Marco Travaglio ha sbroccato sul serio, ma per spiegarlo è necessario un riassuntino. Chi vuole si guardi o riguardi la lite ad Annozero su youtube (con Porro e Belpietro) oppure legga questo articolo del corriere.it ( http://www.corriere.it/cronache/10_febbraio_23/santoro-travaglio-tragedia_a780e44e-2058-11df-a848-00144f02aabe.shtml ). In coda a questo post c’è il carteggio Travaglio-Santoro.
Riassuntino mio: giovedì scorso, ad Annozero, c’era lui che stava parlando delle pericolose frequentazioni di Guido Bertolaso, dopodiché un interlocutore, Nicola Porro del Giornale, gli ha fatto notare che una pericolosa frequentazione poteva essere capitata anche a lui, dopodiché, lui, Travaglio, ha avuto una reazione oggettivamente spropositata e ha preso Nicola Porro a maleparole («liberale dei miei stivali», e anche peggio) dopodiché Maurizio Belpietro ha cercato pacatamente di tornare sull’argomento, dopodiché è stato preso a maleparole anche lui («raglia, raglia pure») dopodiché, complice Michele Santoro, alla fine Porro e Belpietro non sono riusciti a dire quello che volevano dire. In una pubblica lettera a Santoro, poi, Travaglio ha scritto che Porro e Belpietro «non sono giornalisti», «frequentano corsi specialistici», «passano a ritirare la paghetta», «se non si abbassano a sufficienza vengono redarguiti o scaricati dal padrone», del resto «non hanno alcun obbligo di verità», non temono denunce perché attingono a un berlusconiano «fondo spese», fanno «i froci col culo degli altri» e si divertono perché «sguazzano nella merda e godono a trascinarvi le persone pulite per dimostrare che tutto è merda». Nel caso, rileggere.
Dopodiché Santoro l’ha mazzulato (vedi lettera) ma Travaglio, come stordito, ha ricominciato come se nulla fosse. In una sua rubrica su internet, e in una contro-replica sul Fatto, ha premesso che a Ballarò «hanno concesso a Bertolaso di farsi una serata di gala a spese del contribuente» e che comunque le cose che ha detto Bertolaso «sono stronzate, eppure gli è stato consentito di dire queste stronzate a Ballarò». Mentre ad Annozero, per contro, Porro e Belpietro hanno fatto «quello che fanno sempre, gli avvocati d’ufficio» e per il resto lo hanno calunniato: «Mi calunniano», «calunnia personale», «falsità, diffamazioni, calunnie». Sono tutte espressioni di Travaglio.
Ora, primo: rendetevi conto. Rendetevi conto della deriva di questo qui, l’unico giornalista della Terra. Sono tutti «merda», dicono «stronzate», manco Santoro va più bene. E neanche Di Pietro – ma qui lo perdoniamo.
Secondo: non c’è nessuna calunnia. Travaglio ha frequentato intimamente un poliziotto tre mesi prima che lo arrestassero perché vendeva notizie e prima che lo condannassero per favoreggiamento di un mafioso, un prestanome di Bernardo Provenzano. Nessuna calunnia: è Travaglio che ogni volta sposta il tiro e si difende da un’accusa che nessuno dei citati gli ha fatto: «Io di quelle vacanze ho documentato fino all’ultimo centesimo», ha scritto, «me le sono pagate io», «mi dovrei vergognare dopo che addirittura ho documentato tutto con gli assegni». Continua cioè a indignarsi, Travaglio, per una velata accusa che solo Giuseppe D’Avanzo di Repubblica buttò lì tempo fa: che si fosse fatto pagare le vacanze dal citato prestanome di Bernardo Provenzano, qualcosa cioè che nessuno ha mai scritto (su Libero e su Il Giornale) e che semmai è stata giudicata un’ipotesi ridicola e improbabile per esempio dal sottoscritto.
E allora qual è il problema? Il problema è che Travaglio, anche solo della frequentazione del tizio poi condannato, si vergogna come un ladro: «Mi ha detto che c’era un villaggio turistico», ha cercato di liquidare la faccenda l’altro ieri, «e sono andato a affittarmi una casetta dove, tra varie decine e decine di persone, c’era anche la sua». Si vergogna, cioè, che questo tizio gli abbia invece organizzato le vacanze, fatto pagare una cifra ridicola al momento del conto, prestato arredi e suppellettili per la casa disadorna, ci abbia giocato a tennis, e, con famiglia e figli, abbiano sguazzato nella – solamente – piscina del residence. Si vergogna di questo perché «ha una reputazione» e la sua purezza ne risentirebbe. Siamo vicini alla pazzia.
