I misteri di Tonino / 1

«Dicono che sono stato pagato dalla Cia» ha reso noto Antonio Di Pietro nel denunciare la circolazione di fotografie che lo ritraggono, in effetti, coi vertici del Sismi e persino con un agente della Cia. La storiaccia che a suo dire vorrebbero cucirgli addosso – un intrico che l’avrebbe visto al servizio degli Usa e addirittura della mafia –  appare tuttavia così improbabile che l’unico ad alimentarla, per ora, è stato oggettivamente lui, Di Pietro.  Il quale, se da una parte si è prodigato nel rispondere a domande che nessuno aveva posto, d’altra parte non ha mai voluto spiegare altre vicende che appaiono molto più serie e tuttavia documentate. Il fulcro resta lo stesso: i suoi rapporti con i servizi segreti.

Antonio Di Pietro, nel novembre 1984, era ufficialmente magistrato a Bergamo. Lo era diventato per vie decisamente inusuali: dapprima aveva lavorato per i ministero dell’Aeronautica presso una postazione dell’Ustaa (Ufficio sorveglianza tecnica armamento aeronautico) e in particolare controllava l’Aster di Barlassina, azienda che lavorava per l’Esercito – in stretto e ovvio contatto con il Sismi, i servizi segreti militari – e collaudava pezzi di alta tecnologia adottati dai paesi Nato; giusto in quel periodo riuscì a laurearsi con velocità e modalità non meno inusuali – LIbero avrà modo di tornarci la settimana prossima – e questo priuma di divenutare poliziotto lavorando nell’antiterrorismo con Vito Plantone e Carlo Alberto Dalla Chiesa, circostanze che Di Pietro non ha mai ammesso ma sulle quali, pure, si avrà modo di tornare. Non meno rocambolesco,  nel 1981, era stato il suo esame da magistrato: sicché tre anni dopo, a Bergamo, eccolo destreggiarsi dopo che i suoi superiori l’avevano deferito al Csm non ritenendolo «in grado di dare tutti quegli affidamenti che vengono richiesti a un magistrato».

E’ proprio in quei giorni, nell’autunno 1984, che Di Pietro decise di prendersi una vacanza decisamente particolare. Va premesso, per comprendere lo scenario, che in quel periodo il paese era ancora scosso dagli strascichi dell’eversione: nessuno aveva propriamente raccolto il testimone del defunto generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ma le più importanti inchieste sul terrorismo erano pervenute nelle mani del sostituto procuratore romano Domenico Sica. Un caso affidatogli fu quello del cosiddetto «Supersismi», sorta di servizio segreto parallelo creato dalla Loggia P2 e reo di gravissime deviazioni e commistioni col peggior mondo criminale. Capi occulti di questo organismo risultarono essere altri esponenti eccellenti del Sismi e tra questi il cosiddetto faccendiere Francesco Pazienza, inseguito da mandati d’arresto d’ogni tipo. Ma il faccendiere intanto se la rideva: inquisito anche per la bancarotta dell’Ambrosiano, dal tardo 1984, si era nascosto alle isole Seychelles. Un uomo d’affari, Giovanni Mario Ricci, l’aveva presentato al presidente dell’arcipelago Albert René con il quale il faccendiere era entrato in grande confidenza. Ogni tanto si limitava a far spedire in Italia memoriali difensivi dal suo avvocato americano o convocava finte conferenze stampa a New York. Sica intanto gli aveva già fatto sequestrare tutti i beni e gli aveva spiccato contro sette mandati di cattura internazionali.

Il capo del Sismi, l’ammiraglio Fulvio Martini, venne a sapere che Pazienza era celato nell’arcipelago. Quello delle Seychelles era un regime comunista appoggiato dal Cremlino, e tentare la via diplomatica all’epoca era impensabile. Alla disperata caccia di Pazienza si ritrovarono insomma il Sismi, il Sisde (i Servizi segreti civili) e il superprocuratore Domenico Sica. Una prima missione del Sisde era fallita: due agenti erano atterrati nelle isole a bordo di un aereo dell’Eni ma avevano combinato poco o niente. La circostanza è stata confermata da Giovanni Mario Ricci, allora sporadico corrispondente dell’Ansa e uomo d’affari cui i due agenti si rivolsero. Ulteriore conferma era poi giunta dal suo avvocato Corso Bovio. Ed eccoci al centro dell’arcano.

