fosse stato condannato per 144 querele si troverebbe in galera. Io ne ho perse due.

    > Hai scritto: “Al mondo esistono ricerche scientifiche serie (se volete io ne ho qualcuna, scrivetemi, c’è il copyright, qualcuno di voi, qualcuno di più saggio, ha provato a scaricarle e ha pagato 30 dollari”; siccome parli al plurale, uno tende a concludere che 30 dollari era il prezzo del pacchetto. (Se ti è costato di più, tanto peggio: hai sprecato i tuoi soldi).

    Appunto, dicevo ‘uno di voi’, quindi è evidentissimo che non parlavo di me, come invece dicevi nell’altro post. Ma tu sei tutto così, sposti il tiro continuamente perchè sei un piccolo truffatore.

    >Tu hai affermato: “Io perchè scrivo e riscrivo qui l’ho appunto scritto trecento volte, ed è una ragione assai più contesualizzata (qui) della tua: prenderti per il culo”.
    Uno ne deduce che mi consideri, in qualche modo, un avversario

    Io gli avversari li combatto, non li prendo per il culo.

    > ma sei d’accordo con me. Adesso tu pensi che il fatto che i fumatori si ammalino meno di alzheimer sia controverso?

    A parte che io l’ho sempre detto e tu negato (andate a controllare: per Leo faceva testo la sua ricerchina recente e basta) non vorrei essermi spiegato male, o meglio: non vorrei anche ancorab una volta tu avessi finto di non capire un cazzo. Che i fumatori si ammalano meno di alzheimer è controverso perchè molti vi intravedono un nesso probabilistico casuale (con la statistica può sempre capitare) così come alla roulette può capitare il nero per venti volte di fila. Ma questo non toglie che, indipendentemente dalle ragioni, le quali sono essere medesime a essere controverse, i fumatori si ammalano meno di alzheimer.

    > E quando scrivevi: “I FUMATORI SI AMMALANO MENO DI ALZHEIMER, I FUMATORI SI AMMALANO MENO DI ALZHEIMER,I FUMATORI SI AMMALANO MENO DI ALZHEIMER”, quattro giorni fa, eri della medesima opinione?

    Sì.

    > E allora forse è tutto qui: tendi a spiegarti male

    Ma certo, io sono uno che notoriamente si spiega male. Direi fumoso, a questo punto.

    ***

    Io chiudo qui. Se mai capiterà che qualche pazzo avesse voglia di leggersi tutto il commentario a questo post, non sarebbe infine che la tediosa lettura della cartella clinica del suo estensore.

  14. Evvai Facci, sembra l’uscita di Celentano!

    P.S.
    spero che questo sia l’ultimo post di questa fortunata serie, ci tenevo quindi ad essere io il fortunato.
    Questione di visibilita’.

  15. ATTENZIONE, RISCHIO QUERELA…
    (che sia una attivita’ redditizia?
    ps spero dinon essere querelato)

  16. A questo punto non c’entra molto, ma vorrei sapere se la faccenda del Di Pietro ” inquisito ” riguarda il ricorso presentato in Cassazione contro la sentenza di non luogo a procedere verso Di Pietro per i rapporti con Pacini Battaglia?
    No, perchè quella sentenza di non luogo a procedere dice:” Il carteggio disponibile lascia emergere che Di Pietro fu tra i promotori dell’arresto di Pacini Battaglia, che lo sottopose ad una ventina di atti di interrogatorio per contestargli le risultanze di indagine da lui raccolte, o per ricevere contributi conoscitivi dell’indagato spontaneamente versati in causa, che avviò 185 rogatorie direttamente o indirettamente riferibili alla posizione di Pacini, che ebbe a chiederne (unitamente ai colleghi Colombo e Davigo) il rinvio a giudizio per la vicenda «Clonsing-Enimont» in data 7 dicembre 1994, che la successiva richiesta di rinvio a giudizio per il procedimento ENI redatta dal pubblico ministero Greco si fondò su risultanze probatorie prevalentemente raccolte da Di Pietro, che furono promossi approfondimenti anche relativamente a filoni investigativi non rientranti strettamente nell’oggetto delle indagini milanesi dell’epoca, che non furono inoltrate richieste di archiviazione nei confronti dell’indagato.
    «Le omissioni e le condotte contestate dal pubblico ministero quali attività contrarie ai doveri funzionali – nella direzione di riscontrare a mezzo delle stesse le dichiarazioni del D’Adamo (assolutamente silenti sul “trattamento di favore” riservato da Di Pietro a Pacini) – si sono rivelate o insussistenti e pretestuose (così per la revoca informale della rogatoria Maddaloni, per l’accreditamento di Pacini quale collaborante per la mancanza di idonee contestazioni o di ulteriori provvedimenti restrittivi, per le mancate rogatorie su tutti i conti Karfinco, per la mancata attività accertativa sulle falsità delle contabili Karfinco), oppure di insignificante entità (così per la imperfetta formulazione della integrazione rogatoriale all’autorità giudiziaria di Londra relativamente alla offshore Allied), comunque non dotate di una quale appariscenza e come tali insuscettibili di assurgere a sintomo di comportamenti volontariamente tenuti per finalità divergenti da quelle di giustizia».
    Ecco, se è questa la vicenda di cui si parla non so come si faccia a dire che Di Pietro è ” ancora inquisito”.

    http://www.camera.it/_dati/leg13/lavori/stenografici/sed655/s150.htm

    Tra l’altro, mi piacerebbe sapere se la faccenda è ancora in Cassazione o è stata risolta.

  17. Maria, tu hai letto un mio vecchio articolo al quale ho dimenticato di amputare la fine. No, la Cassazione respinse il ricorso di cui parli tu: non è più pendente, Di Pietro non è inquisito.
    Ma io parlavo di un’altra cosa. Le estrapolazioni che ho fatto vengono dall’unico processo riguardante Di Pietro che si riuscì a fare, ossia quello in cui figurò parte lesa in ordine a un presunto complotto (ordito da Previti, Paolo Berlusconi e altri) per farlo dimettere dalla magistratura. Alla fine gli imputati furono assolti.
    Il giudizio di tribunal: l’ha vergato il presidente Francesco Maddalo (n. 364/96 – 1519/95 in data 29 gennaio 1997, depositata il 10 marzo) sicchè il giudizio di cui si parla è insomma da ritenersi definitivo e vincolante, anche perchè nessuna delle parti (tantomeno Di Pietro) ha mai presentato appello.
    Il 16 dicembre 1996 il presidente Francesco Maddalo interrogò un’unica volta il testimone Di Pietro nel processo per il presuntissimo complotto contro di lui. L’interessato non solo decide di avvalersi della facoltà di non rispondere (Di Pietro non accettò mai il confronto pubblico, in aula), ma cercò di farlo pontificando.
    Ecco un resoconto fedele dell’interrogatorio.

