Una risposta di BuioBuione a questo articolo dei Wu Ming, inviata alla Wumingfundation e non pubblicata.
Il mio primo intervento non è stato preso sul serio e avete ritenuto di non pubblicarlo. Ritento con Macchianera, magari sarò più fortunato. Poi se non lo fossi, farò un pingback e sarà uguale.
Wu Ming: “Il problema dell’esultanza di questi giorni sul ruolo “della rete” e del “popolo della rete” è la riduzione del molteplice a Uno: “LA rete”, “IL popolo della rete”… Come se Internet fosse una cosa, e chi la usa fosse un blocco sociale contrapposto a un altro. Quindi “la TV” (cioè… Berlusconi) sarebbe stata sconfitta da “la rete” (cioè il popolo onesto e libero). Anni e anni di analisi sulla “convergenza” sostituiti da una sorta di “mito tecnicizzato dei social network”
BB: Quando si pensa di saperne più di altri, le generalizzazioni – soprattutto quelle della stampa – danno fastidio. Il fastidio credo nasca dal sentirsi chiamati in causa e questo perchè si usano gli stessi strumenti di tutti “gli altri” ma nel proprio “io”, si pensa di non essere come tutti “gli altri” solo per questo. Come quelli – ti sono care le metafore – che dicono “faccio l’attore si, ma di teatro e soprattutto sono un attore drammatico”. Devo darti una cattiva notizia: il popolo della rete esiste. Esiste nella misura in cui per quaranta anni si è studiato il popolo della televisione e in cui si sono gettati litri di inchiostro chiedendosi quale fosse l’influenza dei media sui soggetti, creando categorie grandi e piccole e addirittura chiamando in causa le lucciole. Fai parte del popolo della rete punto e basta. Possiamo creare delle micro categorie più rassicuranti ma questo è.
Wu Ming: “Internet è un coacervo di pratiche contraddittorie: alcune sono pratiche di liberazione, altre producono nuovi assoggettamenti. La dicotomia “TV vs. Internet” è superata in tempi di convergenza, in Italia la sua retorica resiste perché c’è Berlusconi a curvare lo spazio. A meno di non pensare che la TV sia ancora il televisore, oggi TV e rete sono innervate e saranno sempre meno distinguibili. Ormai dire “la rete” significa dire tutto e niente. TV, radio e giornali sono on line, hanno profili sui social network, fanno crowdsourcing. Scambiare Minzolini, Fede o Mimun per “la TV” e dire che la rete buona li ha sconfitti non aiuta granché a capire.”
BB: Non aiuta a capire soprattutto scrivere che “internet è un coacervo di pratiche contradditorie”. Salto questa prima frase perchè le pratiche contraddittorie non so cosa siano a meno che non si pensi che su youtube un video ci finisca con un rito vudù.
Colgo l’assenza totale – non è una colpa – dal dibattito sulla convergenza tra internet e tv. Non solo la convergenza non è superata tecnicamente – non esiste attualmente l’infrastruttura NGN – ma il dibattito sul potere esercitato dalla politica ha lasciato il nostro paese fermo da almeno dieci anni. Se così non fosse l’IPTV, la tv on-demand, sarebbe nelle nostre case e oggi avremmo un’offerta radicalmente diversa e probabilmente ci troveremmo a parlare di altro. Piuttosto che una curvatura di spazio, si tratta di una occupazione di spazio. Sarebbe bello si trattasse soltanto di retorica: fosse cosi,Berlusconi, il regime di monopolio e il conflitto di interressi, farebbero ormai parte della nostra storia.Non esiste alcuna innervatura, non esiste alcun collegamento ne fisico ne culturale tra i due media: postare un video su un blog o vedere l’almanacco del giorno dopo sui raiclick non rappresenta la fusione dei media. Il tema è complesso e va molto oltre al caro WordPress e al profilo facebook di una radio di paese. Attraverso internet è possibile utilizzare molteplici media per distribuire informazione.