Terza e ultima questione. La scusa ufficiale per cui Travaglio ha sbroccato, a suo dire, sarebbe questa: gli interlocutori – per esempio quei venduti di Porro e Belpietro – divagano dal tema e parlano d’altro, senza contare che «se stai zitto autorizzi qualcuno a pensare che hai qualcosa da nascondere, se invece parli dovresti parlare per mezz’ora». Ora: l’attinenza del tema l’ha già spiegata Belpietro su Liber e non sto a tornarci. Va detto però che se anche Travaglio avesse ragione – e non ce l’ha – la cifra stilistica che lamenta è quella che lui ha perfezionato meglio di chiunque. Le puntate di Annozero in cui ha monologato di tutt’altro, rispetto al tema della serata, non si contano: dipende dal tema e dagli ospiti. Una volta, per dire, c’era Di Pietro che era sotto la lente perché gli avevano inquisito il figlio a Napoli: Travaglio fece un monologo su Previti e su Cirino Pomicino. La delegittimazione-divagazione è proprio il cuore del linguaggio travagliesco: «Il pregiudicato Caio», «l’ex socio di mafiosi Tizio», «il ladro latitante Sempronio», tutte liquidazioni da due secondi e che sì, è vero, se parli dovresti spiegare, «dovresti parlare per mezz’ora». Travaglio lo pretende solo per sé: altrimenti gli interlocutori tacciano, al limite non vengano invitati ad Annozero. Lui ha una reputazione. Non è come i giornalisti del Giornale che «prendono lo stipendio da un pregiudicato», ha scritto sabato a proposito di divagazioni, e non è «come quelli di Libero, che continuano a fare i direttori di un editore, Angelucci, che è stato arrestato due volte». Solo arrestato, tra l’altro, e non condannato: ma questo lo si specifica, qui, perché sono un servo e ho tempo, anche mezz’ora. Non ho una reputazione, non ce l’ha Angelucci, non ce l’ha nessuno dei migliaia che il nostro sputtana per mestiere. Ce l’ha Travaglio, la reputazione. Quale, però, forse non gli è chiaro.
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Qui di seguito trovate materiale.
Sono da poco passate le 22 e in studio c’è un filo di nervosismo: un paio di ospiti – Maurizio Belpietro di Libero e Nicola Porro del Giornale – stanno vincendo ai punti nel difendere Guido Bertolaso, definito a un certo punto «incapace assoluto» da Marco Travaglio che fiuta subito, però, d’aver fatto un autogol. «No no, Maurizio, intendevo un’altra cosa… », parlava cioè di «un signore che non si rende conto di chi sta nella stanza a suo fianco, di chi sono le persone di cui si circonda, e della inopportunità di instaurare rapporti di dimestichezza con… ». L’eresia è qui. Nicolo Porro, sottotraccia, gli dice: «Travaglio, dài, sarà capitato anche a te di frequentare persone che non si sarebbe dovuto frequentare», «assolutamente no… assolutamente no… e intanto io non sono il capo della protezione civile… ». Travaglio si è palesemente agitato ma Porro insiste, e allora ancora Travaglio: «Io non accetto questo tono intimidatorio, io non sono il capo della protezione civile… io non ho mai dato una lira pubblica… ». Porro: «Cioè, tutti possono accettare il tuo tono intimidatorio, mentre tu…?». «Ma vergognati, stiamo parlando di denaro pubblico». «Porro: «Ma stai calmo, stai calmo, prenditi un’aspirina…». Travaglio: «Questi liberali del cavolo… liberali dei miei stivali… ». Porro: «Due, aspirine». Travaglio: «Sei, un poveraccio, sei». Il pubblico applaude Travaglio, obviously. Volano anche un «cretino» e un «deficiente» sinché Santoro tronca: «Lui ci cade sempre in questa cosa», dice riferito al suo Marco, cui suggerisce: «Ma lasciali incitare, chissefrega… ci cadi sempre in questa cosa…». Poi manda un servizio che raffredda tutto. ma solo per un po’. Più tardi, infatti, dopo aver parlato di piscine olimpioniche lunghe 52 metri, ritorna il tema delle