Scaraventare il cadavere di Giovanni Falcone ai piedi dell’avversario politico – come su Unità di lunedì, articolo «Berlusconi avrebbe strozzato anche Giovanni Falcone» – resta un’attività prediletta delle persone che tutto sommato trovo più schifose in questo Paese: se tra coloro che ne scaraventano il cadavere poi c’è appunto l’Unità, quotidiano che contro Falcone condusse la campagna più infamante, violenta, meschina e vigliacca che l’eroico magistrato abbia mai subito – campagna che l’accompagnò sino al giorno della sia morte – allora l’effetto è quello che i revulsivi hanno sullo stomaco. E non mi ci si posso abituare.
Nel settembre 2003 capitò la stessa cosa: Berlusconi criticò il concorso esterno in associazione mafiosa ed ecco che l’Unità titolò subito «Contro di noi, contro Falcone» con l’annessa intervista a vari procuratori palermitani (Grasso, Scarpinato, Lo Forte, Natoli) che dipinsero le affermazioni di Berlusconi come «gravemente offensive» nei confronti di Falcone, ridotto a santino da parabrezza regolarmente esposto dal mondo che il giudice più detestava.
Intendiamoci: il 17 luglio 1987 c’era la firma di Giovanni Falcone in una delle prime sentenze che prefiguravano (prefiguravano) l’appoggio esterno in associazione mafiosa; il giudice, nell’ordinanza del cosiddetto maxi-ter, si pose effettivamente «il problema dell’ipotizzabilità del delitto di associazione mafiosa anche nei confronti di coloro che non sono uomini d’onore, sulla base delle regole disciplinanti il concorso di persone nel reato» (Tribunale di Palermo, Ufficio Istruzione, 1987, p. 429). Ma, nei fatti, Falcone non si sognò mai di contestare questo reato da solo, senza un corollario di altre e individuate ipotesi di reato.
L’Unità, ieri, attribuiva la frase «Berlusconi avrebbe strozzato anche Giovanni Falcone» a Marcelle Padovani, colei che intervistò il giudice nel profetico libro «Cose di cosa nostra». Ma nello stesso libro, per dire, a proposito del 416 bis, Falcone vedeva lungo: «Non sembra abbai apportato contributi decisivi nella lotta alla mafia. Anzi, vi è il pericolo che si privilegino discutibili strategie intese a valorizzare, ai fini di una condanna, elementi sufficienti solo per aprire un’inchiesta».
Infatti. La definizione specifica del reato, dopo la strage di Capaci, è diventata impalpabile, creta nelle mani del magistrato: il 416 bis è stato imbracciato per cercar di sanzionare ogni presunto e opinabile collaborazionismo della politica, dell’amministrazione, dell’imprenditoria, delle professioni, della stessa magistratura. E Falcone, come detto, è divenuto un santino da parabrezza usato di volta in volta da un Paese senza memoria. L’abolizione del concorso esterno in associazione mafiosa, per il resto, nel 1996, fu proposta dal diessino Pietro Folena; poi fu ipotizzata dall’ex diessino Giuliano Pisapia – poi passato a Rifondazione comunista – che fece una proposta di legge di un solo articolo «volta a superare l’equivocità giuridica sull’ipotesi definita concorso esterno in associazione mafiosa… una nuova figura di reato non prevista da alcuna norma di legge e in contrasto con il principio di tassatività della norma, che è uno dei cardini dello Stato di diritto», ciò che ha determinato «la contestazione nei confronti di medici responsabili di aver curato persone ritenute partecipi a un’associazione mafiosa, di sacerdoti per aver prestato presenza spirituale alle medesime persone e addirittura a vittime di estorsioni» (Camera, atto. n.854, 14 giugno 2001).
