I diversi modi di raccontare una storia

Davvero non ho molto da dire – e lo faccio qui controvoglia – sulla faccenda di cui hanno parlato le Iene. Sto in realtà aspettando che, per me, parli in tribunale (che è il luogo preposto per discutere queste vicende, e non si trova su un tasto del telecomando) la mancanza di una prova verificabile da un qualsiasi esperto di informatica che si riscontra nelle 500 pagine dell’indagine. E che parli anche l’assenza di alcuni nomi che invece nelle pagine dell’inchiesta ci sono ma, curiosamente, la fanno franca. Così come la fanno franca nel servizio de Le Iene che, da quel che ho capito io, dovrebbero essere quelli che non guardano in faccia nessuno. Viene fuori innanzitutto che, ehi, curiosamente ci sono dei precedenti, e poi che non è proprio così: se uno è un potente direttore di un giornale di proprietà del tuo stesso editore, beh, quello è uno dei casi in cui si può anche guardare dall’altra parte.

Se per caso foste curiosi di vedere da vicino come funziona il “metodo Iene” e che cosa viene tagliato o cosa viene tenuto di un’intervista di più di un’ora da cui vengono estrapolati pochi secondi, qui c’è un montaggio di 20 minuti (su un’ora e un minuto della versione integrale, che comunque conservo: ho accettato di darla solo a condizione che potessi riprendere anche io) dell’intervista a Luigi Pelazza. Pubblico un video più lungo di quello che hanno utilizzato in puntata (e senza che sia una sorpresa per loro: sapevano che stavo riprendendo anche io perché ho chiesto di poterlo fare) perché dai pochi secondi mandati in onda probabilmente è sembrato che non abbia voluto rispondere: non è così, e potete verificarlo. Poi ditemi voi se – pur montato in modo parziale: del resto l’ho fatto io, è inevitabile – non vi sembra almeno un po’ più pieno di domande e di risposte volte a chiarire la questione rispetto alle granitiche affermazioni presenti nell’originale che aveva già chiaro tutto anche se il processo doveva ancora iniziare.

Tra le curiosità da segnalare (e ce ne sarebbero decine e decine ma, come dicevo, bisognerebbe averci la voglia di andare a sfrucugliare in un genere, quello delle ambush interview, che sta al vero e coraggioso giornalismo d’inchiesta come il guano sta alla crème brûlée) c’è, ad esempio, che il personaggio che è stato presentato come “esperto di computer forensic” (come se ne avessero scelto uno a caso: toh, guarda, andiamo a chiedere a quello, che è un esperto riconosciuto nel campo e ci darà un parere imparziale) era in realtà il consulente della Canalis.

Per il resto, ecco, c’è un tribunale e c’è un giudice. Come società abbiamo delegato a lui – e fortunatamente non a un tizio con un completo nero e dotato di telecamera – il compito di decidere chi è colpevole e chi no. Come società – credo – dovremmo chiedere al tizio in nero di aspettare il processo, invece di influenzarlo utilizzando carte di cui non dovrebbe essere in possesso (atti d’indagine e sms e messaggi privati tecnicamente non divulgabili: poi chi è che viola la privacy?) e traendo le sue conclusioni in pubblico, in diretta, il giorno prima che inizi. Poi, certo, ognuno di noi può desiderare in segreto di voler delegare l’accertamento della verità e l’amministrazione della giustizia a un tizio in frac o a un personaggio di pelouche. Nel caso, si sappia che la mia scelta ricade sul pupazzo Uàn, che mi sembra quello più credibile.

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6 Commenti

  1. Io sono d’accordo con te.Mi sa che tu abbia anche un po’pagato per quel post che scrivesti tempo fa riguardo le cure compassionevoli…cacchio adesso non mi viene il nome…vabbè,in cui ti rivolgevi a Davide Parenti.

  2. Guarda.. Voi 3 “imputati” non so se abbiate compiuto un illecito e siate quindi giudizialmente colpevoli (come Le Iene hanno già sentenziato) oppure se non avete fatto alcunché di rilevante in Tribunale.
    La questione è però deprecabile a livello morale, nel mio immaginario siete come quelli che passavano agli amici il dvd “forza chiara”.

  3. Una domanda. Al netto della capziosità delle Iene e del loro modus operandi, lei dice chiaramente “abbiamo hackerato un hacker”. Perfetto, perché non si è sentito in dovere di avvisare le forze dell’ordine del reato perpetrato, invece di scaricarsi e condividere le informazioni rubate? Se si ruba ad un ladro si è comunque ladri, no?

  4. ma di cosa stai parlando? ma chi sei e chi ti credi di essere? quanto te la tiri pur non valendo una cippa? non capisco come mai tanto credito a un blogghino come questo… ancora nella tua bio citi il caso “calipari”… ma cosa sarebbe questo caso e onestamente chi se ne fotte di un fattarello di tanti anni fa?

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