Ustica – Un caso ancora aperto /2

2 – “ITAVIA OTTO SETTANTA, CI SENTITE?”

Ustica - Un caso ancora aperto (di Annibale Paloscia)Rita Guzzo, 29 anni, impiegata delle imposte dirette a Suzzara (Mantova) studiava per prendersi la laurea in psicologia. In una delle ultime lettere al padre residente in Sicilia gli dava consigli su come vivere a lungo e felice. Era una specie di breviario, intitolato “Come salvarsi la vita”. Rita prescriveva questi rimedi: 1) Eliminare i sensi di colpa; 2) Non fare della sofferenza un culto; 3) Vivere nel presente (o almeno nell’immediato futuro); 4) Fare sempre cose di cui si ha più paura: il coraggio è una cosa che si impara a gustare con il tempo come il caviale; 5) Fidarsi della gioia; 6) Se il malocchio ti fissa guarda da un altra parte: 7) Prepararsi ad avere 87 anni.
Il 27 giugno 1980 Rita Guzzo s’imbarca a Bologna sul DC9 dell’Itavia che parte con due ore di ritardo per Palermo. E’ l’ultima ora della sua voglia di vivere a lungo e felice.
Sull’aereo viaggiano settantasette passeggeri e quattro uomini di equipaggio. Tra i passeggeri ci sono undici bambini, dai due ai dodici anni, e due neonati. Il decollo avviene alle 20,08 ed ai passeggeri viene detto che il ritardo di due ore è dovuto a motivi tecnici, ma fino ad oggi resta il dubbio se l’aereo proveniente da Lamezia ebbe bisogno di una revisione prima di rimettersi in volo; se fu un annuncio di cattivo tempo a far rinviare la partenza; se la modifica dell’orario fu una misura precauzionale per provvedere alla sicurezza del giudice Tricorni, incaricato di svolgere in Sicilia indagini su un traffico mafioso e che poi partì con un altro aereo; se quelle due ore servirono a controllare una segnalazione che indicava tra i passeggeri la presenza di un terrorista, tal Emanuele Zanetti, con intenzioni suicide: infine, se fu uno stratagemma per permettere a un misterioso aereo di percorrere la stessa rotta del DC9, volando nel suo cono d’ombra per sfuggire alle ricerche radar. Il cattivo tempo si può sensatamente scartare come causa del ritardo perché la turbolenza in arrivo da ovest verso est/nord-est, annunciata alle 14 di quel giorno dal centro meteo di Roma, produsse un’intensità stazionaria di venti del tutto accettabile per i voli aerei.
Il ventaglio di varianti sulle cause del ritardo ha avuto l’effetto forse voluto di creare un’oscurità sulle ore che hanno preceduto il decollo, così da giustificare il sospetto di una trama terroristica in atto nell’aeroporto di Bologna per piazzare a bordo del DC9 una bomba. L’orientamento, assolutorio verso l’aeronautica militare, a imputare a una fantomatica organizzazione terroristica l’abbattimento del DC9, s’intravede nelle considerazioni fatte dalla commissione governativa incaricata otto anni dopo il disastro di far luce sulle cause.