frequentazioni. Tocca Belpietro: « … se allora dobbiamo prestare attenzione a tutte le frequentazioni, forse noi dobbiamo spiegare ai telespettatori, a casa, che cosa è successo qui prima: ossia come mai Marco Travaglio si è tanto arrabbiato quando si è parlato di frequentazioni… ». Ma ricomincia il caos. Belpietro: «Tu, Marco, sei stato accusato da un tuo collega di Repubblica… ». Ma non riesce a dirlo, Travaglio vuole palesemente buttarla in caciara e Belpietro ne prende atto. Travaglio: «Ma parla sinché vuoi… raglia sinché vuoi… spiega perché Bertolaso… ». Belpietro «Tu sei stato accusato, volevo dire, di aver frequentato un signore che ha favorito la mafia… E tu non hai commesso nulla, ma…». Travaglio: «Siete fuori di testa… ma pensate ai vostri editori…». Pure Santoro nota il nervo scoperto di Travaglio, gli dice di lasciar perdere ma il nostro non ci pensa neanche: «Che cosa devo fare, devo star qui a prendere gli insulti?, io me ne vado… che cosa devo fare?, non devo rispondere?». E Santoro: «E allora rispondi, facciamo un dibattito… perdiamo un’ora per spiegare il niente che è successo… perché Travaglio – così la racconta Santoro, seccato, rivolto al pubblico – ha frequentato un magistrato e un uomo di polizia quando non si sapeva che era condannato e un cavolo di niente… ». Questa la chiara spiegazione. Si passa ad altro.
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Caro Michele,
ho riflettuto su quanto è accaduto giovedì ad Annozero. E, siccome è accaduto davanti a 4 milioni di persone, te ne parlo in forma pubblica. Parto da una tua frase dell’altra sera: “Parliamo di fatti”. Il punto è proprio questo. Si può ancora parlare di fatti in tv? Sì, a giudicare dagli splendidi servizi di Formigli, Bertazzoni e Bosetti. No, a giudicare dal cosiddetto dibattito in studio, che non è più (da un bel pezzo) un dibattito, ma una battaglia snervante e disperante fra chi tenta di raccontare, analizzare, commentare quel che accade e chi viene apposta per impedirci di farlo e costringerci a parlar d’altro.
La maledizione della par condicio, dovuta alla maledizione di Berlusconi, impone la presenza simmetrica di ospiti di destra e di sinistra. E, quando si tratta di politici, pazienza: la loro allergia ai fatti è talmente evidente che il loro gioco lo capiscono tutti.
Ma quando, come l’altra sera, ci si confronta fra giornalisti, anzi fra iscritti all’albo dei giornalisti, ogni simmetria è impossibile: quelli “di destra” parlano addosso agli altri e – quando non sanno più che dire – tirano fuori le mie condanne penali (inesistenti) o le mie vacanze con mafiosi o a spese di mafiosi (inesistenti). Da una parte ci sono giornalisti normali, come l’altra sera Gomez e Rangeri, che non fanno sconti né alla destra né alla sinistra; e dall’altra i trombettieri. Che non sono di destra: sono di Berlusconi. E non fanno i giornalisti: recitano un copione, frequentano corsi specialistici in cui s’impara a fare le faccine e a ripetere ossessivamente le stesse diffamazioni.
Invece di contestare i fatti che racconti, tentano di squalificarti come persona. Poi, a missione compiuta, passano alla cassa a ritirare la paghetta. E, se non si abbassano a sufficienza, vengono redarguiti o scaricati dal padrone. Non hanno una faccia e dunque non temono di perderla.
Partono avvantaggiati, possono permettersi qualunque cosa. Non hanno alcun obbligo di verità, serietà, coerenza, buonafede, deontologia. Non temono denunce perchè il padrone mette ogni anno a bilancio un fondo spese per risarcire i danni che i suoi sparafucile cagionano a tizio e caio dicendo e scrivendo cose che mai scriverebbero o direbbero se non avessero le spalle coperte. Come diceva Ricucci, che al loro confronto pare Lord Brummel, fanno i froci col culo degli altri.