Tutte le informazioni distribuite attraverso i media di internet non potranno essere “innervate” nel modello di televisione al quale fai riferimento. Spero non mi risponda che “una televisione è come un monitor” perchè allora dovrei fare riferimento nuovamente alle frase sulle “pratiche contradditorie”.
Wu Ming: “E quando “la rete” è agita da pratiche non liberanti ma mostruose (pogrom virtuali, manifestazioni d’odio), il “popolo della rete” chi è? Tra l’altro, non c’è parola più ambigua di “popolo”. E’ ancora una volta l’Uno anziché il molteplice. Come se ci fosse la Volontà Generale. Insomma: Berlusconi, finché sta in mezzo alle balle, “berlusconizza” e mantiene arretrato (perché reattivo) ogni discorso. Berlusconi non ha prodotto solo altri partiti-persona e culti della personalità (cfr. Grillo, ma il “vendolismo” non è immune): Berlusconi ha prodotto retoriche che rimandano sempre a lui. E se lui è “la TV” ed è vecchio e “analogico”, allora la rete è sua nemica. “
BB: Hai un potere di sintesi sicuramente superiore ma non adatto a me, non ho assolutamente capito cosa tu voglia dire a meno che nuovamente, non ti stia agitando per essere chiamato “popolo della rete”. Tra Berlusconi e i pogrom, la vecchiaia di Berlusconi e la rete amica, ti chiedo, con grande umiltà di spiegarmi meglio.
Wu Ming: “Così ci libereremo finalmente di Berlusconi, ma la nostra ricostruzione della sua caduta sarà sballata, feticistica, tecno-utopica. Penseremo che a buttar giù Berlusconi sia stato Twitter. “La crisi? Quale crisi?” E sopravvaluteremo l’impatto di alcune pratiche, penseremo che fare un mash-up sia moooooolto più che fare un mash-up.”
BB: Su una cosa hai ragione. A buttare giù Berlusconi non sarà Twitter. E’ molto più probabile che sia Youporn a farlo e non certo per qualche prestazione del Re postata online. Restare alzati fino a tardi e con la scusa dell’insonnia per vedere CinCin a volume basso non serve più, hai la finestra “navigazione in incognito” e sappiamo che è molto più efficace del telecomando. Non sarà tecno-utopica la ricostruzione dei fatti ma sarà storica. Sarebbe altrimenti tecno-utopico dire che l’invenzione della ruota ha cambiato il mondo e lo sarebbe anche la scoperta dell’America. C’è un uomo che ha raggiunto – come altri – il potere attraverso alcuni media. Questi media sono diventati obsoleti e da lui non direttamente controllabili. Senza i media che controlla quest’uomo è politicamente finito. Tutto qui credo, anche se questa storia delle “altre pratiche” che continui a sottolineare mi inizia davvero ad incuriosire.
Wu Ming: “Internet non è un altro mondo, è questo mondo. C’era chi voleva darle il Nobel per la pace, ma Internet fa anche la guerra. Internet è lavoro oggettivato. La rete è relazioni di produzione, di proprietà, di potere. Usiamo strumenti di proprietà di multinazionali. Internet è un luogo di conflitti. Come un posto di lavoro (è anche quello), un terreno su cui si specula (idem), un teatro di guerra. Fine del pippone. Scusate la lunghezza.”
BB: Internet è una rete, fatta di protocolli, router e dislam. Esattamente come la televisione è fatta di apparecchi, antenne e conversione di segnali. Per fare un albero ci vuole un fiore mi verrebbe da dire. Non c’era ma c’è, chi vuole dare ad internet il Nobel. Come chi lascia l’eredità al cane ma salvo un trafiletto sul messaggero non credo che molti scrittori gli diano peso nella discussione su quali siano i meccanismi di consenso esercitati dalla stampa.