    Presidente: Intende rispondere?
    Di Pietro: Per rendere più chiaro il mio pensiero, signor presidente… .
    Presidente: Innanzitutto mi deve dire se intende rispondere.
    Di Pietro [titubante]: Intendo… esprimere la mia dichiazione di risposta.
    Presidente [con decisione, dopo un attimo di perplessità]: No. Il discorso è lievemente diverso. La prego di specificare se lei intende avvalersi della facoltà di non rispondere. Sì o no. Questo è il discorso.
    Di Pietro [con aria smarrita]: Io, ripeto signor presidente, intendo… rispondere alla sua domanda. Intendo dichiarare se posso avere la possibilità…
    Presidente [lo interrompe]: Non ho capito, con sincerità. Cioè, intende avvalersi della facoltà di non rispondere?
    Di Pietro: Intendo… rispondere… alla sua domanda con un documento scritto [sic] per rendere più chiara la mia risposta.
    Presidente [spazientito]: No… no. Si tratta di documento scritto [sic]. Io le ho chiesto se, e la prego a questo punto di rispondere, l’ho avvertita che la legge, ai sensi del 210, le dà facoltà di non rispondere. Cosa intende fare? Rispondere o no all’esame?
    Di Pietro: Ripeto…
    Presidente: Sì o no, dottor Di Pietro?
    Di Pietro [con aria da pugile suonato]: Non, non… mi perdoni… No, non… Sono una persona.
    Presidente: Sì, ma intanto qual è la sua risposta?
    [Di Pietro si volta verso il suo avvocato e poi verso il pm Giustozzi che interviene per aiutare il testimone.]
    Giustozzi: Intanto dica sì o no. E poi dà la motivazione, questo intende il presidente.
    Presidente: [innervosito] Pubblico ministero, grazie, ma penso di essere stato chiaro.
    Di Pietro: [un po’ viscido] Sì… era stato chiaro, signor presidente… e io intendo motivare il perché non intendo rispondere con un documento scritto che mi spetta ai sensi del 210…
    Presidente [risoluto, si volge verso i verbalizzanti]: Innanzitutto diciamo che il dottor Di Pietro dichiara che intende avvalersi della facoltà di non rispondere.
    Di Pietro: …con un documento scritto…

    Il presidente lo interrompe e si ritira in camera di consiglio. Dopo un’ora respinge la richiesta. Di Pietro allibito. Più tardi, l’avvocato Massimo Dinoia distribuisce ai giornalisti il proclama che il suo cliente avrebbe voluto leggere in aula: la denuncia generica di un complotto di Craxi come base di tutti i suoi guai giudiziari; il lamento circa le mancate indagini sui suoi persecutori, nonostante i numerosi esposti; l’impossibilità di difendersi appieno perché parte del materiale difensivo gli era stato sequestrato. Il «Corriere della Sera» del giorno successivo titola, a nove colonne: «La regia del complotto è di Craxi». Elio Veltri, sul quotidiano, commenta: «Ci vuole un’insurrezione contro questi giudici» ma smentirà la frase il giorno dopo.
    Di Pietro aveva più volte manifestato insofferenza per quanti si avvalevano della facoltà di non rispondere.

    ***

    comunque basta usare ‘sto spazio per ogni cosa, questo è il mio indirizzo: filippofacci@tiscalinet.it

  18. @Virginia: è una cosa molto interessante, in verità. Perché davvero non esiste prova che il contagio possa avvenire tramite rapporto orale, e però è una cosa molto difficile da dimostrare per motivi semplici da capire. Trovi qualche analogia con il fumo e l’alzheimer? Fai bene ;-)
    Un’ulteriore analogia è in una trascrizione di un dibattito di qualche anno fa tra medici e ricercatori, proprio a questo proposito. In sostanza si dicevano, Ok, non è dimostrabile il contagio e l’unica ricerca fatta in proposito (in Spagna) degna di una certa considerazione sembra dimostrarlo. Però visto che non siamo sicuri, mica possiamo andare in giro a dire che fare sesso orale non è un comportamento a rischio. Possiamo dire che è molto molto molto poco probabile il contagio. Quanto “molto poco” lo sia, non lo sappiamo.
    E l’analogia? L’analogia è nella prudenza di chi sosteneva che “nei fumatori si riscontra una minore incidenza di alzheimer” non si è mai sognato di dire che fumare previene l’alzheimer.
    Se vuoi ulteriori dettagli, link, e altro, scrivimi in mail, l’indirizzo lo trovi sul mio blog.

  19. Joe, l’obiezione che rinnovo a tutti voi è la stessa: se non vi siete mai sognati di dirlo, cosa avete scritto esattamente per dieci giorni?

    (Tu negli ultimi giorni non hai scritto quasi niente, lo so. Lasciami generalizzare un poco)

    Qua sopra trovi:

    1) Sottili distinguo: “statisticamente ma non dimostrabilmente”. E chi se ne frega: un giorno saremo tutti statisticamente morti.

    2) Puntigli: “…e comunque i fumatori si ammalano meno di alzheimer”. Sì. Anche i sieropositivi, visto che siamo in argomento. E’ un dato statistico che non ha senso e forse non è neanche un reale dato statistico: anche se per anni è stato preso per buono, ultimamente è stato criticato da ricerche serie.

    3) Discorsi sul metodo: io non posso saperne nulla perché non ho scritto un libro sull’argomento. Ma si può riempire anche un libro di puttanate in cattiva fede, se si ha la faccia giusta. In realtà su internet si trovano ottimi articoli di divulgazione, e con un po’ di attenzione ci si riesce a fare un’idea (e l’idea è sempre la stessa: fumando non si previene l’alzheimer). Ma c’è chi ha ignorato tutte le fonti che smentivano la sua tesi (alla ricerca di Doll, almeno tu, hai dato un’occhiata?)

    4) “Nessuno-mi-può-giudicare, era solo una boutade”. Ma una boutade in un sito molto popolare e ben indicizzato può alimentare una leggenda urbana.

    5) Derive off topic: storia e gloria di Filippo Facci.

    Il tutto molto fumoso. Perché?
    Perché anche se oggi nessuno si attenta più a dire “Il fumo non fa male”, c’è ancora chi ha voglia di dire “Il fumo fa male ma…”, “il fumo fa male, tuttavia…” C’è molta ambiguità: e non è sempre in buona fede.

    C’è chi con questi “ma” e questi “tuttavia” ci campa. Ecco, mi sembra un modo non nobile di campare.

  20. Neri, se mi presti username e password apro un post sulla ipotetica correlazione tra fumo,popper, alzheimer e logorroicita’….
    che dici, si porta a casa share?

