Fumo negli occhi /2

Filippo FacciRieccoci. Segue un altro breve capitolo del libercolo che Filippo Facci sta per pubblicare (il 23 novembre) e che è titolato “Fumo negli occhi. Le crociate contro il tabacco e altri piaceri della vita“, Biblioteca di via Senato Edizioni, ben 14 euro, una roba da avere e da comprare altrimenti succedono disgrazie. Nelle varie alette di copertina – sempre quelle – c’è scritto: “L’incredibile crociata contro il fumo è solo l’anticamera di altre campagne che ci spiegheranno che cosa è bene o male per noi. S’avanza una sanità pubblica che ingloba anche le dimensioni comportamentali della vita, un grande Stato-madre che nel libero arbitrio scorge una minaccia da ridurre a malattia, una scienza manipolatoria che viene strumentalizzata da chi ha già deciso a tavolino il prossimo nemico della nostra salute, e si prepara a terrorizzare l’opinione pubblica con nuove regolamentazioni che finiranno per imbrigliarci come le cordicelle che bloccavano Gulliver.
Un autentico cartello sanitario sta distorcendo la percezione del rischio e trasformando in cause di morte anche le cause di vita: dopo le etichette terrorizzanti per le sigarette ne prepara altrettante per cibi e vini, e vieta i profumi, bandisce l’incenso nelle chiese, colpevolizza la pigrizia e le vecchiaia. L’uomo moderno sta rinunciando alla possibilità di essere felice in cambio di un po’ di sicurezza, ma rischia di dimenticare che si muore perché si vive”
.
Anche in questo capitolo (“Vietato mangiare“) sono state espunte le fonti e note eccetera – roba copiosa – per non esagerare.
Cap. 1Vietato Puzzare
Cap. 3Vietato Fumare (parte I)
Cap. 4Vietato
Append.Ottoemezzo sul fumo (puntata trascritta)
Cap. 2Vietato Mangiare
Cap. 3Vietato Fumare (parte II)
Cap. 5Requisitoria

VIETATO MANGIARE

C’è una parte del mondo che non riesce a mangiare e l’altra metà che non riesce a non farlo.

I libri più venduti in Occidente sono rispettivamente i manuali di cucina che servono a ingrassare e i prontuari dietetici che servono a dimagrire. C’è un errore da qualche parte.
L’attenzione spasmodica al rapporto tra salute a alimentazione risale comunque gli anni Sessanta, quando il World Cancer Research Fund annunciò al mondo che il quaranta per cento dei tumori avrebbe potuto essere evitato cambiando dieta.

Si ricomincia: da allora abbiamo letto qualsiasi cosa. Fa male tutto: lo zucchero e il sale, i carboidrati e la carne, certa frutta e certa verdura, il latte e i formaggi, l’olio, il burro, la margarina, il cioccolato e le merendine, le caramelle, il caffè, l’acqua gassata e quella del rubinetto, la Coca-Cola, il vino e ovviamente tutti gli alcolici, nondimeno i fumi di cucina, le pentole, quelle antiaderenti, i contenitori di plastica, le bottiglie di plastica, le lattine, il forno a micro-onde, i fritti, i conservanti, i quattro salti in padella, i pesticidi, il cibo in scatola.
Fa male anche il digiuno.
Fanno male le diete. E i farmaci per dimagrire. E dimagrire. Per dimagrire peraltro c’è questo modo: fumare.
Le proliferazione degli allarmismi sul cibo è la più copiosa in assoluto, non c’è da farla lunga: il lettore sa bene di che cosa stiamo parlando. Solo pochi esempi da collezione: 1) Mezzo litro di latte protegge dall’infarto: 2) le persone con basso colesterolo basso sono inclini al suicidio: 3) la pizza previene i tumori alla prostata; 4) la cucina cinese fa venire i tumori in generale; 5) la carne alla griglia anche; 7) le bevande dimagranti fanno venire malattie ossee; 8) i carciofi fanno bene.

Il punto è che svariate autorità mondiali – dopo quella sul fumo – hanno deciso che occorre fare anche una grandiosa campagna contro l’obesità: questo per ragioni ufficialmente salutari e concretamente legate ai famosi stili di vita che pesano sui bilanci statali. Pare che gli obesi costino cento milioni di dollari solo negli Stati Uniti, nazione in cui sarebbe sovrappeso il 61 per cento della popolazione. Svariate fonti dicono che gli obesi sono trecento milioni nel mondo e che altri settecentocinquanta milioni sono solo in sovrappeso: e le malattie collegate all’obesità – sostengono – uccidono trentaquattro milioni di persone ogni anno. E’ il sessanta per cento delle morti mondiali. Nel ribadire le stesse cifre, una fonte giunge a scrivere che “La maggior parte delle morti sono nei Paesi poveri”. E questa non è chiarissima.