I contenitori ed i proprietari di questi che utilizzano media sfruttando la connessione internet per distribuire informazioni sono fatti di relazioni di produzione, di proprietà e di potere. Internet e i suoi cavi in rame non c’entrano. Questa sottile differenza, soltanto questa, può consentire di mettere a fuoco i problemi e consentire di individuare quali siano i soggetti unici e non “il popolo della rete”. Internet, nella sua “fisicità” non fa la guerra e non è proprietà di alcuna multinazionale – a meno che tu non voglia buttare al vento dieci anni di pipponi sull’internet neutrality. Internet non è un luogo o meglio è un luogo in ogni dove, ovunque ci sia un doppino ed un pc. Un non luogo direi, piuttosto.
E a meno che io non abbia dimenticato “altre pratiche”, tu e il tuo blog, fate parte del “popolo della rete”.
Con tanto affetto,
Buiobuione
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“C’è un uomo che ha raggiunto – come altri – il potere attraverso alcuni media. Questi media sono diventati obsoleti e da lui non direttamente controllabili. ”
contare fino a un milione prima di darsi ragione da soli. Io l’ho fatto attraverso l’esperienza di scrutatore ai referendum vinti dal presunto popolo della rete. Non sapendo cosa fare durante i tempi morti della presenza ai seggi, mi sono fatto due conti sulle percentuali di voto per età: ebbene, il mitico popolo ggiovane della rete avrebbe fatto fallire alla grande il referendum. Da me (in un seggio con l’affluenza finale al 75%) gli under 50 hanno votato in meno della metà, gli over al 90%. E siccome sia nella mia famiglia che in quella dei miei amici NON è il genitore o il nonno a stare sempre in rete, la conclusione è che la rete ha influito molto poco. Nè poteva essere diversamente: in un paese dove l’età media dell’elettore è nettamente sopra i 50 anni, una mobilitazione in rete non farà mai maggioranza. La fa invece il galoppino del PD (da noi in Romagna, altrove saranno altri partiti a mobilitare i propri attivisti) che passa casa per casa dalle vedove a ricordare loro che c’è il referendum
“la conclusione è che la rete ha influito molto poco”
rettifico: non molto poco, molto meno di quello che crede il cosiddetto popolo della rete. Che, ha ragione WM, non esiste. Nella rete c’è sia indymedia, dove le cose più simpatiche che si dicono delle forze dell’ordine sono da querela, sia i forum di chi inneggia alla morte di Carlo Giuliani. Dire che appartengono allo stesso popolo sarebbe come dire che una sezione del PCI e una del MSI 30 anni fa erano la stessa cosa perchè entrambe facevano politica…
“Colgo l’assenza totale – non è una colpa – dal dibattito sulla convergenza tra internet e tv.”
A parte che imho hai frainteso praticamente ogni riga di quello che scrivevano i Wu Ming e gli hai rinfacciato posizioni che loro stessi criticano nella discussione sotto il post che linki, faccio solo notare che proprio i WM sono tra quelli che per primi hanno portato in Italia il dibattito sulla convergenza, infatti hanno fatto conoscere Henry Jenkins e scritto la prefazione italiana a “Cultura convergente”. Tu non lo sapevi – non è una colpa – ma forse potevi pensarci un pochetto prima de scrive codesta lenzuolessa tutta stizzita…
All’inizio non capivo che significasse “inviata alla Wumingfundation e non pubblicata”.
Inviata con che mezzo? Via e-mail? E perché avremmo dovuto pubblicarla?
Poi mi è sovvenuto il dubbio: forse è solo un’improprietà lessicale… Intendeva dire che ha provato a lasciare un commento e non è apparso?
Così sono andato a vedere nella spam queue di Giap, e ho constatato che effettivamente sì, i commenti che hai provato a lasciare sono finiti nello spam. Per quale motivo?