Proprio allora, il 20 novembre 1984, Antonio Di Pietro parte per le Seychelles. Con lui c’era una donna non identificata, e i due fecero di tutto fuorché i turisti. Sole e mare a parte, non si trattava di una meta facile: il presidente René non brillava propriamente per democrazia.

Tonino fece di tutto per mettersi nei guai. A bordo di una Mini-Moke a noleggio cominciò a fotografare in giro ma nascondendosi, acquattandosi; incontrò, tra altri, un vescovo cattolico ritenuto tra i capi dell’opposizione interna e chiese appunto informazioni su Pazienza, ascoltatissimo consigliere di René.

Di Pietro e compagna furono subito pedinati e intercettati. Un responsabile dei servizi di sicurezza locali, un nordcoreano, stilò un rapporto con tanto di fotografie e ipotizzò che quel signore potesse essere un agente del Sismi o del Sisde o della Cia, organismi interessati a Pazienza. Tutte queste circostanze, più molte altre, sono confermate da atti giudiziari nonché dal racconto di Francesco Pazienza e da un libro del medesimo pubblicato da Longanesi nel 1999, «Il disubbidiente».

L’agente nordcoreano e altri due sovietici proposero tranquillamente di far fuori l’intruso spingendo la sua auto giù da una scarpata, ritenendolo appunto un agente della Cia o del Sismi. Tra l’altro, intercettandolo, avevano verificato che ogni sera Di Pietro telefonava e relazionava. Pazienza mantenne fede al suo cognome e prese tempo. Andò all’hotel San Souci, dove dimorava quello strano italiano al mare, e ne spiò le generalità: era tal Di Pietro Antonio, magistrato alla Procura di Bergamo. Così, agli agenti sempre più ansiosi di far fuori il turista ficcanaso, Pazienza spiegò che se ne sarebbe ripartito a breve, che si calmassero. Pensò comunque di architettare uno stratagemma che potesse svelargli i referenti italiani di Tonino, e con un complicato giro di telefonate fece avere al magistrato delle notizie false: ossia che lui, il ricercato Francesco Pazienza, sarebbe passato dall’aeroporto di Lugano il 13 dicembre. Contemporaneamente diede la soffiata anche agli svizzeri – tramite i servizi segreti della Germania Orientale – di modo che potessero bloccare e identificare gli agenti italiani sopraggiunti irregolarmente per arrestarlo: se fossero stati poliziotti significava che Tonino agiva per canali istituzionali; se fossero stati agenti del Sismi, invece, no.  Andò tutto come previsto: gli arresti ci furono e gli agenti fermati dalla gendarmeria svizzera furono due, un tenente colonnello e un brigadiere dei carabinieri: agenti del Sismi, si appurò. La giustizia svizzera emise anche un comunicato in cui confermava un’azione contro due appartenenti a «un servizio di informazioni dello Stato italiano (Sismi)». I due carabinieri rimasero in carcere per ventisei giorni e poi furono espulsi. L’ammiraglio Fulvio Martini, del Sismi,  non fece una bella figura, e non la fece neppure il pèresidente del Consiglio di allora, Bettino Craxi.

