Fumo negli occhi /1

Filippo Facci diciannovenne, à la James DeanQuello che segue, stavolta, è un modesto capitolo di un altro libro che Filippo Facci sta per pubblicare (il 23 novembre) e che è titolato “Fumo negli occhi. Le crociate contro il tabacco e altri piaceri della vita“, Biblioteca di via Senato Edizioni, ben 14 euro, un libro bellissimo a parere dello scrivente (lo scrivente sono io, Filippo Facci, ciao) e insomma una roba da avere e da comprare, anche perché la questione delle sigarette è un solo argomento tra quelli che vengono trattati. Nelle varie alette di copertina c’è scritto: “L’incredibile crociata contro il fumo è solo l’anticamera di altre campagne che ci spiegheranno che cosa è bene o male per noi. S’avanza una sanità pubblica che ingloba anche le dimensioni comportamentali della vita, un grande Stato-madre che nel libero arbitrio scorge una minaccia da ridurre a malattia, una scienza manipolatoria che viene strumentalizzata da chi ha già deciso a tavolino il prossimo nemico della nostra salute, e si prepara a terrorizzare l’opinione pubblica con nuove regolamentazioni che finiranno per imbrigliarci come le cordicelle che bloccavano Gulliver.
Un autentico cartello sanitario sta distorcendo la percezione del rischio e trasformando in cause di morte anche le cause di vita: dopo le etichette terrorizzanti per le sigarette ne prepara altrettante per cibi e vini, e vieta i profumi, bandisce l’incenso nelle chiese, colpevolizza la pigrizia e le vecchiaia. L’uomo moderno sta rinunciando alla possibilità di essere felice in cambio di un po’ di sicurezza, ma rischia di dimenticare che si muore perché si vive”
.
Ci sono diversi capitoli. Uno, piuttosto incredibile, si chiama Vietato puzzare. Eccolo qui di seguito. Ah, dal testo sono state espunte le fonti e note e gli approfondimenti che è roba che diventava pesante, qui.
Cap. 1Vietato Puzzare
Cap. 3Vietato Fumare (parte I)
Cap. 4Vietato
Append.Ottoemezzo sul fumo (puntata trascritta)
Cap. 2Vietato Mangiare
Cap. 3Vietato Fumare (parte II)
Cap. 5Requisitoria

VIETATO PUZZARE
Al tempo di cui parliamo, a Parigi regnava un puzzo a stento immaginabile per noi moderni. Le strade puzzavano di letame, i cortili interni di orina, le trombe delle scale di legno marcio e di sterco di ratti, le cucine di cavolo andato a male e di grasso di montone, le stanze non aerate puzzavano di polvere stantia, le camere da letto di lenzuola bisunte, dell’umido dei piumini e dell’odore pungente e dolciastro di vasi da notte. Dai camini veniva puzzo di zolfo, dalle concerie veniva il puzzo di solventi, dai macelli puzzo di sangue rappreso. La gente puzzava di sudore e di vestiti non lavati, dalle bocche veniva un puzzo di denti guasti, dagli stomaci un puzzo di cipolla e dai corpi, quando non erano più tanto giovani, veniva un puzzo di formaggio vecchio e latte acido e malattie tumorali. Puzzavano i fumi, puzzavano le piazze, puzzavano 1e chiese, c’era puzzo sotto i ponti e nei palazzi. Il contadino puzzava come il prete, l’apprendista come la moglie del maestro, puzzava tutta la nobiltà, perfino il re puzzava, puzzava come un animale feroce, e la regina come una vecchia capra”.