Secondo altre stime gli obesi sarebbero un miliardo e 100 milioni: in Europa lo sarebbe un terzo della popolazione e solo in Italia lo sarebbero diciotto milioni, compreso un 36 per cento di bambini dai sette ai nove anni.
La prima domanda che verrebbe da rivolgere al lettore, perlomeno quello italiano, è questa: se gli paia di vedere, in giro, questi diciotto milioni di obesi. Una persona su tre. Ma forse si tratta di capire che cosa si intenda per obesi. Ci arriveremo.
Intanto: come procede la campagna? Procede: il governo britannico si prepara a introdurre una tassa sugli alimenti che determinano un alto livello di obesità, mentre – hanno spiegato – “è stata respinta l’ipotesi di negare la mutua agli obesi”. Significa che avevano considerato di negarla, di lasciare al loro destino le persone grasse.
La proposta comunque è piaciuta. Nella primavera 2003 un deputato democratico dello Stato di New York ha fatto propria l’idea della Fat Tax che intanto trovava emuli ovunque. Il Ministero della sanità americano proponeva che su certi prodotti venissero messe delle tipo quelle dei pacchetti di sigarette – provoca il cancro eccetera – mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità chiedeva ufficialmente che i governi imponessero forti limitazioni al contenuto di zucchero, sale e grassi nei prodotti più vari, con in più delle limitazioni ad alcune pubblicità.
La Francia intanto si metteva a vietare le merendine della ricreazione scolastica mattutina, abitudine consolidata dal Dopoguerra: la si è ritenuta una causa di obesità infantile. I genitori sarebbero stati scoraggiati dal preparare queste merendine – si apprendeva – e i distributori automatici sarebbero stati aboliti. Intanto, in Arkansas, il peso dei bambini diventava un voto sulla pagella: con le autorità scolastiche a dover addirittura pesare gli studenti così da indicarne l’Indice di massa corporea. ossia il rapporto tra peso e altezza. La mole fisica, dunque. come un merito o un demerito individuale socialmente giudicato. E questo non ci pare bello.

Non fosse chiaro, sono scampoli di una crociata contro quella che oggi è ritenuta la seconda causa evitabile di morte dopo le sigarette. Purtroppo le tonalità sono già quelle enfatiche e allarmistiche – controproducenti, temiamo – della crociata contro il fumo. Tutto si mescola, non bastasse: è spuntata una ricerca secondo la quale il fumo da cucina uccide ogni anno un milione e mezzo di persone per esalazioni che equivarrebbero, respirate per un giorno, a due pacchetti di sigarette.
I criteri di calcolo dell’obesità, per cominciare, sono quantomeno discutibili anche perché cambiano di continuo. La citata Organizzazione Mondiale della Sanità ha determinato delle soglie differenziate secondo la razza, sicchè gli orientali, per dire, da un giorno all’altro si sono ritrovati una soglia di massa corporea che ha portato il numero degli obesi da un miliardo a un miliardo e settecentomila. Tutto in una notte. Secondo il rinnovato calcolo della massa corporea, cambiato nel 1998, negli Stati Uniti sono obesi anche Tom Cruise, Mel Gibson e Michael Jordan, mentre George Bush è solamente in sovrappeso. Tra l’altro la distinzione tra uomini e donne è stata misteriosamente abolita.
Il calcolo comunque è semplice: basta collegarsi via internet al calcolatore dell’indice di massa corporea del Center for Disease Control americano e verificare: Tom Cruise è alto 1.68 mt e pesa 91 chili, indice di Massa Corporea 32,2. Obeso. Mel Gibson è alto 1,72 e pesa 97 chili, indice di massa corporea 32,8. Obeso. Il presidente Bush è solo sovrappeso con un Imc di 26.