«Le informazioni raccolte da Di Pietro finivano al Sismi», ha raccontato Pazienza, «e non c’erano dubbi… le passava a un altro magistrato il quale poi le riversava a Martini». Il magistrato, appunto, era Domenico Sica. Di Pietro ha fornito tiepidissime conferme ma non si è mai voluto soffermare sui particolari e neppure sulla sostanza. Pazienza, detenuto dal novembre 1995, ha confermato tutta la vicenda e così pure ha fatto Giovanni Mario Ricci, ma dell’intreccio si trova traccia anche nelle motivazioni della sentenza di primo grado per il cosiddetto crack del Banco Ambrosiano, dove si riferisce – pagine 2 e 3 – che «Il Pazienza era rigugiato alle Seychelles» e soprattutto di «irrituali indagini» di un allora «sostituto procuratore della Repubblica di Bergamo». Negli atti è finito anche un rapporto, con annesse fotografie, stilato da Di Pietro alle Seychelles: il presidente della Terza sezione penale Fabrizio Poppi prese appunto ampio spunto dalle «ricerche» di quello strano magistrato. Perché strano? Uno degli avvocati di Pazienza, Giuseppe De Gori, interpellato, è stato esplicito: «È chiaro che qualcuno ce l’ha mandato. A che titolo sennò poteva stendere un rapporto per Sica? Se era un sostituto procuratore a Bergamo, allora scriva tranquillamente che Di Pietro ha commesso un reato, non poteva né indagare né stendere rapporti. Di Pietro ha detto che l’aveva spedito alla Procura di Bergamo, ma questo non è vero. Io so solo, ed è strano, che quel rapporto finì non si sa come nelle carte dell’Ambrosiano. Non esiste una norma giuridica per cui sia ammissibile che si sia verificato ciò». L’allora capo della Procura di Bergamo, Giuseppe Cannizzo, dichiarò oltretutto, sempre all’autore di questo articolo, che «A me non è mai arrivato nulla. Se fosse arrivato un rapporto del genere l’avrei saputo, ero il capo della Procura. Per quanto ne so, Di Pietro era in vacanza». L’allora capo del Sismi ammiraglio Fulvio Martini, a suo tempo interpellato, ebbe a confermare l’agguato contro Pazienza in Svizzera nonché l’arresto dei due suoi agenti, non escludendo un depistaggio architettato dal faccendiere; ha specificato di aver saputo della sua presenza alle Seychelles a mezzo intercettazioni telefoniche intercontinentali, ma ha detto di non aver mai saputo nulla di Di Pietro e di un suo rapporto con Sica; ha chiarito che «l’operazione Pazienza fu gestita interamente dai Servizi segreti fino al suo primo arresto, negli Stati Uniti» nel marzo 1985, ma di non aver spedito suoi uomini alle Seychelles; ha ipotizzato che Di Pietro «lavorasse anche per il ministero dell’Interno e avesse mantenuto dei legami col precedente mestiere».

Stando a Francesco Pazienza, poi, altri contatti tra lui e Di Pietro risalgono al periodo di Mani pulite. Prima si incontrarono per caso il 9 gennaio 1993, in Corso di Porta Vittoria a Milano. Ma fu un attimo. Poi, il 19 luglio 1994, decisero di vedersi e solo quel giorno Di Pietro apprese che Pazienza, dieci anni prima, gli aveva salvato la pelle. Ha raccontato il faccendiere: «Accadde un fatto strano. Di Pietro mi confidò il suo desiderio di dedicarsi presto a un’attività che non gli avrebbe consentito di avere più nulla a che fare con Mani pulite. Mi chiese se ero disponibile a dargli una mano. La mia risposta fu immediata a positiva». Questo accadeva cinque mesi prima che si dimettesse dalla magistratura. E’ lo stesso anno, il 1994, in cui Di Pietro fu intervistato da Gianni Minoli a Mixer (Radue) e alla domanda «Ha mai incontrato un duro come lei?» rispose «Sì, Francesco Pazienza».

Uu altro «fatto strano» avvenne il 14 ottobre successivo. Di Pietro fissò a Pazienza un altro appuntamento ma quest’ultimo, mentre era in viaggio verso Milano per incontrare il magistrato, ricevette una telefonata dalla sua segretaria: i carabinieri gli stavano perquisendo l’ufficio di La Spezia. La motivazione ufficiale era legata ai suoi presunti rapporti con la contessa Francesca Vacca Agusta, allora già latitante. «Il giorno dopo, al ritorno nel mio ufficio, diedi un’occhiata per controllare se durante la perquisizione era state mischiate alcune carte. Mi accorsi subito che tutto era al suo posto tranne il dossier sulle Seychelles: era sparito. Provvidi a informare subito il mio avvocato Scipione Del Vecchio e il titolare dell’ufficio Rino Corniola. Appresi poi che non era stato stilato, come prevede la legge, un elenco dettagliato dei documenti asportati, ma soltanto un verbale in cui c’era scritto “scatola con documenti”».