Il sovrastante è l’incipit del romanzo Il profumo di Patrick Süskind, e non si può negare che la scrittura sia penetrante.
Pare difficile a credersi, ma nel Settecento non esistevano cestini della spazzatura né pulizia delle strade. Nelle vie cittadine si accumulava una quantità spaventosa di letame ed escrementi non solo animali. Girare in carrozza era soprattutto un modo per tenersi lontani dalla schifezza delle strade, e non a caso si usavano stivali alti: servivano appunto a guadare gli strati di sporcizia e i rigagnoli di acqua lurida. In città tedesche come Ulm, nel Medioevo, si usavano persino i trampoli. Questa era Parigi secondo un anonimo visitatore italiano del Cinquecento: “Scorre per le strade della città un rivoletto d’acqua fetida in cui confluisce l’acqua sporca di tutte le case e che appesta l’aria: così si è costretti a portare dei fiori con un po’ di profumo per scacciare quell’odore”.
Nelle città c’erano pulizie straordinarie solo in occasione di eventi pubblici: a Roma, per esempio, venivano tenute pulite solamente le vie percorse dai pellegrini che andavano dal Papa. La pulizia dei rifiuti lasciati dal mercato ogni tanto veniva appaltata ad allevatori di maiali, perché le bestie almeno tragugiavano tutto. In campagna bastava una fossa, ma in città, per i rifiuti fisiologici, era normale appartarsi dove capitava: in un angolo, all’aperto, in androni, vie, cortili. Sino agli anni Venti, i macellai uccidevano le bestie nelle strade. Ad avere i primi sistemi fognari, paradossalmente, fu Roma antica – sinchè durarono – che era più pulita di quanto lo erano Parigi o Londra nel Seicento. Per come le intendiamo noi, le abitudini igieniche moderne arrivarono in Europa solo nel diciannovesimo secolo.
Perché tutto questo schifo? Per molte ragioni. Anche religiose: “La purità del corpo e le sue vesti – diceva Santa Paolasignificano l’impurità dell’anima”. Sant’Abramo per cinquant’anni rifiutò recisamente di lavarsi viso e piedi. Sant’Eufrasia entrò in un convento di centotrenta monache che orripilavano al pensiero di un bagno, Santa Maria Egiziaca per tutta la vita non si lavò altro che le dita. Ma la cattiva fama dell’acqua si diffuse soprattutto durante le pestilenze; era opinione comune che aprisse i pori della pelle e che permettesse l’ingresso di aria appestata. Su un libro seicentesco sull’educazione dei bambini possiamo leggere questo: “Lavarsi con l’acqua fa male alla vista, fa venire il mal di denti e il catarro”. In un trattato di medicina di fine Quattrocento, poi, avvertono che “I bagni d’acqua riscaldano il corpo e i suoi umori, ne indeboliscono la natura e ne dilatano i pori, sono causa di morte e di malattia”.


Il bagno si faceva al massimo come cura. Luigi XIV, il famoso Re Sole, in vita sua fece due bagni in tutto e solo per consiglio dei medici. I nobili del Cinquecento si lavavano mediamente una volta ogni quattro mesi mentre quelli del Settecento praticamente mai: le dame al massimo due o tre in vita loro. La gente normale mediamente ne faceva uno, e aveva una sola camicia raramentre lavata. Per coprire gli odori si usavano essenze: un profumo di rosa era consigliato per coprire l’afrore delle ascelle, tra camicia e panciotti si portavano sacchetti di aromi, e i capelli erano sgrassati con polvere e crusca prima di essere incipriati. Fu a quel tempo che facero comparsa colli e polsini che uscivano dagli abiti, simbolo di pulizia e ricchezza per chi li indossava. Per dire: il barone di Schoemberg, nel 1767, cambiava camicia e colletto tutti i giorni ma le mutande solo ogni quattro settimane.
Tutto molto interessante: dove vogliamo arrivare?
Forse in America: a Shutesbury, nel Massachusetts, il 5 febbraio 2003, si rendeva noto il nuovo regolamento del consiglio comunale: “Le persone che parteciperanno al consiglio saranno divise secondo l’odore per non disturbare gli ipersensibili agli odori e agli agenti chimici. Una sezione sarà riservata a chi non usa profumi o deodoranti, detergenti o altri prodotti; un’altra sarà per coloro che talvolta si profumano, ma non nel giorno dell’assemblea; nella terza sarà appeso il cartello «Riservata a coloro che si sono dimenticati che non si possono usare profumi e colonie”.

Il relatore del regolamento, alla stampa, specificava che “Profumarsi in pubblico è proprio come fumare”.
Che significa? Intanto a Maplewood, in Minnesota, una chiesa cattolica annunciava che avrebbe servito servizi incense-free, ossia delle messe senza incenso. La richiesta sarebbe stata di alcuni fedeli. Follia? La stessa, evidentemente, che il 22 agosto 2003 spingeva il ministro dei trasporti irlandese Jim McDaid a a dire pubblicamente: “Si avvertono i fedeli della Romana Chiesa irlandese di non respirare in chiesa. Inalare incenso è come fumare tabacco, e contiene cancerogeni. In breve, andare in chiesa provoca il cancro”.
Intere messe in apnea: anche perché l’Environmental Protection Agency, intanto, ammoniva che “il fumo delle candele eccede gli standard di inquinamento”, e confermava che il problema riguardava anche l’incenso.

