Io credo, ma capisco di risultare presuntuoso, che un pezzo come questo che state per leggere andrebbe su un bel giornale di carta. Quello che leggono le persone che che poi parlano con frasi quali: “vicino agli ambienti di Facebook”. Ecco per dire, uno Zambardino che per un attimo si disincanta dal prossimo Tablet di Apple del quale nessuno sa una beata mazza perché sono trentacinque anni che sull’azienda di Cupertino si fa solo Gossip, dovrebbe scriverlo lui questo pezzo qui, così poi Bruno Vespa, l’autorevole Bruno Vespa che per la sua autorevolezza viene giustamente stipendiato, la smette di pensare a Facebook come un “posto”, perché quella è l’autorevolezza del mio gatto e non è commisurata allo stipendio percepito. Questo o quell’altro guru di internet, con o senza pappagallo sulle spalle, con o senza dichiarazione ufficiali. Sai quelli che muovono l’opinione? Io dico quelli lì, secondo me sarebbe utile. Al di là delle simpatie e antipatie, riconosco la loro influenza, la usino.
Ok, per precisare, non che ce l’abbia con loro, giuro: è che ne sento la mancanza quando servirebbero. Perché secondo me sono gli stessi che da tre anni vanno in giro vagando a dire che i blog sono morti, hanno una vision a due metri di quello che succede loro attorno, e tecnicamente non evidenziano di conoscere la tecnologia più di quanto io le regole di un processo. Cioè sono degli ottimi appassionati ma da lì a dimostrare che ne “sappiano qualche cosa”, mi sento di dire che ancora ne corra. Per adesso, in tutti questi anni, ho solo letto cose abbozzate, sufficientemente sbagliate (per esempio: non sapere la differenza tra utenti unici e unici assoluti, una banale differenza che fa stare in piedi l’industria internet nel mondo) e altre cosa à la signora mia: “è la fine di un’era”, “è la fine del mondo gratis”, “se non è gratis è la fine”, “ora non siamo più liberi”.
Non siamo mai stati liberi.
Il ragionamento che vorrei veder scritto su repubblica-di-carta è il seguente, e credevo fosse semplice, per i guru. Lasciare che passi il concetto che “gli ambienti di Facebook” sia come dire “il circolo degli anarchici insurrezionalisti” è un po’ provincialotto ma soprattutto pericoloso. Spesso non è colpa dei ministri suonatori di organo hammond, è che, se sugli unici concetti sui quali bisognerebbe avere un’opinione forte e formativa in modo che colmi le ignoranze di gente potenzialmente utile alla collettività, si fa spallucce e/o snobisticamente li si lascia crogiolare nel loro brodo, poi non lamentiamoci del “Paese in cui ci troviamo” e del “2009” eccetera. Chi glielo spiega al Ministro Maroni e compagnia danzante che “gli ambienti di Facebook” è un concetto che non sta in piedi tanto quanto “gli ambienti dei cellulari”? Non vi suona un poco offensivo che nessuno -nessuno- si prenda la briga di fare dei distinguo?
Sono piuttosto persuaso che la “democrazia” non sia necessariamente la miglior formula di governo possibile ed esistente (o non date le premesse nostrane che non torno ad elencare), ma questo c’è ed oggi, ed è quanto di meglio sul mercato. Sarebbe delizioso se di volta in volta i guru di questo e quello e i professionisti stipendiati per avere un’opinione (e crearne una, se proprio gli scappasse) riuscissero a mettere dei paletti a difesa di quanto di più neutro esista oggi al mondo.
Dice, hanno lanciato una statuetta nei denti a Berlusconi, e poi un’altra scriteriata s’è buttata addosso al Papa: erano del giro di Facebook. Probabilmente si lavavano anche i denti. E possedevano un cellulare. Magari, negli “ambienti dei tram” c’è anche chi ha pensato che il Presidente del Consiglio si meritasse un pezzo di marmo sulla dentiera o altri ancora che “negli ambienti degli uffici” hanno scambiato opinioni contrastanti su quanto il Pastore Tedesco (cit.) se la sia cavata con poco. Resta il fatto che -ahimè- è una questione un filo più complessa di come la stanno mettendo giù in queste ultime ore. Non è Facebook, ed è questo che dovreste spiegare a chi nemmeno importa di cosa stia parlando purché qualcosa venga detto e tiri, già che ci siamo, l’acqua al suo mulino. È che è fatta la così la democrazia, ciascuno la pensa un po’ come crede, e tendenzialmente non ne deve rispondere a me, o a Maroni, quanto alla collettività. Se poi Roberto Maroni o chi per lui pensi di “essere” la Collettività, ok, avremo un altro problema e ce ne occuperemo quando arriviamo alla G, Governo, definizione di. Non si può far tutto subito.
