Caro Bettino / 2

Selezionare tra 729 lettere e documenti e fascicoli craxiani – quelli in mano a Libero – non è proprio roba da cinque minuti. Ci sono missive, tuttavia, che saltano all’occhio soprattutto alla luce del fuggi-fuggi legato al repentino tramonto craxiano del 1992.

Questa lettera di Gianni Minoli è datata 3 maggio 1989: «Caro Bettino… In questi ultimi dieci anni ho prodotto molti dei programmi che hanno avuto più successo come Aboccaperta, Piccoli Fans, Blitz, o di immagine come Sì però, Soldi soldi soldi, Quelli della notte, e Mixer… Come capostruttura ho anche determinato molte delle scelte di fondo del palinsesto… Non sono come forse ti hanno fatto cedere solo “quello che fa Mixer” ma un Dirigente della Rai che ha fatto molte, delle non moltissime scelte qualificanti di Rai 2… Per questo ritengo che avrei potuto essere considerato un interlocutore nel momento dell’ennesima difficilissima scelta circa il destino della Rete 2. Dico difficilissima perché il tempo degli errori è finito, i soldi della Rete anche, e l’egemonia del Pci e della Dc realizzata con un alto tasso di contenuto professionale qui in Rai è cosa fatta, e non contrastabile in modo approssimativo… Non sono mai stato capace di spendere tempo nelle manovre di corridoio e nelle chiacchiere (scrive proprio così, stiamo parlando di Minoli, ndr)  … Io credo di essere fatto così. Se servo, ci sono…. Con affetto».

La lettera di Minoli è un capolavoro oltreché uno spaccato di come funzionava e funziona la Rai. Già martelliano, veltroniano, prodiano, ultimamente berlusconiano non richiesto a Rai Tre, Minoli incarnò l’essenza catodica del craxismo sino a disimpegnarsi, quando le cose si misero male, con una velocità che molti ricordano. Alla fine degli anni Novanta, già direttore di Rai Tre, acquistò lo stesso documentario su Craxi che il 15 gennaio sarà allegato a Panorama (e che presentato, il giorno prima, alla presenza di Berlusconi) e di fatto lo tolse dal commercio: cosicché, dopo 5 anni di non-programmazione, ne scadettero i diritti che perciò tornarono al proprietario, Luca Josi. Ora, ricambiata un po’ l’aria, si prepara a estrarre dal cappello un’ennesima intervista craxiana e a trasmetterla  a mo’ di sveltina anticipatoria la sera dell’11 gennaio, su Raidue. L’intervista conterrebbe una parte «inedita» con Berlusconi che lascia l’Hotel Raphael il 3 luglio 1992. Un doppio errore: non si sa se del Riformista di domenica o direttamente di Minoli;  la data, infatti, era il 29 aprile 1993 e la parte con Berlusconi non è inedita per niente. Comparve su Raitre, su blob e disse: ««Sono amico di Bettino da vent’anni, e da amico, personalmente, sono contento per lui: mi sembra che basti. Che rispetto potrei avere di me stesso, se dovessi voltargli le spalle nel momento della cattiva sorte?». Curioso che Paolo Bonaiuti, futuro uomo-ombra di Berlusconi, nello stesso giorno scrivesse un violentissimo editoriale contro Craxi sulla prima pagina del Messaggero.

Si continua con Giuliano Amato. Era il 27 luglio 1989 quando scrisse a Bettino Craxi la seguente: «Caro Presidente… Cancella l’idea che io sia legato al giro di Repubblica. E’ infondata. Solo con i loro giornali economici, come con quelli degli altri, ho avuto rapporti da Ministro del Tesoro… sai che ho incrociato Scalfari a qualche rara cena, quasi sempre, e cioè due o tre volte a casa di Elisa Olivetti. Non c’è altro. E chiunque capisce che Scalfari, dopo avermi bistrattato quando ero al Tesoro, ha ora usato disinvoltamente la mia uscita per criticare te. Pensa che anche Rodotà mi si è ridiventato improvvisamente amico… Malindi. Non ho altro da dire su un problema inesistente. Ti auguro solo di avere dagli altri la lealtà assoluta che hai sempre avuto da me… Tuo Giuliano».