Sguazzano nella merda e godono a trascinarvi le persone pulite per dimostrare che tutto è merda. E ci tocca pure chiamarli colleghi perchè il nostro Ordine non s’è mai accorto che fanno un altro mestiere. Ci vorrebbe del tempo per spiegare ogni volta ai telespettatori chi sono questi signori, chi li manda, quali nefandezze perpetrano i loro “giornali”, perchè quando si parla di Bertolaso rispondono sulle mie ferie e soprattutto che cos’è davvero accaduto a proposito delle mie ferie: e cioè che ho documentato su voglioscendere.it di aver pagato il conto fino all’ultimo centesimo e di aver conosciuto un sottufficiale dell’Antimafia prima che fosse arrestato e condannato per favoreggiamento, interrompendo ogni rapporto appena emerse ciò che aveva fatto (i due trombettieri invece dirigono e vicedirigono i giornali di due editori – Giampaolo Angelucci e Paolo Berlusconi, già arrestati due volte ciascuno, il secondo pregiudicato – e non fanno una piega).
Ma in tv non c’è tempo per spiegare le cose con calma. E, siccome io una reputazione ce l’ho e vi sono affezionato, non posso più accettare che venga infangata ogni giovedì da simili gentiluomini. Gli amici mi consigliano di infischiarmene, di rispondere con una risata o un’alzata di spalle. Nei primi tempi ci riuscivo. Ora non più: non sai la fatica che ho fatto giovedì a restarmene seduto lì fino alla fine. Forse la mia presenza, per il clima creato da questi signori, sta diventando ingombrante e dunque dannosa per Annozero. Che faccio? Mi appendo al collo le ricevute delle ferie e il casellario giudiziale? Esco dallo studio a fumare una sigaretta ogni volta che mi calunniano? O ti viene un’idea migliore?
Caro Marco,
risponderò con franchezza alla tua lettera che mi sembra venire da troppo lontano. Siamo diversi e con diverse opinioni su molte cose: legalità, moralità, libertà e televisione. Eppure forse proprio per questo siamo riusciti a diventare amici e, per un pezzo importante della nostra vita, a combattere fianco a fianco contro la censura. E’ questo l’unico vero miracolo compiuto da Silvio Berlusconi, aver intrecciato vicende professionali distanti come quelle di Biagi e Luttazzi, di Montanelli e di Sabina Guzzanti. La tua e la mia. Vivrei una tua decisione di prendere le distanze da Annozero con grande amarezza ma non per ragioni personali: perché sarebbe, in primo luogo, un torto fatto a un pubblico assai grande e, in secondo luogo, un ulteriore arretramento del confine del proibito che ormai comprende quasi tutti i fatti più scottanti riguardanti i potenti in Italia.
Non sarebbe tuttavia una tragedia o una catastrofe irreparabile. Nel corso della mia lunga esperienza televisiva tanti miei amici e collaboratori hanno scelto o dovuto scegliere di percorrere altre strade. E’ stata sempre per tutti un’occasione di rinnovarsi, una sfida per allargare gli orizzonti di quel laboratorio del quale sentiamo comunque di continuare a far parte.
Già oggi il tuo raggio d’azione è enorme: scrivi quotidianamente per il Fatto (e non solo), hai un blog seguitissimo, hai una parte da protagonista nel blog di Grillo e riempi i teatri col tuo spettacolo su Tangentopoli. Potresti quindi fare tranquillamente a meno di Annozero, senza più esporti alla fatica e allo stress del corpo a corpo televisivo dove si ha sempre la sensazione, sbagliando, di doversi giocare tutto in pochi minuti.
Una volta, quando avevi soltanto i tuoi libri, non facevi nessuna fatica ad affrontare quegli stessi “farabutti” che oggi, invece, ti appaiono interlocutori inaccettabili. Non Annozero, con i suoi milioni di ascoltatori, ma una qualunque televisione di provincia ti sembrava una buona occasione da non sprecare. Allora ero io che ti invitavo ad affaticarti di meno, a rendere più preziosa la comunicazione, a mettere un freno alla tua generosità, mentre lavoravo a migliorare le luci, la tua posizione in scena, i tempi del racconto e a inserirti più efficacemente nel contesto del programma.
Certo senza le tue straordinarie qualità di scrittore e narratore tutto questo non sarebbe servito a niente. Ma è servito. Nonostante Belpietro, Ghedini o Lupi. Loro sono sempre gli stessi. Tu sei cambiato. Non so se ti accorgi che, quando a proposito di Annozero dici che è una questione di format, stai parlando come un membro della Commissione parlamentare di vigilanza.