Il 17 aprile 1996 Francesco Pazienza venne convocato dalla Corte d’Appello di Milano per il citato processo sul Banco Ambrosiano. In primo grado, come detto, era stato condannato anche in base al rapporto che Di Pietro aveva steso su di lui alle Seychelles: lo si era utilizzato per sostenere che il faccendiere se la spassasse ai tropici coi soldi del Banco. Il faccendiere, per difendersi da quest’accusa, in aula raccontò parte della storia che si è appena narrata, ma priva di particolari decisivi. «Di Pietro spiava per Sica» titolò quindi il «Corriere» del giorno dopo con un tono di sufficienza, fingendo ironia. Nessuno o quasi realizzò. Tanto che Di Pietro, non poco imbarazzato, dovette ammettere ai giornalisti: «La faccenda è molto più complicata… comunque ne feci oggetto di un rapporto al pm Sica». Nulla più. Nessuno ci capì niente.

A distanza di tanti anni, però, qualcosa si vorrebbe capire: anche perché Antonio Di Pietro frattanto è divenuto un politico col marchio di fabbrica della trasparenza: non ha mai spiegato, però, come e perché si ritrovò a condurre una missione da intrigo internazionale, spiando un latitante cui il responsabile del Servizio segreto militare teneva in particolar modo, e a cui pure teneva il principe dei magistrati antiterrorismo, e sopra tutti, se non disturba, teneva il presidente del Consiglio dei ministri.

Si provi a ricapitolare: un giovanotto molisano ha lavorato negli ambientini dell’Aeronautica (Nato, Ufficio sicurezza, Aster, Ustaa) per cinque anni; si è successivamente laureato in soli trentun mesi, pur lavorando; è divenuto poliziotto; avrebbe lavorato per un’intelligence antiterrorismo; è divenuto magistrato, e – con una doppia bocciatura e un imminente «processino» al Csm – è poi partito per i tropici stendendo poi un rapporto per Domenico Sica, per alcuni aspetti continuatore del generale Dalla Chiesa, e su chi? Su uno come Francesco Pazienza, che racconta e mette nero su bianco – anche in un libro – storie di agenti sovietici e nordcoreani a tal punto convinti che Di Pietro sia un agente, guarda caso, da volerlo ammazzare. Poi si appura che, pur risultando egli magistrato, le sue informazioni arrivano al Sismi e fanno scattare altre azioni del Sismi, gradite alla Cia.

Piacerebbe coltivare qualche curiosità a proposito, piacerebbe insomma conoscere la biografia di Antonio Di Pietro per intero: senza dover sospettare che ne esista un’altra, parallela a una carriera parallela. E’ gradita risposta.

******

La risposta è arrivata.

Eccola, sul blog di Di Pietro:

Nel 1984 (e non nel 1994* come scrivono i maestri della disinformazione) mi trovavo sì alle Seychelles ma per le vacanze natalizie insieme a mia moglie (sì è vero, era ed è bionda e bella, ma era ed è pur sempre e solo mia moglie). Ci siamo fermati una sera a casa di un amico fotografo italiano e qui conoscemmo anche altre persone che segnalarono – fra una chiacchiera e l’altra – che nell’isola c’era anche un noto latitante italiano, appunto Francesco Pazienza. Io appuntai la notizia e quando tornai in Italia feci quello che avrebbe fatto e dovrebbe fare qualsiasi cittadino italiano, specie se Pubblico Ufficiale (ed io ero addirittura un magistrato): informare immediatamente le competenti Autorità.
Fu solo per questa ragione che
scrissi una relazione e la inviai al Dr. Sica, che era il magistrato che stava indagando proprio su Francesco Pazienza e che ne aveva disposto la cattura e le ricerche.
Ma ve lo immaginate un agente segreto del “
SISMI ufficiale” della portata sopra descritta che si mette a fare una relazione scritta con tanto di nome e cognome, alla fine di un lavoro fantasioso?
Recarsi in terra straniera per intercettare un altro agente del “
SISMI deviato”, rischiando di morire ammazzato, se non fosse intervenuto lo stesso agente “deviato” a salvarlo (sì, perché anche quest’altra panzana hanno raccontato i nostri autori di fotoromanzi che si sono bevuti le fantasticherie di un imbroglione del calibro di Pazienza che, come tutti sanno, una ne faceva e 100 ne inventava!).

*refuso comparso in un sottotitolo di Libero.