La cosa pericolosa, nel silenzio che colpevolmente vi lasciate attorno, o guru, è che nessuno ha gli strumenti e gli argomenti per controbattere agli sproloqui dei ministri e magari far notare che un conto è avere un’opinione, per quanto indelicata o -che so- estremista, ma assolutamente legittima, ed esternarla su un gruppo di Facebook (che è un mezzo) della quale opinione ci si deve assumere ogni responsabilità civile e penale come di già è previsto dalla legge. Un altro è far passare suddetta legittima divergenza per “istigazione a delinquere” che è un modo meno fascista per esprimere un qualche cosa che fa muovere l’ago della bilancia in un punto della scala abbastanza pericoloso, al secolo: il reato di opinione.
Perché altrimenti qual è la differenza tra “la padania imbraccerà i fucili” e “bravo tartaglia siamo con te”? Al netto del fatto che io non “sono” con Tartaglia, non sarà che una frase viene detta dopo e l’altra prima? E non sarà che la parola “istigare” presupponga che l’eventuale dolo sia per l’appunto “suggerito e supportato in anticipo” e non a posteriori? Sarà che non conosciamo il significato delle parole e di questo hanno colpa anche chi per mestiere deve formare il vocabolario e l’opinione pubblica?
Pensavo fosse giusto, guru, sollecitare una vostra uscita sull’argomento, doveste per sbaglio avere una opinione a riguardo che guardi un poco più in là del Kindle. Ma in italiano, non in paraculese. Perché magari tra mezzora l’opinione di cui sopra potreste non avere più modo di esprimerla manco in braille. E un po’ è anche colpa vostra, perché io lo scrivo qui, solo qui. Potreste usare i canali che avete per qualche cosa di meno onanistico, se mai aveste un moto di dignità, mica è obbligatorio.
una critica costruttiva…
bell’articolo – davvero – Gianluca, fammi solo smaltire pranzi e cene di natale (ed anche un po di meritato riposo) e poi cerchiamo di mettere un pò di cosucce a posto …
… e piantala di darmi del guru solo perchè mi metto un pappagallo sulle spalle (che a proposito di chiama chicco)
:-)
io ho sempre ammirato Attila(anche se un pò mi dava fastidio il fatto che non crescesse più l’erba dove passava),e sono dispiaciuto che si sia fatto convincere a fare dietro front da quel cazzo di papa di cui non ricordo il nome (Leone?).dici che questo mi causerà dei problemi?E un’altra cosa volevo chiedere:Maroni suona l’Hammond meglio di come amministra?Per tutti gli amanti della musica spero di sì.Io ho sempre amato quello strumento,ma ora mi è un pò sceso.Terza ed ultima:ma le puttane adesso le chiamano Guru?Ah,non frequento facebook,ma un pò preoccupato lo sono lo stesso.
Michele, l’articolo, l’ho scritto io. (a me chicco è piaciuto)
sasaki, marry me! (o mi ti lancio addosso)
Facciamolo anche in TV digitale: affinché la transizione, o switch-over, non sia una occasione perduta per modernizzare il Paese anche dal lato del media più influente.
Comprare un decoder per forza è già al limite, comprarlo non connesso a Internet è una perdita.