In Italia se ne cominciò a parlicchiare quando il ministro della Salute Girolamo Sirchia propose razioni più modeste nei piatti dei ristoranti, coi panini e i tramezzini a non dover superare i cinquanta grammi: ci fu una mezza sollevazione popolare.
Per il resto, in Italia, come altrove, si procede per attacchi a singole abitudini.
Una è il caffè. Ecco due titoli tratti da quotidiani inglesi: 1) Mirror: “Il caffè può essere causa di tumori”; Express: “Pericolo nella caffettiera”.
Uno studio sostiene che la caffeina produce più ormone dello stress e può comportare malattie cardiache. “"Il caffè – si legge – fa produrre il 32 per cento in più di epinefrina, l’ormone dello stress. Se proprio non se ne può fare a meno meglio optare per un decaffeinato, ma chi ha la pressione alta e una qualsiasi forma di stress farebbe bene a perdere il vizio”. Neanche il decaffeinato va bene.
Un altro studio intravede un nesso tra cancro del pancreas e caffè. Un altro ancora lo associa a una mancanza di fertilità: su centoquattro donne che bevevano caffè, quelle che ne bevevano una tazzina al giorno avevano la metà delle possibilità di restare incinte di quelle che ne bevevano ancor meno.

Un altro studio della Food and Drug Administration (1996) dice che il caffè può far nascere figli sottosviluppati: tra quattromila donne che hanno partorito alla fine degli anni Ottanta – questo in New Haven, Connecticut – “le donne che hanno consumato tra i 150 e i 300 milligrammi di caffeina al giorno – si legge – avevano più del doppio del rischio di dare alla luce bimbi al di sotto dei 2,5 kg”.
Mica è finita. C’è un altro studio della Washington State University secondo il quale le donne che bevono caffè sono a maggior rischio di osteoporosi; la soluzione proposta dagli studiosi sarebbe questa: “Bere due cucchiai di latte o di yogurt per tazzina”.

Latte? Ma nel capitolo precedente abbiamo visto che un bicchiere di latte al giorno equivale a un incremento del 114 per cento del rischio di cancro polmonare. Yogurt? Ma la stessa fonte diceva che un bicchiere di yogurt al giorno era associabile a un incremento del cento per cento di rischio di cancro alle ovaie. Eccetera. Ovviamente non mancano studi secondo i quali il caffè allunga la vita.
Stavamo quasi dimenticando l’alcool. Il vecchio consiglio del dottore che ti diceva di bere un poco di vino perché faceva bene (al cuore, forse) è mera preistoria. L’abuso di alcol, va da sé, è una delle peggiori piaghe umane e sociali: i morti per alcolismo – assodati, non statistici – fanno impallidire quelli per qualsiasi droga o tabacco od obesità. Ora però è nel mirino anche il consumo più moderato. Qualche titolo di giornale: 1) Times: “L’alcol ne uccide cinquecento alla settimana”; 2) Guardian: “Bere danneggia la salute di un milione quattrocentomila persone”; 3) Sunday Times: “Morire per una bottiglia”; 4) Daily Telegraph: “I pazienti con malattie dovute all’alcol riempiono gli ospedali”.

C’è anche molto di vero, purtroppo. Tuttavia la dannosità dell’alcool, quando ci sia, ci pare a sua volta percepibile a chi lo consuma: per quanto molto soggettiva, la moderazione rimane la regola – tanto per cambiare – e salvo casi particolari non c’è ragione di astenersi. Per il resto, un’indagine della International Agency for Research on Cancer – sotto gli auspici della sacrosanta Organizzazione Mondiale della Sanità – ha sancito che l’alcol non può esser considerato un agente cancerogeno. Prima di ogni conversione, a ogni modo, andrebbe ricordata una ricerca pubblicata dal Daily Telegraph secondo la quale l’acqua con pochi minerali è associabile alle malattie cardiache, mentre altri tipi di acqua causano l’Alzheimer. Olè.
In Italia beve l’89,4 per cento della popolazione, ma non siamo assolutamente un popolo di forti bevitori: il primato si divide tra Canada e Scandinavia e tende curiosamente a schiacciarsi verso ll Nord del Mondo. In Canada, comunque, è vietato bere per strada e i bar sono dipinti di nero perché i bevitori non si intravedano. Se prendi la birra al supermercato, e l’appoggi sul sedile dell’auto, possono darti una multa da salasso: la birra non si deve vedere. Negli Usa non è molto diverso: resta che una possente campagna tipo quella per il fumo, in entrambi i paesi, non ha portato a nessun risultato. A esser pignoli, gli alcolisti sono cresciuti di numero.
La guida in stato di ubriachezza negli Usa è un reato molto grave, e la campagna anti-alcool – mista alla mancata abrogazione di alcune leggi obsolete, forse – ha condotto a situazioni anche comiche. A Norkolk, in Virginia, è espressamente proibito “far sesso a bordo di un Sidecar”. A Tremonton, nello Utah, sono vietati i rapporti sessuali in ambulanza: ma – misteriosamente – sono vietati solo alle donne. A Skullbone, nel Tennessee, una donna che al proprio uomo stia facendo una fellatio (sì, insomma) rischia trenta giorni di galera.

