In un angolo del web, quello frequentato dai più giovani e spesso ignorato dai soloni che discutono dei massimi sistemi su Twitter, sta avvenendo una specie di sommossa popolare.
Spiego velocemente (astenersi i “ma con tutti i problemi che ci sono nel mondo, la fame, le guerre”, eccetera): Selvaggia Lucarelli scrive, sul suo profilo Facebook, un post in cui elogia Francesco Sole, uno youtuber che è approdato al mondo dell’editoria (ha scritto per Mondadori il libro “Stati d’animo su fogli di carta”) e della televisione (conduce “Tu si que vales”, un programma su Canale 5 di Maria De Filippi).
Selvaggia, di Sole, scrive in sostanza che è bello che un ragazzo normale stia avendo successo senza spintarelle né padrini. E’ in quel momento che lo spazio-tempo di YouTube si incrina e succede l’Armageddon.
Uno tsunami di youtuber, capitanati da Dellimellow e Claudio Di Biagio (due di cui non si può dire che non sappiano mettere tre parole in croce, perché le sanno mettere eccome: le crocifiggono proprio, e quasi senti le grida per le ossa che scricchiolano e i chiodi che si conficcano), scopre che Francesco Sole è gestito da un’agenzia di management; che questa agenzia di management è di proprietà (tra gli altri) di Francesco Facchinetti; e che lo stesso Facchinetti è recentemente diventato il nuovo manager di Selvaggia Lucarelli.
Ergo: complotto.
Sotto l’hashtag “#selvaggianonmentire“ (che, per farvi capire la portata del problema, resta nei trending topic per tre giorni) parte una litania che abbiamo visto innumerevoli volte (con i blogger, con le starlette della moda, con chi aveva un libro nel cassetto: tutti geni incompresi che qualche fenomeno costruito a tavolino dal marketing ha superato a destra senza mettere la freccia, su un Ciao truccato e mentre fa le penne) sulla meritocrazia e quanto sia ingiusto e contro lo stato delle cose che un “raccomandato” stia avendo successo al posto loro.
Il mondo di Youtube è un mondo a parte (da cui, chiariamo, anche chi vi scrive è escluso): ogni volta che ne parlo con qualcuno sopra i 25 anni mi accorgo di quanto non si capisca quanta importanza abbia e quanto, proprio per questo motivo, andrebbe conosciuto (vi faccio un esempio: alcuni youtuber italiani totalizzano dalle centinaia di migliaia fino a qualche milione di sottoscrizione: numeri per avere i quali uno o tutti e due i maggiori quotidiani italiani ucciderebbero).
Per questo motivo, oltre a consigliare ai miei coetanei di andare ogni tanto a sbirciare che cosa succede laggiù (così, tanto per provare a capire – di tanto in tanto – che il mondo in cui vivono si sta trasformando, e che è normale: succede da milioni di anni e si chiama “progresso”), sento allo stesso momento di dover dare qualche dritta ai videomaker in erba. Loro – forti dei loro numeri – penseranno di non averne bisogno. Ma chissenefrega: io glieli do lo stesso. Metti caso li volessero seguire, male non gli fanno.
Punto uno: sì, è abbastanza ovvio che Francesco Sole sia un prodotto di marketing.
E non c’è nulla di male in questo. Se siete abbastanza bravi, prima o poi succederà anche a voi (e a qualcuno è probabilmente già successo). Vorrebbe tanto esserlo anche Dellimellow, quello che si spaccia per vostro “leader”, e lo dimostrano quelle piccole gabole che adotta pur di fare in modo che gli iscritti al suo canale aumentino a dispetto del fatto che magari uno vuole andare a vederlo ma non vuole iscriversi (provate a cliccare sul link a YouTube che riporta sul suo profilo Facebook e che per comodità vi riporto qui: constaterete che YouTube non si limiterà a mostrarvi il suo canale, ma vi chiederà di confermare la sottoscrizione, che è un po’ come se il Corriere della Sera vi inviasse una copia omaggio nella casella di posta e, solo per il fatto di averla letta, vi consideri suoi abbonati o, meglio ancora, che vi consideri suoi abbonati solo per il fatto che state passeggiando per via Solferino). Ci sta anche questo: non fa nulla di illegale, quindi lo fa. Magari non è etico, magari non è elegante, ma è uno dei mezzi che ha scelto per farsi largo nel mucchio. Allo stesso modo Sole ha scelto un manager o, molto più probabilmente, un manager gli si è proposto e lui ha accettato di farsi rappresentare. Poi, è ovvio, il suo manager cercherà di spacciarlo come “successo virale”, ed è quello che alla fine fa la pubblicità: presentarti un prodotto come se fosse di successo anche se la maggior parte di quel successo deve ancora conquistarlo.
Punto due: a voi sembrerà strano, ma la maggior parte di voi hanno più potere di Facchinetti e Lucarelli messi assieme.