Estraneo al giro di Repubblica, disse: e ce ne voleva, di coraggio.  Amato dovette a Craxi incarichi continuativi e prestigiosi (sottosegretario, ministro, vicesegretario del Psi, vicepresidente del Consiglio, presidente del Consiglio) ma dopo i primi avvisi di garanzia a Craxi, che lo aveva designato, lo mollò completamente spingendosi a non nominarlo praticamente mai. Da Londra, in visita ufficiale da Capo del governo, dichiarò che Craxi era politicamente finito. Nel 1992, nominato commissario milanese del Psi subito dopo l’esplosione di Mani pulite, disse: «Se il rinnovamento non sarà effettivo, mi ritirerò a vita privata entro una settimana». Nel 1993, da presidente del Consiglio, disse che presto si sarebbe ritirato dalla politica. Successivamente, nel libro di Enzo Biagi La disfatta (Rizzoli) si espresse nello stesso modo.  A Giuliano Amato, in primis, Craxi dedicherà una serie di litografie titolate «I becchini». dedicate a «traditori ed extraterrestri». E’ per questo, probabilmente, che Giuliano Amato non ritenne di andare (mai) ad Hammamet neppure nel giorno dei funerali di Craxi.

Giacono Mancini era una nobile e storica figura del partito socialista. Alle elezioni del 5 aprile 1992 non venne rieletto alla Camera e il suo successivo atteggiamento nei confronti di Craxi parve conciliante.  Lo testimonia questa lettera scritta in data 29 aprile 1992, a Mani pulite iniziata: «Caro Bettino, ti ringrazio per le frasi che hai pronunziato in direzione per la mia mancata elezione. Mi hanno fatto piacere. In realtà sono stato vittima di un’aggressione premeditata organizzata e protetta dai mancati interventi degli organi centrali… Ti auguro successo anche se qualche mossa non l’ho compresa». Lo stesso Mancini, pochi giorni dopo, il 9 maggio, rilasciò un’intervista a Lino Jannuzzi e dichiarò: «Le dico subito, io sto con Craxi… Dobbiamo difendere Craxi perché c’è un obiettivo preciso: mettere fuori gioco Craxi e il Partito Socialista». Mani pulite era iniziata. Dopo l’estate, però, Mancini rilasciò un’intervista al Corriere della Sera (8 novembre 1992) e disse che i flussi di finanziamento del Psi «non sono certamente passati da Balzamo, non sono stati registrati. Li conosceva solo Craxi». Il 18 novembre venne interrogato da Antonio Di Pietro e da Gherardo Colombo: mise a verbale che molti fondi andavano direttamente a Craxi. Morale: il 15 dicembre 1992, alle 13,04, l’agenzia Ansa batterà un dispaccio che annuncerà il primo avviso di garanzia a Bettino Craxi: «A determinare la svolta sarebbero state le dichiarazioni rese alcune settimane fa, come testimone, dall’ex segretario del Psi, Giacomo Mancini». Il quale, va detto, morì l’8 aprile 2002 – a 86 anni – dopo aver riconosciuto a Craxi l’onore che era di Craxi.

Nel giorno dell’inizio ufficiale di Mani pulite, il 17 febbraio 1992, a Craxi toccavano ancora seccature imbarazzanti come la seguente. Lo sceneggiato «Piazza di Spagna» andato in onda su Canale 5 – che aveva come protagonista una contessa affarista e incline alla mazzetta – offese a parte Marina Ripa di Meana, moglie di Carlo Ripa di Meana. Da qui i solleciti rivolti al leader socialista: «Caro Bettino, io sono, naturalmente, a completa disposizione per collaborare alla campagna elettorale. Ora due parole sulla vicenda di Marina e mia. Dopo l’ordinanza del Pretore di Roma e le scuse di Berlusconi, la morbosa curiosità del pubblico con tutta la sua scia di fastidi e pericoli non è diminuita. Al contrario, con le altre due puntate trasmesse si è accentuata… Gianni Letta, che rappresenta Silvio Berlusconi, si è limitato a caracollare con telefonate senza seguito. Ti sarò grato se vorrai consigliare una conclusione sollecita e giusta ». Esattamente un mese dopo, altra lettera: «Caro Bettino, so bene quanto ti impegni la campagna elettorale e mi dispiace quindi tornare sul caso Marina-Fininvest. Purtroppo i tempi processuali stanno maturando… ».