Antonio Di Pietro nega, ed è già qualcosa. Nega d’esser mai stato un agente della Cia al servizio degli Usa e della mafia – una sciocchezza, appunto: e infatti nessuno l’aveva mai mai sostenuto – ma soprattutto ammette e tenta di spiegare, per la prima volta in quindic’anni,  il viaggio misterioso che nel 1984 fece alle Seychelles e che coincise con la fuga in quelle isole del ricercato Francesco Pazienza. Lo fa, sul suo blog, dopo la particolareggiata inchiesta che Libero ha pubblicato domenica. Com’è nel suo stile, la sua versione è iper-semplicistica: andò alle Seychelles per una mera vacanza natalizia con la moglie e apprese per caso della presenza di Francesco Pazienza, dopodiché, tornato in Italia, si limitò a «informare le competenti autorità» e a scrivere una relazione al procuratore Domenico Sica. Tutto il resto è fantasia – dice – o meglio «fantasticherie di un imbroglione come Pazienza».

Ora: i particolari che Di Pietro trasvola sono centinaia, e per riproporli occorrerebbe riportare l’intera inchiesta già pubblicata. Ci si limita perciò a osservare che: 1) Di Pietro le vacanze natalizie le fece in novembre, ma sin qui passi; 2) La notizia che Pazienza si trovava alle Seychelles era già nota, non la rivelò Di Pietro; dunque il magistrato, che al massimo era stato in Germania come lucidatore di mestoli, d’un tratto sceglie come metà feriale un lontano arcipelago comunista non democratico, alleato con l’unione Sovietica, dove altri due agenti del Sisde erano già stati in missione senza però ottenere risultati; 3) Di Pietro non si limita ad «appuntare la notizia», come scrive, ma ogni sera relaziona telefonicamente all’Italia – salvo smentita – tanto che alcune informazioni false, fattegli arrivare da Pazienza, fanno scattare un’azione del servizi segreti italiani in terra elvetica, com’è appurato; 4) Di Pietro non si limita ad «appuntare la notizia», ma contatta esponenti dell’opposizione, compreso il vescovo locale, e assume ogni genere d’informazione scattando fotografie dappertutto: tutto materiale che farà parte della citata relazione a Domenico Sica e che compare tra le carte del processo del Banco Ambrosiano a margine di «indagini», come il giudice Fabrizio Poppi definisce quelle di Di Pietro, «irrituali»; 5) di queste indagini, come sarebbe stato suo preciso dovere, Di Pietro non informa il suo superiore diretto alla Procura di Bergamo – che, parlando con Libero, ha negato d’averne mai saputo niente – ma informa direttamente Domenico Sica che a sua volta informa il capo del Sismi, Fulvio Martini; 6) Di Pietro, uso a querelare per un nonnulla, non ha mai denunciato nè smentito quel Francesco Pazienza che diviene ora un «imbroglione» ma per il quale in passato aveva speso buone parole, e al quale – questo almeno dice Pazienza – aveva offerto di collaborare. Forse una smentita più seria non guasterebbe.

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40 Commenti

  1. non capisco perche uno pseudogiornalista si aggrappa ai sentito dire e a spifferate su di pietro quando potrebbe realisticamente parlare delle corruzioni e delle frequentazioni di minorenni,oltre che lo spippamento di cocaina nelle varie residenze di un plurinquisito prescritto ( e qui si ci sono PROVE,INTERCETTAZIONI E PERSINO CONDANNE IN GIUDICATO,vedasi sentenza dell’utri e previti,ad esempio)che è oggi il presidente del consiglio,nonchè suo datore di lavoro…
    leccaculo viene chiamato il suo vero lavoro,altro che “riportare i fatti”….
    forse era meglio nei post scorsi quando con bronzea faccia cercava di riabilitare il cinghialone corrotto e m orto latitante…LATITANTE,non esule…LATITANTE…

  2. Ho letto il post ed effettivamente penso anch’io che i misteri siano di Tonino e non di Torino (che comunque di misteri ne ha da vendere)

  3. anzichè con le toninate che i tuoi padroni ti hanno commissionato,gettare fango che alla fine qualcosa resta, raccontaci piuttosto dei 183 milioni di euro regalati alla novartis da questo governo di farabutti amici tuoi,non hai neppure da faticare tanto con la tua immaginazione,il contratto capestro lo trovi in rete…
    facci è un grande giornalista,come montanelli biagi e travaglio.
    bau bau!!!