A proposito della situazione di quella sera nell’aeroporto di Bologna, nella relazione della commissione Pratis si fa notare che le “misure di sorveglianza erano scarse e tali da favorire l’azione di qualche malintenzionato”. Si ricorda che il DC9 atterrò alle 19,08 proveniente da Lamezia e fu parcheggiato nella piazzola n. 6, “la più lontana dagli uffici e perciò la meno in vista”. L’assenza di personale dell’ Itavia e la visibilità ridotta, a causa di un temporale che si abbatté improvvisamente sull’aeroporto, “non rendono inverosimile la possibilità che qualche malintenzionato si fosse avvicinato all’aereo e che vi avesse nascosta una carica esplosiva”.
Sono osservazioni che denotano – quanto meno – una grave ingenuità nella commissione governativa. Quel temporale, di cui si fa cenno solo negli atti della commissione, non poteva essere certo preventivato nel piano di una banda di terroristi intenzionati a penetrare nell’aeroporto e a mettere una bomba sul DC9. Oltre a far calcolo sul temporale per rendersi invisibili, quei terroristi avrebbero dovuto essere informati sul ritardo dell’aereo proveniente da Lamezia, conoscere la piazzola di parcheggio, sapere in anticipo la variazione di orario del decollo per regolare il timer dell’ordigno. Uno scenario di questo tipo sembra del tutto inattendibile.
Nella rotta verso Palermo il DC9 dell’Itavia assume la denominazione di volo IH 870. Il percorso prevede il sorvolo di Firenze, Bolsena, Latina: da qui l’aerovia Ambra 13 prosegue sul mare fino a Palermo.
Le aerovie sono spazi aerei controllati a forma di corridoio, ampi dodici miglia nautiche. I servizi di radioassistenza forniscono agli apparati degli aerei in volo sulle aerovie i segnali che indicano la loro posizione e il percorso da seguire per giungere a destinazione.
La conversazione dei piloti del DC9 con i centri di controllo del traffico aereo è di assoluta routine fino a quando l’aereo passa al controllo di Roma Fiumicino che lo segue fino al momento del disastro. Dopo aver sorvolato Bolsena, la voce del pilota si eccita: c’è un buco nella rete dei radiofari che provvedono all’assistenza radioelettrica. S’informa se anche il radiofaro è inefficiente e dice una frase infausta: “Abbiamo trovato un cimitero stasera. Venendo da Firenze in poi, non ne abbiamo trovato uno funzionante”. L’operatore di Fiumicino conferma: “Eh, sì, in effetti è un po’ tutto fuori, compreso Ponza”. Sul buco nella rete dell’assistenza radioelettrica quella sera restano, dopo undici anni, interrogativi senza risposta.
Quando il DC9 si trova a 43 miglia a sud di Ponza, il controllo di Roma autorizza il pilota a prendere accordi con il controllo di Palermo per cominciare la discesa verso Punta Raisi. Sono le 20:56″ in quel preciso momento il DC9 si trova a 25.000 piedi di altezza (7620 metri) e a 129,5 miglia nautiche dai radar di Fiumicino. L’IH 870 sta per uscire dagli schermi del sistema di rilevamento di Fiumicino operante attraverso le due testate radar, della Selenia e della Marconi, che trasmettono i dati ad un elaboratore gestito dal controllo traffico aereo di Ciampino. Il radar Marconi ancora vede chiaramente il DC9, mentre quello della Selenia è sulla soglia di detenzione, cioè al limite della sua capacità di acquisire dati sul volo dell’aereo.
Tutti gli aerei civili hanno a bordo uno strumento che si chiama trasponder: trasmette automaticamente ai radar del controllo aereo dati di identificazione e di quota. L’ultimo segnale del trasponder del DC9 riporta alle 20,59 minuti la posizione dell’aereo a 25.000 piedi. Poi il vuoto d’informazioni. Il pilota non risponde più alle chiamate del controllo aereo. I servizi radar non ricevono più segnali. L’operatore radar del traffico aereo di Ciampino pensa a un guasto nei collegamenti radio e tenta un ponte con due aerei dell’Air Malta in volo. “Cercate di chiamare per noi IH 870, per favore. Qui è Roma controllo, ci sentite?”“Capito! Alitalia 870?”Itavia, signore, Itavia 870, Itavia 870″. – “Otto settanta, qui è Air Malta, charter 758. Ci sentite?”.
La sigla IH 870 rimbalza nell’etere con affannosi appelli che non ricevono nessuna risposta.

(di Annibale Paloscia)

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4 Commenti

  1. Qualcuno ha detto che sarebbe meglio commentare questi post piuttosto che quelli + frivoli (senza offesa) di Brontolo.
    Ma che cazzo vuoi commentare?! Possiamo solo salvare il file sul disco fisso del nostro cervello.

  2. Una volta feci un’interessante chiacchierata con un amico, dirigente di un’azienda che si occupa di impianti per torri di controllo e radar, sia civili che militari, e che ha molti amici nell’Aeronautica Militare, e che mi raccontò una versione piuttosto completa e interessante. Riporto di seguito i punti salienti:
    La versione più accreditata negli ambienti AM, per la serie qui lo dico e qui lo nego, è che l’aereo dell’Itavia si sia trovato letteralmente nel mezzo di un dogfight tra caccia F16 americani e/o Mirage francesi contro Mig libici, e sia stato colpito da un missile.
    A rafforzare questa tesi ci sarebbero tracciati radar (poi misteriosamente scomparsi, così come sono prematuramente mancati operatori radar a conoscenza dei fatti e disposti a testimoniare), il ritrovamente di un Mig libico sulla Sila, con tanto di cadavere di pilota (fu falsificata l’autopsia per far risultare che abbattimento e morte del pilota risalivano a 9 giorni dopo la tragedia del DC 9 su Ustica), fonti dei servizi segreti israeliani, mai smentite ufficialmente e perfino un rapporto del Sifar, nonchè due delle perizie poi svolte sul relitto, che escludono esplosione dall’interno, avaria, decompressione esplosiva, guasto o sabotaggio e puntano decisamente al missile.
    Curiosa, nel complesso, come serie di “coincidenze”, vero?

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  4. Sul commento Inviato da: Gilgamesh , 08.05.04 11:42 –
    Non é molto probabile che aerei della USAF modello F-16 sono stati coinvolti nella strage dato che i primi f-16 della USAF sono arrivati a Hahn AFB in Germania nel luglio 1982 cioe 2 anni dopo.

    Ci sono tante le teorie, le ultime indagine parlano di nuovo di un attentato, cioe una bomba sul aereo. Chi sara se la verita sara mai vista!?

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  1. Il Grillo sparlante

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