Amico di Craxi dal 1952, Carlo Ripa di Meana doveva a lui la sua intera carriera politica. Sabato scorso, 2 gennaio, è stato intervistato da Corriere della Sera e si è scagliato contro «i lillupuziani che blaterano contro Craxi» con ciò dimenticando di averne però fatto parte. Ne fece ampia descrizione, nell’estate 1992, Giuliano Ferrara su Micromega: «Carlo Ripa di Meana, per esempio, in una giornata di sole d’estate, a Sabaudia, ha scritto ad Antonio Di Pietro tutto il suo dolore per i corsivi intimidatori scagliati contro di lui da Bettino Craxi, licenziando subito la lettera per la prima pagina di  Repubblica e subito rituffandosi in mare. Non ha scritto a Craxi, pur conoscendo persino il suo indirizzo di Hammamet, per censurarlo… ha preferito scrivere a Di Pietro e a Scalfari, fra gli applausi dell’Italia perbene… il suo comportamento di quel mattino d’estate ha funzionato per me come i revulsivi funzionano con gli ammalati di stomaco». Fece eco Margherita Boniver: «Io non so se Ripa di Meana abbia una professione, so che per tutta la vita gli è piovuta in testa la fortuna di essere amico di Bettino». Sono gli anni in cui Vittorio è appunto accompagnato da Marina Punturieri ex Lante della Rovere neo Ripa di Meana, la cui professione invece era a tutti più nota.

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22 Commenti

  1. caro jam, usa il singolare. il fatto che non te ne freghi un cazzo è particolarmente significativo. puoi sempre non leggere facci se non ti interessa. e se non ti interessa puoi sempre non scrivere.

    molto interessanti queste lettere, a prescindere dai commenti. spero vengano pubblicate, tutte, con evidenza e con riferimenti temporali.

  2. Quanto mi piace apprendere…
    E’ sempre bello leggere cose che non si sanno…

  3. b”Gianni Letta, che rappresenta Silvio Berlusconi, si è limitato a caracollare con telefonate senza seguito. Ti sarò grato se vorrai consigliare una conclusione sollecita e giusta »

    con il che si dimostra il legame poi negato tra il cinghialone tangentaro e il piduista con gli amici piduisti e mafiosi

    gran bella gente, fa sorridere che mentre Facci cerca di dargli una veste positiva mostrando quanta gente gli leccasse il culo, consegue esattamente il risultato opposto, cioè quello di dimostrare che la rete di complicità che infestva l’Italia 20 anni fa è la stessa di oggi, al gran completo, con anche l’ultimo dei nani e delle ballerine ancora al loro posto

  4. Facci fattene una ragione: Craxi era un simbolo e andava abbattuto, sicuramente c’era di peggio, ma le cose funzionano così. Nessuno in Francia ha intitolato strade a Luigi XVI, indipendentemente dalle sue colpe, perché era il re, e la monarchia era giunta alla fine. Capìsc?

  5. Ricordo una vignetta di Forattini, disegnata in QUEI giorni, con Andreotti vestito da partigiano (sic…) che così sintetizzava il ciclone in atto dicendo: “E’ la nova Resistenza! Fucilamo er tiranno, famo n’amnistia generale e magnamo per artri 50 anni!”. Credo che il sugo della questione sia lì: la sindrome italica di Piazzale Loreto, ovvero la ricerca di un capro espiatorio, possibilmente un ex- potente, sacrificando il quale si redime magicamente l’ipocrisia nazionale di quelli che fino al giorno prima inneggiavano al potente suddetto o anche raccoglievano le briciole dai suoi banchetti. La qual cosa non vuole essere una riabilitazione di Craxi, sulle cui azioni e responsabilità si pronuncerà la Storia. Certo, da un punto di vista puramente “di pancia”, ho sempre trovato rivoltante che un Paese che stipendia con miliardi personaggi che scioglievano bambini nell’acido prima di pentirsi non abbia concesso al pur latitante- tangentaro- autoesiliato Craxi il ritorno in Italia per esalare l’ultimo respiro. Bene o male (più male che bene, forse) è stato un rappresentante delle istituzioni e insomma… non so, un atto di estrema pietà poteva anche starci. Sono troppo perbenista? O paraculo?

  6. E vabbè oh, lasciategli fare ste strade e ste piazze intitolate a Craxi e bona, che sennò qua finisce che si mettono a piangere.

  7. beh, certo non c’aveva una gran mano a scegliersi i collaboratori/alleati … o forse gliel’ha anche fatto pesare per una quindicina d’anni, che dovevano tutto a lui. raccontata così sembra quasi che non aspettassero altro che lui andasse, come si dice dalle mie parti, “en mona”.

  8. Facci, però Berlusconi ebbe anche l’ardire di dire :” Io a Craxi non devo nulla.” Dimenticandosi di alcune leggi ad hoc per salvare le sue reti e per mettere a posto quei pretori cattivoni che non volevano farsi i fatti loro.