  4. Non è confermato ma pare vi fosse Di Pietro o meglio una sua verruca all’origine dell’epidemia di spagnola del 1918

  5. E’ un paio di giorni che aspetto questo servizietto di sFaccimm’, (ma quanto ci voleva? Ah già, a scrivere delle balle ci vuole più tempo perchè bisogna verificare che non si contraddicano con i fatti), non certo per leggerlo ma per potergli dare del servo schifoso.
    sFaccimm’ sei troppo un servo schifoso!
    Signed Sealed Delivered! Ha!

  6. X i 2 berleccones qui sopra: siete la prova vivente dell’ ipocrisia di questo paese. Facci sarebbe fiero di voi

  7. …– rischia di esser la più grossa balla del secolo, inventata dai soliti noti pennivendoli berlusconiani ed oggi rilanciata perfino dagli amici di Craxi in pellegrinaggio ad Hammamet. Come si fa a spiegare a questi quattro mentecatti che la verità è molto, ma molto più semplice e banale?…

    vedi facci,te lo dice anche Di Pietro che sei un PENNIVENDOLO e pure un MENTECATTO……………..

    se vuoi conoscere la verità,pennivendolo,leggitela qui :
    http://www.antoniodipietro.com/2010/01/agente_super_bond.html

    ps parlaci di noemi e della cocaina di tarantini,visto mai il tuo padrone la smette di andare ai family day…………..

  8. dunque le “rivelazioni” su Di Pietro sono tutte farina del sacco di Pzienza?

    grazie per la conferma Facci, adesso avanti con il resto delle “rivelzioni” su pazienza e P2, sempre che tu abbia il coraggio di mettere sul banco degli imputati il fior fiore del PDL e dei goveri Berlusconi

    …. qualcosa mi dice che per questo non ti leggeremo mai mentre attachi la morchia piduista…

    comunque se queste sono “rivelazioni”, sappi che Ciro o’ Puzzone è in grado di raccontare anche di peggio e pure su di te, basta stimolrlo e vedrai come canta

    questo articolo è perfettamente sovrapponibile all’attacco di Feltri a Boffo, quando ci farai un bel pezzo anche tu sul terremoto di haiti come conseguenza dell’anticapitlismo haitiano?

  9. 7 e il tuo amico 1/2: perchè secondo voi tutto si riconduce agli istinti primari? L’invidia non c’entra veramente un cazzo. E’ la consapevolezza degli effetti che mi dà molto da fare. Ma voi siete troppo storditi per capirlo, vero?

  10. leccacool, più che 7 e mezzo, sei una mezza sega. Leccami l’uccello, che sei very cool.

  11. 7e1/2 sei frocio? ci stai a provà eh?ecco perchè segui sFaccimm’!
    Comunque no grazie. Non sei il mio tipo, mai piaciuti i trav. hah!

  12. Ma guarda guarda la reazione scomposta dei decerebrati (per lo Zingarelli è un sinonimo di “dipietrini”). Ragazzi capisco la vostra stizza, eravate convinti di avere l’esclusiva dell’invettiva velenosa.
    POVERI PIRLA!

  13. ahahahahah ti ho trollato!!!! AHAHAHAHAHAH!!!!
    dai, continua a rispondere che rido a manetta ahahahahaha

  14. ahahahahahah sei fottuto, ha trollato il primo che lo dice, lo sanno tutti! ahahahahaha trollatissimo!!!!

  15. Fulminante:”Commovente abbraccio tra Bobo e Stefania Craxi sulla tomba del padre. Poi entrambi si sono controllati le tasche.” (Darlene Alibige su Spinoza)

  16. Così abbiamo trovato chi stava dietro le bombe in Piazza Fontana, della stazione di Bologna, dell’Italicus e del dc10 di Ustica…
    Tirando e stirando si potrebbe arrivare fino a Mattei ….ma sarebbe un pò troppo…

    A proposito, ignoti mi hanno rigato la macchina….non è che per caso ….

  17. (spesso , per evidenziare che i commentatori, qui, erano perlopiù deficienti, toglievo i commenti. Ora ottengo lo stesso risultato lasciandoli)

  18. ma ancora state qui a commentare sto poveraccio con le meches ??
    secchiate di merda . .
    merita solo secchiate di merda
    il vero minorato mentale sei tu

  19. ma ancora state qui a commentare sto poveraccio con le meches ??
    secchiate di merda . .
    merita solo secchiate di merda

  20. Caro Facci, ma tu le orecchie te le pulisci passandoti il fazzoletto da un orecchioall’altro, o nel mezzo ci trovi qualcosa?

