Polvere gialla

polvereg Mi sono svegliato col cuore in gola. Devo aver fatto un brutto sogno. O forse era così bello che non ero in grado di reggerlo. Sarà per questo che sono rimasto con la tachicardia per tutta la mattina. Con uno sforzo immane sono riuscito a ricostruirlo e ad appuntarmelo prima che la memoria sfumasse. In genere, è come cercare di acchiappare la nebbia. Ma questa volta ci sono riuscito. L’ho scarabocchiato su questo foglio e adesso voglio trascriverlo in WordPress. Così potrò rileggermelo tutte le volte che ne sento il bisogno.

Ricordo che era quasi l’alba e stavo per svegliarmi. La vedevo solo io, perché sotto di me era ancora notte. Mi trovavo a cavalcioni su un satellite, sopra il Mediterraneo. Doveva esserci stato un conflitto nucleare in medio oriente perché alle prime luci dell’alba sotto di me era scomparso tutto. Erano scomparse la Palestina, Israele, la Somalia, l’Iran, la Libia, la Siria, la Turchia. Perfino Afghanistan e Iraq. Non c’era più bisogno di lunghe trattative di pace fra israeliani e palestinesi. Non occorrevano più lunghi dibattiti sull’ingresso della Turchia nell’Europa. La Somalia e la Libia non erano più dei potenziali rompicoglioni. E la guerra in Afghanistan e in Iraq era finita. Non c’erano superstiti.
Dal satellite osservavo il polverone che era rimasto. Una polvere sottile, luminescente. Era il fall out delle esplosioni nucleari. Stava allontanandosi dai paesi del medio oriente e si dirigeva verso l’Italia favorita dal vento. Quando il vento calava, la polvere radioattiva rimaneva sospesa in aria come un’immensa nube gialla. Allora cercavo di disperderla agitando a mano le pale del satellite. Sembrava funzionare. La brezza riprendeva subito delicata e il polverone tornava a muoversi sul mare.
Ora però stava andando in direzione delle coste della Sardegna. Si avvicinava ad Olbia. Alla fine, la polvere gialla arrivava a poggiarsi sul risotto alla milanese che Silvio Berlusconi stava per portare in tavola a villa Certosa. Giallo su giallo. Nessuno degli ospiti se ne sarebbe accorto. Io mi sbracciavo dal satellite per avvertirli del pericolo, ma loro non mi sentivano. Il fall out era arrivato sui piatti degli invitati dando al risotto un tocco dorato luminescente che nemmeno a Gualtiero Marchesi era mai riuscito. Di lì a poco Berlusconi avrebbe servito personalmente il risotto. Faceva il suo ingresso trionfale con il pentolone e riscuoteva gli applausi della tavolata con una delle sue solite battute cretine.
«Sapete perché oggi siamo così di buon umore?», chiedeva.
«Perché non c’è l’opposizione?», azzardava Fini.
«No! Perché abbiamo riso!».
I primi a morire contorcendosi (non dalle risate) erano Fini e Schifani. Essendo entrambi di stomaco sensibile, e non avendo mai sopportato il risotto alla milanese, reagivano immediatamente. Umberto Bossi, da quel cafone che è sempre stato, per una volta faceva qualcosa di elegante vomitando sulla tavola un liquido verde perfettamente intonato con la sua cravatta leghista.
Il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, invece, faceva una fine complicata. Ogni volta che provavo a immaginare che fine avrebbe fatto, lui ne faceva una ancora più complicata.
Ad un certo punto, la polvere gialla si fermava. Girava intorno a vuoto. Andava, tornava. «Dov’è Ferdinando Adornato?», sembrava chiedersi. E non trovandolo si avventava su Giuliano Ferrara. Adornato, si sa, sopravvive a qualunque cosa. E infatti era accanto a me che commentava questo sogno. E ridevamo, ridevamo. Quanto ridevamo io e Ferdinando!
Nel frattempo, dopo il risotto, Ferrara veniva colto da una crisi violenta di dissenteria. Andava a scaricare in un campo lì vicino e non si accorgeva di cacare radioattività su una vipera. La vipera si trasformava in un’enorme anaconda gialla e lo ingoiava in un sol boccone. Ma trovandolo indigesto decideva di avvicinarsi quatta quatta all’allegra tavolata sputandolo, scuoiato dagli acidi digestivi, in mezzo alle altre portate. Gli ospiti ritardatari arrivati in quel momento esclamavano: «Ci siamo persi il risotto ma non ci perdiamo il porceddu!» e si avventavano con forchette e coltelli sul povero Giuliano ancora cosciente. La moglie Anselma, a quella vista, moriva di crepacuore fra le braccia di Emilio Fede.
Io seguivo tutto dal satellite. Ridevo felice e mi dicevo: «Ma questo è un sogno!». Laggiù succedevano cose strane. Ma nessuno se ne accorgeva, presi com’erano a mangiare a quattro ganasce.
Prima di morire nelle convulsioni, a Ignazio La Russa era scomparso il pizzetto e la voce era diventata femminea. Invece, alla Meloni, la Carfagna, la Prestigiacomo e la Gelmini, che erano sedute insieme dalla parte opposta della tavolata, erano cresciuti peli dappertutto. Guardandosi, ridevano istericamente. E schiattavano. Non per la radioattività ma soffocate dal risotto che, si sa, è incompatibile col riso.