  21. “la vita” è pericolosa e oscena.Ho una parente di sedici anni,molto lontana dalla nicotina,che si è presa un tumore alla lingua.Spero che si riprenda alla grande,è nelle mani dei migliori,a Milano.Tra le prime ipotesi fatte sulle cause si è parlato dell’apparecchio per i denti con il quale ha convissuto gli ultimi anni.Per le certezze c’è tempo

  22. Pubblicato sul Foglio due o tre anni fa. A mia firma.

    ***

    E uno potrebbe sopportare di svegliarsi in camera da letto dove ovviamente non si fuma, passare in bagno dove pure non si fuma, in cucina dove non si fuma e così pure in salotto, dove non si fuma perché il fumo dà fastidio anche in salotto – la mattina, sei pazzo – e quindi in ascensore dove non si fuma e sul taxi dove non si fuma, anche se il tassista ha le sigarette sul cruscotto: e però non fuma, tu non puoi fumare, ci sono clienti che sentono l’odore e poi si lamentano, e allora dritto all’aeroporto e mai più in stazione – sull’Eurocity non si fuma, per ore intere non si fuma – ed eccoti all’aeroporto (piove) e dentro non si fuma, in biglietteria non si fuma, al bar dell’aeroporto non si fuma, e nei bagni dell’aeroporto non si fuma perché c’è una tizia che pulisce e sorveglia, ecco il metal-detector che suona e un agente che dice lei forse ha le sigarette perché la carta stagnola del pacchetto fa suonare tutto, e pure l’accendino fa suonare tutto, poi naturalmente non si fuma sulla navetta che porta all’aereo e ovvio che sull’aereo non si fuma, lo sanno anche le giraffe che sull’aereo non si fuma: però c’è la voce suadente che dice su questo volo non è consentito fumare e ci ripensi ogni volta, e quando decolli, poi, e leggi il giornale, c’è sempre un articolo che annuncia nuove norme antifumo, interviste a Silvio Garattini col suo dolcevita da infelice, una ricerca che dimostra come la nicotina renda nani e impotenti e portoricani, un’altra ricerca dell’università di Kabul che dimostra come il fumo passivo uccida anche l’inquilina della palazzina di fronte, e alla fine atterri e sei d’accapo, perché in aeroporto non si fuma, al bar e nei bagni e nel taxi e in ascensore e in redazione non si fuma: e se poi decidi che tuttavia adesso basta me ne fotto fa niente, spunta regolarmente la collega incinta, e allora suvvia, fai uno sforzo: le uccidi il bambino, e allora eccoti sul balcone (piove) a inspirare benzene che secondo il criterio farlocco delle sigarette dovrebbe ammazzare intere nazioni ogni anno, eccoti a guardare un cretino che fa jogging vicino a un Ford Transit perché correre fa bene e fumare fa male, anche se non è vero, fa male anche correre, fa male tutto, e comunque tu guardi il cretino che correrà sinchè gli si piallerà un legamento, e allora ecco, peserà sul sistema sanitario nazionale, gli verrà un colpo e peserà sul sistema sanitario nazionale – muori ma coi soldi tuoi, è il ragionamento– ma intanto lui corre e finisce quasi arrotato da una Saab col portasci: altra gente che andrà a spaccarsi le gambe e inevitabilmente peserà sul sistema sanitario nazionale, sinchè drin, ti accorgi che squilla il cellulare perché è già l’ora dell’appuntamento, un pranzo di lavoro, e in ascensore non si fuma e in taxi eccetera, al ristorante la sezione fumatori è strapiena e presto comunque l’aboliranno, gli esercenti dovranno scegliere, ma ecco, si è liberato un angoletto umiliante tra i fumatori, e però no, dài, il fumo dà fastidio a Caia, resta qui, non andartene a fumare che non sta bene, fumerai dopo, le sigarette restano sul tavolo con sopra scritto il fumo provoca il cancro sinchè più tardi, quando mandi tutti in malora e finalmente te ne vai fuori a fumare la sigaretta (piove) poi alla fine butti il mozzicone per terra e passa una vecchietta che ti guarda male. E uno potrebbe anche sopportare tutto questo.
    Ma è la stupidità che non sopporta. E’ l’ignoranza bruta e informe di chi pensa che al mondo ci sia davvero il problema delle sigarette. E’ l’ottusità imbecille di chi ti dice che non puoi fumare nel suo soggiorno, d’accordo, ma che poi, se vai in terrazzo, ti dice che non puoi fumare neanche in terrazzo: perché lui non vuole che fumi. E basta. Non capisce. Non sa.
    Non capisce che esiste una sola arroganza peggiore della sua, ed è la nostra nel momento in cui dobbiamo difenderci da chi vorrebbe peggiorare la nostra vita per via della sua ignoranza: eppure il problema è lui, perché è lui che non fuma, è lui il carente, è lui che ha qualcosa in meno di noi. Forse non gli è chiara una cosa: fumare è meraviglioso. Noi facciamo una cosa meravigliosa e altri non la fanno. E se cercano di liquidarci, se ci parleranno della sigaretta come un banale tubicino di carta a cui non sapremmo meramente rinunciare, se diranno che noi facciamo tutto questo casino solo perché non siamo capaci di smettere, be’, allora è guerra, e noi ci sentiamo più tranquilli perché tanto sappiamo che vinceremo, e che loro perderanno. Sappiamo che i peccatori alla lunga battono sempre i loro persecutori perché i primi da sempre reggono le redini del mondo, lo fanno pulsare con irresponsabile allegria.
    Vogliono la verità? E noi gliela diciamo. Eccola: fumare è meraviglioso ma il più delle volte diviene un vizio e una dipendenza, e se potessimo tornare indietro probabilmente non inizieremmo a farlo. Fumare è meraviglioso in particolare per chi si fermi ai sigari e alla pipa o appartenga alla cerchia dei fortunati che non oltrepassano le dieci sigarette al giorno. Fa male? In tal misura, o di poco superiore – sia scientificamente che statisticamente – no, non fa male: o fa male in misura risibile per sé e soprattutto per gli altri. Quel che fa male assai spesso è smettere di fumare: un inferno in vita, un rimpianto eterno che non sparisce mai – perché la voglia di fumare è per sempre, non c’è sincero ex fumatore che non l’ammetta – senza contare il dissesto fisiologico che ne consegue, l’aumento di peso che non si riassorbe mai del tutto, l’ansia, l’insonnia, il rincitrullimento, la difficoltà di concentrazione, irritabilità, il craving, la bramosia irrefrenabile, le spaventose depressioni, tutte cose che col cazzo che spariscono in un mese. Sì, è vero, alcuni di noi sono dei veri drogati. Ma – e pure questo è assodato, non è una statistica – è una droga anche buona, può fare anche bene, la nicotina pare sia l’unica droga che possa dare benefici al cervello e ne prevenga alcune malattie. Ma di queste cose, che ai più parranno vaneggiamenti, parleremo poi: non è che adesso puoi spiegarle a uno che non vuole neppure farti fumare in terrazzo, e tantomeno le puoi spiegare a tante brave persone impegnate a confondere