Vi ricordate il ponte di Messina? Beh ormai (bocciato anche dall’Europa) non sembra la promessa più realistica fra tutte quelle della campagna elettorale. Eppure, per un paio d’anni la stampa l’ha “pompato” allegramente in tutti i modi. Per esempio…
Francesco Merlo (su Repubblica del 1 ottobre 2003, “Se la sinistra scopre che il ponte è di sinistra”), purtroppo wrote:
Della serie “Se Pariggi avesse lu ponte sarebbe una piccola Messina”.
(Ma se proprio serve un simbolo del Sessantotto, perché non prendere San Libero? Sempre meglio del terrorismo, che col 68 non c’entra, e dei sessantottini lecchini, che sono una – petulante ma trascurabile – minoranza e comunque nel sessantotto facevano ancora tenerezza).
Rai. E’ stato finalmente trovato il sostituto di Enzo Biagi, il massimo giornalista italiano cacciato dalla Rai l’anno scorso perché stava antipatico a Berlusconi. Il nuovo maestro di giornalismo, che gestirà l’orario di massimo ascolto, si chiama Pierluigi Battista ma alla Rai e a Forza Italia, quando hanno bisogno di lui, lo chiamano semplicemente “Battista!”.
Stato dell’arte. La Francia, una ventina di anni fa, era il paese europeo più avanzato in termini di interconnessione da casa: il Minitel (una rudimentale interfaccia alfanumerica di allora) era distribuito insieme al telefono a tutte le famiglie. La popolarità del Minitel ha contribuito moltissimo a rendere più difficile la diffusione dell’internet, che là è arrivato a maturazione dopo gli altri paesi.
Per una serie di strane associazioni di idee, viene da pensare alla situazione degli anni Venti, quando sempre la Francia era il paese più avanzato d’Europa in termini di applicazioni meccaniche: automobili, aerei, macchine agricole, carri armati. Anche allora (grazie, in questo caso, agli enormi investimenti fatti durante la guerra) i francesi coprirono capillarmente il mercato con i migliori prodotti possibili rispetto allo stato dell’arte del momento. Solo che lo stato dell’arte cambiò rapidamente, improvvisamente e lungo binari fin allora impreveduti (l’automobile, da prodotto sportivo, diventò familiare; il carro armato, da fortezza semovente, diventò un mezzo agile e veloce; e così via). Troppo impegnata a saturare il mercato dei prodotti “vecchi”, l’industria francese rimase semplicemente tagliata fuori da quello dei prodotti nuovi.
Due domande a questo punto, una tecnica e una del tutto svagata. Prima domanda: ma conviene davvero, per un’economia o per un’azienda, concentrarsi sullo stato dell’arte? Lo sfruttamento di un target esistente è davvero più sicuro dell’invenzione di target nuovi? “Avere successo” oggi comporta fisiologicamente dei punti di penalizzazione? (La parola “oggi” negli anni Venti significava “in questi anni”, ma adesso significa proprio “stamattina”).
Seconda domanda: perché in questi cicli industriali a parabola, sicuri e lenti in salita ma soggetti a discese traumatiche e improvvise, ritroviamo sempre la Francia? La Francia, s’intende, come archetipo di una cultura industriale culturalmente autosufficiente, diffidentissima di ogni globalizzazione.
Cronaca. Ancona. Due banditi arrivati in bicicletta hanno fatto irruzione nella banca di Marzocca, mascherati ma senza armi: si sono fatti dare ventimila euri e sono fuggiti lasciando le biciclette per una Mercedes.
Mantova. Rapina alla Banca Agricola: il rapinatore, armato di coltello, subito dopo il colpo è fuggito in bici.
Bologna. Conferenza stampa del prof. Cesare Lombroso (1902): “La bicicletta è il veicolo più rapido nella via della delinquenza; perchè la passione del pedale trascina al furto, alla truffa, alla grassazione. Nessuno dei nuovi congegni moderni ha assunto la straordinaria importanza del biciclo, sia come causa che come stromento del crimine…”.
(by graziano.predielis@libero.it)
21 marzo. Giornata mondiale della poesia, promossa dall’Unesco. Manifestazioni e cortei (magari!).
A parte questo, auguri a tutte le mie amiche. E grazie per aver fatto tornare la primavera anche quest’anno.
s.m. wrote:
La Francia era anche tremendamente indietro nel campo della telefonia. Ne fece una occasione per ripartire da zero e costruire la rete telefonica più avanzata d’Europa (compreso il minitel, che allora non se lo sognava nessuno da nessuna altra parte).
Sono semplicemente corsi e ricorsi della tecnologia.
Pensa che figo se lo facessimo noi con la rete idrica nel sud…
a no, dimenticavo…abbiamo da fare il ponte!
A Parigi si sentirebbero persi senza la torre Eiffel, e a New York senza la statua delle libertà, qui in Sicilia se ci sentiamo persi forse è perché sappiamo che sta arrivando l’estate, quando dai rubinetti l’acqua si ostina a non uscire. Un po’ a causa delle strade che sono autentiche mulattiere, un po’ anche per colpa delle ferrovie che sembrano quelle dei film di Sergio Leone. Se però i costi del ponte non dovrebbero preoccuparci, spariamo almeno di avere un tantino di scrupolo per quelli che sono i rischi legati al devastante impatto ambientale del ponte in un’area naturalistica meravigliosa come quella dello stretto. Ora, il ponte è stato bocciato pure dall’Unione che, giudicandolo un’opera troppo costosa e inutile, non sgancerà un cent per la sua realizzazione, ma state pur tranquilli che questo infausto governo pur di non dover ammetter di aver disatteso di nuovo l’ennesima promessa fatta in campagna elettorale comincerà nello stretto tutta quella serie di lavori, sbancamenti e scavi, di un’opera che non verrà mai completata, da sola infatti l’Italia non avrebbe le risorse finanziarie, che serviranno solo per deturpare un’ area, ripeto, che attrae tanti turisti anche senza il ponte
non saprei dire se è più insulso (e falso)l’articolo ovvero i due commenti due. (falsi pure loro)
Il pezzo di Merlo è imbarazzante.