“I profumi sono come il fumo passivo” faceva eco dalla Nuova Scozia lo specialista di malattie respiratorie Matt van Olm: in Canada era appena stata approvata una norma che vieta l’uso del profumo a bordo degli aerei. Non solo. A Ottawa l’avevano proibito già su tutti i mezzi pubblici, questo mentre un liceo della periferia di Toronto si definiva fragrance-free e sull’Isola Prince Edward, sulla costa orientale, circolava una petizione per vietare i profumi e i dopobarba da tutti gli uffici pubblici.
Ma gli anti-puzza professionisti sono fioriti soprattutto in Nuova Scozia, ad Halifax. In questa cittadina affacciata sull’oceano la maggior parte degli uffici e delle industrie ha vietato ogni fragranza.
Che ne dice la stampa? Il Cronacal-Herald, il giornale locale, ha proibito ai suoi trecentocinquanta impiegati dopobarba, deodoranti, shampoo e collutori – profumati, ovviamente. Lo stesso vale per i millecinquecento che lavorano al centro di servizio telefonico. E non si scherza: i divieti compaiono sugli schermi dei computer e in cartelli appesi nei bagni.
Sono tutti impazziti? La ricercatrice canadese Virginia Solares l’ha messa così: “Se osserviamo il fumo dagli anni Cinquanta e Sessanta, possiamo immaginare che cosa accadrà ai profumi”. I quali profumi sono “fumo invisibile, sono intrusi indesiderati, sostanze inquinanti generate da chi le indossa”.
In sintesi, è una sindrome. O meglio: è la sindrome di avere una sindrome che nei paesi anglosassoni hanno ribattezzato “sensibilità chimica multipla” (MCS) o “malattia ambientale” (Environmental Illness). Nessuna seria autorità medica o scientifica ne ha riconbosciuto l’esistenza, in compenso al parlamento canadese hanno già presentato un progetto di legge che obblighi il Ministero della Salute a riconoscerla – non a scoprire se esista: a riconoscerla – e la convinzione della sua presenza ha già portato ad autentici isterismi di massa – secondo la definizione del New England Journal of Medicine – e questo soprattutto in scuole e ospedali e fabbriche via via evacuati per “odori” mai identificati, eccezion fatta, nel bar del Senato di Dirksen, a Washington DC, per una sporta di cipolle caduta da una cesta di vimini e identificata come colpevole del malessere di nove persone.
Gli è che ad Halifax l’80 per cento delle scuole e degli ospedali hanno proibito ogni genere di profumo. Le industrie cosmetiche sono disperate. Naturalmente – è l’America – furoreggiano associazioni di vittime delle puzze le quali hanno soprannominato i profumi “succo di puzzola”. Nei loro bollettini – autentici capolavori di mitomania – si spiega che la sindrome, cioè il profumo, cioè la puzza, è causa praticamente di ogni malanno umano: compresi la sclerosi multipla, il Parkinson, l’Alzheimer, la sindrome della morte infantile improvvisa – quella che pagine adietro veniva addebitata al fumo passivo – e in più in generale l’intero “collasso del sistema neurologico”.
Un’attivista ha detto: “Mentre i pericoli del fumo passivo sono stati studiati estesamente e sono stati ampiamente pubblicizzati, sia la comunità scientifica sia la stampa hanno largamente ignorato i pericoli dell’esposizione ai profumi… Entrambi hanno le stesse implicazioni politiche e sociali”.
Non c’è uno straccio di dato scientifico che avvalori niente, si diceva: ma questo – è replica media – è ciò che dicevano anche le compagnie del tabacco. E il discorso è chiuso. Dal momento in cui una persona – milioni di persone – si convinca che ogni odore sia iun campanello d’allarme che ti avverte della presenza di una sostanza chimica nell’aria, non c’è più discussione.
Hanno indagato, hanno studiato, ma questa malattia ambientali non è mai stata giudicata scientificamente valida da un organismo serio. La casistica per ora ha evidenziato solo che molti dei presunti malati, in precedenza, avevano avuto delle malattie mentali: resta che, dopo la campagna anti-fumo e quella antigrasso, si profila la prossima.