Per un motivo semplice semplice: il primo commento era di due righe + un link. Le due righe consistevano in un virgolettato dal post più un commento che conteneva due nomi di brand (due marche di scarpe da ginnastica). Dovrebbe risultare a chiunque non sia un analfabeta della rete che un servizio antispam possa (come minimo) mettersi in allarme per un commento del genere. Tutto il resto è una conseguenza di quel tuo primo, maldestro approccio. Ho visto che hai lasciato commenti dandoci dei censori, dicendo che il nostro è come il sito del PDL etc. etc. etc.
Insomma, te la sei raccontata da solo e non ti ha fatto nemmeno ridere… e sarebbe colpa nostra.
Anziché scriverci per domandarci spiegazioni, sei venuto qui a scrivere che ti abbiamo censurato. Evidentemente essere censurato era il tuo vero desiderio, tant’è che sei saltato subito a quella conclusione, così potevi assumere la facile posa dello “scomodo”.
Tra l’altro, io leggo il tuo post e rimango piuttosto perplesso: intanto, perchè commenti un montaggio di tweet (e c’era scritto, che è un montaggio di tweet) lamentandoti che non c’è approfondimento etc. Non contento, capisci fischi per fiaschi e, ancora non contento, domandi cose a cui in diversi abbiamo già risposto nella discussione, nei commenti che forse – prima di intervenire a tua volta – avresti anche potuto leggere…
Mah.
@Wu Ming 1
“All’inizio non capivo che significasse inviata alla Wumingfundation e non pubblicata. […] Dovrebbe risultare a chiunque non sia un analfabeta della rete che un servizio antispam possa (come minimo) mettersi in allarme per un commento del genere.”
Pensa, ad una prima rapida lettura credevo stessi dando dell'”analfabeta della rete” a me. Il che probabilmente è vero ma il fatto che fosse noto mi aveva lasciato per un istante perplesso.
Anche il “maldestro approccio” è un giudizio che condivido. Non ti so dare una spiegazione precisa nel merito ma la condivido.
Per quel che riguarda il “desiderio di essere censurato” e i miei desideri reconditi approfondirò domani tra le 16 e le 17. Dal mio analista.
Già, non ho pensato dopo 3 post a scrivervi anche una mail. Come dice nonna, alla fine tutta sta tecnologia ci ha peggiorato la vita. Avrei dovuto usare i buoni vecchi metodi: che ne so, una raccomandata.
Detto questo, ho letto più volte i commenti nella vana attesa – sempre nella “posizione dello scomodo” -, della pubblicazione del mio post visualizzato in stato “pending”.
Nel primo post inviato citavo una tua frase: “Il modo più sensato di starci dentro è starci dentro in modo conflittuale”, espressa soltanto a pagina 2 tenendo bene a mente che l’articolo era invece composto da tweet e “botte-e-risposte con altri utenti” e quindi, in parte soltanto, pensieri inviati dal vostro profilo.
Percepisco dal tuo post, nel suo insieme di insulti, – qui, dove l’antispam funziona peggio – che cosi come non esiste alcuna “innervatura” tra internet e tv, non esiste neanche alcuna tua risposta.
Con grande affetto
Buiobuione, un vostro lettore
ps L’attributo Title del tag A, in cui è ripetuto “View all posts filed under” rischia di far percepire i vostri link a Google come link civetta, ovvero come spam.
Se si cerca di fare le pulci a qualcuno, poi non si può pretendere che ti venga incontro scodinzolando.
@giovanni
Scusa il ritardo con il quale ti rispondo, ti ringrazio per la risposta.
Hai ragione, la lettura secondo la quale il referendum è stato vinto grazie al popolo della rete è di una banalità insostenibile. Esattamente come ritengo di una banalità insostenibile pensare che le rivoluzioni alle quali abbiamo assistito siano state possibili solo grazie a Twitter.