ciò che noi reputiamo sia bene (per noi) con ciò che loro reputano sia bene e basta, e tantomeno puoi spiegarle ai salutisti istericamente corretti che da sinistra vanno soavemente a braccetto con un certo becero conservatorismo della destra. Non vogliono, questi, che bevi, che assumi grassi, che ti fracassi il cranio con la motoretta: e intanto ti propinano qualche corano statistico infarcito di junk science che poi è la stessa brodaglia propinata dal ministro della Sanità o da altri signori che mentono sapendo di mentire, ripetiamolo bene: mentono sapendo di mentire, ma voi dovete dirglielo: il loro camice bianco non aggiunge una virgola a una competenza che è di chiunque sappia anche minimamente maneggiare uno studio statistico, e soprattutto – soprattutto – di chiunque disponga della merce purtroppo più indisponibile a riguardo: una po’ di informazione: non c’è. E quando c’è è indiretta, bisognosa di conoscenze specifiche e poco intuitive, senz’altro assai meno smerciabile dello studio allarmistico numero trentamila sul fumo: che è una cosa che notoriamente si vede, è lì, si sente, suggerisce perennemente che qualcosa non vada, come per le antenne e i tralicci, è una minaccia perfetta anche perché associabile a tossi e ingolfamenti respiratori, e beninteso, può veramente dar fastidio: anche se le persone cui dava veramente fastidio, un tempo, erano una su cento e le riconoscevi perchè il fumo arrossava loro gli occhi, forme allergiche, sorry, si provvedeva, bastava l’educazione e il buonsenso come sempre: ora invece quelli che “il fumo mi da fastidio” spuntano come cinesi e probabilmente l’hanno deciso giovedì scorso, hanno letto un articolo su un settimanale, ne hanno parlato con la cognata, dopo quarant’anni e hanno deciso che il fumo fa male, che poi, dicevamo: fa male? Ecco, l’incredibile paradosso è che per capirlo devi cavartela da solo. L’ideale è avere un amico statistico-oncologo-pneumologo provvisto del famoso buonsenso, possibilmente un non fumatore che ti sussurri una sola tra le pochissime certezze disponibili: che fumare sino a dieci sigarette il giorno equivale praticamente a non fumare, fortunato chi vi riesca, che ti dica che il ristagno del fumo passivo nei locali è un problema dei locali e non del fumo, che ti menzioni magari il più vasto e serio studio sul fumo passivo mai effettuato: quello commissionato dal Dipartimento dei Trasporti americano nel 1989. Vi si dimostrò che un non fumatore seduto nella sezione fumatori di un aereo, per inalare l’equivalente di una sigaretta, dovrebbe volare senza interruzione per cinque anni e mezzo; mentre i raggi cosmici, basti dire, rispetto al fumo passivo costituiscono un pericolo di malattia ben 641 volte maggiore. Andrebbe menzionato anche il colossale studio commissionato dall’Organizzazione mondiale della sanità all’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, anno 1998: non venne trovata nessuna (nessuna) relazione tra fumo passivo e tumori. E però vediamo che di circa cento altri studi con risultati analoghi ce n’è uno solo che è considerato la Monna Lisa degli studi statistici: quello dell’Enveronmental Protection agency, secondo il quale il fumo passivo ogni anno causa tremila morti negli Stati Uniti. E’ il moloch, il punto di riferimento della junk science già ridicolizzato dagli studiosi di tutto il mondo, ma è anche l’unico ad esser stato abbracciato come un vangelo dai mass media e dai vari profeti che reggono lo scettro della più violenta campagna neosalutista che l’Occidente abbia mai conosciuto. Ebbene, la Corte federale americana ha definito quello studio “fraudolento” nonché una frode scientifica, tanto che il fumo passivo fu cancellato dalla lista dei cancerogeni. Ma quanti sanno queste cose? Che poi: va bene, d’accordo, il fumo passivo può dar fastidio lo stesso, ci mancherebbe. Nondimeno, l’amico medico potrebbe aggiungere che tra fumo e tumore ai polmoni esiste probabilmente (probabilmente, perché prove certe non ce ne sono) una relazione la cui valenza rimane però da stabilire e soprattutto da mettere in equa relazione a un’esistenza intera. L’amico ti dirà, se in malafede: “Molti studi dimostrano che il rischio di tumore al polmone è maggiore del 30 per cento tra coloro che fumano”: E invece ti dirà, se è in buona fede: “L’incidenza del fumo in un campione di popolazione esaminata è risultato maggiore del 30 per cento tra le persone con un tumore al polmone rispetto alle persone sane”. E’ chiara la differenza? No? Forse è perché la citata ricerca dimentica di menzionare, nel quadro generale, quante probabilità abbia comunque una persona normale di prendersi un tumore al polmone, al netto di tutto questo: fumatrice o meno che sia. Per recuperate il senso delle proporzioni si potrebbe sbirciare un’altra celebre ricerca statistica – ne parleremo – secondo la quale i giovani fumatori hanno quindici volte più probabilità di ammalarsi di cuore rispetto ai coetanei non fumatori; in effetti, secondo i dati di questa ricerca, risultava che si erano ammalati sette giovani su centomila tra coloro che non fumavano e centoquattro giovani su centomila tra coloro che fumavano: e siccome il rapporto tra sette e centoquattro è circa quindici (7×15=104) tutto quadra, e detto così fa spavento. Ma in altri termini, rielaborando gli stessi dati e tenendo conto delle medie possibilità che ha una persona normale si ammalarsi di cuore, in fin dei conti significa che un fumatore ha il 99,8 delle probabilità che ha un non fumatore di sfuggire alla morte per problemi di cuore. Chiaro? Non ancora?
    Allora avete solo da tornare a scuola e da tentare una carriera da ministro della sanità, o, ancora, da scienziato allarmista, quella genia di studiosi che sparano enormità per far andare le ricerche sui giornali e ottenere sovvenzioni dallo Stato; avete da pronunciare, insomma, frasi come queste: “Tra i contaminanti dell’aria, il fumo è il più pericoloso per la salute pubblica perchè è dotato di proprietà cancerogene sulle quali non è più lecito discutere”. L’ha detto il ministro della Sanità del governo Berlusconi, questo. Ha detto che non è più lecito. Ecco, voi a questo signore non dovete dirgli: io dissento. Voi dovete dirgli: tu sei un ignorante. Tu sei un venditore di fumo passivo.
    Detto questo, però, con le persone in buonafede, devi seguitare a spiegarti: sennò risulti un provocatore e basta. Accanto alle fisime di un ministro di passaggio devi sforzarti di spiegare all’interno di quale corrente para-scientifico-ideologica si sta muovendo tutto questo; di quale circolo demente. ossia, siano vittime e pedine sia la donna incinta che il cretino salutista che ti dicono che se fumi avveleni anche loro.