Dall’America in compenso abbiamo importato l’etilometro, il cosiddetto palloncino. Il problema degli incidenti stradali esiste eccome, ma i limiti paiono eccessivi anche ai bacchettoni: dal 2002 chi guida con un tasso alcolico di 0,5 grammi per litro rischia l’arresto sino a un mese. In precedenza il tasso era di 0,8, che già equivaleva a un solo bicchiere di vino, oppure a due di birra. Alla polizia stradale che ci fermasse un po’ alticci, comunque, potremmo sempre opporre lo studio australiano che nel 1991 dimostrò statisticamente come i guidatori che avevano bevuto due bicchieri avevano una modesta probabilità in meno di avere degli incidenti stradali rispetto a chi non aveva bevuto niente.

Ma non c’è tanto da ridere. C’è una ricerca americana pubblicata in Italia sulla rivista Industrie alimentari in cui si spiega che il formaggio e la carne andrebbero aggiunti alla lista degli alimenti che danno dipendenza: come del resto sono già classificati, per chi non lo sapesse, il caffè e il cioccolato. Droghe. Questi alimenti – spiega nell’articolo il nutrizionista Neal Barnard – rilasciano componenti narcotici simili alla morfina. Ne consegue che in giro c’è gente drogata per esempio di Taleggio e Puzzone di Moena. “Non sono ingordigia o mancanza di volontà che ci legano a certi alimenti – spiega Barnardma una ragione biologica: molti di noi sentono di non poter vivere senza una dose quotidiana di formaggio”. Su questo garantiamo personalmente. Un altro nutrizionista, David Cameron-Smith, illustrava intanto come le dipendenze alimentari sono più legate all’alimentazione emozionale che non alla composizione biologica degli alimenti, e che perciò le persone sovrappeso corrono maggiormente rischio di dipendenza. Per farla breve: questi signori – lo spiega la ricerca – indicano in una cosiddetta "nutrizione emozionale" il nuovo nemico da battere: si cita un loro esperimento in cui hanno costretto dei mangiatori di formaggio a ingollare solo roba vegetariana (crudeltà pura) e infine hanno scoperto le proprietà che creano dipendenza da groviera e compagnia; e hanno detto che stanno studiando la maniera di controllare appunto quei desideri alimentari che inducono una dipendenza basata su risposte emozionali. Nostra sintesi: siamo tutti drogati di qualcosa e c’è il rischio che il salutismo trovi il modo di occuparsene. Per il nostro bene.
E nel frattempo – per il nostro bene – tutti al primo bar salutista della Storia, un bar col famigerato bollino blu di cui tanto parlano nei paesi anglosassoni: è stato inaugurato nel luglio 2004 a Glasgow (Scozia) e dovrebbe corrispondere al sogno di ogni ministro della salute: all’interno è vietato fumare, è vietato bere (alcolici) e non vengono serviti cibi che secondo loro facciano male. Da immaginarsi la ressa per entrare: Gian Turci, presidente di Forces Italia, l’ha definito Idiot Bar. Ma va detto, prima di questo, che l’idea è vecchia e in Italia furoreggia da sempre: si chiamano oratori. Il bar di Glasgow, per la precisione, invece si chiama Gli eroi dello sport.
Ecco, gli sport: per definizione sono il complemento perfetto di ogni dieta e vita sana da frequentatori del bar di prima.
Non fosse fuorviante, ci sarebbe da divertirsi a elencare tutte le ricerche che spiegano come lo sport, naturalmente, faccia anche male. Siamo sempre lì. Alcuni titoli di giornali inglesi: 1) Times: “Gli uomini che effettuano intensa attività fisica hanno livelli ormonali più bassi”; 2) Daily Telegraph: “Fatale caduta dal tapisroulant”; 3) Ancora Times: “Chi corre incontra un maggior rischio di sindromi di affaticamento virale dopo le malattie”; 4) Senza contare moniti come quello dell’Associazione Consumatori, anno 1997: “Frequentare le palestre non fa bene alla salute”.

