Al vertice FAO che si sta tenendo a Roma, deludente nella misura in cui non ci saranno impegni concreti di finanziamento da parte dei paesi membri (ricchi o poveri che siano), è arrivato puntuale il flame del capo della chiesa cattolica, Benedetto XVI, con il discorso introduttivo nella mattinata di lunedì. E come poteva non essere? Quando si parla della fame del mondo, dei poveri, dell’Africa: argomenti che da anni stanno a cuore al vicario di Cristo.
Parlando super partes (anche perché fino a oggi il Vaticano si è ben guardato non solo dal finanziare la FAO ma persino di aderirvi come paese membro), Joseph Ratzinger ha tuonato contro l’indifferenza e il cinismo delle società industrializzate colpevoli di “opulenza e spreco”, ricordando “che è necessario coinvolgere le comunità locali nella decisioni sulla terra coltivabile promuovendo l’agricoltura non per il profitto fine a se stesso, per egoismo, considerando il cibo alla stregua di tutte le altri merci”, svelando, infine, e questo è l’aspetto che meraviglia di più nel discorso del pontefice “che il cibo è un diritto di tutti e che la Terra può nutrire tutti i suoi abitanti perché non c’è un nesso cusa effetto tra la crescita della popolazione e la fame”. Dichiarazione, quest’ultima, figlia dell’esempio evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci e sicuramente più attraente, in un mondo di terreni aridi e di contadini costretti a svegliarsi alle 4, che promuovere lacrime, sudore e fertilizzante.
Non c’è un nesso, dunque, tra crescita demografica e cibo, secondo Ratzinger. Più bocche da sfamare non possono essere un ostacolo, basta produrre di più, non distruggere cibo per scopi speculativi (come succede nei paesi ricchi, per tenere alti i prezzi) e non sprecare, non buttare nel cestino. Imbarcare su una nave il surplus, magari regalarlo perché i paesi poveri non hanno reddito (sia fatto notare che se io vado al mercato le zucchine gratis non me le danno, neanche l’ortolano più santo del mondo).
Ma davvero non c’è il nesso? Davvero è solo un problema etico e distributivo?
Oggi il numero di persone che soffrono di fame è lo stesso, in percentuale, del 1990. Se consideriamo l’Africa la popolazione complessiva è aumentata dai 600 milioni di abitanti nel 1990 fino ai 900 milioni di oggi: ci sono 300 milioni di bocche da sfamare in più. Dato che l’agricoltura e il libero mercato hanno fatto progressi – nonostante gli speculatori che evidentemente hanno lasciato fare – di queste 300 milioni di nuove bocche, se teniamo buono il discorso della percentuale immutata, almeno 4 su 5, 240 milioni, riescono a beneficiare dell’aumentata produttività dell’agricoltura mondiale e mettere qualcosa sotto i denti, mentre abbiamo almeno 60 milioni di nuovi individui che soffrono per fame. Per parafrasare il celebre proverbio di Trilussa questi 60 milioni di poveretti non dovrebbero soffrire statisticamente (la percentuale non è aumentata, come detto sopra); tuttavia la fame non è un male statistico bensì un male di stomaco, la sofferenza è indivudale, non collettiva.
Come si fa, caro Joseph (posso chiamarti così) a non trovare il nesso se l’aumento demografico, in un continente endemicamente sottosviluppato come quello africano, è del 50% in soli 20 anni? In un’area geografica storicamente svantaggiata per le colture primarie a causa del clima? Prendiamo l’esempio dell’Egitto che nel XX secolo ha visto esplodere la sua popolazione fino a 80 milioni (come la Germania) per un paese che ha un’area coltivabile di solo il 3%, concentrata nella Valle del Nilo. Un paese che raccoglie il poco grano che produce in inverno e che mangia panino kebab da mattina a sera. L’Egitto dipende fortemente dalle importazioni di grano (mentre è un esportatore di riso) non perché ci sia un complotto demo-plutonico-industriale ma perché se raddoppia la popolazione e nel deserto africano non c’è più uno straccio di area verde finisce che devi importarlo da fuori. Punto. E dipendere dalle importazioni vuol dire essere in balia del buono e cattivo tempo dai mercati, soprattutto quando paesi che hanno un boom demografico simile (Cina e India, per dire) finiscono per imporre dazi all’export di grano per calmierare i mercati interni e nutrire i propri cittadini e a te, fratello africano, tocca comprare il grano dagli unici esportatori rimasti che sono i produttori di sovrappiù. Oggi il 25 % delle esportazioni di grano mondiale vengono dagli USA, il 15% dal Canada, il 13% dalla UE, il 9% dalla Russia. Seguono grossi produttori singoli come Ucraina e Argentina. L’Africa invece è un grande importatore di frumento, perché non riesce a soddisfare la richesta proveniente dai suoi 900 milioni di abitanti, dai paesi nordafricani come l’Egitto, la Libia, l’Algeria così come dai fratelli dell’Africa Nera, che la valle del Nilo nemmeno ce l’hanno. E oggi i prezzi del frumento stanno risalendo sui mercati in maniera decisa, dopo la caduta dai massimi del 2007. Sarebbe in balìa l’Africa dei mercati alimentari, se avesse metà della popolazione? Certo che no. Ecco il nesso tra cibo e demografia.