Non so se condividi i suggerimenti di Paolo Flores d’Arcais che pretende di spiegarmi quando spegnere e accendere i microfoni di un ospite. Un membro perfetto dell’Agcom. Un apologeta del Berlusconi-pensiero sul “pollaio”. Proprio come Furio Colombo e le sue invettive contro i talk-show. D’Arcais e Colombo sono convinti che debba regnare l’ordine del discorso (scritto) che, ovviamente, per loro non è quello del telegiornale di Minzolini ma quello di Report , celebratissimo esempio di una trasmissione basata sul principio di identità e non contraddizione.
Ora, sia ben chiaro, Report piace anche a me, e molto: lo ritengo altrettanto incompatile di Annozero con gli equilibri imposti dal conflitto d’interesse al sistema informativo. Ma non è l’unico modo possibile di fare inchiesta, come non lo era un tempo il documentario in stile Bbc. Noi proviamo a forzare la gabbia delle compatibilità, ad uscire dal seminato; per mettere a nudo le contraddizioni illiberali del palinsesto non ci accontentiamo di scavarci una nicchia alternativa. Siamo brutti, sporchi e cattivi. Raccogliamo meno consensi di Ballarò ma creiamo un maggior numero di situazioni critiche, più adrenalina, più polemiche, più brecce nella gelatina.
Perciò ho voluto e continuo a volere che, almeno per un po’ di minuti, tu occupi il centro della scena. Sei il simbolo di ciò che il recinto della televisione generalista non vuole più contenere, di tutti coloro che sono stati espulsi e non possono più rientrare. La prefigurazione di un cambiamento possibile. D’altra parte chi è espulso riesce anche a sopravvivere benissimo. Fuori dalla tv generalista l’industria culturale rende ancora possibili profitti importanti per chi produce contenuti forti; ma chi resta è meno libero e chi va via non entra più in contatto con una sterminata periferia, una enorme banlieue culturale nella quale resta confinata una buona metà della popolazione italiana. In questa periferia, almeno qualche volta, Annozero è entrato prepotentemente. Anche grazie a te, e ne vado fiero. E anche grazie a Maurizio Belpietro.
Tu, invece, pensi che Maurizio Belpietro – o Porro o Ghedini – siano soltanto un prezzo pagato alla par condicio, una legge di cui si parla senza conoscerla e di cui nessuno si occupa seriamente, quando per me rappresentano quel vuoto necessario di scrittura che rende la trasmissione imprevedibile. Perfino ciò che è successo giovedì scorso dimostra che nel nostro studio nessuno può sapere in anticipo come andranno le cose. Noi per primi.
Report ha l’andamento di un film. Annozero assomiglia ad una partita di calcio, mette in gioco non solo nozioni ma emozioni, convinzioni profonde, passioni anche viscerali. Quando il gioco diventa noioso e scontato il pubblico più infedele cambia canale. Ed è questa la ragione per cui siamo costretti a inseguire lo spettatore meno affezionato ai nostri programmi, qualche volta perfino deludendo i fan. Il contrario esatto di quello che avviene a teatro.
In passato godevo nel vederti demolire le argomentazioni aggressive con l’ironia e con una precisione chirurgica: adesso chiedi tempo. Un tempo che la tv, a tuo parere, non sarebbe in grado di concederti. Quanto tempo per rispondere a contestazioni che si ripetono come una litanìa monotona e scontata? Cinque minuti? Mezz’ora? Una serata intera? Nella tua lettera potevi essere più esplicito nel criticare la mia conduzione. Io credo che tu non l’abbia fatto perché avresti dovuto aggiungere l’elenco dei “bellissimi servizi” da tagliare per fare spazio alle tue necessità.
Invece che di Bertolaso avremmo almeno saputo tutto di Travaglio? E la volta successiva cosa avremmo dovuto fare se si fosse ripetuta la stessa situazione? La risposta sembra interessarti poco: prima viene il tuo onore, la faccia, la verità. Dovremmo ripetere il disco della condanna per diffamazione pronunciata solo in primo grado, rivedere alla moviola il tuo certificato penale, per convincere l’universo mondo (compreso Belpietro) delle tue qualità morali che al nostro pubblico non sembrano per niente in discussione. Inoltre un giornalista condannato, si fa per dire, definitivamente per diffamazione smette di essere un buon giornalista? Penso proprio di no; come Schumacher che, se va una volta fuori pista, non smette per questo di essere un buon pilota.
