E’ stato finalmente rinviato a giudizio il primo numero de Il Fatto, il quotidiano diretto da Antonio Padellaro (e co-fondato da Marco Travaglio) che era stato ingiustamente accusato di velleità giustizialiste e di ossessiva attenzione nei confronti di un uomo solo, sempre lo stesso: Marco Travaglio.
Al termine delle indagini preliminari, tuttavia, già la prima pagina permette di smentire ogni pregiudizio abbreviato: a margine del titolo «Indagato Letta» (Gianni, ma Enrico dorma preoccupato) spicca un editoriale di Marco Travaglio a fianco del titolo «Editto su Travaglio», mentre un altro editoriale presenta i soci del quotidiano tra i quali spicca Marco Travaglio: affianco, una foto di Michele Santoro preannuncia l’articolo di pagina 2 che a sua volta è sovrastato da un’altra foto di Marco Travaglio che ben rappresenta come «l’oggetto del contendere, ancora una volta – si legge – è il contratto di Marco Travaglio».
L’inchiesta su Gianni Letta, a pagina 3, è stata scritta da Peter Gomez e Marco Lillo, già coautori del libro «Papi» assieme a Marco Travaglio: si denuncia che, dopo un «surreale ping pong tra procure», il fascicolo d’inchiesta è stato segregato a Lagonegro.
Il distacco dallo spauracchio giudiziario è chiaramente percepibile anche a pagina 4, dove si annunciano:
1) un corteo a sostegno dei magistrati che «lottano per far luce sulle stragi del ’92 e ’93»;
2) un esposto dell’Italia dei Valori contro il sindaco di Cammarata;
3) una manifestazione della polizia penitenziaria, presente ovviamente Di Pietro;
4) venti indagati a Messina dopo una morte per influenza;
5) una questione di legittimità costituzionale della procura di Torino per la legge Maroni;
Pagina 5: intervista a Ignazio Marino in qualità di deputato alla Camera operatoria: «Togliamo la cancrena, incidiamo l’ascesso, il Pd rischia la setticemia, niente condannati nelle liste».
A pagina 6 due articoli sul Lodo Alfano corredati da una firma a sorpresa: Marco Travaglio.
A pagina 8 un articolo che denuncia l’arrivo dei treni privati, e un grande sottotitolo: «Di Pietro: sempre i soliti noti».
A pagina 9 finalmente si parla di economia: «Lo scudo rinforzato che copre i reati».
Alla pagina seguente si cambia nuovamente argomento con un modesto consiglio: «Condannate Sismi e Cia», «il pm procede contro gli agenti» eccetera.
A pagina 17 «Mondo web» con titolo «Legge Pecorella, un bavaglio alla rete» e poi un titolo azzeccatissimo («Che di facciamo qui?») per un articolo di Oliviero Beha che eccezionalmente parla di se stesso, e però denuncia: «Perfino Oscar Giannino dava per scontato l’antiberlusconismo militante e direi eziologico di questa testata». Incredibile, perfino lui.
A pagina 19 c’è una lettera di 18 righe alla quale Furio Colombo risponde vergandone 112, più altre lettere tra le quali spiccano la consolatoria «Davanti alla morte siamo tutti uguali» e la grillesca «Un click e i pensieri evaporano».
A pagina 23 finalmente la satira, un po’ di svago dopo 22 pagine di travaglio civile: un fumetto di Stefano Disegni con protagonista Silvio Berlusconi e Marco Travaglio; sopra, un articolo sul sito web de Il Fatto con citazione per una fortunata rubrica di Marco Travaglio.
A pagina 21 spicca un articolone di un’intera pagina firmato da Marco Travaglio (descrive la sua tournèe estiva per presentare i suoi libri e annunciare Il Fatto) mentre a pagina 22 c’è un articolo dedicato a Il Fatto («Senza padroni») scritto dall’amministratore delegato de Il Fatto, con un simpatico fotomontaggio dove spicca – affianco alla prima pagina de Il Fatto – Marco Travaglio.
Infine la pubblicità, innovativa pure quella: «La fragranza unica della birra non pastorizzata: questi sono Fatti Quotidiani». E’ l’epilogo di questa prima e attesissima prova, cui seguirà quella del palloncino.
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