Non sono uno scrittore e sono probabilmente un “analfabeta della rete”: per questo immagino, molto di quanto ho scritto è passato in secondo piano.
In modo “maldestro” ho citato Pasolini e il suo “tempo prima e dopo la scomparsa delle lucciole” e le sue analisi sui media cercando di partire da dove la sua analisi è terminata. Pensare che non esista un “popolo della rete” sarebbe un errore esattamente come è stato un errore pensare che non esistesse un “popolo della televisione”. Una massa alienata, resa nuda e senza difese, disponibile all’esercizio del potere.
Attraverso questa tesi, quello che intendevo sollecitare è una discussione sullo sfruttamento di internet per raggiungere le masse, controllarle e direzionarle.
Sentirci immuni, tirandoci fuori e pensando di non essere un soggetto individuato e delineato da parte del potere ma sentendoci invece soggetti “unici” e non parte di un “popolo” è a mio avviso, un grande errore.
Ad ogni modo grazie, trovare chi rispetto ad una tesi argomenta e aiuta a non “darsi ragione” rappresenta il valore aggiunto di internet, i nuovi media e il “quanto” che misura gli effetti della rete.
bb
@Olivetti
Già.
Capisco la voglia di farsi un po’ di pubblicità parassitando i Wu Ming. Ma bisognerebbe almeno avere qualcosa da dire…
@masaccio
specchio rilfesso
ps anche “pallina rimbalzante” andava bene ma avevo paura che fosse un concetto troppo complesso
il popolo della rete equivale al popolo del pane…mi sembra che lo mangino tutti, chiedo conferma! Leviamoci dalla testa che i giovani possano cambiare questo paese. Ci hanno spento la luce, l’ossigeno oramai è finito e per far partire una fantomatica rivoluzione post-moderna (ammesso che quella moderna ci sia già stata) ci tocca ritrovarci in questi nuovi centri di aggregazione economico-culturale: i call-center. Potreste sempre farci una telefonata però..
@perdiqua
“Il popolo della rete equivale al popolo del pane”.
Hai riassunto ciò che pensavo e che non sono stato, evidentemente, capace di scrivere.
che bello intervenire fuori tempo massimo!
che bello essere stupidi come me: a me sembra normale che se si analizza il meccanismo con cui certi eventi politici si sono verificati, tipo i referendum in Italia o le rivolte generazionali nei paesi arabi, la nozione giornalistica di “popolo della rete” fa riferimento a qualcosa di oggettivo, esistente. c
certo, se poi ci si arrampica su una postazione filosofica per sua natura “panoramica” ecco che abbracciare i fenomeni con lo sguardo saputissimo tipo quello dei Wuming, alla fine alle loro osservazioni sub specie aeternitatis non gli si può nenche dargli proprio tutti i torti.
però a me che sono stupido mi viene da pensare che in fondo se uno aspetta nella sua remota postazione filosofica quel giusto numero di miliardi di anni, neanche la nozione di sistema solare si può utilizzare dicendo che “esiste”, prché è solo una frazione dell’universo dove avviene un coacervo di fenomeni contraddittori: per un certo numero di miliardi di anni c’era una stella, una nana gialla di tipo spettrale G2 V, attorniata da un certo numero di pianeti con satelliti e altri corpi minori a orbitargli intorno, dopo c’era una una nana bianca che lentamente si sta raffreddando, con un processo lungo alcune centinaia di miliardi di anni che la porteranno a essere una nana nera.
insomma, dipende
:D !!! si è quel che stavo pensando hahahahha ho riso tanto quando l’ha letto
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Caro Buio Buoione, lei è un bravo troll, e gliene do atto. Punto.
l’ internet è un protocollo se proprio vogliamo schematizzare. Basato su un meccanismo di ip cliente e server. Questo può essere applicato a qualunque mezzo in grado di ricevere e trasmettere informazioni. Dire internet è come dire grammatica e la grammatica nn fa azioni.