Stiamo lavorando tutti per farlo costare poco, date una mano all’ecosistema estendendo i vostri siti web allo schermo TV: http://www.blobforge.com
Buone feste,
pancrazio
chapeau, sasaki.
quoto a mani basse, anche se c’è da considerare che quelli che parlano di rete sono nella situazione di quelli che parlano d’economia, e come per l’economia a parlarne come si deve non c’è gusto, si dovrebbero abbandonare tutti gli argomenti del cazzo che fanno audience, rinunciare all’iperbole e ammettere di vivere tumultuosi tempi di transizione oltre i quali ben pochi hanno interesse a gettare lo sguardo
per parlare della rete e della sua evoluzione seriamente occorre affrontare livelli di complessità che non hanno mercato, a chi senta il bisogno di discorsi del genere suggerisco “comunicazione e potere” di castells, che è appena uscito ed è la cosa più fresca e più a segno degli ultimi tempi
Secondo me il fenomeno è frutto di due spinte sinergiche: il Potere demonizza in modo generalizzato quel che non riesce a controllare (Feisbùk) cercando di incollare nelle capocce della Massa quattro slogans stracci che facilitino l’equazione Internet = estremismo; dall’altra parte i guru non ritengono di doversi insozzare l’intelletto a cercar di replicare ad attacchi giudicati rozzi e non degni di attenzione. Condite tutti con il fatto che siamo sotto le feste e il giuoco è fatto.
quello si chiama moral panic e non è circoscritto a fb, in genere comprende sempre una minaccia ai giovani, per lo più sconosciuta ai vecchi in modo che se ne possa fantasticare e delirare, anche YouTube e Second Life ad esempio ne sono state investite
sorte che non tocca a youporn e fratelli, il che offre altra carne alla riflessione
Ma insomma, vogliamo capire una volta per tutte che Internet NON è il paese reale? Se così fosse avremmo da anni Scalfarotto a capo del PD, Marino avrebbe vinto le primarie e i Radicali sarebbero almeno al 20% (per non parlare di Di Pietro).
La verità è che a scambiarsi opinioni politiche a discutere di società e quant’altro, su Internet è e rimane un’esigua minoranza (e non mi si dica che quadi metà della popolazione è connessa, dato che sapete benissimo anche voi che di questo 40e fischia % la stragrane maggioranza è collegata per scaricare film e canzoni a sbafo e per vedersi i gol della Juve su Youtube). Il sentire comune è che Internet sia una specie di luogopieno di pedofili, pirati, violenti agitatori e quant’altro, ma non solo perché è quello che gli dicono gli altri media (peraltro ben interessati a non mollae il proprio scettro in favore di questo maleducato giovinastro), ma perché la gente (quella con dodici “g”) NON SA cosa dia Internet. Riconosciamo una volta per tutte la nostra evidente autoreferenzialità e forse e solo forse, sarà il momento in cui si potrà uscirne. Non prima.
E questo che commento sarebbe? Ne sentivi davvero il bisogno di dire queste cose? Per sapere.
Certo che ne sentivo il bisogno. Non mi esento neppure io dalla critica, ovviamente.
Il fatto è che, pur condividendo in toto i concetti da te espressi, trovo che l’idea che dei “guru di Internet” possano in qualche modo, non dico far pendere, ma neppure spostare di un millimetro i piatti della bilancia dell’opinione pubblica, sia ingenua e inficiata dalla stessa autoreferenzialità di cui sopra. Per intenderci (e in senso più ampio e lato dell’argomento del post), io credo si debba uscire dall’illusione che, per esempio, la piazza telematica possa sostituire, come luogo della politica, la piazza reale. Non è discutendo tra noi quattro gatti che si può cambiare il sentire della nazione. Mi sono spiegato meglio? Pensi che sia un commento inutile? Io non credo. Questa illusione è pericolosa, soprattutto per chi pensa di fare opposizione con le parole e le idee, se si autoghettizzerà nella realtà rassicurante di Internet, confondendola con la realtà tout court. E lo dico da appassionato fruitore di Internet.
guarda io pensavo, continuo a pensare effettivamente, che certe volte alcune cose siano ovvie e invece no, e per questo mi tocca darti ragione.
allora cerco di essere didascalico.