    E allora accenniamo a che cosa sta succedendo nel mondo. Vediamo l’altra guerra americana. Sappiamo che a New York è vietato fumare in qualsiasi bar o ristorante o nightclube, la multa è di 400 dollari e non sono ammesse aree riservate: il sindaco Michael Bloomberg, nonostante la crisi di bilancio, ha fatto assumere dei nuovi poliziotti che affianchino gli agenti delle squadre antifumo anche la notte. Negli Stati Uniti, in generale, il divieto di fumare è stato esteso non di rado nelle strade, nei giardini pubblici, nella propria auto e addirittura nella propria abitazione: il fumo passa da sotto la porta, dicono. In una contea del Maryland se esce fumo dalla tua finestra puoi essere denunciato dal Dipartimento di protezione ambientale che ti notificherà una multa di 750 dollari. Le squadre antifumo, in generale, possono irrompere senza mandato in qualsiasi locale e mettere tutto a soqquadro sinchè non trovino il corpo del reato: è sufficiente un portacenere anche pulito, imboscato in qualche cassetto. Un’inchiesta della New York Nightlife Association ha dimostrato che il proibizionismo ha causato danni per miliardi di dollari alla vita notturna: il sindaco ha dovuto promuovere una legge che permetta esenzioni dal divieto per quei locali che possano dimostrare d’aver perso più del 15 per cento dei profitti: e anche in Italia, più silenziosamente, si avvertono cali di produttività legati al fatto che è pieno d’imbecilli disposti a passare ore intere a fumare sul balcone (piove) posto che naturalmente il fumo è stato bandito da tutti i voli aerei, resistono giusto delle compagnie africane: il divieto fa risparmiare circa mille dollari per tratta transoceanica giacchè su un aereo con zona fumatori occorreva cambiare il novanta per cento dell’aria e farne ricircolare il dieci per cento: mentre, se non si fuma, le percentuali sono invertite e tuttavia l’aria è più inquinata da virus, batteri, spore e legionella; il risultato è che l’Organizzazione mondiale della sanità ha registrato un’esplosione di Tbc attiva fra chi vola. Alla citata Organizzazione, diciamo di passaggio, è addebitata la definizione più illuminante circa i pericoli della nicotina: il fumo – dicono – è la prima causa di morte considerata rimuovibile. Considerata rimovibile: significa che altre cause di morte magari più gravi – sicuramente più gravi – semplicemente non lo sono, sicchè le si tralascia e per intanto dagli alle sigarette. In Inghilterra, dunque, se un fumatore si ammala, finisce in fondo alle liste d’attesa sanitarie: perché spreca risorse ed energie del corpo medico. In Francia, in maniera ancor più macabra che in Italia, sui pacchetti di sigarette c’è scritto che se fumi “morirai di morte lenta e dolorosa”. In Brasile fanno vedere le fotografie dei bambini morti di tumore e da ottobre 2004 vogliono farlo anche in Europa. L’apocalittico in salsa italiana rimane il presidente dell’Istituto Mario Negri, il citato Garattini: ha detto che i fumatori sono dei parassiti sociali e ha proposto che i medici fumatori siano radiati dall’albo, e così pure che bisognerebbe vietare il fumo anche parlamentari e insegnanti. Ma di ritorno a New York, là dove succedono cose che poi si riflettono quasi sempre da noi, vediamo che è entrata in vigore anche una norma contro l’obesità che è preludio al dimagrimento di massa per legge, mentre in altri stati americani è già prevista la scritta “nuoce gravemente alla salute” per le bottiglie di vino. E qui il discorso comincia a estendersi non solo all’alcol ma a tutta l’alimentazione, ai cibi grassi, ai famosi panini striminziti del dottor Sirchia: in America si vuol mettere le etichette terrorizzanti anche sulle merendine e con ciò prevenire ogni genere di dipendenza alimentare; una ricerca, che in Italia è stata tradotta sulla rivista Industrie alimentari, spiega che il formaggio e la carne andrebbero aggiunti alla lista dei cibi che danno dipendenza come già sono classificati il cioccolato e il caffè: questi alimenti – si spiega – rilasciano componenti narcotici simili alla morfina e ne consegue che in giro c’è gente drogata per esempio di Taleggio. “Non sono ingordigia o mancanza di volontà che ci legano a certi alimenti – si legge nello studio – ma una ragione biologica: molti di noi sentono di non poter vivere senza una dose quotidiana di formaggio”. Verissimo, e allora? E allora, dopo aver illustrato una complicata teoria secondo la quale le persone sovrappeso corrono maggiormente rischio di dipendenza, viene indicato il nuovo nemico da battere: la “nutrizione emozionale”, qualcosa che si combatta studiando la maniera di controllare appunto i desideri alimentari che inducono una dipendenza basata su risposte emozionali. Delirio? Ma allora non avete capito di quale iceberg le sigarette sono lucente apogeo. Uno studio ha confermato che la combustione dell’incenso produce anche dei componenti cancerogeni – com’è ovvio – e che le sue emissioni sono paragonabili a quelle di una strada trafficata: in Minnesota sono comparse le prime chiese cattoliche che offrono messe incense-free, prive dell’incenso passivo. L’Environmental Protection Agency, la citata istituzione già responsabile dello studio-patacca sul fumo passivo, ha fatto sapere che oltrechè l’incenso “il fumo delle candele eccede gli standard di inquinamento dell’aria all’aperto”, e su questa base l’agenzia ha chiesto la chiusura di un negozio di tostatura di caffè aperto da 163 anni dopo aver già fatto multare per odori molesti centinaia di negozi e pizzerie e ristoranti indiani. A Shutesbury, in Massachusetts, il nuovo regolamento prevede che il consiglio comunale abbia spazi divisi tra chi non usa deodoranti e chi li usa e chi li usa talvolta: il disgraziato estensore ha dichiarato che “profumarsi in pubblico è come fumare”. E rieccoci. In Canada è già vietato profumarsi su alcune linee aeree, e il Canada è uno stato che va sbirciato con attenzione, perché in alcune cose, in alcune fobie, anticipa regolarmente gli Stati Uniti: i deodoranti sono vietati anche in alcuni uffici al pari dei dopobarba e dei colluttori orali, un po’ come accade sui mezzi pubblici di Ottawa; l’alcool è visto come il demonio e sovrabbondano controlli col palloncino su tutte le strade, i vetri dei pub sono pitturati di nero e c’è il divieto di bere in pubblico. Se compri una cassa di birra al supermercato e ti limiti ad appoggiarla sui sedili posteriori, anziché imboscarla nel bagagliaio, ti danno una multa da levarti la pelle. Se fumi, poi, possono toglierti la potestà sui figli: e lo sa bene Gian