Se fosse vero il contrario io dovrei essere già presidente del consiglio, dal momento che – lo ricordo – Selvaggia ha scritto proprio su questo blog il post che fu all’origine del suo successo. Scrisse una cosa molto divertente e originale, che poi iniziò a girare per il web diventando davvero virale, al punto che fu attribuita a varie attrici comiche già celebri, e da lì arrivarono le prime offerte di lavoro in televisione e suoi giornali. Selvaggia – che a voi oggi sta alquanto antipatica, capisco anche se non approvo – ha avuto successo esattamente nel modo che voi dite essere il più corretto. E nel tempo ha detto “sì” qualche piccola cavolata, detto “no” a tante immense cavolate, ma ha costruito nel tempo il suo personaggio senza l’aiuto di nessuno e, anzi, inimicandosi qualche potente del mondo della televisione e dell’editoria.
Quanto a Facchinetti: sta avendo un certo successo nel suo nuovo lavoro di manager e – se volete anche un parere da uno che in fondo è anche un suo concorrente e a cui è capitato pestasse i piedi – lo sta facendo con molta intuitività, un sacco di intraprendenza e inciampando in qualche piccola cazzata. Come tutti. Ma non è Lucio Presta e non è Beppe Caschetto. Non è (ancora) uno che ha il potere di decidere a tavolino che cosa avrà successo e cosa no. Ha qualche asso nella manica, e ogni tanto lo usa. A volte capita che bluffi, ma fa parte del gioco, nel senso che è un’eventualità contemplata dalle regole e, anzi, il gioco prevede che lo faccia.
Punto tre: non c’è nulla di male nel rosicare. Un pochino.
E’ una cosa che non dicono in tanti, ma è un po’ come l’elefante nella stanza: non puoi ignorarlo. E allora ecco, diciamolo: tante delle migliori cose fatte dal genere umano sono state fatte per invidia, per rivalsa, perché c’era qualcosa di bello e qualcuno si è messo in testa di rifarlo meglio. Se l’invidia non fosse un sentimento così popolare non sarebbe citata da uno dei dieci comandamenti: va solo provata in piccole dosi, come tante altre cose nella vita. Esiste un punto – ad alcuni ben chiaro, ad altri meno – sorpassato il quale l’invidia e il rosicamento diventano una vera e propria malattia e, invece che spronare a migliorarsi, inducono a rimanere immobili nell’assurda convinzione che non si possa fare nulla contro chi ha successo senza meriti. Non serve a nulla credersi Don Chisciotte senza inventarsi anche i mulini a vento da combattere.
Punto quattro: su internet è un attimo passare da idolo delle folle a stronzo raccomandato.
Succede nel preciso momento in cui assaporate i primi successi e un certo numero di persone vi riconosce di essere stati più bravi di altri a realizzare qualcosa. L’abbiamo detto poco fa: chi sa dosare la propria invidia si sentirà spronato a fare meglio di voi e, se ci riuscirà, quel briciolo di rosicamento avrà portato qualcosa di buono, spingendo lui a fare qualcosa di almeno altrettanto bello, e voi a continuare a reggere il confronto.
Altri, invece, si faranno prendere la mano e sosterranno che, se solo ne avessero voglia, se solo ci si mettessero, saprebbero farvi vedere come si fa per davvero. Quella è l’invidia che supera il famoso segno: la riconoscete dal semplice fatto che non esiste mai un termine di paragone reale (“Ecco, guarda, si poteva fare di meglio, e te lo dimostro”) ma se ne cita uno ipotetico (“Si poteva fare di meglio, e mi limito a sostenerlo”).
Ritenete di essere meglio di Francesco Sole? Potreste partire da qui: innanzitutto riconoscendo che – per forza di cose – ha alcune delle qualità che servono. E poi realizzando qualcosa di oggettivamente più bello, più divertente e più creativo. Potrebbe riuscirvi, come no. Ma se ci riuscite, nessun Facchinetti potrà ignorarvi. Per il semplice motivo che il vostro successo è il loro successo ma, soprattutto, perché i manager sono disposti a scommettere a costruire su qualcosa che ha già delle basi: posare la prima pietra non è il loro mestiere, e nemmeno gli passa per la testa di fare una fatica immane per portare al successo uno sconosciuto quando si può lavorare e investire su qualcuno che già ne ha un po’.
Punto cinque: non dovreste ambire a andare in televisione. Dovreste aspettare che sia la televisione a diventare voi.
Per un semplice motivo: alla televisione non interessate. O, meglio, interessano i vostri numeri e se ne frega alla grande di chi siete, di che cosa fate, di quello che pensate o di quale sia il vostro progetto. La televisione sputtana, e ha un vizio: se può, cerca di non cambiare. E quindi quando vi invita, con tante moine, vi chiede di essere lei e di rinunciare a essere voi stessi. Vi chiede di rinunciare alle cose che secondo voi e secondo tutto il resto del web funzionano. Vi chiede di fare i pagliacci. E quando non funzionate, si limita a dire: “Visto? Noi abbiamo provato, ma non sono capaci”. E invece la verità è che le persone che lavorano in televisione farebbero carte false per avere i vostri numeri e la vostra audience giovane. I loro capi glieli chiedono, e loro non sanno come farli senza usarvi. Quando vi usano, poi, vi chiedono di adattarvi alle loro regole, snaturandovi e trattandovi da fenomeni da baraccone, per poi sostenere che non funzionate.