    R.

  21. Caro Facci, ma tu le orecchie te le pulisci passandoti il fazzoletto da un orecchioall’altro, o nel mezzo ci trovi qualcosa?

    R.

  22. Caro FF lascia stare chi ti insulta…o chi infesta questo blog …
    piuttosto spiegami un pò sta storia del DiPietro che sarebbe (stato) al soldo della Cia (come un Ferrara qualsiasi) per distruggere l’intera classe politica dei primi ’90…
    Perchè lui ?
    uno che, a detta vostra, non è manco laureato, non sa l’italiano, è un povero mietitore molisano…
    E poi ‘sta cosa esce ad un passo dalle regionali ?

    Ma che gioco è ??

  23. Facci ridere vai…
    Dopo Mitrokin, ecco Tonino 007. Se prima Guzzanti, adesso a quanto pare il cerino è rimasto al biondo.

    E poi Filippo guarda che la profondità dei commenti rispecchia più o meno quella della tua inchiesta, sicuramente se scrivi certe cose avrai le tue buone ragioni. Ti auguro tanto che ne valga le pena.

  24. poi Guzzanti, passato il cerino, abbiamo visto …
    facciamo passare un pò di tempo

  25. Caro Facci, continui così. Non si lasci intimidire dai commenti di ignoranti patentati al soldo di Di Pietro e Travaglio (uno che di palle raccontante senza alcun fondamento di prova se ne intende). Spero almeno che li paghino per cazzeggiare giorni e giorni su questo blog, al solo scopo di riempirlo di fregnacce. E poi, tutti sti geni a commentar con errori e orrori grammaticali. Gente che, dopo anni di scuola (seppur obbligatoria), scrive un pò (non un po’) con l’accento. Quelli che pensano alle mèches e scrivono meches. Gente che commenta senza leggere l’articolo (e sene vanta), senza il gusto del ridicolo. Forse non sanno leggere. Ora mi insulteranno. Ma sai che me ne fotte?

  26. Visto che hai voluto mettere l’articolo su un sito web, non lamentarti se poi qualcuno vuole commentarti – e/o esprimere la propria opinione, che sia un “che bello” o “che brutto”.
    Io lo giudicherei come *perdita di tempo*. Già! mai letto un articolo più inutile di questo! Parla di affari antichi basati sul “si dice”, “sembra che”!
    E alla fine, tutto questo solo per dire che FORSE Di Pietro aveva un amico nei servizi?
    Io mi chiedo sempre perchè Libero fà tutti questi servizi su Di Pietro, Boffo, etc etc e non ne fa mai uno su Berlusconi? No, davvero, non diciamo che per “par condicio”dobbiamo fare le inchieste anche sugli altri… Berlusconi è il capo del governo e ne ha fatte di cotte e di crude!
    Libero sta diventando un giornale inutile!
    Facci se vuoi ritrovare la faccia licenziati e qualcun’altro ti farà scrivere ciò che vale la pena leggere!

    p.s. non ricordo bene se il caso Boffo nacque dal giornale o da libero.. si dice che, cmq, era un giornale gradito al centro destra…

  27. Visto che hai voluto mettere l’articolo su un sito web, non lamentarti se poi qualcuno vuole commentarti – e/o esprimere la propria opinione, che sia un “che bello” o “che brutto”.
    Io lo giudicherei come *perdita di tempo*. Già! mai letto un articolo più inutile di questo! Parla di affari antichi basati sul “si dice”, “sembra che”!
    E alla fine, tutto questo solo per dire che FORSE Di Pietro aveva un amico nei servizi?
    Io mi chiedo sempre perchè Libero fà tutti questi servizi su Di Pietro, Boffo, etc etc e non ne fa mai uno su Berlusconi? No, davvero, non diciamo che per “par condicio”dobbiamo fare le inchieste anche sugli altri… Berlusconi è il capo del governo e ne ha fatte di cotte e di crude!
    Libero sta diventando un giornale inutile!
    Facci se vuoi ritrovare la faccia licenziati e qualcun’altro ti farà scrivere ciò che vale la pena leggere!

    p.s. non ricordo bene se il caso Boffo nacque dal giornale o da libero.. “si dice che era un giornale gradito al centro destra…”

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