La speculazione sui mercati internazionali fa la sua porca figura, non va negato. Nel 2007 si arrivò al picco delle quotazioni del grano perché dopo la bolla immobiliare gli operatori finanziari stavano cercando di scalare il “silos virtuale” del frumento mondiale e trovare nuovi terreni su cui moltiplicare i guadagni della moneta abbondante e dei derivati abbondantissimi. Ma le bolle si gonfiano e scoppiano. I prezzi salgono e poi scendono. Oggi i prezzi del grano sono gli stessi del 2004, è aumentata la variabilità nel breve periodo, aumentano le montagne russe e la percezione degli aumenti ma, alla fine, la regola semplice della domanda dell’offerta è l’unica che spiega le cose. E la domanda dipende dalle bocche da sfamare, una funzione lineare e ovvia, trattandosi di un consumo primario. Il trend di lungo termine, oggi, è di una crescita dei prezzi dei beni alimentari perché la popolazione sta crescendo a una velocità iperbolica mentre la produttività agricola non riesce a tenere il passo. La speculazione cavalca i trend, li amplifica nel breve, ma nel lungo termine tutto torna, anche i prezzi. Ecco, ancora, il nesso. Dato che l’Africa si è messa nei guai da sola, facendo esplodere la domanda mondiale di prodotti alimentari e diventando di fatto grande importatore, l’unico modo per uscire dal “buco della fame” è ridurre la domanda interna o aumentare la produttività dell’offerta locale (ci sono diversi progetti sperimentali, alla maniera israeliana, di fare agricoltura nel deserto). E per ridurre la domanda interna non c’è altro mezzo che il controllo demografico, da attuarsi non con una pallottola alla testa – modello cinese – ma con la promozione di una classe medio-borghese, emancipata, con un tenore di vita sufficiente da non considerare la procreazione una specie di roulette russa della discendenza, per ridurre il numero di figli per madre dall’attuale 5,8 a percentuali più americano-europee (1,9 figli). Operazione possibile se i proventi delle materie prime (gas, petrolio, minerali) venisse investito dai governi nello sviluppo di un tessuto industriale e dei servizi e non imboscato in Svizzera o investito nelle multinazionali, ricchezze concentrate e gestite a livello delle varie famiglie regnanti, a titolo personale. Sport in cui si distingue proprio quel pittoresco dittatore libico amico dell’Italia che continua a tuonare contro i soprusi – passati – del colonialismo europeo, dimenticando i soprusi – attuali – suoi e dei suoi simili. Come Mugabe.
Anche i paesi esportatori devono fare la loro parte, incrementando l’offerta mondiale di prodotti alimentari che possano essere venduti a prezzi adeguati nel lungo termine, ai paesi africani. Soprattutto la UE può fare di più, dato che negli ultimi anni la politica agricola comune si è piuttosto orientata alle sovvenzioni ai contadini per la distruzione del prodotto e conseguente supporto artificiale di prezzi come sostegno al reddito nelle campagne. Tanto che ormai i contadini guidano il SUV anche se il raccolto è andato male. L’Europa, vincendo i suoi pregiudizi protezionistici sul reddito agricolo, potrebbe incrementare la sua esportazione, soprattutto in una regione geograficamente vicina, come l’Africa.
Quanto al papa, anche lui potrebbe fare la sua parte invece di negare l’unico nesso certo tra offerta di beni scarsi e proliferazione incontrollata della domanda di cibo. Intanto ci sarebbe quella storia da fanatici, quella roba dei profilattici, che potrebbe essere culturalmente apprezzata nelle famiglie africane se il Vaticano togliesse il suo veto ideologico all’atto sessuale senza procreazione. Aiuterebbe a fare un figlio in meno, per sfamare gli altri quattro. E poi, coerentemente con la giusta critica all’Occidente che distrugge il grano per profitto avrebbe potuto incontrare personalmente quei 300 agricoltori siciliani con i trattori che proprio mentre lui teneva il suo discorso nell’area gremita del summit FAO, bloccavano per protesta il traffico della capitale per rivendicare anche per i vigneti gli stessi contributi pubblici che ricevono già per i campi coltivati a grano. Contributi a fondo perduto che servono a sostenere il reddito producendo di meno, in barba alle oscillazioni dei mercati, riducendo il rischio personale a carico della collettività e del mancato export al bambino africano.
