Nel mese di febbraio 1973 a Tonino giunsero due notizie. La prima era che aveva passato il concorso dell’Aeronautica: avrebbe controllato le produzioni che una ditta, l’Elettronica Aster, eseguiva per conto del Ministero. Questo a Milano e poi in Brianza, nella sede di Barlassina. La seconda notizia è che la sua fidanzata era incinta, sicché entro due mesi avrebbe provveduto a un matrimonio riparatore. Ma questo ora non interessa.
E’ un Di Pietro difficile da immaginare. Aveva una barba improponibile (foto dell’epoca lo mostrano poi con scarpe bianche, pantaloni bianchi, giacca bianca, cravatta bianca e camicia nera) e nei ritagli di tempo amministrava stabili, perché come ministeriali guadagnava 170mila lire il mese. Secondo un testimone, Tonino cominciò a lavorare al Centro Regione Aerea di piazza Novelli, a Milano. Secondo un altro, passò direttamente in un ufficio di Barlassina, in provincia di Como. Secondo un altro ancora, trascorse qualche tempo negli uffici dell’Aeronautica di Linate, o forse in Via Farini sempre a Milano. La versione più probabile è che facendo parte del Dca (Direzione costruzione armamento) abbia saltabeccato qua e là prima di passare, dopo poco tempo, all’Ustaa di Barlassina. Un colonnello del genio dell’Aeronautica, Michele Merlo, aveva lasciato il corpo per entrare nella proprietà della Aster, azienda di apparecchiature elettroniche; all’interno di questa società era dislocata una postazione dell’Ustaa (Ufficio sorveglianza tecnica armamento aeronautico) e fu appunto lì che ministero della Difesa aveva spedito Di Pietro. Secondo Merlo, dal 1975. Secondo un amico di Tonino di allora, Gianni De Cet, nel ’73.
L’Ustaa, in sostanza, aveva il compito di sorvegliare l’operato delle aziende fornitrici, ossia che i prodotti corrispondessero ai requisiti contrattuali per quantità e termini di consegna. E questo faceva Tonino: compilare i documenti che accompagnavano i materiali al collaudo e dare un’occhiata perché tutto fosse prodotto come i capitolati d’appalto prevedevano.
L’ufficio si occupava, e saltuariamente anche Di Pietro, di aziende come la Breda Meccanica, l’Aerea, la Salmoiraghi e altre ancora. Ma il suo ufficio era appunto dislocato presso la Aster di Barlassina, e di essa Tonino si occupava in prevalenza. Si parla di un’azienda che lavorava per conto dell’Aeronautica, della Marina e dell’Esercito, che collaudava pezzi di alta tecnologia adottati dai paesi Nato e che, in consorzio con altre aziende (ma solo successivamente, e tanto per fare un esempio), avrebbe prodotto parti dei sistemi di controllo dei caccia Tornado. Il giovane Di Pietro, per dire, si occupava perlopiù di «Arma Nike», parti di missili in dotazione alle nazioni del Patto Atlantico.
Va da sé che un organismo cruciale come l’Ustaa fosse a contatto con il Sismi: si vorrà dare per scontato che i Servizi segreti militari tengano d’occhio perlomeno i centri di produzione militare. E, come detto, nelle aziende in questione non si producevano gavette. Quelli con il Sismi, beninteso, non erano contatti ufficiali (non lo sono mai) ed era ben logico che i proprietari delle aziende ne fossero tenuti all’oscuro per quanto possibile. Ma che qualche militare o dipendente abbia svolto un doppio incarico è tuttavia sicuro, e sono stati appurati dei casi anche negli ambienti della Aster. Alcune sparate su un Di Pietro «dei servizi segreti» nascono da queste considerazioni, poste in maniera mai seria e comunque indimostrate. Non era strano che il Sismi fosse a contatto con la Cia, e che questa fosse legittimamente interessata al controllo e alla supervisione di quelli che in fondo, anzi principalmente, erano prodotti strategici della Nato. Tanto che i militari, gli industriali bellici e i dipendenti come Di Pietro dovevano preliminarmente (ogni sei mesi, più o meno) passare il vaglio del Nos, il Nulla osta sicurezza. In un mare di sigle, dipartimenti e organismi non stupirebbe se fosse caduto in confusione persino l’ex capo del Sismi Fulvio Martini, a suo tempo da noi interpellato: «Da quel che ho capito Di Pietro lavorava all’Usi, l’Ufficio sicurezza»; ma come, non si chiamava Ustaa? «Io credo che lavorasse all’Ufficio sicurezza… Ma forse ha cambiato nome dopo la legge del ’77-78, la 801. Io non conosco l’Ustaa, conosco l’Uspa»; cioè? «Ufficio sicurezza Patto Atlantico».
L’Ustaa, o quel che fosse, comunque esisteva. anche se Di Pietro ha fatto di tutto per complicare le cose. Un amico di Tonino, Gianni De Cet, ha raccontato che nel 1974 Di Pietro accompagnò addirittura suo padre Giuseppe alla sede di Barlassina «per mostrargli dove lavorava»; è De Cet ad accompagnare Tonino per la prima volta a Barlassina; ed è stato confermato che fu Di Pietro stesso a indicare ai biografi il nominativo di Michele Merlo (proprietario della Aster) tra quelli da contattare perché raccontassero bene di lui. Ma niente da fare: «Non lavoravo alla Aster» disse Di Pietro il 7 febbraio 1997 in tribunale e in ogni sede possibile. E chiusa lì. È vero, lavorava all’Ustaa, non alla Aster. Ma l’Ustaa era solo un ufficio dentro la Aster. Ma Di Pietro ogni volta non lo spiega: nega. Fa di tutto insomma per autorizzare misteri e sospetti.