è evidente che tutti quanti noi, se siamo d’accordo con quel che ho scritto (ed ho scritto ad altri di scrivere), riteniamo ovvio che il popolino medio non penda dalle nostre labbra; nel testo stesso ho espresso questo concetto quindi sì, credo che il tuo commento sia stato inutile. il primo.
e poi aggiungo che la parola “autoreferenziale” sta ad internet come “gli ambienti di Facebook” stanno a Rai Uno. chi la usa non percepisce la realtà: tutto è autoreferenziale sino a che un numero significativo di persone non ne conosce l’esistenza. Anche i Corriere della Sera è autoreferenziale, anzi alle volte si cita. Come Mozart. Ora, o diamo loro degli schizofrenici o accettiamo l’idea che si tratti di un quotidiano piuttosto famoso che quella fama si è guadagnato nel tempo al passare del quale la propria autoreferenzialità è passata in secondo piano rispettivamente alla differenza che faceva leggere quel che i suoi giornalisti avessero o non avessero da dire; tutto questo, non c’entra nulla con gli esami di Stato, sia chiaro da subito.
Quindi sin tanto che i blog italiani navigano su una quota di qualche centinaio di milioni di pagine al mese (la somma) si è accettato di buongrado che non si tratta più di autoreferenzialità ma di un qualche cosa che esiste il che non è necessariamente detto che abbia successo tra le masse. cfr. la carboneria. erano in sei a dir tanto e li si studia sui libri di scuola. mutatis mutandis, ovviamente.
Morale della favola, il concetto “la blogsfera non conta nulla non ci facciamo le pippe” è un concetto analizzato, vediamo, direi nel 2003. Presupposto questo a quasi sette anni di distanza, talvolta, escono post come il mio, altrimenti uscirebbero post che non consigliano ad un giornalista di scrivere un pezzo esplicativo e à la “popolana”. ok? staremmo ancora qui a scriverlo noi di nostro pugno perché penseremmo che la “casalinga di voghera” passi le sue giornate su sasakifujika.net
infine, la questione guru pensavo di averla sufficientemente espressa con ironia. dato che il primo guru che si è auto-presentato non ha manco notato che il pezzo non era scritto dal proprietario del blog… hai presente quel signore che si presenta alla porta di un indovino “toc toc. chi è?, Cominciamo bene”, ecco si intendeva questo.
quindi si, il primo commento era inutile, dati i presupposti; il secondo rispiegava i motivi che abbiamo più o meno tutti capito da circa un lustro altrimenti non saremmo qui a parlarne. e per questo, dipendesse solo da me, etichetterei anche quello come inutile.
al di là del fatto che a causa dei commentatori ho una querela sulle spalle (e il commentatore in questione no), certe volte trovo più di un motivo per cui ricordarmi che i commenti non servono: perché nessuno, davvero, aggiunge molto al soggetto di volta in volta trattato, la gente passa e piscia sui pali. Quando smetterà di essere così forse queste code appiccicate allo ugc saranno forse più interessanti, per ora non sembra proprio. e sono passati quasi 10 anni.
hai ragione Simone,i commenti non servono e dunque neanche il mio.pero’ci tenevo,e molto,a dirti che sei davvero bravo e leggerti e’sempre un piacere per me.
scusa la svista sasaki, ma a parte ribadire che non sono guru, ma solo un appassionato della rete, e portarti l’apprezzamento di chicco per i tuoi complimenti, io invece credo che la blogosfera, quando dice cose sensate e con cognizione di causa (magari condividendole anche su Facebook) riesca a fare breccia eccome.
l’importante è crederci ed io ci credo eccome.
