(COMM. MORO, 163; COMM. STRAGI II 270-274; NUMERAZIONE TEMATICA 3)
La ristrutturazione dei servizi segreti fu posta dal Governo della non sfiducia sull’onda delle critiche e delle polemiche sul funzionamento dei servizi segreti del passato. Prima che uno scontro di persone, vi fu comprensibilmente uno scontro di amministrazioni; in definitiva tra l’ambiente militare che con i servizi segreti della difesa deteneva quasi il monopolio dell’informazione riservata ed il mondo della polizia che aveva avuto prima gli affari riservati e poi, dopo varie polemiche, i servizi di sicurezza, a base, in verità, più modesta. Si è oscillato per qualche tempo tra servizio unico e servizio plurimo. Con gli accordi di luglio si optò per i due servizi, ponendo con ciò il problema non solo dei compiti, ma anche del personale. Indubbiamente il personale più numeroso e più qualificato era quello dell’Ufficio D (ridotto negli ultimi tempi alla quasi totale inerzia) e da quello entrambi i nuovi servizi aspirano a prelevare il loro migliore personale. Ma ovviamente non si tratta solo di questo. Si tratta del predominio politico in un settore così delicato che il Ministro della Difesa ed il Ministro dell’Interno vorrebbero entrambi conseguire. La cosa è più delicata per il fatto che, essendo potenzialmente più consistenti le strutture militari, quanto a funzioni, obiettivamente, considerati i moderni sistemi di spionaggio, il servizio di sicurezza civile ha compiti di maggior rilievo di quello militare. Sta di fatto però che, avendo presente il numero e la qualità del personale disponibile, sono i carabinieri ad avere, anche in rapporto alla loro specializzazione, una posizione dominante, sottolineata dalla nomina del dinamico generale Grassini a capo del servizio di sicurezza civile. Le nomine, quali sono risultate, non sono quelle in un primo tempo avute di mira. A parte il generale Genovesi che, per l’esperienza fatta nel famoso ufficio D del Sid era naturale designato alla direzione dell’organismo militare, si era pensato per l’ufficio di sicurezza civile ad un ufficiale, sempre dei carabinieri, di grande prestigio, il Gen. Ferrara, attuale vice Comandante Generale dell’Arma. Ma proprio la struttura composita ed un po’ macchinosa dei due organismi, privi di agilità operativa e di efficace cooperazione, ha indotto il Gen. Ferrara a rifiutare l’incarico. Parimenti egli ha rifiutato di assumere il compito di coordinamento, che è stato invece affidato ad un anziano ed esperto funzionario dell’Amministrazione dell’Interno con l’effetto di creare almeno così un certo equilibrio tra mondo militare ed Amministrazione dell’Interno.
In realtà quindi la partita si è giocata tra i ministri competenti ed il Presidente del Consiglio. Altri esponenti politici, come l’On. Rumor o chiunque altro, non avrebbero potuto averne parte. Naturalmente esce rafforzata la posizione del Presidente del Consiglio, perché è il responsabile del servizio, è il responsabile del segreto e media tra i due ministri. A mio parere però ha un qualche vantaggio, nell’attuale struttura, il Ministro dell’Interno per il fatto che non viene nominato, come pure la legge prevederebbe, un Sottosegretario per il coordinamento. E’ evidente che esso avrebbe dato ombra al Ministro dell’Interno ed avrebbe interferito nella sua azione. I compiti infatti sono difficilmente divisibili. Quindi del Sottosegretario si è fatto a meno. Il Dominus resta il Presidente del Consiglio, anche se l’autorità è temperata da una Commissione parlamentare, presieduta dall’On. Pennacchini, alla quale si riferisce dei relativi problemi e che si occupa, per così dire in sede d’appello, del Segreto.
(COMM. MORO, 129; COMM. STRAGI II 392-395; NUMERAZIONE TEMATICA 3)
I retroscena della lotta per i servizi segreti del ’77 fu, a mio giudizio, più di organizzazioni che di persone. Rumor era del tutto assente né aveva titolo per intervenire. Protagonista vero dunque il presidente del Consiglio, alle cui dipendenze i servizi erano destinati ed alla cui preminente influenza politica avrebbero soggiaciuto. Essendo un po’ defilato il Ministro della difesa, di recente nomina, l’altro contraddittore era il Ministro Cossiga, che avrebbe potuto vedere accresciuti o affievoliti i suoi poteri in rapporto alla strutturazione dei servizi. La maggior complicazione è derivata però dai rapporti tra i corpi. Il prestigioso, ma anche discusso ufficio D, era quello più ricco di uomini qualificati, il cui apporto era perciò conteso tra i due nuovi servizi. La possibilità di utilizzare il personale esterno di varia provenienza complica ulteriormente le cose. In atto prevalgono i carabinieri ed è un predominio che, per la qualità delle persone e la difficoltà di formare nuovi quadri, sembra destinato a durare. Sistemato Genovesi nell’ex Sid, restava da scegliere tra il capo della sicurezza interna, indicato, senza sua adesione, nella persona del Gen. Ferrara, Vice Comandante Generale dell’Arma, ma in seguito al rifiuto veniva nominato il Gen. Grassini, con nuovo riconoscimento ai Carabinieri. Per la Segreteria Generale del coordinamento, ad equilibrare la situazione, si sceglieva un funzionario dell’Interno.
Quello che conta però è la conclusione politica, perché vi è stata perlomeno una gara di persone, per acquisire maggior potere, mediante questo strumento d’importanza determinante, nella vita dello Stato. Mi pare che esca vincitore, avendo straordinarie abilità ad impadronirsi di tutte le leve, il Presidente del Consiglio. Ed è giusto che le masse, i partiti, gli organi dello Stato siano bene attenti, senza diffidenza pregiudiziale, ma anche senza disattenzione, al personaggio che la legge ha voluto detentore di tutti i segreti dello Stato, i più delicati, salvo il controllo, da sperimentare, dell’apposita commissione parlamentare.
Questa persona detiene nelle mani un potere enorme, all’interno ed all’estero, di fronte al quale i dossiers dei quali si parlava ai tempi di Tambroni, francamente impallidiscono. E sopratutto la situazione deve essere considerata, avendo presente l’esperienza del passato, l’inquinamento del trentennio che appunto deprechiamo. All’inizio il Sifar (poi Sid) era alle dipendenze di organi militari e pure non mancò il modo di politicizzarlo sconciamente, destando le reazioni di rispettabili persone (Sen. Merzagora) che si sentivano duramente colpite ed altro (Sen. Saragat) personalmente offeso. Questo, si diceva, in una struttura militare. In una struttura civile e politica i rischi sono maggiori. Bisogna stare in guardia. Prendono le distanze personalità, quali esse siano, ed i partiti, tutti i partiti. E poiché il Partito che ha fatto l’esperienza più lunga, e più negativa, per la sua costante vicinanza (e confusione) con le leve dello Stato è la D.C., questo monito, che nasce dall’esperienza, ad essa si dirige prima che a qualsiasi altro. Si tratta di un’innovazione, dalla quale ci si deve sforzare di trarre bene e non male.
Aggiungo che il Ministro dell’Interno giunge secondo al traguardo, perché evita di vedere nominato, benché sia previsto dalla legge, un Sottosogretario per il coordinamento che avrebbe fatalmente interferito nelle sue competenze. Probabilmente è questa, della non moltiplicazione degli organi, la cosa più saggia. Sta di fatto che se ne avvantaggia il Ministro Cossiga, in questo senso diretto contraddittore del Presidente del Consiglio nel gioco del potere.