– Sono davvero spiacente, ma devo avvertirla che sto per riagganciare.
– Un attimo, parliamo…
– Lo stiamo facendo da qualche ora, ormai.
– E a me lo dice? Lei però aveva detto che la vostra specie si contraddistingue per un’infinita pazienza.
– Indubbiamente. Mi sembra di averlo anche dimostrato.
– …E anche che le persone che sono lì con lei non hanno poi tutta questa fretta.
– No, in effetti… Anche se devo dire che nel corso delle ultime tre ore gli sguardi di qualcuno si sono fatti interrogativi.
– Sì?
– Diciamo che vedo sorrisi un po’ meno convinti. Uno, in particolare, nella fila 467.979, ha iniziato a battere il ritmo per terra con il piede. E’ incredibilmente fastidioso.
– Posso immaginare.
– E’ uno dei motivi per cui a questo punto io, ringraziandola per il tempo che mi ha dedicato, la saluterei. Peraltro, la sento anche in affanno…
– Me la sto battendo con una tarantola che si è inspiegabilmente introdotta in casa mia, e non trovo l’insetticida.
– Questo però non spiega l’affanno.
– E’ che non è facile cercarlo mentre un boa di tre metri e mezzo cerca di stritolarti la gamba.
– Come può constatare, i puliziotti sono alquanto perseveranti. Il che, considerando che le resta – a dire tanto – qualche minuto di vita, mi porta a ritenere piuttosto inutile proseguire questa pur piacevole conversazione.
– Io non ho intenzione di cedere.
– Si risparmierebbe un sacco di fatica.
– Non sono assolutamente pronto per morire.
– No?
– No. Chi lo è?
– A giudicare da quello che mi ha raccontato, tutti quelli che credono nell’esistenza di un posto migliore in cui andare dovrebbero attendere la morte con impazienza.
– Beh, io non ci credo. E nemmeno loro sembrano poi così felici all’idea di dover morire.
– Lei, peraltro, non ha nemmeno una moglie, dei figli, qualcuno che si disperi per la sua sparizione.
– Beh, magari qualcuno al Ladbroke Arms sarebbe almeno un po’ dispiaciuto.
– Qualcuno dove?
– Al Ladbroke Arms, il mio pub. Ci vado a mangiare ogni giorno, a pranzo e a cena.
– E’ il posto del branzino di cui mi raccontava poco fa?
– Esatto.
– Posto nel quale, se ricordo bene, lei non riesce a fare altro che balbettare quando la cameriera le rivolge la parola.
– Che c’entra? Quello è perché sono innamorato.
– Ah.
– Perché fa “Ah”?
– Perché è una parola che sentiamo spesso, ma non riusciamo a capirne il significato.
– “Non riusciamo” chi?
– Tutta la mia specie: per anni i nostri scienziati più capaci hanno cercato di studiarla e di comprenderne il senso, senza alcuna fortuna.
– Voi non vi innamorate?
– Immagino che potremmo farlo, se solo sapessimo che cosa vuol dire.
– Certo, io potrei spiegarle che cosa significa, ma lei ha detto che era costretto a riagganciare…
– Beh, credo che cinque minuti in più non facciano la differenza. Sempre che lei resti vivo nel frattempo, s’intende.
– Guardi, mentre continuavamo a parlare ho contato almeno altri sei diversi attentati alla mia vita, anche se devo dire che le tagliole sul letto erano in fondo facili da scoprire, così come, tutto sommato, gli scorpioni nelle scarpe. Il colpo di balestra proveniente dall’esterno, invece, quello mi ha abbastanza sorpreso.
– L’hanno colpita?
– No, ma il grosso cinghiale selvaggio che era sull’ingresso e che stava per prendere la rincorsa nella mia direzione non sembra stare benissimo: è qui, cappottato sul fianco, e sanguina sul tappeto del soggiorno. Cosa che peraltro, se non fosse bastata la freccia, l’ha fulminato all’istante.
– Hanno introdotto un cinghiale in casa? Non è da loro utilizzare animali di grossa taglia.
– Non vorrà per caso sostenere che questo cinghiale passava per caso di qui, e la sfortuna ha voluto che scegliesse di entrare nella casa di uno che stanno tentando di ammazzare?
– La sua specie mi sembra poco incline a considerare le coincidenze per quello che sono, ovvero semplici coincidenze. Sembra quasi che sentiate il bisogno di una spiegazione trascendentale per qualcosa che, magari, è semplicemente un po’ strano: che sarà mai un cinghiale che si introduce dentro una casa?
– E lo fa salendo le scale fino al terzo piano e forzando la serratura?
– Lei è sicuro che non avesse già le chiavi?
– Le chiavi? Il cinghiale?
– Perché lo chiede come se fosse una cosa bizzarra?