Ecco, la prossima volta ci parli lui, il papa, con gli agricoltori siciliani.
E sarà stato utile anche lui.
Applausi!
Difficile trovare il tempo per controbattere le cavolate e i soliti luoghi comuni contro la Chiesa e il Papa riassunti in questo post, ma mi concentrerò su due: il nesso tra popolazione e cibo disponibile e la storia dei preservativi.
Sul primo punto, esistono fior di studi e accademici (regolarmente consultati dal Papa attraverso le Accademie scientifiche promosse dalla Santa Sede) che dimostrano che il nostro pianeta può produrre una quantità di cibo tale da sfamare molti miliardi di persone, ben oltre l’attuale popolazione e anche quella prevista in futuro. Altri studi dimostrano che il tasso di fertilità si stabilizza quando le famiglie si sollevano dalla povertà, per la semplice ragione che non c’è più un bisogno disperato di generare nuove braccia per coltivare la terra e uscire dalla fame. Quindi questi dati – scientifici, non ideologici o religiosi – portano alla posizione della Chiesa, che è la più ragionevole: aumentare la produzione agricola e la distruibuzione equa delle risorse in tutto il mondo senza favorire disparità (sussidi europei) e senza intaccare la libertà procreativa delle famiglie. La posizione invece dei paesi “illuminati” è: manteniamo le disparità, le speculazioni, le ingiustizie dei dittatori e agiamo sulla “domanda”, favorendo diritto all’aborto e diffusione della contraccezione. Come si vede, una scorciatoia immorale e che non fa altro che rimandare i problemi mentre limita la libertà procreativa delle famiglie.
Sui preservativi in Africa, il Papa e la Chiesa, ancora una volta, hanno ragione: la ricerca (non il Catechismo) dimostra che laddove si favorisce l’utilizzo di preservativi, aumenta la deresponsabilizzazione e quindi si incentivano proprio quei comportamenti che si vogliono combattere, quali la promiscuità sessuale che porta alla diffusione dell’AIDS.
Che fine ha fatto Emilio?
Dion Halic,
mi piacerebbe conoscere quali sono i “fior di studi accademici” che dimostrano che si può produrre cibo a sufficienza per nutrire molti miliardi di persone. A me sembra che gli scienziati da un bel po’ ci stiano ricordando che le risorse della Terra sono limitate (non come le vie del Signore, notoriamente infinite). Me li potresti citare (gli studi)?
In merito ai preservativi, sarò ottusa, ma a me invece sembra proprio che chi li usa corra meno rischi di contrarre malattie infettive di vario genere. Aumenta la deresponsabilizzazione? E’ quindi più responsabile chi non li usa? A già. Non bisogna incentivare i comportamenti “che si vogliono combattere”. Chi li vuole combattere, scusa? Forse quelli che legittimamente la pensano come te. Altri, e non son pochi, non stigmatizzano quella che tu chiami promiscuità sessuale come comportamento irresponsabile. Lo è se non ci si cura degli altri, non proteggendosi per esempio.
@Lorenzo, Emilio continua sul mio blog, non mi sembrava il caso di fare post mensili su macchianera, farò degli aggiornamenti trimestrali:
http://www.jonkind.com/mainstream/emilio-financial-hero/
@dion, mi pare che stai mischiando troppe questioni in una. se speriamo che la società africana diventi ricca per cambiare i suoi costumi temo ci vorranno secoli. Oggi la globalizzazione delle idee aiuta a scambiare anche esperienze in modo diverso. Per quanto la scarsità dei beni anche l’acqua non sarebbe un problema se si potesse bere l’acqua del mare. Non è così semplice passare della teoria dell’infinita fertilità della terra al problema pratico dell’agricoltura sostenibile. se così fosse non si produrrebbero gli ogm, per esempio.
Non ho capito la storia dei finanziamenti europei per produrre meno.
Dalle mie parti è rimasto l’unico motivo per cui si coltiva la terra, chi non può prenderli lascia i terreni incolti perchè è antieconomico…
@ Dion. Halic: ma perché, secondo te, se l’Africa ha il problema dell’Aids, ciò è dovuto alla “promiscuità sessuale”? Davvero?
La solita serie di papate senza alcun senso.