Turci, fumatore che dopo anni da oriundo dovette tornarsene in Italia a fondare la sezione nostrana di Forces, associazione libertaria che annovera tra le proprio file anche Sergio Ricossa e Antonio Martino: è grazie a Turci se circola almeno un po’ di controinformazione in Italia, ed è stato Turci per esempio a tradurre Science without sense di Steven J. Milloy, ex direttore delle politiche scientifiche del National Environmental Institute e già relatore al Congresso degli Stati Uniti sui criteri di valutazione dei rischi ambientali. E’ un libro fondamentale per comprendere l’assurdità potenziale di certi metodi statistici che vengono applicati e propinati di continuo a tutti, roba in grado di dimostrare qualsiasi cosa: Milloy ha già demolito scientificamente una quantità straordinaria di studi-patacca e ha così pure rilevato, adottando il medesimo criterio utilizzato per dimostrare la pericolosità del fumo passivo, per esempio: 1) che la calvizie aumenta le possibilità d’infarto del 40 per cento negli uomini sotto i 55 anni; 2) che il colluttorio aumenta del 50 per cento le possibilità di cancro alla bocca; 3) che lo yogurt aumenta del 100 per cento le possibilità di cancro alle ovaie; 4) che il consumo di dodici hot dog al mese aumenta dell’850 per cento le possibilità di prendere la leucemia; 5) che l’uso del reggiseno, per tutto il giorno, aumenta le possibilità di cancro al seno del 12mila per cento. Ne consegue che tutto è dimostrabile, e che migliaia di ricerche pseudo-scientifiche non si preoccupano se un’associazione sia vera o fasulla: si preoccupano soltanto di trovarla e di piazzarla poi a mass-media che non aspettano altro. Gli studi non allarmistici non vendono, non li pubblicano, non fanno notizia, non fanno fare carriera. Perciò, beffardamente, da esperto del settore, Milloy ha illustrato minuziosamente come scoprire qualsiasi rischio e come dimostrarne l’esistenza, confezionarlo, venderlo in direzione di fama e sovvenzioni. Esistono studi, e non stiamo scherzando, che hanno statisticamente dimostrato che il fumo fa guarire dai tumori. Del resto, secondo un altro studio dell’università del North Carolina reso noto dalla Cnn, le donne che praticano la fellatio hanno il 40 per cento di probabilità in meno di contrarre un tumore al seno: abbiano a regolarsi. Le lavande vaginali aumentano le possibilità di cancro della cervice del 300 per cento, tre tazze di caffè alla settimana aumentano del 30 per cento la possibilità di una morte prematura, il lavoro sedentario aumenta del 30 per cento la possibilità di un tumore al sedere, per non parlare di tutto il ciarpame sui campi elettromagnetici, il radon nelle case, la diossina, il cloro nell’acqua, il surriscaldamento, gli animali pazzi. In Nuova Zelanda da tre anni che stanno studiando una tassa sui peti animali, un balzello sulle flatulenze di ovini e bovini che siccome emettono metano dicono che danneggiano l’ambiente. Basta leggere l’ultimo numero dell’edizione inglese di New Scientist per apprendere che il fumo da cucina uccide più del morbillo e della malaria e dell’Aids; si sostiene che ogni anno un milione e mezzo di persone, soprattutto donne e bambini, muoiano a causa di queste esalazioni e si deve considerare che nel mondo circa due miliardi e mezzo di persone cucina con delle stufe che bruciano legna o sterco o resti di piante: chi le utilizza, secondo lo studio, inala ogni giorno l’equivalente delle sostanze tossiche contenute in due pacchetti di sigarette. E tutta questa strage si consuma mentre noi ce ne stiamo sul balcone a fumare come dei deficienti (piove) per via dell’ignoranza colpevole o incolpevole di donne incinte e cretini salutisti e altra gente mediamente troppo astenuta e nervosa e magra perché davvero possa vivere più a lungo di noi gaudenti. Che fare? Fumare. Informarsi: tempo fa il Corriere della Sera ha scritto che il medico nazista Karl Aspell, nel 1940, fu il primo a dimostrare la dannosità delle sigarette. Non è vero: nel 1939 un altro medico nazista, Fritz Lickint, aveva già pubblicato Tabak und Organismus, un volume di 1.100 pagine edite in collaborazione col Comitato del Reich contro le droghe e con la Lega tedesca antitabacco; lo studio sosteneva per la prima volta che il fumo faceva complessivamente male e adottava per la prima volta il termine Passivrauchen, fumo passivo. Lo stiamo raccontando perché la ricerca venne usata per scopi politici sicchè il tabacco venne abbinato alle culture cosiddette degenerate dei paesi ostili (gli Usa tra questi) e venne impostata una campagna rivolta ai giovani e imperniata sul Gesundheitsplifcht, il dovere di mantenersi sani: è arcinoto che Hitler fosse un vegetariano e un maniaco salutista. Ma a parte ogni analogia inquietante – è negli Usa si dice che fumino, ormai, solo i negri e i portoricani – ciò che interessa è il dato che ne seguì: prima della campagna antifumo, nel 1932, i tedeschi fumavano una media di 570 sigarette pro capite l’anno, come i francesi; dopo la campagna, nel 1940, ne fumavano 900 quando i francesi arrivavano solo a 670. Tu proibisci e io voglio. E infatti, negli ultimi quattro anni, dopo la spaventosa campagna antifumo del governo americano, i giovani fumatori statunitensi sono aumentati del 30 per cento.
    Complimenti. In altre parole gli antifumo avevano la vittoria in mano e sia in America che in Europa il fumo andava sparendo perché non aveva più appeal, aveva perso status, faceva socialmente arretrato, relegava sigarette e fumatori nella loro faccia oscura: quella del vizio, dell’orrenda dipendenza. Sarebbe stata la via giusta via anche in Italia, perché, a quanto pare, il sentirsi sfigati fa molta più paura del cancro.