Il ministro della Giustizia Alfano faceva una morte giusta, maledicendo giustamente se stesso dal momento in cui aveva accettato l’incarico di ministro a quello in cui aveva accettato di fare il bis con il risotto. Elio Vito, per la prima ed ultima volta in vita sua, ammutoliva. Matteoli, Zaia, Maroni, Scajola e Frattini, nonostante il divieto del ministro della Salute Sacconi, si erano tuffati tutti in piscina dopo pranzo, e si erano subito accorti che l’acqua aveva preso una colorazione gialla. Pensavano che Silvio avesse fatto la pipì, e per loro doveva essere quasi una benedizione. Ridevano felici perché quell’abluzione sacra avrebbe trasferito loro un po’ dei suoi poteri e sarebbero diventati immortali. Morivano ridendo, gettandosi gli schizzi d’acqua.
Renato Brunetta si era ritirato nella sua stanza per una pennichella, ma non riusciva a prendere sonno. Passeggiava nervosamente sotto il letto quando un gatto entrato dalla finestra, scambiandolo sicuramente per qualcos’altro, lo divorava all’istante. Il gatto poi cresceva come un’enorme tigre gialla e senza strisce, e si aggirava per le camere mangiandosi Raffaele Fitto, Andrea Ronchi e Gianfranco Rotondi. Giulio Tremonti riusciva a mettersi in fuga con una gamba sola, scampato al primo attacco. Sapeva come utilizzare le sue poche risorse con economia. Ma incontrava l’anaconda gialla. Le sue ultime parole, prima di entrare nelle sue fauci erano: «Maledizione! È tornato il serpente monetario!».
Sandro Bondi era l’ultimo a morire, abituato com’era a digerire di tutto. Dopo pranzo si era seduto all’ombra di un pino per leggere a voce alta un libro con le sue poesie e aveva ancora un sorriso ebete sulle labbra.
Io seguivo dall’alto i movimenti della polvere gialla. Sembrava cambiar forma continuamente mentre si spostava da un obiettivo all’altro. Ora aveva la forma di un animale mitologico gigantesco, e si dirigeva verso altre coste dove villeggiavano i parlamentari dell’opposizione.
«Guarda, papà! Un pollo!», diceva la figlia di Buttiglione indicando il cielo sulla spiaggia di Gallipoli.
«Ma no, mia piccola ignorante, è un drago taoista della dinastia Tang (唐朝 618-907)!», correggeva con spocchia Massimo D’Alema dall’ombrellone vicino.
Poi la polvere li divorava tutti.
La spiaggia era diventata un’immensa distesa di scheletri e carcasse. L’unico che si poteva riconoscere ancora era Fassino perché era uguale a prima.
Presto rimaneva solo la spiaggia deserta.
Però non ricordo bene.
Nel sogno devo essermi addormentato sognando che invece su villa Certosa cadeva un missile nucleare e tutte quelle cose che ho appena descritto accadevano in realtà ai parlamentari dell’opposizione. E che a cavallo del satellite, accanto a me, non c’era Ferdinando Adornato, ma la polvere gialla che aveva preso le sue sembianze. Oppure no. No, no, aspetta. Era proprio Adornato, fin dall’inizio, che riusciva ad arrivare dappertutto con la sua infinita capacità di trasformazione. Come quello lì di Heroes, come si chiama. Cylar, ecco.
Io il sogno sono riuscito a ricostruirlo fino a questo punto. Accidenti alla memoria.
Poi ci sono solo dei brandelli che ricordo appena.
E quelli della sinistra radicale? Di sicuro la polvere gialla non poteva ucciderli perché erano già morti da diverso tempo. Alla fine, per quel che mi ricordo ancora, il polverone, dopo aver cambiato forma diverse volte per colpire alcune altre categorie di persone, sembrava rassegnato a disperdersi.
D’altra parte, ormai era l’alba ed era stanco. Io sentivo che stavo per risvegliarmi in un Paese nuovo. Senza politici, senza bancarottieri, senza sindacati, senza la Confcommercio, senza la Confindustria, senza una classe dirigente incapace, senza statali nullafacenti, senza i giornali, senza la televisione e soprattutto senza il Vaticano. La polvere radioattiva aveva fatto la cosa giusta.
E così mi svegliavo nel sogno dopo aver sognato un sogno simile a questo. E scoprivo che era vero. «È tutto vero!», esclamavano con me milioni di altri italiani che avevano fatto lo stesso sogno. Era un’alba radiosa. Eravamo tutti felici. Ridevamo come bambini. Ricordo che a un certo punto mi sono detto: «Dai, adesso puoi svegliarti veramente! Di che hai paura? È tutto vero!».
Poi, purtroppo, mi sono svegliato.

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10 Commenti

  1. Avrei voluto scriverlo io! Aggiungo che, un sogno così lucido, sarebbe un delitto interpretarlo! L’unica sottolineatura che vale la pena di fare riguarda ciò che disse E. Fromm a proposito dei sogni individuali che includevano Hitler. Pericoloso sognare di capi…poichè pericoloso è che il potere entri, manipolando, anche nell’inconscio collettivo…Grazie per i contenuti del sogno, dipinto di giallo con creatività, coraggio e ironia! Complimenti
    MP

  2. ma che bello! peccato sia solo un sogno…il giallo comunque aiuta a digerire. anche i piatti più pesanti…

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