Oggi sarò vagamente spiacevole.
Ma che importa.
“Una visione rifratta, che non ha paura di essere retroattiva quando serve e che, letteralmente, riesce a liquefarsi e a ispessirsi, mai a comando, ma seguendo le curvature emotive di una musica che ha come unico punto di riferimento se stessa”.
Ciò è tratto da una recensione di Wow, disco (doppio) dei Verdena (n.2 in classifica, alle spalle di Gianna Mammini), apparsa su uno dei tre mensili musicali principali – la trinità tranchant.
Dissolvenza. Antefatto. Giorni fa ero a Torino per un’iniziativa squisita chiamata CollegeSound, nel corso della quale agli studenti è stato inflitto un dibattito sul rock. A un certo punto ho tentato di spiegare che i critici musicali sono dei frustrati da compatire – me per primo. Facciamo un lavoro strampalato, che è forse l’unica cosa che possiamo fare delle nostre disperate vite, rovinate ascoltando musica e scoprendo che non l’avremmo mai suonata in modo decente – forse anche perché ci piaceva troppo per suonarla. Non siamo degni, non siamo degni delle visioni rifratte che riescono a liquefarsi e ispessirsi. E ci gettiamo come tossici nella scena di Glasgow del 1988 o nella rivalutazione delle influenze seminali di qualche imbecille drogato. Tifiamo e soffriamo, pontifichiamo e svioliniamo. Intratteniamo, appoggiandoci al talento altrui. E qui è interessante quello che succede coi Verdena.
Gruppo scontroso e musone tipicamente orobico – e parlo di roba che conosco. Ci sono posti dove essere fatti di pasta diversa è chic, e altri dove non ci fai un affare. E ad Albino c’è un conformismo così diffuso che nonostante una squadra che sta in serie B i cittadini tifano quasi tutti Inter, poi Atalanta, Juventus e Milan. E qualcosa vuol dire. Comunque, i Verdena sono in giro da un bel po’ di tempo e nessuno sa bene come prenderli. Non danno appigli trendy né polemici. Non sono fighetti, non sono politicizzati, non sono indie; da quando non sono più “un gruppo giovane” sono “un gruppo” e basta. E questo – mi spiace essere spiacevole coi colleghi, anch’io sarei andato per pindarismi nel recensire Wow – porta a straparlare, ad arrampicarsi su specchiere saponate e a portare a spasso per il pollaio quadrupedi di varia taglia. Che poi il pollaio coi Verdena ci va a nozze, perché il pollaio in cui suonavano è l’unica cosa colorita da dire di loro, da citare passando – se si è proprio costretti – un loro pezzo alla radio. Quello che l’aleph era per Borges, il pollaio è per i Verdena. Dice piuttosto bene un’altra recensione apparsa sulla trinità tranchant: “l’album coraggioso di un gruppo appartato, che preferisce parlare solo attraverso la musica”.
Il che, naturalmente, non dissuade i giornali dall’intervistarli. Nel tentativo di dare un immaginario verdenico agli ascoltatori. Il risultato sono paginate appannatissime di noiosi dettagli sull’incisione, con gli inviati e le inviate a incaponirsi nella fallimentare impresa di far dire qualcosa di rilevante ai tre trentenni. I quali, come muratori delle valli, raccontano di come hanno costruito il muro. Non regalano folgoranti visioni sulla loro ispirazione, ma spiegano: “A questo giro nessun ep, ma per il futuro non si sa mai, anche perché dipende da come va il prossimo periodo, proprio in termini economici. Vedremo se c’è o meno la volontà della Universal”. Oppure: “Ogni brano ha un suo approccio ed è fatto in modo diverso. Anche l’interpretazione delle tracce, durante la registrazione, è stata un lungo lavoro”. O ancora: “Per due anni non ho ascoltato dischi, visto film o letto libri. Penso ci abbia aiutato l’isolamento, una vita pantofolaia”. E’ la banalità del rock, un’ordinarietà cui non sappiamo, cui non vogliamo credere. E tanto sono opachi i loro discorsi e tutto sommato anche i loro testi – a fronte di un suono che, mio modesto parere, manda a casa parecchie band anglosassoni – tanto cercano di stupire le recensioni.
– “Un suono nuovo che riverbera e oscilla fra anni ‘70 e un ipotetico futuro senza soluzione di continuità, destabilizzando l’ascoltatore che non può fare altro che aspettare questo caldo flusso di lava creativa”;
– “27 canzoni, pugni che ci afferrano lo stomaco e non lasciano la presa”;
– “Non è Help e non è Smile. Più semplicemente e prosaicamente, è Wow”.