Punto sei: al mondo della televisione e a quello del cinema piacete. Ora dovete solo imparare a farli.
Esatto: alcune delle regole della televisione e del cinema esistono perché funzionano. Decenni di idee macinate e poi mandate in onda su piccolo e grande schermo hanno fatto sì che si capisse che certe cose vanno e possono essere fatte, e altre no. E che tutto quello che viene realizzato va fatto cercando sempre di migliorarsi e di migliorarne la qualità. Esiste sempre il margine per inventarsi qualcosa di nuovo, ma diciamo che si parte da una serie di convenzioni condivise e ampiamente sperimentate.
Per questo motivo non basta sapere accendere la webcam, e non basta essere spigliati. C’è bisogno delle giuste luci, del giusto montaggio, di una faccia che funzioni, della costruzione di un personaggio e, soprattutto, di avere una storia da raccontare o qualcosa di interessante da comunicare. Il talento è un ottimo punto di partenza, ma da solo non basta. E’ fondamentale – siamo d’accordo – ma non basta.
Punto sette: non esistono geni incompresi. Se uno è bravo prima o poi ha successo. Magari ci mette più tempo del dovuto, ma prima o poi succede.
Questo per un semplice motivo: ai raccomandati, nella maggior parte dei casi, manca il talento. E per quanto i manager ci provino, a imporre i propri personaggi, alla gente il talento piace e, anche se non sa di essere in grado di farlo, sa riconoscerlo.
Pensate soltanto a quanti, nel tempo, hanno provato a presentarsi o sono stati presentati come “il nuovo Fiorello“. Ne vedete qualcuno ancora in giro, a parte il Fiorello originale? Questo perché quell’uomo avrebbe talento anche a stare seduto a non fare niente. E non è una cosa che si insegna: è una cosa che hai. Se ce l’hai, prima o poi la gente se e accorge, anche se sei un semplice animatore di un villaggio di vacanze. Se non ce l’hai, non è un dramma: non tutti nascono per intrattenere gli altri o avere successo. Esistono altri milioni di modi al mondo per essere speciali in qualche cosa. O di non essere speciali in nessuna particolare attività pur vivendo una vita mediamente appagante.
(Il punto otto è un bonus: se chi ha dato origine alla campagna avesse avuto un briciolo di creatività e di istinto in più, avrebbe scelto come hashtag ufficiale qualcosa di più immediato e, magari, una crasi che avesse un senso e fosse ancora più facile da ricordare. Quindi non “#SelvaggiaNonMentire” ma, magari, “#SelvaggiaMente“. Così, tanto per dirne una a caso.)
Ciao ho parlato proprio di questo nel mio video prima di leggere questo articolo pensavo di essere l’unica a pensarla cosi : https://www.youtube.com/watch?v=01BUuJn3qJQ&list=UUxQscAyeZaCK0KqxlF4Di2g
Gentile Gianluca Neri, io sinceramente non capisco questa necessità di difendere la Lucarelli ogni cosa faccia, l’amicizia è una bella cosa, ma la lucarelli pur nella sua indubbia intelligenza si è sempre esposta al peggio assoluto e si è sempre narcisisticamente beata delle reazioni che le sue dichiarazioni generavano, in altre parole è un personaggio che se non ci fosse un rapporto amicale a legarvi, sarebbe considerato (anche da lei) uno dei più urfidi del panorama mediatico.
Detto questo, trovo sinceramente ridicolo che i “veri youtuber” non si rendano conto che visto che oramai su youtuber ci sono proventi anche rilevanti, siano arrivati i professionisti a massimizzare gli introiti.
In ogni caso ti sei riferito principalmente a dellimellow che è un provocatore consapevole (una selvaggia lucarelli su youtube).
Perché fate l’elogio alla “normalità” dato che uccidereste vostra nonna per emergere dalla “massa”, che peraltro considerate ignorante, gretta, frustrata e rosicona?
F. Sole “…sono un ragazzo italiano che fa i video su youtube…”. Prima di fare i video su yt era un ragazzo turco invece? Cinese?Diciamo allora e piuttosto che ne aveva strapieni i maroni di essere un qualsiasi ragazzo-italiano , col Pandino da pagare a rate…Paradossale poi sentirsi “popolari” ostentando una lunga e dura gavetta , di quelle che “…mi hanno scartato in 3000 provini”; poi, quando stanno in tv dalla mattina alla sera berciano che “l’importante è non prendersi troppo sul serio”. Francesco Facchinetti robustamente segato dalle conduzioni televisive causa bassi ascolti non risulta che sia andato a lavorare in fonderia il resto della sua vita, con leggerezza e nessun rimpianto. Magari alla sera un po’ stanchino per andare per ristoranti dei Vip’s. Ma potendo svenire sulla poltrona in ecopelle mentre guarda Maria “n
on-mi-credo-meglio-degli-altri” De Filippi.