al proposito ti segnalo questo post che ho appena pubblicato relativamente all’articolo di Maria Laura Rodotà apparso oggi sulla prima pagina del Corriere della sera:
http://micheleficara.com/blog/2009/12/27/facebook-amici-nemici-semplici-conoscenti-maria-laura-rodota/
il problema di fondo comunque rimane quel 40% di analfabeti funzionali che non sono raggiungibili da nulla di scritto e da niente di parlatoquando esprima concetti che vadano oltre l’elementare, quella è la pima palla al piede che sarebbe utile toglierci, ma non mi sembra di vedere una gran spinta e molti volontari per quest’opera d’alfabetizzazione, che pure ne avremmo tutti grandi vantaggi
Sasaki, mettiamola così: il concetto sarà stato pure analizzato nel 2003 (e ti stupirà, ma nel 2003 c’ero anch’io a discuterne), ma ciononostante, nel 2009 (per dirla con Troisi e Benigni, “quasi 2010”) continuano a nascere crescere e svilupparsi gruppi che invocano la democrazia diretta attraverso Internet, i Grillini e quant’altro. Il che significa che forse il concetto è stato eviscerato, ma a sette anni di distanza, evidentemente, non si è stati ancora in grado di porvi una parola definitiva. Detto questo, il tuo essere didascalico, perché evidentemente certe cose non sono ovvie a tutti, te lo puoi anche tenere, perché ti potrei rispondere che forse non è altrettanto ovvio a te quanto è ovvio a me, ma non mi interessa fare una gara di spocchia o a chi ce l’ha più lungo (non metterei la mano sul fuoco per quel che ti riguarda, vista la tua reazione alle critiche). Ad ogni buon conto, io non ho querele sulle spalle, ma non ho neppure espresso concetti che in alcun modo possano portare alla querela da parte di chicchessia, dato che il mio è stato un semplice ragionamento politico. Ti sta bene, non ti sta bene? Fatti tuoi. Certo se qualcuno ritiene che i commenti non siano altro che una pisciata per segnare il territorio, mi chiedo quale concetto di Internet si voglia difendere e diffondere, ma anche questi, appunto, sono fatti tuoi.
Non entrerò neppure nei tuoi parallelismi tra Internet ed il Corriere o la Carboneria. Diciamo semplicemente che le analisi storiche non sono il tuo campo di elezione e chiudiamola lì.
Mi viene solo da chiedermi. Se il mio commento era inutile, quale sarebbe, dunque, l’utilità del tuo post (a parte forse far notare l’insipenza degli “Internet guru”)?
Per quel che mi riguarda la questione è chiusa. Saluti.
Per quel che riguarda me no.
Mi chiamo Simone.
Che io abbia il pisello corto è cosa nota. So che stai trattenendo a stento le pazze risate. Fa’ il possibile apprezzerò lo sforzo.
Non mi stupisce tu fossi a discutere la cosa già nel 2003, buon per te. Si vede che la prendi a cuore. Comunque non c’entra nulla, anzi peggiora la tua situazione.
Non ho letto alcuna critica nel tuo commento, ti ho solo risposto che lo trovavo inutile perché non hai aggiunto nulla a quel che avevo già scritto. Quello a cui non mi pare “stia bene” sembri tu, ad un’occhiata rapida.
Non ho mai fatto passare il concetto che stavi scrivendo alcunché di perseguibile penalmente, te lo sei inventato di sana pianta: peggio, non hai capito cosa ho scritto. Stavo solo sottolineando che ho i miei motivi per non dar troppo retta ai commentatori e tra questi un motivo in più è che spesso passano per dire la loro a prescindere che, nell’ordine, serva, sia interessante, non sia già stato detto da decenni. E tre commenti su tre l’hai confermato.
L’utilità del mio post è che io scrivo, quando hai tempo trovami l’utilità del post successivo e/o precedente.
Io non devo diffondere concetti di internet, io ho un’opinione e talvolta la esprimo, il più delle volte taccio. E non faccio proselitismo, ma è un’arma che mi rivolta contro.
«Non entrerò neppure nei tuoi parallelismi tra Internet ed il Corriere o la Carboneria. Diciamo semplicemente che le analisi storiche non sono il tuo campo di elezione e chiudiamola lì.»
Al contrario entra pure, non vedo l’ora di sentire la tua. Il mio non era un parallelismo né un’analisi storica (avrebbe avuto molto poco senso dissertare sulle sfaccettature della storia d’Italia nel bel mezzo di un esempio) ma un’evidente iperbole, e lo si evince dal fatto che in molti sanno che i carbonari non erano sei come ho scritto. Tale e tanta è l’esplicita riduzione che altro non può essere che l’autore abbia ridotto per attirare l’attenzione su un’altro punto, quello sul quale bisognerebbe concentrarsi. È proprio un’altra figura retorica che con i “paralleli” ha poco a che spartire. Preso a mo’ di esempio spiegava perché l’autoreferenzialità non esiste. Appena hai un momento esponimi pure la tua, al netto però del fatto che tu abbia inteso che non avevo intenzione di parlare di Silvio Pellico, ok? Io faccio tante cose tutti i giorni e trovo comunque il tempo di andare a vedere le carte in mano agli altri. Aspetto.