Hai saputo schivare e anche incassare molti colpi bassi ma questa volta è bastata una banalissima insinuazione di Porro (e non un’aggressione squadristica) per farti perdere il lume della ragione. Hai frequentato un sottufficiale dell’Antimafia prima che venisse condannato per favoreggiamento. Scusa, qual è il problema morale? Quali sconvolgimenti ha creato nella percezione che i nostri ascoltatori hanno di te questo genere di insinuazioni? Nessuno.
Le critiche, anche le più assurde, fanno parte del nostro lavoro, così come rispettare chi non la pensa come noi, non insultarlo, non delegittimarlo come interlocutore. E se sono gli altri ad aggredirci, dobbiamo rispondere come tu sai fare meglio di me, rapidamente e con le armi dell’ironia. Quando io non l’ho fatto ho sbagliato.
Siamo diversi ma apparteniamo entrambi al pubblico. Solo dal pubblico deriva la nostra credibilità. Perciò hai il diritto di proporti al pubblico come meglio credi, nella forma teatrale dei tuoi spettacoli (senza disturbatori) o, come mi auguro, nel percorso a ostacoli di Annozero. Sai che mi sono battuto con tutte le mie forze per includerti con un regolare contratto e non come un ospite occasionale nella nostra trasmissione. Sono fiero di poter dire che tu sei parte della Rai e del servizio pubblico. Come dovrebbero esserlo Sabina Guzzanti, Daniele Luttazzi e tanti altri. All’inizio di Annozero ero convinto che col nostro ritorno avremmo portato a casa una vittoria importante contro la censura e che presto il mondo sarebbe cambiato. Non è successo, anche se nel frattempo siamo diventati il primo programma di informazione.
Se la televisione è perfino peggiorata non è solo colpa di Berlusconi e dei suoi “trombettieri” ma di chi avrebbe dovuto contrastarlo e non lo ha contrastato e anche di quelli che scelgono di battersi pensando di essere gli unici a farlo con coerenza. Cavalieri senza macchia e senza paura che vogliono segnare a tutti i costi una differenza dal resto del mondo, che mettono la loro purezza e il senso dell’onore prima della libertà: la legge e le regole prima della libertà, la verità prima della libertà. Mentre leggi e sentenze sono solo lo strumento essenziale per l’ordinato funzionamento della società.
Mi chiedi di mettere riparo agli abusi. Con l’esperienza che ho cercherò di inventare qualcosa per evitare l’uso di argomenti provocatori, le interruzioni ad arte, le offese personali. Quello che non posso prometterti è la verità.
La verità profonda di una persona, che si chiami Travaglio, Berlusconi o Santoro non la stabilisce un programma televisivo, non si raggiunge stilando con attenzione la lista dei buoni e dei cattivi. A quelli che sui vostri blog chiedono di definire una volta per tutte ciò che è vero abbiamo il dovere di rispondere che la verità è sfuggente, contraddittoria. La verità è una conquista faticosa e difficile. Per quanto mi riguarda spesso è un faccia a faccia. Tra me e me.
Caro Michele,
ti ringrazio per la tua risposta franca e affettuosa, ma temo di non essere riuscito a spiegare bene ciò che intendevo dire. Io non ho nulla da ridire sulla tua conduzione (in televisione il genio sei tu e io sono un principiante) o sul format della trasmissione. Ti ho semplicemente posto un problema, e l’ho fatto in forma pubblica perché molti mi dicono che, quando si attacca a litigare su cose che esulano dal tema del programma, cambiano canale: proprio perché l’imprevedibilità di Annozero si muta in prevedibilità quando alcuni guastatori sconvolgono l’assetto del programma seguendo un copione sempre uguale a se stesso.
E ciò deriva dal fatto che, secondo me, gli interlocutori che a te paiono “sempre uguali” sono cambiati: Porro e Belpietro erano sempre venuti a confrontarsi sui temi del programma e non si erano mai abbassati alla calunnia personale. L’altra sera la militarizzazione del fronte berlusconiano ha segnato un altro scatto in avanti e io, forse stanco e nervoso per conto mio, ho reagito in quel modo. E’ stato proprio l’avvilimento per quella mia reazione, che ha guastato il programma, a indurmi a scriverti in forma pubblica.