Come se avesse preso il microfono per lanciarsi nella versione karaoke di
ba ba ba babababruen
http://riciardengo.blogspot.com/2009/11/barbruen.html
Credo che Dion immagini questi selvaggi e oscuri africani dediti a orge primitive, con i loro enormi falli e le procaci donne nelle oscure foreste del continente nero e al centro del villaggio un bel pentolone con esploratore in bollitura.
credo che Dion. Halic. non sarà in grado di produrre alcuno studio che dimostri come la distribuzione del preservativo aumenti la diffusione dell’Aids
credo che non sia altro del solito tentativo che cita studi a capocchia senza essere in grado di citarli o magari citando l’opera di qulche Lomborg cattotalebano
l’idea di combattere la promiscuità sessuale, poi, è solo nella testa dei preti e delle beghine, non è oggetto di politiche governative e non è un malattia, è solo un problema moral per chi se lo pone
per Barbara e Jonkind: su quanta popolazione è sostenibile nel nostro pianeta, segnalo di J.E. Cohen, “Quante persone possono vivere sulla terra?”, 1998, Il Mulino, dove si mostra che la maggior parte degli studiosi converge sul valore di sedici (16!) miliardi di persone. Ma una risposta univoca è difficile, perché dipende dal livello di consumo che decideremo di adottare (proprio il punto sollevato dal Papa nell’intervento alla FAO). Quindi il punto è come ampliare la torta – nuove tecnologie, migliori processi distributivi – piuttosto che limitare le forchette – magari incentivando l’aborto.
Segnalo anche il premio Nobel per l’Economia Amartya Sen che sostiene da tempo che “Non è il cibo a mancare, ma il danaro per acquistarlo”.
per Mario e Mazzetta (Giul non merita di essere considerato) sul tema dei preservativi in Africa: può bastare la ricerca di Harvard per confermare la posizione della Chiesa? Leggere prego: http://www.corrispondenzaromana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1006:africa-per-luniversita-di-harvard-il-papa-ha-ragione-sui-condom-&catid=27:benedetto-xvi&Itemid=59
Dion. Halic., ma una volta che siamo 16 miliardi che succede? Vinciamo la medaglia d’oro, scende qualcuno dal cielo a consegnarci l’attestato del guinness dei primati? No , perché il motivo per cui bisogna riempire ogni metro quadrato di questo pianeta con un esemplare della nostra specie io non arrivo a capirlo.
Ciascuno ha i suoi valori: un certo tipo di promiscuità sessuale la gradisco volentieri: in fondo è un modo per conoscere le persone.
Ma uso il preservativo.
Pietro, invece secondo te quanti dovremmo essere per farti sentire comodo? E se poi superiamo il numero che ci dici tu che si fa, ne abortiamo un pochi e ne ammazziamo altri? Li scegli tu?
Ma veramente quello che ha stabilito una cifra sei tu: 16 miliardi. Arrivati a quella cifra che si fa? Si mettono in pratica misure di controllo delle nascite? E allora perché non farlo prima, adesso?
Senza contare che ci sono anche altre specie viventi sulla Terra. Quante se ne devono estinguere ancora (tutte magari ?) per consentirti di battere il record demografico?
poi uno non dovrebbe incazzarsi per queste cialtronate…
grazie Dion. Halic., quoto dal pezzo che hai linkato, che è una robaccia tipica, una ricerca di provenienza tipica e che è citata solo da preti e non da scienziati. Green dice che il preservativo funziona per tutti, ma non per gli africani, se non è razzismo questo…
“Il programma Abc (Abstinence, Be faithful, Condom) dell’Uganda, avviato tra il 1986 e i primi anni Novanta, è, secondo Green, il modello che tutti dovrebbero seguire; nella prima metà degli anni Novanta ha perso alcuni suoi caratteri distintivi e recentemente la sieroprevalenza ha ripreso ad aumentare.”
ok, il successo ugandese è questo
http://www.who.int/inf-new/aids2.htm
i “caratteri distintivi” che ha perso sono (toh) i condom
perché i Museweni sono diventati “cristiani rinati” e quindi niente condom, solo astinenza, come piace al Papa
da allora hanno fatto una campagna contro i preservativi bucati e poi sono passati all’astinenza, che ovviamente non ha seguito nessuno e le infezioni sono riprese
US-sponsored abstinence promotions have received recent criticism from observers for denying young people information about any method of HIV prevention other than sexual abstinence until marriage. Human Rights Watch says that such programmes “leave Uganda’s children at risk of HIV”.[10] Alternatively, the Roman Catholic organization Human Life International says that “condoms are adding to the problem, not solving it” and that “The government of Uganda believes its people have the human capacity to change their risky behaviors.
ma, lo sai che nell’articolo originale di Green (non esiste nessuna ricerca, per questo parlo di cialtronate!!!) si dice che: “”consistent condom use has not reached a sufficiently high level, even after many years of widespread and often aggressive promotion,”
Se non sono mai riusciti a distribuirne in maniera significativa, come si può pretendere che ci siano risultati positivi?