Per capire: in un interrogatorio reso a Brescia nel 1995 metterà per iscritto di aver lavorato per il Controllo armamenti del ministero della Difesa dal 1973 al 1977; subito dopo, in un libro che raccoglie le sue carte processuali, comparirà una correzione: dal 1973 al 1979, come per coprire quel paio d’anni in seconda stesura; finché, da altri documenti ufficiali e non smentibili, si apprende che vi lavorò dal 10 febbraio 1973 al 15 gennaio 1980. In un libretto a sua firma titolato La mia politica, nel 1997, torna a scrivere: fino al 1977. Si parla dell’uomo che invoca trasparenza.
Nel 1977, tuttavia, qualcosa accade. All’Ustaa, Di Pietro si fa vedere sempre meno. Di quel periodo si sa che sfornò un esame universitario dietro l’altro, al limite del miracolo: diede ventidue esami in trentun mesi, si laureò con 108 e secondo le biografie non lo disse a nessuno: un’impresa che di norma riesce a pochi studenti modello, gente che non ha altre occupazioni oltre allo studio. Di Pietro invece – sempre secondo certe biografie, da lui praticamente dettate – era pendolare, amministratore condominiale, ristrutturava una villa, giocava da portiere in una squadretta e sciava nei week-end. Il che, beninteso, non significa nulla: in fondo alla Aster aveva orari da ministeriale, staccava alle 14. A generare qualche sciocco sospetto, forse, il fatto che non festeggiò mai la laurea, nessun amico o familiare assistette alla tesi, ai genitori non aveva neppure mai detto d’essersi iscritto, e fotografie dell’evento non ce ne sono. L’unica testimonianza – dopo una quindicina d’anni di ricerche – l’ha rilasciata una donna di Gallarate, L.M.B.:
«Conobbi Tonino alla Statale di Milano nell’autunno del 1980. Lui era già laureato, faceva il poliziotto ma si stava preparando al concorso per la magistratura. Mi diede in prestito i suoi appunti, li conservo ancora. Sorvolando su errori grammaticali e di sintassi, scoprii subito che aveva una capacità di sintesi e una testa incredibilmente acuta. Mi aveva chiesto di restituirglieli, perché li noleggiava a pagamento. I quadernoni di Tonino sono costellati, per intere pagine, di “prove” di firme… sicuramente aveva fin d’allora manie di grandezza. Io non ero sua compagna di corso, non ho assistito alla discussione della sua tesi, la mia testimonianza lascia il tempo che trova: ma mi chiedo come sia possibile fare il magistrato senza titolo».
Lo studente Di Pietro Antonio, matricola 144836, divenne dottore il 19 luglio 1978 con una tesi sull’attuazione della Costituzione nel primo trentennio di applicazione. Relatore il costituzionalista Paolo Biscaretti di Ruffia, correlatore l’assistente Maria Paola Viviani.
Purtroppo Biscaretti di Ruffia è morto, ma nel 1995 fece in tempo a controllare il suo quadernetto personale in cui annotava tutti gli studenti laureatisi con lui. Di Pietro c’era, disse. Il nome del futuro magistrato compare anche nell’archivio informatico dell’Università. E il Rettore, con lettera privata, ha confermato che Di Pietro Antonio risulta laureato. In quale straordinario modo, si può vedere qui di seguito:
1975
28 maggio – Storia del diritto romano (400 pagine): 28/30
4 giugno – Istituzioni di diritto romano (700 pagine): 25/30
4 luglio – Istituzioni di diritto privato (1100 pagine e 2969 articoli del codice civile): 24/30.
10 novembre – Diritto costituzionale (700 pagine e 139 articoli): 30/30.
(data illeggibile) Diritto costituzionale comparato: 26/30.
1976
20 febbraio – Esegesi delle fonti del diritto italiano: 26/30
28 aprile – Contabilità dello Stato: 26/30
3 maggio – Diritto regionale e degli enti locali: 29/30
15 giugno – Diritto ecclesiastico: 26/30
1° ottobre – Diritto canonico (300 pagine): 28/30
25 ottobre – Diritto commerciale (1400 pagine): 27/30
30 novembre – Economia politica (700 pagine): 26/30
20 dicembre – Organizzazione internazionale: 27/30
1977
24 gennaio – Scienze delle finanze e diritto finanziario (800 pagine): 26/30
7 febbraio – Storia del diritto italiano (650 pagine): 28/30
31 marzo – Diritto processuale civile (1000 pagine e 831 articoli): 28/30
18 aprile – Diritto tributario (450 pagine): 27/30.
24 maggio – Diritto penale (1200 pagine, 734 articoli): 27/30
7 luglio – Procedura penale (1100 pagine, 675 articoli): 28/30
29 ottobre – Diritto civile (800 pagine): 25/30
1978
26 gennaio – Diritto amministrativo (1400 pagine): 28/30
19 luglio – Tesi di 320 pagine e laurea. Voto finale 108/110.
In un libretto a firma Antonio Di Pietro degli anni novanta, «La mia politica», è scritto: «Si è laureato con il massimo dei voti». Non è vero, come visto: prese 108. Purtroppo la maggior parte dei professori dell’epoca sono morti. Quelli vivi sarebbe anche normale che non ricordassero uno che non frequentava i corsi. Per la stessa ragione, forse, non figura neanche uno studente tra i centomila personaggi intervistati nel corso degli anni Novanta perché dicessero «anch’io conoscevo Di Pietro».