Comunque alla fine non vorrei che pensaste che io snobbi il mio lavoro, o men che meno, snobbi il rock. Io sono un ragazzino mainstream e il rock in questa settimana, in Italia, è mainstream! Abbiamo Das Gianna al n.1, i Verdena al n.2, i Negramaro al n.3, MiticoLiga al n.4, Zucchero al n.5. E vedete anche voi che sulla charta, è un paese che vibra di vibre rock. Poi vabbè, il pop si prende il resto della top 10 con Sandrina Amoroso, Il Volo, Zésare Cremonini, Michael Jackson e Shakira. Escono dalla Decina Elisa ed Eros Ramazzotti, e non mi procurerò tagli sulle braccia per questo. Entra al n.13 il 79mo disco dal vivo dei Pearl Jam (i cui devoti sanno che non sto scherzando). Infine, entrano in classifica i White Lies. Corriere.it ci fa addirittura il titolo e dice che Bigger than us è “irresistibile”. E il tipo in smoking dice che è in posizione n.28 tra i singoli. Non dice che è entrato al n.64 tra gli album. Tredici posizioni sotto My life in the bush of the ghosts – pretenzioso pastrugno di trent’anni fa, di David Byrne e Brian Eno. Ops, scusate: volevo dire: quel disco seminale.
un lavoro strimpellato
La settimana scorsa la Nannini era troppo mediatica…
Questa settimana i Verdena sono troppo misogini…
La prossima settimana Lorenzo sarà troppo a fuoco…
Ecchecavolo!
Comunque la pensiate benvenuti al theClassifica. Io penso che Verdena n°2 è cosa buona, anche se non l’ho ancora sentito. Ma mi sa che me l’accatto.
il vov è il minimo comune multiplo.I tedeschi lo affogano nel primo caffè(così scoprirono la gianna nannini di sconcerto rock,quella che profumando di sudore buono poteva pure sconvolgerci i sensi).Da pischelletto è stato il padrino delle mie prime sbornie innocenti.Al consiglio dei ministri lo allungano con brodo di pollo per fomentare l’esprit de finesse seguendo le istruzioni impartite dal dorian gray in liquefazione deputato a presiederlo
http://www.tauthal.com/Weekly%20Broadcasts/Bill%20Frisell/2000-03-11%20-Pizza%20Express%20-London,%20England/02%20Somewhere%20over%20the%20rainbow.mp3
Beh, i Verdena mainstream hano fatto Valvonauta, che pareva copiata da un riff di Melloncollie etc, per il resto hanno fatto altro, ben altro.
Il mio problema però è che non mi sono mai piaciuti eccessivamente, anzi, secondo me hanno fatto di tutto per non piacermi, e che essendo parte della seconda ondata del new grunge hanno secondo me perso il treno della mia generazione, per cui non li conosco.
Ma questo lo prenderò, sai mai.
parlano tutti molto bene di quest’ultimo lavoro dei Verdena. se trovo un negozio che vende ancora cd me l’accatto pure io.
Stone: prova in autogrill
A parte i testi ermetici.
A parte il missaggio orrendo (la voce praticamente fusa con la strumentazione).
A parte la mancanza di produzione (27 brani su 2 CD quando si potevano selezionare 10-12 pezzi di buona fattura su 1 CD).
A parte la marranissima foto di loro di bianco vestiti.
A parte l’eccessivo oscillare tra stili musicali diversi come se fosse Sandinista (ma loro non sono i Clash).
Ecco, a parte questo, un buon disco di musica italiana non ripiegata su sè stessa (Marlene Kunz e Afterhours lo sono già, ripiegati, i Baustelle ahimè stanno iniziando a).
Speriamo che il 79esimo disco live dei PJ valga quantomeno la metà del quasi omonimo “Live on two legs” (non l’ho ancora sentito, ho paura, se è una vaccata mi sale poi la tristezza).
Dichiarare apprezzamento per i Verdena senza essere sbeffeggiati è difficile. Guardando il caschetto che Alberto indossa (spero sia una parrucca) non riesco a non sentirmi in imbarazzo.
Inizio a credere che la missione dei Verdena sia quella di esprimere il disagio che un’intera generazione prova nell’ascoltarli. E che un’intera generazione di critici prova nel commentarli.
mah… io i verdena li ho visti a torino nel 2001 in apertura del concerto degli u2 e mi ricordo solo un gran rumore… ma forse era l’acustica forse il caldo forse l’attesa per il concerto boh…
e cmq ho scritto giusto per fare il decimo ;)
E davanti al decimo – è come un comandamento – eeeh! – rispondo.
@Eve: ma era 10 anni fa! Pensa, 10 anni Amici si chiamava “Saranno famosi”.
@IcoFeder: misogini? Dove l’ho scritto? Mi fai dire cose che non ho detto? Vuoi conoscere i miei avvocati?
@Diamonds: il tuo commento è come Naked dei Talking Heads o Tattoo You dei Rolling Stones. Prima facciata eccellente, seconda facciata rabberciata. Se Abbey Road fosse andato come voleva McCartney, cioè con la suite sul lato A, includerei anche lui.
@diamondogl’: …”diamondogl’ ” ?
@Ferro: caspita. Non sarebbe una missione da poco. (mi approprio della tua osservazione) (la userò da qualche parte e poi farò sparire ogni prova che fosse tua)
Hai il mio completo appoggio, soffro già della Sindrome di Chuck Cunningham ( http://en.wikipedia.org/wiki/Happy_Days#Minor_characters ) e non lo vivrei come un complesso.
(Live on Ten Legs l’ho sentito e non mi pare una vaccata… è semplicemente Pearl Jam nel bene e nel male)
cramp of the fingers…
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