La guerra all’odore passivo e al fumo invisibile ha già fatto proseliti negli Stati Uniti – vi sarò capitato di leggere su un prodotto che è “non profumato” – e l’Ufficio dell’Ecologia di San Francisco si è già regolato vietando fra altre cose: 1) profumo, acqua di colonia o dopobarba; 2) spray per capelli, mousse, shampoo profumato, o balsamo; 3) deodorante, lozione, rossetto; 4) qualsiasi prodotto cosmetico profumato per la cura personale; 5) vestiti recentemente lavati a secco; 6) detersivi profumati per il bucato; 7) ammorbidenti o salviette detergenti (anche quelle identificate come inodore o non profumate); 8) lucido per scarpe; 9) gomma da masticare.
Quello che sta succedendo pare chiaro.
Un cattedratico dell’Università di Washington si è limitato a dire che i sintomi sono più frequenti fra le donne bianche di classe borghese e l’ha messa così: “Stanno bene abbastanza, in genere, da potersi permettere di essere allergiche all’intero ambiente in cui vivono. Se si è poveri, semplicemente, non ci si può permettere di avere la sindrome da Sensibilità Chimica Multipla”.
Ci piacerebbe che queste donne bianche di classe borghese fossero trapiantate per cinque minuti nel Settecento descritto da Patrick Süskind: così, anche solo per vedere con che pettinatura ne uscirebbero, forse per mediare certo delirio occidentale che ha fatto scordare che deriviamo dalle scimmie ma che nessuna emancipazione culturale ci ha ancora donato l’immortalità.
Perché quello che sta succedendo, appunto, pare chiaro.
Sempre negli Usa, a New York, la solita Environmental Protection Agency – quella dello studio-patacca sul fumo passivo – ha chiesto la chiusura di un negozio di tostatura di caffè aperto da 163 anni: “Abbiamo già fatto multare per odori molesti – parole loro – centinaia di negozi, incluse pizzerie, ristoranti indiani e bar che vendono brioches”.
La rivista inglese New Scientist, in una ricerca, ha scritto che il fumo da cucina uccide più del morbillo e della malaria e dell’Aids: ogni anno – si apprende – un milione e mezzo di persone, soprattutto donne e bambini, muoiono per queste esalazioni; si consideri che circa due miliardi e mezzo di persone in genere cucina su stufe che bruciano legna, resti di piante o sterco. Chi utilizza le stufe – spiega il New Scientist – inala ogni giorno l’equivalente delle sostanze chimiche contenute in due pacchetti di sigarette.
Sì, pare chiaro quello che succede.
A Stuart, sempre negli Usa, un giudice distrettuale ordinato la chiusura di un’attività ritenuta troppo puzzolente: gli allevatori di maiali Thomas Rossano e Paul Thompson erano stati denunciati dai proprietari dell’adiacente Golf Club secondo i quali la clientela non gradiva la puzza.
Non è ancora chiaro, quello che succede?
Il quotidiano Sunday Star-Times, il 20 maggio 2002, ha titolato così: “Tassa sulle flatulenze preoccupa i contadini”. Il governo neozelandese stava considerando di imporre un balzello sui peti di ovini e bovini (60 dollari a capo) perchè le flatulenze emettono metano che danneggia la salute e rovina l’ambiente.
Non fosse ancora chiaro quello che succede, un’ultimo indizio.
Secondo uno studio pubblicato dal China Youth Daily, e attribuito a uno scienziato francese, i dinosauri si sarebbero estinti per la pesantezza dei loro peti. Si teorizza che il gas intestinale dei bestioni contenesse un’altissima percentuale di metano che avrebbe bucato lo strato di ozono e quindi causato inevitabili cambiamenti climatici, quindi esaurito il cibo. I dinosauri pesavano dalle ottanta alle cento tonnellate, mangiavano in media tra i centotrenta e i duecentosessanta chilogrammi di cibo il giorno – spiega lo studio – e la loro attività intestinale era pressochè incessante.
E’ chiaro quello che succede.
Ci stiamo estinguendo.