Il quotidiano «Il Foglio» aveva ritenuto di averne individuato perlomeno uno, di personaggio: Agostino Ruju, assistente di Diritto civile del professor Pietro Trimarchi. Di Ruju erano assodati i rapporti intrattenuti con carabinieri, poliziotti, finanzieri e uomini del Sisde e Sismi. All’interno dell’Università milanese era un punto di riferimento per figli di generali e di questori e vantava la tessera «Amici dei carabinieri». Il «Foglio» aveva ipotizzato che Ruju avesse preso a cuore anche le sorti del giovane Di Pietro, ma l’interessato ha smentito la circostanza dapprima cortesemente e si è detto anzi convinto che Tonino avesse studiato al Sud. «Dopo la pubblicazione dell’articolo era semplicemente terrorizzato» hanno fatto sapere dal quotidiano. Va detto che Ruju fu arrestato da Di Pietro per Mani pulite ed era in attesa di giudizio. Ma una cosa curiosa, da principio, aveva fatto in tempo a dirla: «Se è vero che Di Pietro sostenne Diritto privato il 4 luglio del ’75, ricordo che quello fu il mio primo appello da assistente: bocciai tutti». Messa così è inquietante. Qualche mese dopo, per fortuna, correggerà il tiro sul «Corriere della Sera»: l’esame? «Non l’ha certo sostenuto con me. Io ero appena stato nominato assistente, ricordo bene quell’appello: lui è stato promosso, mentre io ho bocciato tutti». E messa così è diverso: potrebbe anche solo significare che Di Pietro era il migliore di tutti. A ogni modo, anche qui, le illazioni del Foglio non hanno trovato conferma.
Divenuto dottore, Di Pietro si licenziò dal ministero della Difesa. Ma neanche qui risulta niente di chiaro: parlò di dimissioni avvenute nel 1977 (in un interrogatorio bresciano) e poi corresse in 1979 (in un suo libro di memorie difensive) e a complicare le cose contribuisce un’intervista che il noto giornalista Paolo Guzzanti fece il 29 aprile 1993 ad Antonia Setti Carraro, suocera del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e madre della sfortunata Emanuela con lui assassinata a Palermo. La signora, affettuosamente, riferì che aveva conosciuto Di Pietro (già celeberrimo, nel periodo dell’intervista) quand’era un «agente» al servizio del generale: novità assoluta e titolo di merito stranamente escluso da ogni profilo biografico. Il 1° maggio 1993 «La Stampa» pubblicò l’intervista.
Domanda: «Lei ha conosciuto Di Pietro?». Risposta: «Benissimo. Le dirò che era alle dipendenze del generale Dalla Chiesa». I nuclei del generale erano dei gruppi interforze, un apparato di intelligence antiterrorismo a metà strada tra magistratura e ministero dell’Interno, a stretto e giustificato contatto con i servizi segreti. Dopo la pubblicazione dell’intervista non accadde nulla, nessuno smentì nulla. La signora, anzi, ringraziò. Quattro anni dopo, il 16 settembre 1997, Guzzanti ripropose la confidenza della Setti Carraro e scoppiava il finimondo. Lei smentiva in maniera un po’ disordinata, poi riferiva che a dirle dell’attività di intelligence svolta da Di Pietro (dunque confermata) fu lo stesso Di Pietro quando le rese visita in compagnia di un «alto magistrato». Ricontattata a bocce ferme, la signora Setti Carraro ha detto: «Mi venne a trovare a casa accompagnato da una collega magistrato di cui adesso non ricordo il nome, mi pare fosse la figlia di uno dei presidenti del Tribunale di Milano. S’intrattenne a casa mia per circa un’ora e mezzo e, parlando, mi disse di aver lavorato alle dipendenze di mio genero a Milano. Per quello che ricordo non faceva parte della sua scorta personale ma era uno degli agenti che avevano il compito, credo, di tenere sotto controllo l’accesso ai covi».
La citata «figlia di uno dei presidenti del Tribunale» dovrebbe essere il pm Gemma Gualdi, in realtà nuora del presidente della Corte d’appello Piero Pajardi e molto amica di Di Pietro, tanto che questi, nello stesso periodo, cercava di cooptarla nel Pool di Mani pulite. Per quanto riguarda i covi, è lo stesso Di Pietro – anche se ieri, sul suo blog, ha negato tutto – ad aver ammesso una sua «attività di investigazione riservata presso il covo terroristico di via Astesani sotto coordinamento dell’allora mio dirigente Vito Plantone»: l’ha scritto in una memoria difensiva del 2 luglio 1995. Non era proprio il primo che passava, Plantone: aveva guidato l’irruzione nel covo del brigatista Walter Alasia e aveva dato la caccia ai peggiori delinquenti degli anni Settanta prima di diventare questore. Ma Di Pietro non ha mai voluto dire una parola sull’argomento. Lo stesso Di Pietro che di lì a poco diverrà magistrato. E che partirà per strane vacanze alle Seychelles. ( https://www.macchianera.net/2010/01/18/i-misteri-di-torino-1/ )
Barlassina non è mai stata in provincia di Como
Scusa, Facci, cosa c’è di “straordinario” nella carriera universitaria di Di Pietro? O meglio ancora: perché il sarcasmo di “straordinario” dovrebbe far ridere?
Non ha preso tutti 30, e vabbè, chissenefrega: non mi aspetto che gli altri politici abbiano avuto carriere accademiche molto migliori.
Il bello è che io stesso ho avuto una carriera universitaria simile, ho fatto fino a cinque esami in due mesi. Sette in un anno. In Ingegneria. E mi sono laureato con un professore che aveva contatti con ambienti politici, forse anche servizi segreti.
Con questo stile si può scrivere una biografia “dubbiosa” su moltissime persone.
A me sta robba, questi articoli, questo tipo di giornalismo inquisitorio senza dimostrare niente di penale, non piace per niente, Fili’.
Speriamo tanto che, passato il decennale, tu finalmente prenda coscienza che quell’epoca e finita, Craxi non c’è più. E che la vita va avanti.
Giusto per dire che Craxi era un “grande statista”. Ma pure un grande ladro. Uno che non ha rubato solo una volta (che già sarebbe grave), ma vi si è applicato con metodo scientifico per anni e anni.