Per inciso: non è vero. Lo sport fa bene, e va bene. Lo sport è compreso tra gli stili di vita incoraggiati dall’internazionale della salute, anche se intasa i reparti di ortopedia e chirurgia più una guerra.

Hanno previsto tutto. L’ennesimo studio, negli Stati Uniti, ha calcolato che la sedentarietà impone allo Stato un costo di 24 centesimi per ogni miglio che – attenzione – un individuo non corre.

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24 Commenti

  1. Allora ha fatto bene la mia bisnonna che a 70 si è chiusa in casa, non è più uscita, si è cibata di televisione e quasi di niente altro, ogni tanto si faceva una sorsata di sciroppo contro la tosse (anche se non ha mai avuto un filo di tosse) e è campata fino a 95 anni. Sempre che il traguardo sia la quantità e non la qualità.

    A proposito di merendine, le più deliziose come concetto sono quelle biologiche, fatte per i genitori con sensi di colpa più spiccati. Quelli che il sabato mattina fanno la spesa al costosissimo Canestro di Viale Gorizia e riempono il carrello di pizze biologiche già preparate, tortellini bioligici, wurstel biologici. Ci manca solo la Coca Cola biologica.

  2. Misure di Michael Jordan: Altezza 6 Piedi e 6 pollici – Peso 216 Libbre indice di massa corporea 25. Michael Jordan non e’ obeso e il dottor Filippo Facci spara cazzate, non confermate dai fatti.

  3. Il rapporto con le proprie dipendenze è qualcosa di molto intimo, nel quale lo Stato non dovrebbe proprio permettersi di mettere becco (tanto più quando è governato da gente che si riempie la bocca di liberismo tutte le volte che si trova un microfono sotto il naso).
    E questo vale sia quando, con la mia dipendenza (alcool oppure nicotina) contribuisco all’appianamento del “Deficit”, sia quando la mia dipendenza riguarda sostanze illegali: se non rubo, se continuo a pagare le tasse, se pago le spese processuali (quando mi acchiappano con la scorta settimanale) e se, in linea generale, continuo a mantenere un comportamento socialmente accettabile, non vedo dove stia il problema se mi faccio un paio di pere al giorno.
    E se, quando deciderò di smettere, dovrò essere preso in carico da un servizio statale, tanto meglio: sono 15 anni che non faccio un giorno di malattia eppure continuo a pagare fior di contributi S.S.N. Vorrà dire che passerò anch’io all’incasso.

  4. Io comunque Tommaso farei una differenza.
    Il mio cannolo alla siciliana farà male solo a me, il tuo abuso di alcolici può diventare pericoloso anche per altri.

    Personalmente continuo a pensare che sarebbe preferibile occuparsi maggiormente della sanità mentale dei cittadini anzichè di quella fisica.

    Facci, ma delle palestre ne parliamo?

  5. Nel concetto di “comportamento socialmente accettabile” sono sintetizzati svariati accorgimenti, tra i quali è certamente previsto quello di non guidare auto o pilotare aeroplani quando sei sconvolto

  6. ma quando sei sconvolto non sei in grado di valutare correttamente il pericolo che puoi rappresentare.
    altrimenti che sconvolto sei?

  7. Nelle palestre ci sono più femmine ben fatte della media (e ci credo, vanno in palestra!), oltrettutto molto desiderose che qualcuno dica loro che hanno “veramente” un culo di marmo.
    Gli uomini ben fatti ci sono anche loro, ma una percentuale sensibile ha già il cancro ai testicoli (corredato da frequenti disfunzioni erettili: gli steroidi anabolizzanti hanno questo fastidioso effetto collaterale); gli altri, quelli ben fatti che ancora non hanno i coglioni in metastasi, sanno che è questione di mesi (forse settimane) ed allora neanche ci provano, per paura di fare una figuraccia (che poi lo verrebbe a sapere tutta la palestra).
    Ciò premesso, si conclude che nell’ambito delle palestre è bene frequentare soprattutto i bar: una volta che hai fatto i 4 complimenti di rito alla 32enne per la quale stai istupidendo (e lei ha sganciato il numero del telefonino), allora ci si vede in un posto serio (dove si possa bere alcool e, soprattutto, fumare) e poi si va a casa mia, che un mio amico di Colonia mi ha mandato in anteprima il cd della nuova pubblicità della BMW.