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20 Commenti

  1. Mio padre è morto quattro anni fà di cancro al polmone. Non aveva mai fumato e nessuno fumava in casa ma ha fatto per 40 anni il barista fumando un numero di sigarette passive spropositato. Quando tornava a casa puzzava come una capra cin tutta quella schifezza appiccicata ai vestiti. Tutti i medici che abbiamo sentito ci hanno detto che era stato il fumo passivo ad ucciderlo e molti di essi erano fumatori (!). Io non amo le crociate di nessun genere, per quanto mi riguarda potete fumarvi anche l’impossibile, ma fatelo lontano da me.

  2. Vis, e allora quella maestra è una fuorilegge. C’è una certa contaddizione tra citare una norma che vieta il fumo in classe e un atteggiamento antiproibizionistico.

    F.F., hai ragione. E’ difficilissimo liberarsi dal fumo. Io ho smesso da un giorno all’altro di fumare 25 sigarette al giorno perché mia madre me lo ha chiesto come regalo per il suo compleanno. Anni prima aveva letto di un figlio che aveva chiesto la stessa cosa al padre scienziato (o qualcosa del genere) e questa storia le era piaciuta. Per sostituire il fumo ho bevuto litri d’acqua e continuo a bere acqua. Così ora ho il vantaggio di non contrarre cistiti. Sono 2 anni che non fumo.

    Va bene, le crociate contro il fumo rompono parecchio. Però altrettanto infelici sono alcuni personaggi autorevoli che sponsorizzano il fumo. Tipo Oriana Fallaci che arriva al paradosso d’affermare che il fumo disinfetta i polmoni.

    L’ideale sarebbe una società in cui si consideri sacro sia il diritto alla vita che alla morte, sia il diritto di fumare sia il diritto di difendersi dal fumo. Ognuno faccia le sue scelte e gli altri non gli rompano troppo le scatole. In attesa non resta che accettare qualche norma restrittiva per coloro che attivamente possono nuocere alla salute degli altri. Almeno per quanto attestato dalle teorie scientifiche attualmente riconosciute. Se per farlo occorrono crociate contro il fumo, amen.
    Tieni conto che “nel mondo il 14% dei giovani di età compresa fra i 13 e i 15 anni è un fumatore, e un quarto dei ragazzi che fuma lo fa già dall’età di 10 anni. Secondo i ricercatori, i bambini diventano dipendenti dalla nicotina a una velocità molto rapida e con quantità di tabacco molto basse, per il semplice fatto che il loro cervello è più vulnerabile alla dipendenza”.

  3. I portatori sani della campagna antifumo, quelli che ritengono che veramente il fumo passivo delle sigarette altrui possa causare danni irreversibili ai loro polmoni, sono sicuri che l’aspirazione passiva dello smog altrui non abbia effetti più devastanti sul loro sistema respiratorio?
    Perchè io che al fumo faccia male ci credo, perbacco! mica sono come il dott. Tal dei Tali che sostiene che la patina di catrame che riveste i bronchi dei fumatori funge da anticorpi per le malattie bronchiali, però credo che lo smog che respiriamo ogni giorno in città sia molto, ma molto più dannoso di quello delle sigarette.
    Interessi economici impediscono che all’inquinamento delle aute si dia un peso eccessivo. Si dice che fa male ma di fatto si alimenta in tutti i modi l’acquisto delle autovetture.
    Personalmente mi pregio di non lasciarmi condizionare dagli interessi economici che alimentano qualsiasi campagna anti o pro che sia.

  4. Oh, ma volete avere un po’ di pazienza? E’ tutto nel libro. Ho scritto un libro su queste cose, v’informo.

  5. Caro F.F., quando parla di quanto è difficile smettere parli anche di quanto è difficile iniziare. Io la prima sigaretta l’ho fumata a 15 anni, ho tossito per mezz’ora e ho deciso che sarebbe stata l’ultima. Se poi i genitori da piccoli vi picchiavano se non fumavate un pacchetto di sigarette al giorno, allora avete tutta la mia solidarietà.

    Signora vis, pensi che pure io sono disgrafico! Infatti dopo aver scritto qualcosa rileggo sempre per evitare l’effetto “tastiera rotta”. Però lei che dà del povero di spirito a me (quando non ha colto una citazione di clerks e una di anni novanta) è veramente il bue che dà del cornuto all’asino. Provi a dire “mu”!