Ecco, dov’è finita questa sinistra contraria al concorso esterno? All’esterno, è finita. Folena, avversario di Veltroni, lasciò i Ds nel 2005. Pisapia, candidato alla poltrona di guardasigilli nel 2007, dovette cedere il posto al fondamentale Mastella. Pisapia, poi al a capo della Commissione per la riforma del Codice penale, ripropose l’abrogazione del concorso esterno dopo che ci avevano lavorato anche le commissioni Pagliaro, Grosso e Nordio: niente da fare. Il leitmotive risuonò e risuonerà: chiunque ne riparli fa il gioco della mafia. E di Berlusconi.
Da parte di una certa sinistra – compresa quella schifosa che strumentalizza Falcone – per il resto ricordo due solo forme di autocritica.
Una – se vogliamo considerarla di sinistra – fu di Ilda Boccassini, che ebbe la forza di urlare nella aula magna del Tribunale di Milano, rivolta ai colleghi di Magistratura democratica:
«Voi avete fatto morire Giovanni, con la vostra indifferenza e le vostre critiche; voi diffidavate di lui; adesso qualcuno ha pure il coraggio di andare ai suoi funerali».
Due giorni dopo la strage di Capaci, ancora, su l’Unità, l’allora vicedirettore Piero Sansonetti fu di una sincerità disarmante:
«Questo giornale, negli ultimi mesi, e più di una volta, ha criticato Giovanni Falcone per la sua nuova amicizia con i socialisti e per la sua scelta di lasciare Palermo. E ha osteggiato la sua candidatura alla direzione della superprocura. In queste ore terribili una cosa l’abbiamo capita tutti, credo: Giovanni Falcone era un uomo libero. Abbiamo invece fatto prevalere il dubbio politico: forse non è uno dei nostri. Forse è politicamente ambiguo. Forse è il cavallo di Troia. E così abbiamo giudicato la sua scelta tattica una sorta di abbandono. Siamo stati faziosi».
Dopodiché, ora, fare la mia parte – strattonare Falcone a mia volta – sarebbe un attimo.
Basterebbe ricordare meglio di quando l’Unità (12 marzo 1992) spiegava che Falcone non doveva fare il procuratore antimafia, mentre La Repubblica esaltava Leoluca Orlando che Falcone l’aveva infamato per anni. Quando invece si parlerà di separazione delle carriere, mi basterebbe rilanciare l’articolo de La Repubblica (3 ottobre 1991) in cui Falcone si diceva favorevole a una riforma in questa direzione; quando ci sarà poi da sostenere l’inesistenza del Terzo livello mafioso, poi, ritroverò l’articolo della Stampa (30 luglio 1989) in cui Falcone lo riteneva inesistente; per le critiche alla politicizzazione della magistratura mi soccorrerà un’intervista a Falcone de La Stampa (6 settembre 1991) mentre, ancora, per le critiche alle correnti del Csm, basterà ancora La Repubblica (20 gennaio 1990) e via così. Nello schifo in cui è ridotto il giornalismo, farò la mia parte.
Se non ti capisce una persona, è un problema suo….
Se non ti capiscono in 20 il problema diventa tuo…
esistono linguaggi specialistici che sono un limite alla comprensione, ma per trattare di procedure c’è solo il linguaggio tecnico, le procedure sono la parte più ostica del corso di giurisprudenza e non sono traducibili o semplificabili…
Eh ma in questo paese tutti a turno pensano di essere giuristi, poi medici, poi architetti….
più che altro in questo paese quando parla qualcuno che ne sa di diritto, si trova subito l’inesperto che spara due cazzate e sostiene dice che l’esperto non capisce niente
il diritto è sicuramente un ambito scivoloso nel quale le certezze non sono molte, ma quando si leggono sciocchezze come quelle di Lorenzo non ci vuol molto concludere che procede a botte di cose orecchiate su Il Giornale o giù di lì
stilema tipico è la definizione di: “reato di creazione giurisprudenziale”, un grande cavallo di battaglia berlusconide, quando un reato è ascritto ai compagni di merende e le accuse sono solide, allora è il reato che diventa una “invenzione dei giudici”
Giusto per la precisione, mazzetta:
Come è noto, il concorso esterno in associazione mafiosa non è un reato a sé, non essendo previsto da alcuna norma di legge
e
i requisiti richiesti dalla Cassazione per ipotizzare tale tipo di responsabilità [concorsuale, ndL]
sono frasi del primo commento di Fiandri, dalle quali si desume che il reato in parola non è previsto e disciplinato dalla legge, bensì dalla giurisprudenza.