E il Faccino viene a parlarci di voti all’università…..
un libretto non fa un uomo. figurarsi dei voti
“E’ un Di Pietro difficile da immaginare. Aveva una barba improponibile (foto dell’epoca lo mostrano poi con scarpe bianche, pantaloni bianchi, giacca bianca, cravatta bianca e camicia nera) e nei ritagli di tempo amministrava stabili…”
meglio di chi indossa calzini turchesi ed addirittura fuma mentre aspetta….
Madonna mia, Facci, passa da Travaglio, (l’ultimo app.to “Craxi al netto delle tangenti”) poi continua tranquillamente nel tuo lavoro pubblico, però sono sicuro che dopo aver udito Travaglio, ti sentirai piccolo piccolo, solo dentro di te. Travaglio parla di fatti che hanno cambiato l’Italia, tendendola verso il basso, Tu, invece, parli di fatti che non servono a nulla. Comunque per me sei il più grande giornalista degli ultimi 150 anni.
La differenza tra Facci e Di Pietro è che il secondo almeno uno straccio di laurea ce l’ha…
sFaccimm’, se non sapessi che sei pagato per cercare di fare perdere voti a Di Pietro penserei che sei un Passivo-Aggressivo.
Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro, Ladro
Caro Facci, mi spiega perchè le sembra strano che un magistrato conosca i vertici della polizia, visto che i due enti lavorano coordinati fra loro?
Questa è la più bella di tutte….
http://nonleggerlo.blogspot.com/2009/11/mamma-abbiamo-perso-filippo-facci_12.html
@fabrizio
tu hai preso una laurea quinquennale in 3 anni e due mesi? complimentoni
Di Pietro ha dato procedura civile prima di civile? strabiliante.
Nella parte del pezzo in cui FF schematicamente descrive lo strabiliante excursus accademico di Di Pietro, sono rinvenibili alcuni aspetti, piuttosto singolari, che vanno al di là di una generica constatazione circa l’eccezionale velocità nel dare esami dell’ex p.m. di Milano.
In particolare, si tratta di una serie di anomalie relative alle rigide procedure che disciplina(va)no il funzionamento dei corsi di laurea in Giurisprudenza (prima delle varie riforme susseguitesi dal 2001 in poi) in molte facoltà universitarie italiane.
Ancor più in particolare, si notino, (come detto, più della velocità) i periodi: esclusi agosto e settembre, Di Pietro ha sostenuto esami in tutti gli altri mesi.
Ora, no so altrove, ma a Torino, per esempio, gli esami si potevano sostenere solo durante apposite sessioni e, va da sé, non ve n’era una al mese.
Per dire, anche volendo, a novembre non c’erano sessioni e, pertanto, non potevano essere sostenuti esami.
Inoltre, come in parte già accennato in un commento precedente, erano stabilite (forse esistono ancora), in molte facoltà di Giurisprudenza italiane, le c.d. propedeuticità.
In sintesi: non si poteva dare un certo esame (ad esempio, diritto processuale civile), prima di averne sostenuti altri (diritto civile o amministrativo), appunto propedeutici rispetto al primo.
Ora, non so se le cose stiano ancora così, né se fosse previsto tutto quanto detto dalle norme regolamentari interne vigenti nella facoltà universitaria in cui si laureò Di Pietro e nel periodo in cui egli conseguì il suo diploma di laurea, ma varrebbe forse la pena che FF verificasse anche questo, ammesso non l’abbia già fatto.
Della laurea di DiPietro, quando nei primi novanta, tutti, scusate il francesismo, gli leccavano il culo, tanto da proporgli pure il ministero degli Interni (mica cotiche), nessuno se ne è mai fregato…
ora sembra che questo sia il leit motiv per screditarlo…
come è possibile, mi chiedo, per uno che non abbia conoscenze di giurisprudenza, millantare una laurea, mettere in piedi la più grossa inchiesta sulla corruzione italiana senza scivolare mai, con i riflettori addosso…
I vari Borriello, Davigo, Colombo non si sono mai accorti di avere per collega uno appena sceso dal trattorino…
suvvia…
se uno si spaccia per idraulico senza esserlo, cara intellighenzia screditizia, pure una nonnina sprovedduta se ne accorge….
questa è un’operazione di discredito bello e buono ai danni di un oppositore politico che ha un discreto seguito di elettori.
Dopo il susseguirsi di autentiche puttanate di questi anni, passando dal peracottaro Igor Marini, a Scaramella, loro sì, a differenza di uno Spatuzza qualsiasi, superattendibili, ormai ci si è fatti il callo.
A quando la coca nascosta nella masseria di Montenero di Bisaccia ???
Lettera pubblicata da Dagospia che commenta il pezzo di Facci (spiega bene quello che penso anch’io):
FILIPPO FACCI
Lettera 1
Caro Dago, ho letto l’articolo di Facci sulla laurea di Di Pietro e devo dire che non ho mai visto un tale concentrato di sciocchezze. Sono anch’io laureato in legge e anch’io presso la Statale di Milano. Ho conosciuto molte persone che hanno finito gli esami in tempi molto brevi ma non si sono laureati come se fosse una laurea breve, e nemmeno Di Pietro, infatti se notate inizia gli esami nel 1975 (anno accademico 75/76) e li termina nel 1978 (anno accademico 1978/79), quindi: 1975/76 – 1976/77 – 1977/78 e 1978/79, ergo 4 anni accademici.