    Ah, la tirata sullo smog è il solito menopeggismo, una linea di difesa che trovo ridicola: come dire che siccome c’è la mafia non bisogna rompere le palle ai ladri comuni. Per combattere lo smog seriamente servirebbe un cambiamento culturale a livello sociale, roba di un paio di generazioni. Per combattere il fumo basta chiedere ai fumatori se gentilmente possono evitare di fumare in presenza di persone a cui dà fastidio. Se poi proprio non riesce a resistere allora il soggetto in questione è un tossicodipendente e dovrebbe curarsi.

  6. Mi dolgo con sincero rammarico per la tua ambigua posizione di asino e bue in uno spirito solo.
    Sul “mu” trovo che potresti ancora lavorarci su ma non dispero in una tua assidua frequentazione del luogo che mi consentirà di apprezzare sempre maggiormente i tuoi progressi in tal senso.
    Ti faccio altresì presente che la povertà di spirito, aihmè, niente a che vedere con la capacità di citare le altrui parole, usanza che tra l’altro(a proposito di educazione), sarebbe buona regola espletare tra virgolette e citando appunto la fonte. Ma d’altra parte, tutto ciò, non fa che confermare la mia teoria secondo la quale chi non è in grado di provvedere a se stesso, si appoggia agli altri.
    Ultime due note spassose di questo simpatico siparietto, la prima è che se la disgrafia non ti permette di digitare correttamente la sequenza delle lettere sulla tastiera, la dislessia ti impedisce anche di individuare gli errori durante la lettura.
    La seconda è che ho notato che tu mi dai del Lei mentre io proseguo con il confidenziale tu.
    Lo dico prima che sia tu a farlo notare come segno distintivo delle distanze che tra una barbona e l’altra, vorresti presuntuosamente mantenere.
    Usanza, quella del Lei dispregiativo, che trovo degna della comare con la propria servetta.

  7. No, è che essendo io un giovane virgulto esiste una possibilità “p” piuttosto elevata che la persona cui mi rivolgo sia più anziana di me, e essendo un giovine piuttosto educato mi comporto di conseguenza. Vorrei davvero rispondere al resto ma mi addormento sempre al secondo paragrafo. Probabilmente sarò diventato narcolettico, chiedo umilmente perdono per tale mancanza. Le lascio l’ultima battuta per insulti, apprezzamenti e paccottiglia varia. Saluti.

  8. Ma ci Facci Il piacere Lei e quei 4 nicotinomani che prima rompono le balle nei ristoranti e poi succhiano energie al Servizio Sanitario Nazionale.

    p.s. Prova a torcere un solo capello della fulgida chioma di Harry e poi altro che fumo passivo.

  9. Dopo aver passato una ventina di giorni ad Halifax – la città più triste del pianeta, la cui economia si regge sulla compravendita di macchine da cantiere usate – nulla che arrivi di là mi può più stupire, ormai.

  10. Mi chiedo da quanto tempo non tromba Calvin, per appinzarsi così ai coglioni più di un granchio…. Ecco, non trombare può causare il cancro alla prostata???

  11. Aspè, aspè, vuoi dirmi che vi fate le seghe in quattro e che tu ti sei stufato e vai a fartele da pochissimo su splinder???
    Ho capito bene???

  12. E’ una triste verità, non trombo da una settimana. Rimedierò questo weekend.

    Comunque volevo comunicare ai nicotomani che mi è arrivata la newsletter di Trenitalia, dal 12/12 (che incidentalmente è anche il mio compleanno) su tutti i treni sarà vietato fumare (non ci saranno più nemmeno le due carrozze fumatori). Nel caso in cui voleste lanciare una petizione io sono con voi e contro i vostri polmoni.

  13. Su Solaria non avevavano di questi problemi: nessuno neanche respirava nella stessa stanza di un altro. Forse tutto era cominciato con un assessore allergico alle puzze? Mah. Intanto hanno fatto una brutta fine: scomparsi non si sa dove, i Solariani, tutti tranne Lady Gladia, che se la spassa su Aurora.

  14. Eih ragazzi??? Sapete cos’è l’mcs o sensibilità chimica multipla?? Più si inala chimico, lo spiegano gli esperti ( profumi, lacche, deodoranti, fumo ecc ecc) più si ha probabilità di contrarre la malattia. Leggetevi cosa vuol dire averla. In America ce l’hanno già 15.000 persone costrette a una vita asociale e a lasciare il posto di lavoro! In Italia più di 400 persone. Aggiornatevi, gente, aggiornatevi e poi i soldi non li darete più a chi secila sulla vostra salute ma per l’acqua fresca!!!

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