Non certo una richiesta di cambiare format (anche a me piace molto l’inchiesta giornalistica seguita dal tentativo di inchiodare i politici alle loro responsabilità). Né tanto meno una richiesta di censura o di epurazione per questo o quell’interlocutore, che non mi compete, ma soprattutto è lontana mille miglia dal mio pensiero. Io non ritengo “inaccettabile” nessuno, adoro essere contraddetto nel merito, anzi spero sempre che qualcuno mi dica che cosa c’è di sbagliato o di non vero in quel che dico: purtroppo prima i politici e ora anche i giornalisti preferiscono parlare di me e delle mie ferie, anziché di quel che dico.
Se facessi come loro, potrei ogni volta ricordare quanti soldi pubblici ci costa Libero di Belpietro o quante bufale (l’ultima, sul caso Boffo) pubblica il Giornale. Ma non lo faccio perché preferisco attenermi al tema della puntata.
Su un punto, com’è naturale, siamo profondamente diversi: sul modo di difendere la nostra onorabilità. Tu preferisci farlo in separata sede legale, liquidando pubblicamente con una battuta ironica le calunnie che ti vengono rovesciate addosso. Io invece mi prendo tutte le critiche di questo mondo, ma le falsità, le diffamazioni, le calunnie quelle no, non riesco proprio a farmele scivolare addosso: non nutro la tua stessa fiducia nel “pubblico” che saprebbe tutto e riuscirebbe da solo a distinguere ciò che è vero da ciò che è falso. Quando milioni di persone sentono dire che frequento mafiosi, penso che una parte di esse si aspetti una reazione proporzionata alla gravità dell’accusa, e se la reazione non arriva si fanno l’idea che qualcosa di vero ci sia.
Purtroppo non tutti hanno Internet e non conoscono il blog voglioscendere.it dove ho già documentato per tabulas la falsità di quelle accuse. Per questo ho detto che occorrerebbe del tempo per rispondere. Ma quel tempo non te lo posso chiedere perché, nella partita di Annozero, sarei costretto a giocarne un’altra, privata. Di qui il mio disagio, che ho messo nero su bianco l’altro giorno.
Aiuto, Didietro e il pluriomicida genovese verranno a prendermi, si salvi chi puòòòò…
dopodichè ?
Philip Roth & Libero
http://placesthatpull.tumblr.com/post/412987627/philiph-roth-libero
GRANDE GIORNALISMO, Règaz…
grazie Neon per il link,dopotutto,come avrebbe detto Tomas Milian “non c’hanno la faccia come er culo,c’hanno er culo in faccia”………………………………………………………..
ciò che non capisco è perche l’ordine dei giornalisti non li radia,come ha fatto per feltri che ANCORA è direttore di quotidiano PAGATO COI CONTRIBUTI PUBBLICI ALL’EDITORIA……………….
Luigi, mi passerebbe gentilmente il contatto con chi la paga per fare il finto tonto sui blog. Sono al momento piuttosto in bolletta e non mi dispiacerebbe arrotondare trollando.
Capisco Facci che l’odio che dimostri nei confronti di Travaglio sia l’altra faccia dell’amore che ti ha legato a Craxi e che tu abbia identificato in Travaglio e Di Pietro quell’area culturale che ha sminuito e distrutto la figura del padre. Però, cristosanto, cerca di crescere e di riconoscere che Craxi è stato il politico che ha rovinato l’italia. Il peggior politico della nostra storia. Forse è vero che non rubasse esclusivamente per se stesso e che tutti gli altri rubavano, ma il partito socialista da lui “comandato” è quello che ha rappresentato (e alimentato) più significatamente l’egoismo, la grettezza e la furbizia del “magnamose tutto noi”, che dopo 20 anni non fa che peggiorare. I fatti poi li dovresti sapere: “dal 1984 al 1987, come risulta dai documenti di Bankitalia, il debito pubblico italiano passò da 240 miliardi di euro a 430 miliardi di euro. E nei 5 anni successivi, quando Craxi non era più al governo ma era comunque ai vertici della politica italiana, componente del famoso CAF (Craxi, Andreotti, Forlani), il debito pubblico arrivò nel 1992, subito prima dell’esplodere di Tangentopoli, alla cifra di 800 miliardi di euro”. (da http://tinyurl.com/yalcxfz). Se queste sono cifre da grande statista. Quello che ha sbroccato mi sa che sei proprio tu.