Tra le persone che hanno dato esami in breve tempo, molti erano proprio gli studenti lavoratori, cioè quelli che, a differenza dei bamboccioni, riuscivano con la forza di volontà e la serietà date dalla loro precoce esperienza lavorativa, a studiare come matti per raggiungere lo scopo, cioè la laurea. Ho conosciuto una ragazzo che faceva il macchinista nelle FS e che si é laureato in filosofia con 110 e lode in 4 anni. Non è un caso che le lauree più accessibili erano, e sono, le lauree cosiddette umanistiche o tecnico umanistiche come giurisprudenza.
Se noti, Dago, proprio per gli esami più pesanti fatti da Di Pietro, come diritto amministrativo, i tempi di preparazione sono più lunghi, mentre esami come esegesi delle fonti del diritto erano una cazzatina; esami come storia e istituzioni di diritto romano, si potevano preparare normalmente insieme in un mese.
Se a questo si aggiunge che vi sono persone dotate di eccellente memoria, si comprende com’è possibile sostenere tanti esami, specie se non richiedono profonda applicazione in termini di comprensione; un esame come storia del diritto italiano, per esempio, è il classico libro che può essere letto, senza impegno, prima di dormire, anche da chi non studia legge.
Se Di Pietro avesse deciso di studiare ingegneria o Fisica o Matematica, sono convinto che avrebbe faticato molto di più. Provi Facci a leggere storia del diritto italiano e poi un manuale di fisica quantistica! Quanto a tutto il resto poi, ho letto solo una serie di illazioni; Facci, per tutelarsi dalle querele, continua a scrivere inoculando dubbi ma mai certezze, in perfetto stile dossieraggio, questo si, da servizi segreti!
Quanto, infine, al lavoro di Di Pietro presso la Ustaa, francamente a me sembra proprio un lavoro del cacchio, se poi Facci pensa che la CIA e i servizi segreti italiani si affidino ad un ragazzino di 23 anni, senza esperienza, che, se non sbaglio, era diplomato all’ITIS, mah, ho come la sensazione che non abbia capito bene con chi si ha a che fare quando si parla di servizi.
Franco Due
Quindi chiediamo a FF:
PERCHE’ ??
La risposta già la conosciamo.
Facci hai una prosa squisita.E’ come leggere i libri di Le Carrè o Fleming….ed è veramente suggestivo creare un simile scenario per il mistero di una laurea. Non oso pensare quale cornice pirotecnica riusciresti a creare se un giorno qualcuno ti commissionasse il “pezzo di colore” sulla provenienza dei soldi con cui Berlusconi ha costruito il suo impero.
solo per precisare che laurearsi “con il massimo dei voti” significa ottenere un voto compreso tra 100 e 110. mi sembra quindi che con 108 non ci sia niente di millantato nella definizione applicata a di pietro…
Ma qui siamo alla demenza pura, roba da malati veramente. Io mi sono laureato in giurisprudenza frequentando pochissime lezioni, nessuno si ricorderebbe di me in Statale. Laurearsi in legge non è come farlo in una facoltà scientifica, non c’è bisogno di andare in laboratorio. Ma cosa si vuol dimostrare? Ma non se ne può più di leggere sti sproloqui!
Ho letto il libro di Facci su Di Pietro, e devo dire che la parte sugli esami di giurisprudenza è quella più debole.
Confermo quanto già detto da altri: la carriera universitaria di Di Pietro è brillante ma non eccezionale o “straordinaria”.
Terrei anche conto del periodo storico, durante il quale per gli studenti-lavoratori c’era ben più di un occhio di riguardo.
Molto meno lineare il passaggio dell’esame di magistratura, da sempre molto difficile, che Di Pietro ha passato senza problemi, lasciando – almeno a me – molti dubbi.
Sul resto, ognuno può avere, secondo me, le proprie opinioni.
Facci, di cosa si sorprende? Non si ricorda che anche il nostro premier, fra una festicciola di Drive-In e un baciamano a Bettino, trovava il tempo per tradurre e scrivere la prefazione dell’Utopia di Tommaso Moro?
Perchè Facci scrive queste baggianate? Ma lo sappiamo benissimo il perchè. Non si tratta che di screditare l’avversario politico creando una confusione imperitura nella testa del povero lettore/elettore. Poco importa se i vari Facci, Feltri e Belpietro diffamino e di conseguenza vengano condannati ( Robledo ti ricorda qualcosa, Facci?).
Il succo del discorso è: “Vedete? non ci si può fidare di nessuno, neanche dei magistrati che dovrebbero far rispettare la legge. Vedete quanto sono ipocriti? si proclamano onesti ma in realtà hanno i loro scheletri. Non forse meglio votare Berlusconi, che almeno è rimasto sempre coerente al suo “stile”? Berlusconi non è stato sempre puttaniere, piduista e amico dei mafiosi? ammirate la coerenza del miglior premier degli ultimi 150 anni”
Laurearsi “con il massimo dei voti” significa ottenere un voto compreso tra 110 e 110 e lode, mentre laurearsi “a pieni voti” significa ottenere un voto compreso tra 100 e 110 e lode. Ma è un’imprecisione da poco, non ci si può certo arrampicare sugli specchi così. E’ improbabile anche se possibile il suo percorso universitario. E’ incredibile, invece, come sia riuscito a passare l’esame da magistrato, ed a “mettere in piedi la più grossa inchiesta sulla corruzione italiana” senza sapere – non dico il diritto, ma – l’italiano. Credo ci sia un tratto che accomuna gli avvocati ed i magistrati (se non altro ad un certo livello), merde o eroi che siano, ed è la proprietà di linguaggio, il “wording”, per così dire. E non è un merito, ma è l’aver passato 4 anni di studi, 2 di pratica, esami vari e varie rotture di palle ad usare certi termini, perché nel diritto il significante vale più del significato, delle volte. Allora è incredibile come faccia Lui, pure superdotato nella memoria, ad esprimersi come Patrick del Grande Fratello.
