Comincio dall’antefatto. Mi viene chiesto per lavoro un parere sull’efficacia della community femminile Pensierosa.it (se mi fornite la vostra opinione, ve ne sarei gratissimo! Mi serve davvero per un report…). All’interno del sito, di cui valuto le parti 1.0 e quelle 2.0, scopro questo sondaggio: cosa risulta più importante nella vita di una donna. Sulla pagina Facebook chiedo ai miei amici che cosa pensino del sondaggio. Si scatena un agone di opinioni, quasi tutte da parte di amiche e quasi tutte negative, che posso riassumere con un commento sintetico: “Ma perché ciò che riguarda la vita femminile deve essere trattato sempre in un mix tra Donna Moderna e Vanity Fair?”. Non secondaria anche la reazione degli amici che, da Facebook, hanno sovvertito la gerarchia di voto, abbattendo il primato della voce “Un uomo al tuo fianco”, rea di rappresentare una concezione della donna come ausiliaria o necessitante ausilio.
Poiché questa comunità è non soltanto comunicazione su un tema, ma anche discussione tra partecipanti, mi pare il caso di riaprire il discorso su una questione a cui tengo molto, poiché è un indice irrinunciabile di civiltà – parlo della vita vivente delle ragazze e delle donne, dei diritti che sono stati acquisiti nel tempo e che oggi (cifre alla mano) appaiono concretamente cancellati.
Io credo che la reazione (composta ma decisa) da parte delle mie amiche Facebook segnali la nausea verso qualcosa di incatenante perché zuccherino, mieloso e troppo roseo. Ciò significa che il contesto suppostamente civile in cui stiamo vivendo sta, in effetti, ignorando la questione dell’identità femminile – termini apparentemente abusati, che tuttavia non so come sostituire con parole più moderne o meno storicamente ruvide.
Osserviamo i volti. Osserviamo la confezione. Osserviamo i commenti. Osserviamo i video.
Queste sono le donne che la comunicazione immagina o che un condizionamento sociale tende a far sì che vengano immaginate dalle donne stesse?
Il problema, come si vede, non è per nulla ideologico. E’ certamente un fatto di comunicazione, ma è anzitutto un fatto comunitario. Ho amiche, su Facebook, che si fanno migliaia di chilometri in aereo ogni mese, piazzate in alti gradi di multinazionali, e che strappano con i denti il desiderio di acculturarsi, di amare, di sperimentare zone silenziose della propria vita.
Non ho conclusioni da trarre, ma domande da fare, quelle, sì. E cioè: che cosa desiderano venga rappresentato di loro, le donne e le ragazze di oggi.
Un paio di anni fa ho curato un’antologia al femminile, per l’editore minimum fax. A parte le polemiche (generalmente l’accusa era: così si crea la nazione indiana rosa), nella prefazione dò i numeri: non nel senso che deliro, ma nel senso che divulgo cifre su questioni che hanno dell’aberrante e denuncio uno slittamento e una perdita di diritti di fatto, che non è soltanto comunicazione intorno a quella che mi sembra riemergere come questione femminile. Se desiderate leggere la prefazione, cliccate qui.
Mi dicono su Facebook che con queste riflessioni apro un vespaio. Risponde questo: magari si aprisse un vespaio…
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vanity fair? perché vanity fair? non mi pare molto assimilabile alla “vita femminile” intesa in quel senso lì (anche se non ho seguito la polemica sul profilo FB)
i miei umilissimi pensieri al riguardo: apro il forum Pensierosa (già il nome…): tutto sul tono del delicatissimo rosa. Vabbé. tanto il rosa ce lo impongono da bambine, che ci si può fare? Leggo questo post, ma vengo distratta dalla foto (che accompagna questo post) di bella donna capelli al vento e poppe all’aria un po’ tanto perfette e mi chiedo: esistono solo “pezzi di fighe” da incorniciare su un post che parla di donne? A destra del sito di Macchia noto una pubblicità che invita al dimagrimento di (ben) 16 kg e la foto non può che rappresentare una donna (tra l’altro un ennesimo “pezzo di figa”, mica me, mia sorella, la vicina, la collega…), poiché di solito la fissa del corpo giovanile e seducente/magro è solo delle donne. la donna deve/vuole essre bell e sexy.
Hai ragione a sottolineare il ruolo chiave della comunicazione, a suggerire che in fondo forse abbiamo sostituito il nostro punto di vista con quello maschile. perché è proprio così, a volte ascolto certe donne sbuffare se avvertono sentore di tirata femminista (laddove di femminismo non si parla) e parlare delle proprie simili più famose/più belle definendole “pezzi di figa”, “gnocca da paura”. Ché la donna è quella cosa inutile che circonda la figa :)
Però, il vespaio, per fortuna, è sempre stato aperto. Poco non è.
Il commento era di un’amica Fb. Il thread è stato molto lungo, mi dispiaceva che non finisse su Web extra SN… Immagino che si intendesse “Sex & the City”, laddove non vedo proprio l’attinenza ahttp://www.pensierosa.it, nel caso specifico…
La mia opinione è che Pensierosa.it sia una pena. A parte i “ke” (il target sono le diciottenni? se si, ritiro tutto) che sono femminili come le All Star, penso: se fossi la favolosa Amèlie mi sentirei molto offesa ad essere in prima pagina di un sito tutto rosetto, con aforsimi fritti e rifritti, oroscopi ossigur e perfino test sul grado di indipendenza femminile.
A proposito della community, sono d’accordo con Erika. Banale e pieno di cliché. Imposti e autoimposti, ormai fa poca differenza…
La maggior parte delle donne vorrebbe che di loro fosse rappresentata la “gnocca”. Ed è proprio questo il problema, molto prima di quello del dialogo tra uomo e donna.
Sulla questione “Pensierosa” neanche entro, avendo da tempo sviluppato un’avversione immediata per tutto ciò che pretende di raffigurarmi la donna come essere lezioso e zuccherino, tutta sentimenti e niente azione, accartocciata sulla vita privata propria e altrui.
Probabilmente quello che manca è l’autorappresentazione. Le donne che vediamo rappresentate nella cultura mainstream sono le donne pensate dagli uomini, relative all’immaginario maschile: anche una Scarlett Johansson che spacca i culi in Iron Man 2 è una fantasia di dominanza, una donna dai tratti femminili che picchia come un uomo. Manca l’autorappresentazione di quello che siamo veramente, al di fuori della relatività dell’occhio maschile: ma nel momento in cui la maggioranza di noi (come fa notare viscontessa) vive per esser gnocca o per essere giudicata tale, capisci che questo diventa un filo difficile.
“Anche un mattone vuol essere qualcosa”.
Che tristezza etichettare ancora noi “donne” come se fossimo una specia animale. Prchè non viene fatto con gli uomini?