  8. Attenzione, Vis: qui si finisce a forumizzare e ci cacciano.
    Comunque io so che, se stasera berrò, sarò sicuramente sconvolto perchè non berrò un drink. Anzi, se devo essere sincero non ho mai capito quelli che bevono un drink. Io berrò fino a crollare con la faccia sul tavolo, il quale tavolo sarà già bagnato di Vodka perchè sicuramente qualcuno avrà già rovesciato un bicchiere. Un’immagine piuttosto squallida, lo ammetto. Ma me la vivo nel privato, come ho già detto.
    E poi non sarà mai tanto squallida quanto quella di Baricco, con le maniche della camicia rimboccate, che sbiascica le parole di proposito, perchè ultimamente non si è mai sentito così Carver

  9. Oh, Rina, concordo con Te appieno e confermo la mia preferenza per il mercato di via chiana, che di conservanti sicuramente se ne trovano di meno.

    Diversamente mi butto dal dirimpettaio giocofollia a verificare qualche giochino divertente e solubile per PS2.

    Facciamo la spesa assieme?

  10. Il compromesso del drink come il “prosecchino” o il cocktail di frutta “poco” alcolico, non lo comprendo.
    Anche io sarei per una cosa fatta in casa dove la distanza tra il divano e il letto sia percorribile a quattro zampe.

  11. Nota di servizio numero uno: chi dovesse notare o presumere inesattezze nel mio testo (non i refusi: ricordatevi che io vi ho inviato le bozze non corrette) può segnalarmele in privato cliccando sul mio nome, se ritiene; evitando così poveraccismi come quelli di Zuck, che perdòno solo perchè è uno che ascolta Ummagumma. Terrò conto delle segnalazioni che abbiano un fondamento (magari le posto pure, oltrechè tenerne conto in ristampa) e vi ringrazierò, se non vi fa schifo. Nota di servizio numero due: questo libro non è stato scritto per guadagnare, altrimenti non l’avrei spedito a qualcuno di voi e avrei accettato di farlo per Mondadori e non avrei parlato male (come faccio) anche delle multinazionali del fumo, che libri a loro favore li comprano a pacchi per regalarli in giro. Nota di servizio numero tre: non me la ricordo.

  12. Ti prego, Ti prego, dimmi che non ascolti i King Crimson e che Robert Fripp non sai neppure chi è e che “Pink Floyd at Pompei” forse è una presa per il culo. Ti prego F.F. dimmi che è così …. che ad Ummagumma ci sei arrivato davvero per sbaglio…..

  13. Epitath. I talk to the wind. The court of eccetera. 21st Century Schizoid Man. Sul rapporto tra ummagumma e la musica contemporanea (nel senso: i compositori di musica classica contemporanea) credo anche di averci scritto qualcosa.

  14. Anche se, in questo periodo, ripetutamente e ossessivamente, sto ascoltando solo ed esclusivamente ‘The Rain song’ e ‘No quarter’ dei Led Zeppelin nella versione del film.

  15. Dottor Facci, sui poveraccismi le rispondero’ con una frase del dottor Bogart: “E’ internet, bellezza!”.
    Per le frasi un pochino forti mi scuso pubblicamente, soprattutto perche’ non si dovrebbe offendere le persone protetti da un nick name.

  16. Per il dottor Tommaso, ho letto il libro di Fabio Volo, ebbene si’.
    Non un granche’, e uso questo eufemismo per incorrere nell’errore fatto con il dottor Facci.

  17. Zuck, lo hai letto o lo hai read?

    Paoletto, da Carmine del mercato di Via Chiana trovi delle clementine dolcissime, più della farmacista che sta accanto a Giocofollia.

  18. Aggiungerei qualcosa riguardo a quei poveracci che, plagiati dall’ossessione di dimagrire, cominciano ad assumere farmaci a base di anfetamine (e qualcuno, ogni tanto, ci resta pure secco).
    Farmaci legali e facili da procurarsi, almeno negli Usa; non so qui in Italia.
    In fondo è risaputo, le anfetamine mica fanno male come il burro.

  19. Cazzo, F.F. me lo sentivo. Talk to the wind, voglio dire. Porca trota…… vabbè, + 10 punti sul mio personalissimo cartellino……..

  20. Non vedo l’ora che esce il libro, Facci. Settimana prossima sono in Italia e lo prendo.
    Te l’ho gia’ stroncato per email dopo averlo letto.
    Prendo quella mail e ci faccio un post al veleno, anzi alla nicotina :-)))

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