“I vari Borriello, Davigo, Colombo non si sono mai accorti di avere per collega uno appena sceso dal trattorino…
suvvia…
se uno si spaccia per idraulico senza esserlo, cara intellighenzia screditizia, pure una nonnina sprovedduta se ne accorge….”: non so se avete presente quanti medici e dentisti (reato molto in voga al momento) vengono denunciati ogni giorno perché sprovvisti del titolo.
In effetti, si è sentito di dentisti non laureati, etc, però un conto è appunto fregare la nonnina e un altro fregare altri navigati professionisti.
E non esageriamo, Di Pietro si esprime male, ma non è paragonabile a Patrick. Sembra avere difficoltà a tirar fuori le parole, questo non vuol dire che non sia capace di pensarle nella sua mente, semmai sembra avere un deficit di capacità di esposizione del discorso. Troppo lavoro e poche letture da piccolo, probabilmente. Inoltre, sembra abbia una caratteristica che a volte mi è comune, ” proiettarsi ” mentalmente più avanti del discorso che si sta facendo oralmente. Ciò può portare ad incespicare a volte nell’esposizione dell’argomento in quel momento esposto. Lo stesso sembra apparire dal suo sguardo, che ” tradisce” il fatto che sembra già pensare ad altro da ciò cui parla.
Per ritornare agli esami non ci sarebbe da stupirsi se esaminatori che avessero conosciuto questi suoi difetti di eloquio, ma che sapessero anche delle sue capacità, lo abbiano incoraggiato durante gli orali.
E’ troppo avanti? Addirittura. Comunque era così tanto per dire, la sua non-proprietà di linguaggio non vuol dire nulla, l’ho letto IO da qualche parte che un indizio non è una prova.
Sui falsi professionisti mi ricordo che un paio d’anni fa fu arrestato a Bologna un noto chirurgo estetico, artefice del 50% delle tette della zona, non di proprietà di nonnine. E gli esempi del tipo sono infiniti.
Ormai Facci è alla stregua di Gasparri. Ehi! ma se proprio un Facci!
Quello usato da Facci contro Di Pietro si chiama argomentum ad personam, una fallacia logica che chiunque si intenda un po’ di qusti argomenti riconoscerà all’ istante. In parole povere, si attacca una persona per quello che è e non per quello che fa o dice
Sentito Di Pietro in numerose occasioni, letti diversi articoli su di lui si può tranquillamente concludere, al di là di ogni ragionevole dubbio che abbiamo a che fare con un ladro (laurea, concorso in magistratura, mercedes, 100 milioni, appartamenti ecc.).
Il suo capolavoro resta quello di farsi eleggere lui, un fascistoide ladro, campione della sinistra dura e pura. A conferma del livello intellettuale di quella sinistra
Cari amici, mi dispiace dirvelo, ma voi non avete una proficua visione celeste delle cose e nemmeno l’amore per la concordia.
Io Antonio Di Pietro lo farei Santo.
Anzi, Santo subito.
Poi, erigerei un totem che lo rappresenta, di fronte al quale inginocchiarsi per venerarlo.
Quello che ha fatto lui è sbalorditivo; così sbalorditivo che ha dell’inverosimile, per non dire dell’impossibile.
Perchè nostro Signore non lo prende subito presso di sè; i migliori, del resto, se ne vanno sempre troppo presto e lui, francamente, è già un po’ fuori tempo massimo per innalzarsi alla gloria del Padre.
Alla Sua destra, Antonio potrebbe per noi intercedere e noi avremmo così, da un lato, la speranza di essere esauditi nelle nostre preghiere e, dall’altro, la certezza che i suoi detrattori non avrebbero più trafitto l’udito dalle sue gigantesche puttanate terrene.
Zione si raccomanda al Laborioso Cavaliere: “Presidente tenga duro; principalmente per tutta la povera gente Umile e Derelitta, che non può contrastare in nessun modo l’assassina Giudiceria Organizzata; per cui se molla Lei che ha la forza e sente il Dovere di combattere (pur avendo i mezzi e tutte le ragioni per vivere beatamente) allora può anche darsi che si sveglia Masaniello e Dio non voglia …”.
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Nel triste ventennio della partigiana, blasfema e famigerata Crociata Tangentopoli da parte di Impuri Infedeli, ecco la Genesi dei senza Dio del GIUDICIUME, politico e TERRORISTICO, ben supportato dalla Complicità di qualche servile, interessato e Turpe Sgherro dal Banditesco fare, che nella nefasta alba della nascita delle disonorate Mani Luride, incominciò a germogliare a danno dei Compagni Socialisti di Orbassano, col Ludibrio dello Scellerato processo Farsa a Mario Longobardi (più eccelse Infamie ad altri, a seguire …); quella bubbonica Peste, che con grande strepito di grancassa da imbonitore e vigliaccamente, imbrogliava la Gente, illudendo e facendo falsamente intendere che avrebbe cambiato in meglio la Storia del Paese.
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Invece la troppo Privilegiata e mai abbastanza Maledetta Casta dei Giudicioni, i prevaricatori e Usurpatori della paziente e Onesta Magistratura, ha sempre fatto in modo da non far colare il grasso dal suo abbondante truogolo, facendo girare il testimone delle decisioni delle loro associazioni di Furfanti soltanto per i propri adepti di pusillanimi, infingardi e Cialtroni; ha finito così di immiserire il Popolo Italiano, ha conseguito grossi benefici di Carriera a scapito di chi ne avrebbe avuto il Diritto per laboriosità, morigeratezza e Sapienza Giuridica, ha messo all’ingrasso qualche Suino di insaziabile fame, ed ancora e peggio di allora, AMMORBA il Consorzio Civile coi suoi miasmi; dei quali e disgraziatamente non se ne scorge la fine.