Per quanto riguarda la questione in topic. Ero d’accordo con D’Avanzo nella polemica che nacque sulle frequentazioni di Schifani. Ma quello che è successo l’altra sera tra Porro, Belpietro e Travaglio è stato semplicemente il tentativo di 2 uomini non liberi di sviare il discorso.
Su Bertolaso, dovrebbe essere incocepibile che un servitore dello stato che gestisce i nostri soldi possa essere pappa e ciccia con quelli a cui i soldi li distribuisce. Se è vero che era ignaro di quello che gli succedeva intorno è un incompetente, va rimosso; se invece sapeva, va rimosso e incarcerato.
Solo in italia ( e forse in Bielorussia) ci può essere qualcuno che ancora vede di buon occhio l’operato di uno come Craxi. Che fosse il peggiore o no è stato l’esempio massimo del peggio dell’Italia.
Punto.
I “ma non era l’unico, ha pagato per tutti” sono cazzate per ignoranti semi-analfabeti.
Oltretutto Berlusconi è diventato Berlusconi grazie principalmente a Craxi.
Ergo, lo stiamo ancora scontando Bettino…
Me n’è venuta una. “Craxi come Chernobyl”
e oggi dal Fatto se la prendono con uno che dicono avere le meche, che avrebbe provato a mangiarsi una copia delle loro in televisione e sarebbe poi stato portato via dall’ambulanza…
mah…
che tempi, che gente…
Ma è proprio così difficile dire “Non mi sono spiegato” invece di “Non avete capito” o “Chi doveva capire non ha capito”? Ma non vi sfiora mai il dubbio di guardare l’angolo sbagliato? Eppure con il vostro sistema, cioé guardare gli angoletti che si misurano in micron e fingere che quelli che si misurano in chilometri non esistano, di dubbi ne dovrebbero sorgere– Certo, per quella vocina nella pancia c’è sempre la schermata del conto corrente, o al limite il tavor…
E’ lui o non è lui? Copio da IL FATTO
Penoso episodio, ieri, nel corso della trasmissione
Mattina Cinque quando un individuo vistosamente
mesciato (malgrado l’età avanzata) dava in
escandescenze proferendo insulti irripetibili nei confronti
del quotidiano Il Fatto che poi appallottolava e scagliava
per terra dopo aver tentato di ingoiarlo. L’episodio
suscitava vasta impressione tra gli astanti e i molti
curiosi accorsi. Subito soccorso veniva accompagnato
in un vicino Centro di salute mentale e ivi ricoverato
in osservazione. Le sue condizioni sono stabili
anche se per ora i sanitari non intendono sospendere
le misure di contenzione. Non nuovo a crisi del
genere F.F (di cui non diamo le generalità complete
per evidenti motivi) già in passato era stato denunciato
per esercizio abusivo della professione giornalistica.
I familiari sono stati avvertiti.
mi sembra alquanto ipocrita dire che porro e belpietro stessero semplicemente facendo notare a travaglio il fatto che frequentare persone poco raccomandabili sia un disguido che può capitare a tutti (anche a travaglio).
era evidente l’intento (il solito) di cercare di abbattere la tesi sostenuta da travaglio, sostenuta da fatti accertati, con attacchi personali che nulla avevano a che vedere con il tema della puntata.
la calunnia è evidente: i “giornalisti” che accusavano travaglio sapevano bene che travaglio stesso non avrebbe avuto il tempo d argomentare per spiegare la sua frequentazione con quel signore che poi è stato indagato (non so se condannato) per favoreggiamento; quindi hanno semplicemente lanciato una frecciatina per mettere sullo stesso piano un giornalista, che fa bene il suo lavoro, che ha frequentato per qualche giornata una persona (un pubblico ufficiale) che di lì a poco tempo sarebbe stato indagato; ed un amministratore pubblico, che sperpera denaro pubblico per farsi bello al telegiornale di raiuno e per fare favori ad amici e parenti, basta rileggersi i testi delle intercettazioni per avere conferma.
la reazione è stata esagerata, però è anche umano stancarsi degli insulti d certa gente per ogni parola che dici!
Almeno travaglio non è di parte e venduto come lei