  9. I documenti, eliminata l’immondizia cui si accenna nella prima puntata, possono essere interessanti (sono servite particolari autorizzazioni per pubblicarli?).
    Se il senso è “vizi privati e pubbliche virtù di questo e quello”, o “l’incoerenza e l’ingratidudine di questo e quello”, saranno utili quando si vorranno dedicare vie a questo e quello. Ma di Craxi ci dicono solo che era potente e quindi riceveva lettere ossequiose, richieste di favori, dossier delatorii…
    Lo stesso accadeva a Xxxxxxx (metteteci il nome di un potente a scelta dalla diffusione della scrittura in poi). Dedichiamo una via a Xxxxxxx solo per questo?

  10. @ shengo
    ” ho sempre trovato rivoltante che un Paese… non abbia concesso al pur latitante- tangentaro- autoesiliato Craxi il ritorno in Italia per esalare l’ultimo respiro.

    non mi risulta che nessuno ne abbia proibito il rientro e non mi risulta nemmeno che sia possibile

    se, come dici, era autoesiliato/latitante, che c’entra il permesso?

    Craxi poteva rientrare in Italia quando voleva e soggiornarvi a spese dello stato per un po’, poi come tutti quelli che hanno pagato i loro debiti con la giustizia poteva tornare libero

  11. E’ più che altro una curiosità: su Blob, solitamente, non vengono trasmessi video tratti da trasmissioni, etc già andate precedentemente in onda? Se così è e quindi non è la mia una supposizione errata (non ne ho infatti certezza) qualcuno sa dove, nel caso, fu trasmessa la parte inedita dell’intervista in questione?

  12. @mazzetta: giuste puntualizzazioni, replico ed esplico.
    Nel mio brachilogico rivoltarmi “di pancia” sottintendevo che Craxi poteva certo tornare in Italia, a patto di lasciarsi arrestare una volta messo piede sul suolo patrio. Eventualità a cui lui, sbagliando, non volle mai andare incontro. Mi riferivo tuttavia in particolare alle ultime settimane di vita, quando lui era ormai mezzo cadavere e, da come avevo capito leggendo i giornali, vi erano stati contati informali tra la famiglia e il governo presieduto allora da D’Alema, nemico storico di Craxi, per consentire a quest’ultimo di tornare in Italia per le ultime e certo disperate cure. La risposta fu sempre: “Va bene, torni ma si lasci arrestare”, il che era legittimo, ma ci sarebbe stato modo e modo di attuarlo: ciò che Craxi, o piuttosto la famiglia, temeva era l’arresto spettacolare, con telecamere e cori da stadio, di una persona che sarebbe uscita dall’aereo ormai ridotta a un larva o quasi, in un clima di degradazione umana inaccettabile. Ovviamente bisogna distinguere tra ciò che pensavano/telemevano/ volevano i Craxi e ciò che gli fu effettivamente prospettato, se cioè si sia discusso o no della possibilità di un ritorno in Italia e relativo arresto con meno clamore o se nemmeno questa soluzione andasse loro a genio. Quello che mi rivolta, ma ribadisco a livello più istintivo che razionale, è il sospetto che sulle decisioni finali di Craxi in merito a luoghi e tempi della sua dipartita abbiano pesato elementi extra- giuridici quali odio politico inveterato e timori di accanimento mediatico su un ex- nemico ormai imbelle. In questo senso intendevo la “mancata concessione” del ritorno, cioè un ritorno condizionato da fattori che con le accuse tangentizie non c’entravano. Che poi, a monte di tutto, Craxi abbia sbagliato a fuggire ad Hammamet è pacifico, come è pacifico che non poteva pretendere di non essere arrestato in Italia. E’ la serie di possibili eventi collaterali all’arresto, putroppo non da escludere, che mi urta. Sbaglierò, eh, ma de panza…

  13. Vabbeh, quando Craxi era al potere gli leccavano tutti le natiche, in processione. Sai che novità. Non penso fosse tanto diverso nel “poi” (e neanche nel “prima”, se è per questo).

    Certo, leggere del Minoli “superpartes” è piacevole.

  14. E vabbe, sara’che ero giovane, ma
    Marina Punturieri era nota per quale professione?

  15. Mancano le missive di Cuore…che credo rappresentassero bene una 50 di milioni di italiani che nulla hanno mai scritto a Craxi e che nulla devono a Craxi.

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