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Ma come osi, Mascalzone Farabutto; ma come ti permetti di non dirmi tutto quello che Io e a modo mio Voglio sapere … scostumato che non sei altro; adesso ti faccio vedere IO chi sono e come bisogna rispondere col dovuto rispetto all’Autorità; ora ti cazzeggio e ti faccio mettere subito ai topi, gridò paonazzo quello squallido spaccamontagne Rodomonte del p.m. Fellone chiamando i feroci Sbirri, quando si rese ben conto che il pur rispettoso e timoroso TESTIMONIO (che in quel momento rappresentava lo STATO …), era però anche refrattario ai suoi subdoli tentativi di Coartazione, di Calunnie e alle minacce di “arresto” (Sequestro di Persona …).
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Allora tutto incazzato, scoppiò di bile il Miserabile Verme, che in quella fetida Cloaca tribunalizia della bella e sfortunata Torino la faceva da PADRONE, col beneplacito di una eccelsa Corte di vili BUFFONI, che Mafiosamente glielo permettevano e coi quali defecava allegramente sui Sacri Libri della Legge; e tutto per colpa di quel brutto arnese, un povero Cristo, del “fetentissimo popolaccio, forse appena alfabeta ma già Sovversivo …”, che per sua (ma anche e ancor di più per la di lui) disgrazia, gli era capitato fra le grinfie quel maledetto giorno; ma ci avrebbe pensato bene lui a raddrizzarlo, a farlo ragionare come si conviene a un convocato dalla Giustizia e a fargli vedere la luce da una “bocca di lupo”.
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Al che lo Sventurato chiese al tizio che Barbaramente infieriva, se oltre ad essere una Potenza del Cielo, lo stesso fosse anche un indigeno di questa Terra; immantinente, il superbo e ignorante Giudicione asserì che lui era un Uomo; questa inattesa e sconvolgente risposta subito sbalordì il misero Tapino, ma dopo un attimo di riflessione il Povero Cristo nel saggio intento di evitare le conseguenze di un altrui annegamento, trovò la forza di deglutire un Ciclopico sputo che gli sgorgava dal cuore, ma anche il coraggio di rispondere a quel grandissimo Cornacopia, degno Figlio del Demonio e perciò gli chiese: “STRUNZ, allor si è over ca tu sì n’omm, nun fa o Rinal; parl cu l’OMM e nun parlà che pann …”; e fu così che per la prima e l’ultima volta e da Uomo Libero, confessò alle superiori “Autorità” le sue colpe un Oltraggiato Cittadino, che subito svanì nel Nulla …
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Perbacco; e grazie al CIELO, insieme a Ingroia (e tante altre Immonde mezze calzette come Fini, De Magistris …) è precipitato nel baratro dell’oblìo pure quel Trafficone dal rapido Arricchimento a danno della nostra già misera Gente; quella svergognata Sanguisuga e grande MARIUOLO, scacciato per Indegnità anche (e per sempre ?) dall’Ordine degli Avvocati; quel miserabile ex Manettaro, il triste Di Pietro, già nefasta toga Cammorrista, nonché emerito MACELLAIO di Mani Sporche, ben lanciato (ammanigliato e protetto …) sulla scia tracciata in precedenza, da certi suoi (defunti ?) colleghi Delinquenti e Ignoranti, solennemente conclamati in Aula; più deleterio ancora è il fatto che costoro pur Tramando in incognito, emanano un fetido tanfo di BRIGANTI.
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Ma boja fauss, nel perenne e grande Sdegno del pensiero, sempre rivolto agli immorali distruttori del civile Progresso della nostra Democrazia e ai Criminali ATTENTATORI della Libertà (gli abbietti e Degenerati giudicioni Politici e asserviti Complici) sfuggiva il Dovere di ringraziare codesta Chiarissima (e Pazientissima …) Redazione, per la Sublime (e rischiosa) battaglia per la GIUSTIZIA, che porta avanti con Onestà e Coraggio nell’interesse primario della Povera Gente, umile e indifesa preda di questi Sciacalli; grato anche per l’ospitalità che essa offre a TUTTI, incluso qualche dissenziente Bastian contrario, stupido trombone (o prezzolato e contento Corna-copia ?); tale cortesia per fare commentare, non si verifica con l’ignobile Giornalume dei pusillanimi e infingardi Pennivendoli, quegli infidi scribacchini, RUFFIANI e Menzogneri che si schierano a favore della Turpitudine, per viltà di animo o per avidità di danaro e favori; e nel mentre parlano soltanto perché hanno un buco in bocca.
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Puah, ma che ribrezzo suscita, questo orribile tanfo di putrida FOGNA che emanano certi “tribunali” ! — Vergogna,
Eccellentissimi Cialtroni e FELLONI giudiziari !! — Speriamo che Francesco, il Papa dei poveri Cristi si renda subito conto della grave e triste situazione in cui versa questa nostra OLTRAGGIATA Italia ed unisca così anche la sua compassionevole e Autorevole preghiera alle nostre fervide Suppliche; in modo che dal Cielo finalmente Qualcuno si possa muovere a Pietà, per l’immane SOFFERENZA di questo sventurato Popolo di Derelitti e possa lanciare subito una Sacra e folgorante Saetta, per incenerire immantinente tutti questi emeriti PAZZI e terribili Scellerati del GIUDICIUME; che disinvoltamente dissanguano il Paese e cazzimamente, irresponsabilmente e IMPUNEMENTE dissacrano, calunniano, Macellano e Impestano chiunque e dovunque razzolano; ancor di più e peggio dei più ignobili Mafiosi, coi quali e spesso, sono in delittuosa Confraternita e vivono molto Depravatamente, nella più INCESTUOSA SIMBIOSI. Deo gratias; Amen !!!