Qualora poi il post fosse stato scritto al solo miserabile scopo di mostrare “l’insipienza dei guru”, magari capisco non ti soddisfi ma è sarebbe già un risultato. Quindi sull’utilità o meno del post io non proseguirei, al contrario se hai altre angolature da espormi per dimostrarmi il contrario, come di consueto sono disponibile.
Infine, io non sono spocchioso. Io detesto la gente che mi rivolge la parola e nemmeno sa chi sono. E la tratto per come meglio ritengo sia opportuno.
Non mi pare d’averti mai offeso, ho solo espresso una perplessità che è la terza volta che dimostro sulla necessità di un commento che mi sembrava a ragion veduta in prima istanza inutile, e ben che andasse ridondante.
Se ti sto antipatico, mettiti in fila. E soprattutto non dobbiamo sposarci, quindi che problema c’è? Domande?
L’iperbole era utilizzata all’interno di un evidente parallelismo tra la storia della Carboneria ed Internet. Idem dicasi per l’esempio fatto riguardo al Corriere Della Sera. Dobbiamo forse disegnare lo schemino? Che tu sia in grado di attendere per vedere le carte altrui non è cosa di cui dubiti. Che tu stia cercando al contempo di fare il gioco delle tre carte è, a dir poco, palmare. Come speravo fosse chiaro, delle dimensioni del tuo pisello non mi interessa alcunché e non ho alcuna risata da trattenere. La mia simpatia od antipatia nei tuoi confronti, non è argomento che sollevi in alcun modo il mio interesse, come, del resto, non credo sollevi il tuo. Dire che il tuo post ha valore in quanto scrivi, poi, è certamente vero, quanto pleonastico. Ripeto, lamentarsi dell’utilità dei commenti altrui per poi dire che ciò che esprimi è utile in quanto esistente è abbastanza antinomico. Contento tu. Come ho detto, per quel che mi consta il discorso è chiuso.
Ah, dimenticavo, è chiaro che non hai mai detto che ciò che scrivo fosse penalmente perseguibile, questo te lo sei inventato tu, di sana pianta. Io ho solo voluto chiarire come, se i motivi che ti portano a diffidare dei commenti si rifanno alla querela che hai avuto per colpa di un tuo commentatore, nel mio, di commento, non vi fosse invece nient’altro che un’osservazione di natura politica.
Se poi non hai ancora compreso quale fosse la ratio del mio commento, non ho problemi a rispiegartela: in modo evidentemente ingenuo, ho creduto che nel passaggio: “Al di là delle simpatie e antipatie, riconosco la loro influenza, la usino”, tu intendessi dire che riconoscessi la loro influenza e li invitassi ad usarla.
Sasaki (o Simone), certamente io non ti conosco, ma se quello che mi stai dicendo è che per commentarti, quantomeno senza essere trattati in modo inutilmente condiscendente e ingiustificatamente supponente, ci si deve prima presentare, allora io sono Luca. Dopodiché, penso realmente che sia il caso di rinnovare i saluti e chiuderla qui.
No io credo di no, e sai perché? Perché ho un sacco di tempo da perdere.
Tant’è che iperbole o meno, che no hai confutato, sono ancora qui ad aspettare come sia che l’autoreferenzialità sia una parola sciocca di cui non c’è bisogno e come il mio esempio fosse fuori luogo. Attendo schemino.
Se delle dimensioni del mio pisello non ti fosse importato non le avreste citate. «ma non mi interessa fare una gara […] a chi ce l’ha più lungo (non metterei la mano sul fuoco per quel che ti riguarda)» a me sembra parlare del mio pene. Non so cosa ci leggano gli altri ma trovo schizofrenico due commenti dopo dire «del tuo pisello non mi interessa alcunché». Poi fai tu.
Adesso, comincia ad essere lunga, non sto giocando alle tre carte, mi sembra di risponderti punto per punto. Quali tre carte? Ti ho detto, “secondo me hai scritto una cosa inutile”. La risposta poteva essere, no, si, viva la figa. Il resto s’è montato per conseguenza.