– Perché non è bizzarra: è semplicemente impossibile.
– Questo perché lei non ha nemmeno idea di quanti animali girino per l’Universo portandosi dietro le chiavi di casa. I cani, ad esempio, come farebbero a rientrare dopo essere usciti per fare pipì?
– Per l’appunto: rincasano assieme al padrone.
– Le ho già detto, vero, che questa vostra cosa di un essere vivente che si considera proprietario di un altro essere vivente mi sembra un’aberrazione?
– Credo di sì, ma sbaglia: è che i cani – così come tutti gli altri animali – certe cose non le sanno fare da soli. Aprire le serrature con le chiavi è una di queste.
– Ne siete così convinti perché avete provato?
– A fare cosa?
– A dargli fiducia.
– Come?
– Gli avete mai consegnato le chiavi di casa per vedere se sono in grado di uscire e rientrare in piena autonomia? Lei ritiene che un qualsiasi essere vivente possa gradire il fatto che lo si osservi mentre – nel migliore dei casi – fa la pipì?
– No, non credo. Ma probabilmente se non li accompagnassimo si perderebbero.
– Cosa le fa pensare che non si possano perdere anche se uscite assieme a loro?
– E’ il motivo per cui li teniamo al guinzaglio.
– Che cos’è un guinzaglio?
– E’ una specie di corda che gli leghiamo al collo per fare in modo che non scappino.
– Aspetti un momento…
– Ecco… ora non mi fraintenda…
– Lei sa che anche nella vostra lingua esiste una parola precisa per definire quella particolare situazione nella quale si trattiene un essere vivente contro la sua volontà?
– No, è che detta così magari sembra peggio di quello che è, ma…
– Si chiama “rapimento”.
– Le assicuro che è una cosa abbastanza comune per gli animali domestici: ad alcuni mettiamo il guinzaglio, altri li chiudiamo dentro le gabbie, altri ancora hanno una cassettina per i bisogni direttamente in casa.
– E che cosa distingue gli animali domestici da quelli che non lo sono?
– Il fatto che abbiano scelto di abitare assieme a noi nelle nostre case, ovviamente.
– Se sono stati loro a sceglierlo, perché siete costretti a legarli o a metterli dietro le sbarre in modo che non possano scappare?
– Se posso permettermi: lei sta, come sempre, portando all’eccesso una situazione…
– No, un attimo, mi faccia finire: mi fa qualche esempio di animale domestico?
– Mah, tra i più comuni direi cani, gatti, uccellini.
– Tigri?
– No, tigri direi proprio di no.
– Coccodrilli?
– Nemmeno, no.
– Elefanti?
– Troppo grossi.
– Accipipteri?
– Quelli non li abbiamo.
– Sarchiaponi? Minolli?
– Idem: mai visti.
– Serpenti? Tarantole? Squali? Aquile?
– Pericolosi, direi.
– Zanzare? Pidocchi? Acari?
– Fastidiosi, no?
– Allora, riassumiamo, vuole?
– No, non so se davvero lo voglio, ma credo sia inevitabile.
– Un animale è da voi considerato “domestico” solo nel caso in cui non sia pericoloso; brutto; parassita; troppo ingombrante per poter essere sopraffatto; troppo piccolo per poter essere controllato; più forte di voi e, in ultima istanza, in grado di ribellarsi e/o uccidervi.
– Mi sembra logico.
– Cosa, in particolare, le sembra logico? Prendersela con i più deboli?
– Le ripeto che si tratta di animali ormai abituati alla convivenza con noi umani.
– Bene: le dico una cosa che non le piacerà.
– Non è una novità.
– C’è stato un momento in cui ho provato pietà per lei, per la sua specie, e per il pianeta che ci avete venduto. Non conoscevo nulla di voi se non la vostra lingua; ero totalmente a digiuno delle vostre usanze e delle vostre tradizioni, così come ignoravo quale fosse il vostro modo di pensare. Ora che queste cose le so, le devo confessare che – pur permanendo una certa curiosità su quella faccenda dell’innamoramento – provo perfino un certo piacere al solo pensare che tra qualche secondo riaggancerò il telefono condannando all’estinzione lei e i suoi copianetari.
– Afpetti!
– Che cosa?
– Io non lo farei se foffi in lei.
– Non capisco quel che mi sta dicendo. Sta usando una lingua o parole che il parrucchetto non mi ha insufflato.
– Ho meffo il piede fu un raftrello che è mifteriofamente apparfo nel foggiorno, e l’afta mi ha colpito in faccia.
– Ho capito solo che qualcosa l’ha colpita sulla faccia.
– Efatto. Fto fanguinando dal labbro fuperiore.
– …
– Pronto?
– …
– Pronto?
– Mi scusi se intervengo…
– Chi è?
