Ecco un decalogo contro il “tagging selvaggio” che tutti dovremmo adottare per garantire una pacifica convivenza comune sui social network:
- Mi tagghi solo se *IO* sono presente nella foto o se il post parla di *ME*;
- Il tag non è un mezzo per pubblicizzare una *TUA* cosa sulla *MIA* timeline;
- Se il soggetto della foto è una ragazza, la tagghi solo dopo averle chiesto il permesso di farlo;
- Se il soggetto della foto è una ragazza, sarebbe carino che tu, dopo averle chiesto il permesso di taggarla, le facessi scegliere l’immagine da pubblicare tra più foto simili;
- In generale, dal momento che non sai se la persona oggetto della tag ha piacere a voler essere segnalata in quel posto, a quell’ora, con quell’abbigliamento, e con quella compagnia, prima di taggare si chiede il permesso;
- Se vuoi citarmi per tirarmi in ballo in una discussione puoi farlo senza problemi, ma se stai citando me o altri senza un particolare motivo o solo per allargare la tua audience, evita;
- Deve esserci un buon motivo, quando citi qualcuno. Dare il buongiorno ai VIP non lo è;
- Se un tweet o un post non ha un contenuto e funge solo da pretesto per citare account con una maggiore audience, stai sbagliando: gli altri non sono i tuoi “uomini-sandwich”;
- Se stai usando lo spazio dei commenti sotto un mio post o una mia foto per pubblicizzare qualcosa di tuo non solo stai abusando della pazienza di qualcuno che ti sta ospitando, ma suona anche abbastanza disperato, non credi?
- Se la tua vita faceva schifo quando avevi 10 like, o retweet, o follower, o commenti, farà schifo allo stesso modo quando ne avrai 1 milione, credimi. Ma, fortunatamente, vale anche il contrario.
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