Il fatto che il post abbia senso poiché io scrivo (anche) è pleonastico sì, nella misura in cui la frase che mi ha obbligato a rispondere il quel modo è a mio modo di vedere un filo sciocca « Se il mio commento era inutile, quale sarebbe, dunque, l’utilità del tuo post?». Il mio post nasce prima del tuo commento. Prima dopo, azione reazione. Quelle cose lì.
«Ripeto, lamentarsi dell’utilità dei commenti altrui per poi dire che ciò che esprimi è utile in quanto esistente è abbastanza antinomico.» A parte l’utilizzo di un registro esageratamente tecnico -non che da queste parti non lo si capisca, anzi, è proprio utile- dicevo a parte lo sfoggio siamo alle solite: il mio non è un commento. Il tuo è un commento al un pezzo che scrivo e pubblico, di norma ci si aspetta che un commento possa in qualche misura integrare quello che un altro scrive altrimenti, senza che nessuno si senta offeso, si etichetta il tutto come “inutile”. Fine della fiera. Poi se vuoi andiamo avanti di “antinomico” a palla. Ma se non abbiamo i concetti di prima e dopo, opinione e commento all’opinione la vedo dura.
«questo te lo sei inventato tu, di sana pianta.» come per il pisello, le cose che non interessano non si riportano, di norma. Non si litiga con chi ti è indifferenti, ti giri dall’altra parte e te lo dimentichi.
Il che, al netto della spocchia, dello snobismo eccetera, Luca (piacere) (sì preferisco che chi abbia da dirmi qualche cosa su quello che scrivo mi conosca o faccia la fatica di sapere se è la prima volta che mi viene da mettere le mani su una tastiera o magari è qualche anno che esprimo certi concetti e mi concedo il lusso di essere un poco tranchant -e sbaglio, questo lo so), ecco detto tutto questo siamo arrivati al punto: chi sei tu per me? E vice versa perché ci si arrovelli tutta la notte sul punto che sono assolutamente sicuro di aver ragione e tu pure ed entrambi ci siamo dimostrati di avere sufficiente vocabolario per continuare il giochino per sempre? Se non ti va che abbia l’ultima parola scrivi pure qualsiasi cosa, è che, non perché mi sia ricreduto, ma proprio perché “non esisti”, non credo che sia necessario procedere. Su questo hai una ragione grande così.
Buona notte.
si sente un gran bisogno di un partito dell’amore
si sente un grande grande bisogno di vivere in un ALTRO paese
Ti leggo per la prima volta e per la verità non ho capito bene che cosa vuoi dire – ma ovviamente è colpa della mia limitatezza. Però mi sembri un incredibile trombone
Conscio del fatto che sto per “pisciare sui pali” (cit.): questo scambio di vedute dimostra a) che in democrazia il nocciolo di una discussione esige fisiologicamente di essere sorretto da un corollario di fuffa che lo renda assimilabile per gradi; b) che l’esito di un dibattito può anche concludersi con un nulla di fatto, nel senso che è utile lo scontro di idee anchde senza che si giunga a sintesi; c) che, putroppo, i non internettiani che abbiano casualmente visitato questa pagina, persone per le quali il dialogo è tempo sprecato, penseranno davvero che siamo dei fighetti autoreferenziali buoni solo a fare a gara a chi stoppa per primo l’altro.
Cambio palo.
Ma Alberto Erre, io sono un incredibile trombone, e quindi? E adesso? Cosa ti cambia?trovi del buono in quel che c’è scritto? Bene. Non sei d’accordo? Altrettanto bene non capisco l’utilità di cumunicarmi cosa ne pensi di me. Poco male.
Shengo sono anche un fighetto, e non gioco a stoppate gli altri per sport, controbatto sino a che posso dimostrare e sono certo di avere ragione, quando sbaglio torno sui miei passi e di norma chiedo scusa. Siete voi che cercate chissà cosa qui dentro. Io ho solo scritto un post su l mio blog e siccome ho ritenuto che fosse di interesse comune l’ho pubblicato anche su Macchianera, cosa che mi è permessa di fare a seguito di aver talvota dimostrato al suo proprietario di a) non essere proprio l’ultimo stronzo che passa per la strada, b) avere idee ed argomenti, c) saper scrivere. Non avevo capito che dovessi stare simpatico alle masse. Ma se volete ci provo. Buon anno.