– Non si preoccupi se sente una voce diversa: sono un compagno della persona che le stava parlando. Uno dei tremiliardi centosessantottomilioni quattrocentoundicimila settecentoventinove qui fuori dalla cabina telefonica.
– Falve.
– Volevo solo avvertirla che il suo interlocutore è svenuto.
– Ah.
– Sì, ma sembra si stia riprendendo rapidamente, non si preoccupi.
– Fono contento.
– Anche io ho ricevuto il beneficio dell’attacco di un parrucchetto, quindi comprendo il vostro linguaggio.
– Bene.
– Volevo cogliere l’occasione per ringraziarla tanto, tanto, ma proprio tanto, per l’opportunità di salvezza che sta concedendo alla nostra specie.
– Fi figuri.
– Mi perdoni, non capisco.
– E’ perché fto perdendo fangue dal labbro fuperiore.
– …
– Pronto?
– …
– Di nuovo? Pronto?
– …
– Offantamiferia.
– Rieccomi, sono di nuovo io. Ho avuto un mancamento, come del resto anche il mio amico qui, pare.
– Avevo immaginato. Mi saluti il fuo amico, quando fi riprende: ci ho fcambiato folo due parole, ma mi ftava fimpatico.
– Le avevo chiesto se, per cortesia, poteva evitare la cosa del sangue…
– Ha ragione. Mi fcufi.
– Faccio fatica a capirla, però.
– E’ colpa del dolore. Vedrò di evitare di pronunciare parole con la effe.
– No, le parole con la effe mi sembrano a posto. Piuttosto, a giudicare da quel che sento, mi sembra abbia qualche problema a pronunciare quelle con la esse.
– Appunto, la effe.
– No: quelle con la esse, non con la effe.
– Non ftiamo andando da neffuna parte, lo fa?
– Aveva un’ultima cosa da dirmi, prima che io riagganci?
– Proprio così: volevo avvertirla che negli ultimi minuti ci ho penfat… ci ho riflettuto, e non le conviene farlo.
– Non mi conviene fare cosa?
– Terminare la telefonata.
– Ah no? E perché mai?
– Lei mi ha detto che l’unico tipo di viaggio nel tempo cofentit… permeff… che l’unico viaggio nel tempo approvato è quello a velocità 1x nel futuro, vero?
– Esatto.
– Poi, che cambiare un piccolo particolare del prefente… delle cofe che ftanno fuccedendo… Fenta, non ce la faccio, ci sono effe dappertutto: deve fforzarfi di capirmi.
– Ci provo. Continui.
– Dicevo: che cambiare qualcofa nel prefente fignifica cambiarlo anche nel futuro.
– Vero anche questo. E’ il motivo per cui non è solo vivamente sconsigliato, ma assolutamente vietato farlo: implicherebbe un cambiamento della storia così come la conosciamo. Anche un piccolo, insignificante particolare potrebbe influire sul destino di tutto l’Universo.
– E infine mi ha detto che quando ha compofto il mio numero aveva folo una moneta, giufto?
– Sì. Non capisco però dove vuole arrivare.
– Allora avevo ragione: non le conviene riagganciare. Ora le fpiego.
– Veloce, per cortesia, che c’è un’estinzione ad attenderla.
– Io fto fcendendo le fcale.
– Me ne compiaccio, ma non capisco come questo possa in qualche modo essere di un qualsivoglia interesse per la mia specie.
– Non fi preoccupi, che ci arrivo: fto per riprendere in mano la vanga per diffeppellire la teiera.
– No, aspetti… Non può!
– Fto già fcavando.
– Cosa vuole fare?
– Quando la feppellirò di nuovo, toglierò le monete che ci ho messo dentro, e quefto, fe non mi fbaglio, fignifica che a lei, nel futuro, mancheranno non folo quella che ha ufato per continuare quefta telefonata, ma anche quella che le fervirà per fare la proffima, quella giufta.
– Si fermi, la prego, si fermi! Cosa vuole da me?
– Che non riagganci e trovi un modo per falvarmi, altrimenti moriremo tutti, io, lei e tutta la fua fpecie.
– Significa che mi sta ricattando?
– Fì.
Tutte le puntate
La pagina del Grande Elenco su Facebook
alé!
Ok, questo capitolo è una figata pazzesca.
QueFto capitolo, Femmai :P
Gianluca, Fappilo, voglio la copia autografata del libro quando Farà completato :)
(fi nota che anche io ho prefo una baftonata ful labbro fuperiore? :D )
Evidemente è il TUO cinghiale:
http://www.repubblica.it/2009/06/sezioni/cronaca/milano-cinghiale/milano-cinghiale/milano-cinghiale.html
chiara
grande! ora con quefto ricatto lo hai meffo veramente fpalle al muro, tiè!