L’incipit di “Senza sugo” di Leandro Barocco. Sperlink & Kupfer editore
Nella vecchia campagna, c’era una vecchia fattoria.
E ia-ia-oh. Immancabile. Sembrava un cappero del naso o un tarzanello, solo che un po’ di fumo usciva dal camino.
La vecchia fattoria di Cuernavaca. Gli uomini arrivarono su una Prinz. Una macchina che già da sola porta sfiga e questo dovrebbe fare intuire il prosieguo della vicenda. Da dentro la fattoria, Manuel Colico Hepatico li vide. E li vide. E li vide.
Finchè non li vide più.
– Cabrones! Caracoles! Chi credono di confundir, quei pendejos? Non sono cecato- sputò fuori insieme a un tocchetto di fegato dall’odore rancido. E si tolse la patta che gli copriva l’occhio destro. Vicino a lui, il figlio e la figlia lo guardavano strani e straniti. Si portarono un dito al capo e fecero il gesto del cacciavite.
Con lentezza.
Gli uomini dentro la macchina si fermarono. Più che altro si fermò lei, la macchina, e l’autista uscì e cominciò a bestemmiare. La mala suerte era già iniziata. Dentro, un uomo in marsina rossa fumava una sigaretta. Hasta pronto, disse. La sigaretta, non l’uomo. In un paese dove tutti parlano lo spagnolo di Zorry Kid senza nessun motivo, perché una sigaretta non dovrebbe fare lo stesso?
La sigaretta parlò e gli altri restarono in silenzio. Nessuno rispose. Gli altri erano un giovinetto magro e un vecchio grasso. Li chiamavano l’acciuga e il porco. I due marmittoni. Stanlio e Ollio. Barbie e Ken. Piglialo e Dandolo .
Soprannomi, e non solo questi. Così.
Manuel Colico Hepatico disse al figlio, bambino mio, giovin erba dei prati, vai nella rimessa o ti scendo le mani sulla faccia. Il bambino era basso ma aveva già diciotto anni e due mustacchi che manco Pedrito El Drito. Scosse il capo e obbedì. Se non altro, nella rimessa avrebbe giocato a black jack con i ratones. Certe panteganas con lo sguardo furbo che puntavano alto e cercavano di pelarti. Ma vabbe’. La vita non sempre è giusta. Un po’ come l’orlo dei pantaloni con il destino come sarto.
Poi Manuel guardò la figlia.
– Nineta.
I suoi occhi erano languidi. Umidi. La bambina, che era piccola ma aveva già diciotto anni e due pere che manco Sabrina Ferilli quando sale in alta quota, riconobbe lo sguardo.
– ’A pa’, non arricominciamos de nuevo.
Egli provò una fitta a destra e non era il cuore. Colico Hepatico si chiamava così mica per niente e mica per niente aveva un incarnato giallo piscio.
– Peste! No hai comprendido, Nineta!
– Sèèèèè, sèèèèèèèè, ’a pa’.
Lui spostò tre alti tolloni di conserva e aprì una botola.
– Senti, Nineta, adesso arriveranno degli uomini…
– Los mismo de siempre, ’a pa’.
– No, Nineta, te non compriende una mazzas.
– Giusto las mazzas compriendo, ’a pa’.
– Te dise de no, siende e andrà tuto bene, Giuda escablero!
– Ma come parli, ’a pa’-, e incominciò a scendere nella botola.
– Recuerda.
– Eh.
– Recuerda!
– Eh.
– Non era cuesto quello che volevo.
– Manco io, ’a pa’.
– Non era cuesto quello che volevo.
– Sééééé.
– Non era cuesto quello che volevo.
– ’A paaaaaaaaaaaa’, manco io, sei sordo oltre che sguercios? Io vorrebbi a fare la cubbista.
– Non era cuesto quello che volevo-, urlò Colico Hepatico e chiuse con forza la botola e il legno colpì Nineta in piena fronte e lei cadde in fondo ma di petto e quindi sul morbido.
Silenzio.
Questa volta (a differenza dell’altra) il libro non è un invenzione, esiste per davvero. L’autore, Giovanni Arduino è lo stesso che ha scritto “Setola“, parodia di “Seta” di Baricco (che lo ha quasi citato!). Arduino è un editor della Sperlink & Kupfer. E’ stato l’inventore del libro gioco di Stephen King (col nome di Joe Arden). E di “Il regalo più bello” con lo pseudonimo di Jonathan Snow, e di altri libri sempre sotto pseudonimo (a suo nome -ahimè, nessuno è perfetto- ha firmato la biografia degli 883 insieme a Max Pezzali!). Il brano è tratto da “Senza sugo“, parodia di “Senza sangue” sempre di Baricco.