    Invece no. Adesso fumare è quasi ridiventato snob. E anche da noi c’è gente che si è stufata, che è sempre fuori stanza per riprendersi il sacrosanto diritto di fumare e ciacolare e farsi un pericolosissimo caffè, che progetta di non prendere più treni e boicottare ristoranti. Ancora complimenti. Avevano la vittoria in pugno e potevano limitarsi a dire: signori, scusate, in tutto il mondo cala la spesa per l’istruzione e per l’assistenza, il welfare è finito, la pacchia pure, dobbiamo ridimensionare la sanità pubblica, dobbiamo sfrondare, tagliare, soprattutto dobbiamo prevenire quelle che in gergo sono chiamate cause di morte rimuovibili (evitabili) mentre sappiamo benissimo quali sono inevitabili: sappiamo, cioè, che l’inquinamento di qualsiasi città del mondo è assai più cancerogeno e dannoso di qualsivoglia sigaretta e caffè e bicchiere di vino e lardo di Colonnata: ciò che ci fa scoprire ogni giorno, insomma, che si muore perché si vive. Ma non possiamo eliminare milioni di motori a scoppio da un giorno all’altro, e inventare l’energia perfetta, pulita, indi riconvertire tanto in fretta – come diceva un tempo la sinistra – il modello di sviluppo. Non subito, cioè. Dateci tempo. Per intanto, signori, fate buon uso di una seria campagna di prevenzione e di informazione che senza terrorizzarvi o trattarvi da imbecilli possa rendervi edotti circa gli squilibri del vostro vivere urbanizzato. Certo, voi singolarmente pensate di essere unici e insignificanti, probabilmente pensate di non essere inseribili in nessun campione statistico: resta che la somma delle vostre unicità sta affollando i nostri ospedali. Dunque le sigarette, le droghe, il vino, il caffè, il cibo, il caschetto non allacciato sui giovinastri: valutate bene, leggete quali rischi e incidenze possano comportare sulla vostra salute e sulle nostre finanze: e ve lo diciamo su basi scientifiche serie, non farlocche e allarmistiche. Ecco, questo è un discorso: ma non è che si possa pretenderlo dai crociati antifumo: sono solo dei poveracci strumentalizzati da chi regge le fila. E chi regge le fila non al è certo interessato alla nostra salute per moralità, è interessato semmai a che a certi nostri stili di vita possano corrispondere dei costi economici e sociali. Gli interessa questo.
    Da che altro potevano cominciare, del resto? In teoria da molte cose, stando ai numeri e alle nocività acclarate. Per essere retorici: le automobili, gli incidenti, i tumori all’apparato respiratorio nelle zone – come si dice – ad alto traffico veicolare. Ma non ci interessa questo discorso. E poi questo è un rischio non rimuovibile, certo: non è che puoi scrivere nuoce gravemente alla salute sul cofano o sulle portiere, non è che puoi promuovere una campagna contro una maggioranza, insomma non è che puoi levare la macchina alla gente: e però hanno pensato di poter levare le sigarette a noi, quattordici milioni di viziosi che peraltro notoriamente – pardon, statisticamente – siamo più simpatici e goduriosi di chi non avrà neppure un’ultima sigaretta da chiedere, quel giorno.
    Morale, hanno puntato tutto sulla campagna morale e salvifica ai danni del buon senso, e siamo alle derive ideologiche, alle pubblicità progresso, ai neosalutismi religiosi semplicemente improbabili, a veri e propri fanatismi di gente che spesso vive di diete e palestre e ginnastiche, tutti figli di un prossimo Stato-madre che non appare solo intollerante e bugiardo nel suo ragguagliarci per il nostro bene: si sta facendo anche decisamente arrogante e ridicolo. L’ennesimo studio patacca, alla fine di agosto 2004, spiegava che “Sposarsi fa bene alla salute e allunga la vita”, e che lo stile di vita dei single sarebbe la prima ragione “che mette a repentaglio la vita delle persone”, questo con un tasso di mortalità che “fra i single è simile a quello fra i fumatori”.
    Roba da divorziare subito e immediatamente. Niente di strano, poi, per reazione, che nei paesi anglosassoni vadano di moda le sigarette Death, vendute in un pacchetto nero con l’effige di un teschio. Niente di strano che ci sia un modesto ma crescente numero di persone cui cominciano seriamente a girare le palle. A Indianapolis l’amministrazione comunale ha respinto ufficialmente il divieto di fumare in pubblico: 15 voti contro 13. A Denver, addirittura, un gruppo di ristoratori ha denunciato le autorità sostenendo che il divieto in questione violerebbe le libertà costituzionali e sarebbe basato su una scienza fraudolenta. A New York, ancora, il candidato sindaco Fernando Ferrer ha fumato pubblicamente in faccia a Bloomberg, mentre Graydon Carter, l’editore di Vanity Fair, ha deciso di continuare a fumare in pubblico nonostante le ripetute irruzioni dei poliziotti antifumo che l’hanno già ricoperto di multe per aver trovato dei posacenere. E in Italia è arrivato il ministro Gerolamo Sirchia, no comment. Per ora.
    Ci stanno investendo con un fanatismo che ha inevitabilmente risvegliato il nostro, e questo con una tracotanza che però in confronto alla nostra – quella, appunto, solo in Italia, di quattordici milioni di fumatori incazzati – semplicemente non può farcela. Lasciali perdere, i fumatori e i peccatori in generale: sono gente pericolosa, sino a un certo punto sono estremamente civili e chiedono il permesso, non fanno tragedie, cercano di non dar fastidio – e se ne dessero, fustigateli: non sono fumatori, sono maleducati – e comunque stringi stringi è gente che si adegua: lo fecero quando vietarono il fumo qua e là, dai cinema ai mezzi pubblici alle scuole, si rassegnarono a un’umanità che non li lascia più fumare quasi da nessuna parte. Negli aeroporti, per esempio: potevano mica riservare – domanda – un tugurio di saletta per quanti sono incastrati tra un volo e l’altro? Per ore? E perché dovrebbero rinunciare, costoro, a una delle più grandi invenzioni della Storia dell’umanità: la sigaretta dopo il pranzo? Per non dire della carognata dei treni, questi mezzi così amabili, questo lusso vero, questo tempo ritrovato, spazio e lettura, sonnolenza dolce, e a un certo punto una sigaretta che in treno era proprio una sigaretta, dio, era proprio una sigaretta come sempre dovrebbe esserlo. Invece no. Non devi fumare, mai: neppure in una sola e apposita carrozza pagata come tale. Eccolo dunque il punto di ritorno, la dichiarazione di guerra, l’annuncio solenne che ci siamo rotti.
    L’abbiamo detto: vinceremo noi. Lo sappiamo che non siste tutti in guerra, che non siete tutti degli sceriffi antifumo, che tra voi c’è anche tanta gente normale. Sappiamo che molti di voi semplicemente dicono: ma che c’entro, io, con tutto questo? E che c’entra, tutto questo, col diritto di non farsi fumare in faccia, il diritto di non patire le prepotenze di gente maleducata e sbuffante? Che c’entra questo col buttarla in letteratura, coi diritti civili, con la filosofia da tabaccheria?
    C’entra. Perché le persone normali, pure, martellate qua e là, stanno diventano inconsapevoli fiancheggiatori di quei che ci costringono a difenderci e che anticipano una crociata che sta diventando globale – il fumo, il cibo, il vino, il caffè, gli odori, il linguaggio – e che avrà i toni isterici e salvifici di chi non si limita a lottare contro la scortesia di certi fumatori, macchè: ci oppone anche la scortesia sostanziale di chi vuole a tutti i costi allungarci la vita, e ne fa esondazione ideologica, pubblicità progresso, neosalutismo religioso e fanatico di chi vive di diete, palestre, ginnastiche, e beve acqua con una sola sperduta molecola. Se la bevano pure. Non non la beviamo.