Intendendo controbattere, come è evidente sono partito dal punto di vista dell’interlocutore. Dunque, se lui ritiene trattarsi di un reato creato dai giudici (non previsto dalla legge, requisiti richiesti dalla Cassazione), e ritiene che ciò sia cosa buona e giusta, io è da qui che comincio. Per poi chiedere: è veramente cosa buona e giusta?
Infine, segnalo questo brevissimo passaggio, sempre a firma Fiandri (n. 46):
il reato di concorso esterno – non eventuale – in associazione mafiosa
per chiederti, alla luce di quell’inciso, chi è che procede a botte di orecchiate.
Senti Lorenzo, ora mi sono stancato. A me sembra che sia – questo sì – molto offensivo per la memoria di Falcone il trasformare una discussione che dovrebbe essere seria in una polemichetta da due soldi.
Hai sparato tali e tante cazzate, e continui a farlo, che nemmeno un cinno al primo anno di università: io ho replicato fino a che mi è parso che la cosa fosse di qualche interesse e utilità per qualcuno, e fino a che ho pensato che tu volessi discutere, non impelagarti un una gara da sfigati studentelli che vogliono far vedere quanto ne sanno. Ora tutto questo è diventato noioso e di cattivo gusto, quindi continua pure da solo, io non ci entro.
non ho detto che non lo sia, ho detto che è tipico di un certo gruppo di polemisti attaccare su questo punto
poi se ci vogliamo mettere le questo talking point è il più diffuso tra i difensori di mafiosi conclamati (non solo del premier) abbiamo chiuso il cerchio
stranamente la stessa gente non si sente mai polemizzare in punta di diritto quando il governo prova a piazzare decreti platealmente incostituzionali contro i migranti o i rom o qualcuna delle categorie di poveretti che abitualmente bastona per raccogliere il consenso dei trogloditi razzisti
…e andare a zappare la terra no?
Credo che lei, Facci, abbia ragione sui contenuti del suo articolo. Sarebbe bello sentir dire a personaggi politici del calibro di Napolitano che sì, sbagliarono molto, a partire ad esempio da Pio La Torre.
Forse dovremmo essere tutti d’accordo sul fatto che Falcone debba essere lasciato finalmente in pace da tutti. Ultimo in ordine cronologico nella lista dei depositari dell’eredità spirituale di Falcone, tutto sommato uno dei più comprensibili – nei suoi panni forse anch’io cederei alla tentazione -, il senatore Dell’Utri che oggi ha detto: “Spatuzza? Uno così, Falcone l’avrebbe denunciato”.
Quanto ai comuni mortali, che dire? Forse di Falcone ne possono parlare con tranquillità solo le persone che stanno fuori dalla politica, dalla magistratura, da qualsiasi altro centro di potere. I comuni mortali ai quali quel biennio ha modificato per sempre la percezione di cosa significhi vivere in questo paese e che quelle stragi se le portano ancora ben scritte dentro da qualche parte, in cicatrici che appena le sfiori si riaprono.
comunque meraviglia tutta questa polemica in punta di diritto, se Feltri adesso se ne esce adesso che Boffo è innocente ma è colpa di Boffo se è successo un casino, non di Feltri) e che -la mafia vota la sinistra (http://tiny.cc/SIrU8 ), che senso ha discutere?
è perfettamente inutile sbattersi a confutare balle più elaborate, se nemmeno per vaccate del genere nessuno paga mai dazio, sono solo parole al vento, buone per far ridere Facci, Feltri e il resto degli associati alle spalle degli italiani
Non associarmi a Feltri, grazie.