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Questo manipolo di potenti e Immondi Giudicioni “di Torino”, emeriti Vermi e TRADITORI del Popolo, per poter far fuori “pulitamente” i nemici della loro Setta politica e Criminale, cominciarono dal Socialista (e Meridionale) di turno, che fu attaccato pretestuosamente; fu così che, con una demenziale e tragica Buffonata, messa in opera con un TERRORISTICO “processo” a Mario Longobardi di Orbassano “fecero giustizia”; da allora presero gusto alle Impunite Infamie e cominciarono a defecare allegramente sul sacro Libro della Legge, commettendo così Ciclopiche SCELLERATEZZE; sempre protetti dall’Omertà dei loro eccellentissimi soci e facendo tutti insieme, Sacrileghi e disgustanti balzi da canguro nelle loro Usurpate carriere.
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Evidentemente questi infami giustizieri, da degni Compari associati nel GIUDICIUME, nelle recenti votazioni cercavano di sostenersi a vicenda e così per i loro chiari demeriti per le turpi macchinazioni fatte in passato, sono caduti con un brutto tonfo, sollevando ampi spruzzi in un nauseabondo pitale di merda, dove erano soliti sguazzare per cercare di profumarsi un poco e per trafficare e TRAMARE i loro sporchi affari e organizzare le loro vigliaccate, insieme a criminali manutengoli; a cominciare da squallidi “giornalisti” Ruffiani, per finire ai falsi (e Comprati) PENTITI di comodo.
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Pace e Bene a tutti (Felloni e Carognoni giudiziari esclusi). — Sua Santità segue fedelmente la sublime strada che già percorse San Giuseppe Moscati, dedicandosi totalmente ai più Umili e bisognosi della Terra. — FRANCESCO (il Papa del Popolo) appena eletto, mi è venuto in sogno e mi ha confidato, a proposito della martoriata Italia, il suo saggio pensiero: “Boja fauss; in questo sciagurato Paese serve subito una RIVOLUZIONARIA Riforma della Giustizia; ma nel frattempo, è necessario che la BLASFEMA associazione “Malfattori e C.”, dell’Empio e putrido Giudiciume, sia rinchiusa al completo e subito nel più vicino Manicomio Criminale per affidarla alle valenti mani di esperti Mastuggiorgi (quei bravi Marcantoni del Mor-villo, con la Camicia di forza; Giuda fà …); in modo che questi abbietti MANDROGNE, colle loro Turpitudini la finiscano una buona volta, di rompere sempre i marrùn ai poveri Cristi e di immiserire così il POPOLO”.
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GRAZIE Santo Padre: che nostro Signore l’ascolti e l’assista e che quella bella Madonna del Carmine possa esaudirLa. — AMEN. — Per esprimere la sua gratitudine a quest’Onesto Uomo della strada, così parlò Zione, vecchio Scugnizzo; pur nella consapevolezza di una nuova e misteriosa pugnalata alle SPALLE, da parte di Impuri Scellerati, alias “chilli piezz e Scurnacchiat”.
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Per il Bene della Nazione e per recuperare un poco di Assassinata PACE Sociale, sarà bene che il prossimo Governo, se si farà o chi per esso nel terribile e Luttuoso caso di un qualsivoglia “Colpaccio” da parte di chicchessia, si tenga pronto colla pompa del Flit (D.D.T.) perché qui fra cimici, PIATTOLE e pidocchi tribunalizi che tentano, con subdola Violenza di Usurpare il sacro Potere Costituito, urge un immediato ferrettamento e trasferimento “ai topi” della più putrida Cloaca, unico ambiente adatto per rieducare certi efferati Criminali giudiziari di mala Genìa, capace di accoglierli come solennemente meritano, questi miserabili VERMI del turpe Giudiciume. — Grazie dai moltissimi e tanto Offesi CITTADINI … (e Compagni …). — Deo gratias; amen !!!
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L’otto Marzo c’è stata la Festa della DONNA; purtroppo di questi tempi di BARBARIE c’è poco da festeggiare, ma faccio lo stesso i più cordiali AUGURI a tutte le Donne (ma anche al laborioso e paziente Cavaliere, al quale il Turpe Giudiciume gli rompe continuamente i totani (i marrùn) perfino in un letto di Ospedale. Rattrista constatare che malgrado i Sacrifici e le tante costose Battaglie, in termini di discriminazioni e di Infamie Giudiziarie ordite dai FETENTI e subìte dal Popolo, fatte in passato in nome e per conto dell’Umanità e dell’Oltraggiata Civiltà, ci ritroviamo a dover ricominciare di nuovo e daccapo, perché la situazione Sociale è altamente pericolosa e a momenti possiamo finire tutti, inclusa l’innocente INFANZIA (di tutti) in un baratro senza fine, grazie ad una manica di scellerati MAFIOSI, ben associati a delinquere.
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Questo stà avvenendo per le insane MANIE di una paranoica Banda di Disonorati giudicioni, senza Legge e senza Dio; che credono di poter fare la Rivoluzione “a gratis” da una comoda cadrega (a seggia …) e invece di ruscare coscienziosamente (LAVORARE), si sollazzano cercando di acchiappare le mosche, pur di non scomodarsi nell’andare a “sentire i Carcerati” che passano anni d’Inferno e spesso da INNOCENTI o per cose da poco e non sanno neanche chi li ha messi ai topi e perché. Con tutto questo triste andazzo ci hanno portato, per la loro incapacità di discernimento, per la loro fobia politica, ma soprattutto per congenito Istinto CRIMINALE, ad una totale anarchia, che è sempre il normale preludio di un’immane TRAGEDIA.
A tutti i fenomeni che dicono che nella laurea di di pietro vedono tutto regolare, mi dovrebbero spiegare come, a fronte della propedeuticita di diritto civile, rispetto a procedura civile, Di Pietro abbia potuto sostenere nel 77, prima procedura e poi diritto sostanziale.