  23. Ho come il sospetto che quando hanno distribuito la coerenza Facci fosse chiuso in bagno a fumare di nascosto:

    “Sei un vero personaggio: per avvalorare le sue granitiche tesi (io qui paradossalmente sono il più laico, [blabla]) Griso è un o che cita come fonti, chessò, l’Oms, poi la Corte Federale, eccetera. E’ come se per parlare di politica si citasse l’ufficio stampa del Parlamento. E’ come se per parlare di guerra in Iraq si citasse solo il Pentagono.”
    (Filippo Facci , 02.12.06 13:33)

    “Il più vasto e serio studio sul fumo passivo mai effettuato resta quello commissionato dal Dipartimento dei Trasporti americano. [blabla] i raggi cosmici [blabla]. Andrebbe menzionato anche il colossale studio commissionato dall’Organizzazione mondiale della sanità all’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, anno 1998: [blabla] Ebbene, la Corte federale americana ha definito quello studio “fraudolento” [blabla] la Corte federale americana definì quello studio come fraudolento e manipolatorio, [blabla] In particolare, la Corte ordinato [blabla]”
    (Filippo Facci , 30.11.06 15:55)

    Scrivo perchè sono in convalescenza, perchè non ho un cazzo da fare.
    (Filippo Facci , 02.12.06 13:33)

    “Ultima mail, perchè la convalescenza la faccio finire oggi e comunque mi sono rotto i coglioni. [blabla] Io chiudo qui. Se mai capiterà che qualche pazzo avesse voglia di leggersi tutto il commentario a questo post, non sarebbe infine che la tediosa lettura della cartella clinica del suo estensore.”
    (Filippo Facci , 03.12.06 23:58)

    “E uno potrebbe sopportare di svegliarsi in camera da letto dove ovviamente non si fuma, passare in bagno dove pure non si fuma, in cucina dove non si fuma e così pure in salotto, dove non si fuma perché il fumo dà fastidio anche in salotto [blabla] E tutta questa strage si consuma mentre noi ce ne stiamo sul balcone a fumare come dei deficienti (piove) per via dell’ignoranza colpevole o incolpevole di donne incinte e cretini salutisti e altra gente mediamente troppo astenuta e nervosa e magra perché davvero possa vivere più a lungo di noi gaudenti. [blabla medici nazisti] [blabla il radon nelle case] [blabla la crociata globale] [blabla] Per non dire della carognata dei treni, questi mezzi così amabili, questo lusso vero, questo tempo ritrovato, spazio e lettura, sonnolenza dolce, e a un certo punto una sigaretta che in treno era proprio una sigaretta, dio, era proprio una sigaretta come sempre dovrebbe esserlo.” [blabla]
    (Filippo Facci , 04.12.06 17:19)

  24. E comunque, ribadisco, pippetto nostro con l’inglese và poco oltre il laif is nau…

  25. @Leo: io non partecipo più a questo dibattito da sabato scorso (10 giorni, hai detto bene), quando volevo andare a tagliarmi i capelli ma arrivato a “I Gigli” ho visto troppa gente e son tornato indietro.
    I motivi per cui non partecipo più a questo dibattito li ho già spiegati col messaggio di congedo: discuto con chi val la pena di discutere, che non significa con chi la pensa come me, significa con chi non utilizza la menzogna e la saccenza per portare avanti le sue granitiche idee.
    Ti piace pensare che quello che è stato detto sia una stronzata (cosa che hai dichiarato fin da subito nel post)? Pensalo.
    Al contrario di te, io non ho la vocazione dell’evangelizzatore. Resta pure delle tue idee, e a fare da pallina per gatto-Facci. ;-)

  26. http://tinyurl.com/wlpqg

    (dal Corriere.it)

    Il famoso epidemiologo riceveva soldi da industrie chimiche

    Scoprì legame fumo-cancro, ma fu «corrotto»
    Richard Doll svelò, e rese noto, che il fumo provoca il cancro al polmone. Ma non fu «cristallino» nei suoi pareri su altre sostanze

    LONDRA – Richard Doll, lo scienziato che per primo provò e rese pubblico il legame fra tabacco e cancro ai polmoni non era probabilmente un eroe senza macchia. Il celebre epidemiologo britannico, secondo il quotidiano inglese «Guardian» , veniva regolarmente pagato in consulenze dalle industrie mentre indagava sui possibili rischi cancerogeni del lavoro in fabbrica a contatto con alcuni materiali chimici.
    Secondo il Guardian, Doll, morto nel 2005, negli anni ’80 per i suoi pareri tecnici riscuoteva denaro dalla Monsanto, allora compagnia leader nel settore chimico. Una presenza nel libro paga nello stesso periodo in cui scrisse ad una commissione d’inchiesta australiana che l’Agente Arancio, usato dagli Stati Uniti nella guerra del Vietnam, non era cancerogeno.
    Il denaro che Doll intascava era pari all’epoca a 1500 dollari al giorno.
    Per il Guardian lo scienziato era stato pagato anche dalla Associazione degli Industriali Chimici e da altre due compagnie, Dow Chemicals e Ici, dopo la stesura di un rapporto che scagionava il vinilcloruro, sostanza presente nella plastica, dall’accusa di causare il cancro. Allora Doll ammise il pericolo, comunque remoto, di contrarre «solo» il cancro al fegato, e le sue conclusioni sostanzialmente tranquillizzanti furono subito usate dall’Associazione Mondiale degli Industriali per difendere l’uso degli agenti chimici nelle fabbriche. L’Organizzazione Mondiale della Sanità bocciò senza appello quelle sue conclusioni.

    08 dicembre 2006

  27. Eh, il buon vecchio Sir Richard…
    Cito da un articolo del Guardian Weekly (Friday May 13 2005):

    Nel 1956, i risultati erano ormai inequivocabili: più di 200 forti fumatori [tra i medici inglesi esaminati, NdT] erano morti di cancro al polmone in un periodo di 4 anni, mentre l’incidenza tra i non fumatori era trascurabile. Solo negli anni successivi si sarebbero visti gli effetti del fumo passivo.
    Il Dipartimento della Salute esaminò i risultati per un anno. “Istituirono una commissione interdipartimentale consultiva sul da farsi,” ricorda il prof. Doll “che disse – ho visto il rapporto – che sarebbe stato gravissimo se si fosse ridotto il fumo, non per il calo del gettito fiscale, ma perchè son contenti che la gente crepi a 65 anni e gli faccia risparmiare sulle pensioni. La commissione era presieduta dal Tesoro: risultato, si decise di non fare nulla.”

  28. CARI SIGNORI DAI COMMENTI CHE HO LETTO QUI,SIETE PROPIO FUORI DI TESTA.
    CHI DICE CHE L’OLIO DI COLZA ROVINA I MOTORI?AVETE ESPERIENZE PERSONALI?BEH IO SI SULLA MIA PELLE E QUELLA DI ALTRI 50 COLLEGHI QUI NELLA MIA PROVINCIA,AUTO NUOVE COMMON RAIL E QUINDI DELICATISSIME CHE HANNO FATTO 200.000 KM E STANNO ANCORA ANDANDO A OLIO E NON SOLO DI COLZA MA DI SEMI VARI,NUOVO O ADDIRITTURA GIA USATO,VANNO MEGLIO DI QUELLE CHE SI SPORCANO A GASOLIO.ùQUINDI PRIMA DI PARLARE PROVARE O FARE ESPERIENZA
    GRAZIE

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