C’è veramente da arrabbiarsi quando ci si trova di fronte a qualcuno disposto a mentire sapendo di mentire pur di sostenere una sua convinzione morale, ancora di più se questa sua attività determina vere e proprie stragi quando riesca ad imporre questa sua convenzione agli altri.
La posizione del Papa e il suo attivarsi politicamente per implementarla in Africa, equivale alla decisione cosciente di sacrificare milioni di vite (degli altri) pur di tenere il punto, influenzato dalla notoria sessuofobia dei gerontocrati cattolici. Da notare che nella Bibbia o nlle parole di Cristo non c’è alcuna scomunica per il condom, è tutta farina degli ultimi papi.
Lo hai capito che non esiste nessuna ricerca di Harvard e che si tratta dell’opinione -corretta- di un antropologo di Harvard che esprime un’opinione chiarendo bene (lui sì) che sono ipotesi perché non ci sono ricerche recenti e perché comunque i condom non hanno mai raggiunto una grossa diffusione (grazie a Bush e al Papa) ?
Il sito che hai linkato è complice allo stesso modo e tu diffondendo queste panzane rischi di esser complice allo stesso modo, vale la pena per difendere una cazzata del Papa?
Vecchi sessuofobi con le mani sporche di sangue e le tonache di chissà cosa, solo un clero dalla morale sporca può prosperare accanto alla melma berlusconiana, mentre i fedeli abbandonano in massa la chiesa.
ps
il Green originale è qui: http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2009/03/27/AR2009032702825.htm
un p.s
“Il suo uso corretto, infatti, è protettivo solo all’80-85 per cento” riferito al condom non appartiene a Green
nemmeno: ” la maggior parte dei fondi Usa per la prevenzione all’Aids avviene attraverso organizzazioni che si occupano di salute riproduttiva e family planning. Il nostro pensiero è influenzato inoltre dall’ideologia della liberazione sessuale.”
e nemmeno: “In Africa il cambiamento del comportamento sessuale, infatti, è più attuabile rispetto all’insegnamento dell’uso corretto del profilattico, che poche persone metterebbero in pratica” appartiene a Green, ma al papista italiano e ovviamente si tratta di una balla, Usaid durnte l’amministrazione Bush non ha dato un dollaro ai programmi che promuovessero il condom o i consultori, che per i papisti sono fabbriche d’aborti.
Per loro tutto si risolve con l’astinenza e quindi tutto il resto non serve
Mi scuso con green per quel “razzista” che andrebbe rivolto al papista, mi sono accorto un attimo dopo che era un tarocco e che non riferiva correttamente il pensiero dell’americano
Prendiamo per buono che nel mondo si possa vivere in 16 miliardi, magari belli stretti. Resta il fatto che in Africa, nel Sahara come nell’Africa Nera, il grano non cresce e non crescerà mai.
Pensiamo davvero sia un problema di migliorare i problemi distributivi? Diavolo, siamo andati sulla luna e non possiamo portare il grano in Etiopia? Direi che il problema è un po’ piu complesso di così e che una parte del mondo deve produrre per 4 volte di piu e distribuirlo ai paesi poveri, magari per niente dato che questi i soldi non ce l’hanno, beh. non è così facile.
L’agricoltura e l’economia di scambio si sono evolute nel tempo, con dinamiche proprie anche se a volte sono ingiuste. Dobbiamo stampare moneta e produrre il 400% in più di grano? La vedo dura. Purtroppo mettere d’accordo gli uomini (e i commercianti) è più dura che richiamare ai buoni sentimenti di ognuno. In nessuna epoca, nemmeno quella primitiva, sono vissute società mutuali.
Io partirei con il dire che 6 miliardi sono abbastanza, fin troppi. poi vediamo come distribuire il grano.
Il buon Dion. Halic. si è preso una bella spazzolata…
Jonkind, il grano nell’Africa nera cresce e crescerebbe a centinaia di migliaia di tonnellate, ma poi, come dici tu, e’ dura mettere d’accordo uomini e commercianti…
beh, lele, centinaia di migliaia di tonnellate di grano in senegal e burkina faso mi sembra un po’ dura
è importante anche essere realisti