Cuscini (Perché a vent’anni è tutto ancora intero)

A diciotto anni mi innamorai perdutamente di “Comici spaventati guerrieri” di Stefano Benni. E’ capitato a molti, a diciotto anni, credo.
Sempre meglio di quelli che han trascorso anni citando “Due di Due” di Andrea De Carlo (la più gettonata, “Lo so come ti senti. E’ come essere dietro a un vetro, non puoi toccare niente di quello che vedi. Ho passato tre quarti della mia vita chiuso fuori, finchè ho capito che l’unico modo è romperlo. E se hai paura di farti male, prova a immaginarti di essere già vecchio e quasi morto, pieno di rimpianti”: sticazzi).

Del libro di Benni apprezzai in particolare di una frase:

“Poi Lucio si guarda attorno. Da tempo ormai non vede più le cose, ma di ogni cosa ha un ricordo. Guarda il cuscino e non lo vede, vede una testa su quel cuscino. Guarda una poltrona e vede un gatto, un libro è un amico, e così via.

(Stefano Benni, “Comici spaventati guerireri”)

Ecco, io mi chiedevo se non avere più diciotto anni significa non riuscire a ricordare le teste sui cuscini. E se sia triste, in fin dei conti (io non lo so: chiedo), scoprire che non ti soffermi più nemmeno a guardarli, i cuscini.

“Perché a vent’anni è tutto ancora intero
perché a vent’anni è tutto chi lo sa
a vent’anni si è stupidi davvero
quante balle si ha in testa a quell’età…”
(F.G.)
P.S.: “Due di Due” è uno dei romanzi più famosi di Andrea De Carlo. Uno di quelli che sembra abbia avuto origine da questa intuizione dello scrittore o del suo editor: “Ehi, perché non scriviamo un libro che affascini gli adolescenti tonti di sinistra?”. “Due di due” viene prima di “Di noi tre”, al punto che quando si parlò di trarre un libro dalla mia rubrica “Quarantadue” pensai di intitolarlo “Sei per sette”, ma poi conclusi che qualcuno l’avrebbe scambiato per il capitolo finale della trilogia di De Carlo.
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12 Commenti

  1. dur di due è noioso, prevedibile, deprimente.
    di noi tre invece è davvero un bel libro, che ti appassiona fino all’ultima pagina.
    ma poi, si sa, so gusti…

  2. Ripeto: benvenuto nell’inferno dell’editoria narrativa. Aggiungo: l’attuale editor di Andrea De Carlo è la sorella di Vittorio Sgarbi. Per tuo diletto, eccoti la scheda editoriale del suo nuovo romanzo: “Due uomini e due donne, professionisti di successo e amici da sempre, partono da Milano insieme a un agente immobiliare per visitare alcune case di campagna che intendono acquistare e ristrutturare in Italia centrale. Quasi arrivati a destinazione, si perdono lungo strade sterrate tra colline coperte di boschi e la macchina su cui viaggiano cade in un fosso. I telefoni cellulari non hanno copertura, sta calando la notte e comincia a piovere. Adottando un punto di vista fluttuante che, di volta in volta, si sposta impercettibilmente da uno all’altro dei cinque personaggi, De Carlo costruisce un romanzo a più voci in cui racconta delle nostre aspirazioni e contraddizioni, dei rapporti d’amicizia e d’amore, delle paure, delle manie, dei sogni nascosti”. La Sgarbi deve avergli detto: “Perché non facciamo un libro che affascini gli ex adolescenti di sinistra?”. Il resto lo ha fatto McInsey e le fusioni tra grandi gruppi. Un successone. Sticazzi.

  3. Non c’entra avere diciotto anni o meno. C’entra che a volte vedere la testa sul cuscino fa troppo male, e allora si preferisce non guardare neanche il cuscino, tanto per stare sul sicuro. A diciotto anni, guardare il cuscino e vedere la testa e soffrire per la mancanza della suddetta è eroico e glorioso. A trenta e rotti, parecchie teste e parecchi cuscini dopo, ti sei rotto le balle dell’eroismo. E vai a farti una birra.

  4. Giuseppe, io da donna, più che vederci un appunto editoriale, ci vedo un pensiero molto, molto personale, su un cuscino vuoto.
    Che dire. Il punto è: quando è pieno quel cuscino ci sembra così normale da non farci pensare come sarebbe vuoto.

  5. Presente. Una di quelli che a 18 anni leggeva De Carlo. Quella frase lì che hai citato sta pure da qualche parte all’inizio del mio blog. La stessa frase, si. Comunque non potrei mai vergognarmi di nulla del mio passato. L’importante nella vita è evolversi, e non rimanere mai fermi nello stesso punto. Ora a 25 anni, De Carlo non lo compro più. Grazie al cielo.

  6. Comici Spaventati Guerrieri è semplicemente il migliore – e il più sentito – romanzo di Benni.
    Pagina 72-72 in edizione economica Feltrinelli, il soliloquio di Lee: bellissimo.

    Anni fa Benni lesse queste pagine – pare dopo un decenno – ad un incontro qui (Torino) all’Università. Alla fine scoppiò in lacrime e come lui metà dei presenti. Si era auto-commosso. Contanto che sono 2 pagine di rabbia.

    Tuttora ho una giacca della Fila disgraziatamente fuori moda (e che non indossso), zozza di ombretto della tipa accanto a me quel giorno.

    Per quanto riguarda De Carlo, c’è una sola definizione: Susanno Tamar(r)o.

  7. se prendi una calcolatrice, converrai con me: io avevo 13 anni quando lessi coinvolta il pippone postmoderno di de carlo.
    “noi siamo solo due di due possibili destini nati da uno stesso bivio”
    ora, il fatto io ricordi almeno sei frasi dal suddetto libro dimostra che
    i neuroni sono solo dei burloni
    che ciondolano al vento.

  8. Don’t worry be happy.
    Qualcuno ricorderà la canzone.
    Ieri ho buttato via una felpa con questa scritta regalo di un mio fidanzato di venti anni fa.

    Ho guardato il cuscino e ho visto un cuscino.
    Forse comincio a crescere.

    (ps. non per il fidanzato di cui mi fregava niente)

  9. Giuseppe Genna sei un’uomo frustrato e patetico nel modo che hai di giudicare libri che non ti sono piaciuti…nenche una leggera ombra di professionalità…sei veramente triste

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