The Classifica 69 – Numero intrinsecamente piccante

Fareste educare i vostri figli da… Ehi, un momento. Ma scusate, chi li sta già educando da 25 anni a questa parte? Chi ha insegnato agli under 30 la goduria di farsi vedere dagli amici nell’atto di ripetere: “Italia… UNO!” Chi è il mandante di Alessandra Amoroso (n.2) e Luca Napolitano (n.10) in top ten da un mese e mezzo, di Marco Carta vincitore a Sanremo, mentre Matteo Becucci (n.16), Jury (n.30), Daniele Magro (n.46) ne sono lontani a un mese dall’uscita, e solo Noemi Ma Quell’Altra (ora al n.17) vi ha fatto capolino? I soli Bastard Sons of Dioniso (n.7) i più estremi tra le proposte X Factor (che pure, nella persona di Jury, cercavano smaccatamente il consenso dell’elettorato Defilippico), resistono duriepuri come l’Italia dei Valori. Ma è durezza vera, o durezza percepita? Is this the story of Green Day (n.1)? Is this the story of Eminem (n.4?). Sono loro, l’opposizione? Quelli di American Idiot, più quello della più feroce (ma meno acclamata) Mosh? In questo decennio, non si sono viste molte altre “canzoni di protesta”, vero? Voilà, il temino di oggi. A seguire.

Checché ne dicessero e dicano i duriepuri della critica di sssinistra (volete i nomi? No, sono per la linea Galliani: non dare visibilità a dei miserelli) gli anni 80 sono stati un grande periodo per la canzone sociopolitica. In classifica andavano pezzi intitolati Sunday Bloody Sunday, The Lebanon, Two Tribes, We Don’t Need This Fascist Groove Thing, Born in the USA, Fight The Power, Sun City, Mandela Day e altri che se c’eravate, vi verranno in mente (…ma prima, fatemi aggiungere con orgoglio di ex tarro che persino dall’hair metal veniva qualcosa, vedi i Def Leppard, con Gods of War).
Gli anni 90 sono stati un filino più duri, veh. Con Clinton da una parte e Blair dall’altra, poca gente si sentiva di lamentarsi esplicitamente (tranne i meteorici Chumbawamba, addosso al loro premier, e i Rage Against The Machine, addosso a chiunque). E poi vabbè, ci saranno state due o tre guerricciole ma l’economia andava benino e così, tra Oasis e Nirvana, tra Take That e Britney Spears, non è che il decennio abbia regalato prese di coscienza canticchiabili a piè sospinto. Ci si lamentava solo in Italia – dove se c’eravate, ricorderete che qualche fermento fremeva, dai 99 Posse a (nientemeno) miticoVasco coi suoi Spari sopra (miticoLiga no, troppo più redditizie le gnagnere sulle rovesciate di Boninsegna e la vita di Oriali e gli autogol di Ferri).
Ma in questo decennio al crepuscolo, con tutto quel che si poteva dire? Quando George Michael sbottò contro il succitato Blair e Bush in Shoot the Dog, il pubblico non apprezzò molto, ma la canzone era scarsina (più del video, sicuramente). Quando i Radiohead pubblicarono Hail to the Thief, si diffuse la convinzione speranzosa che il ladro (di voti) fosse l’altrettanto succitato Bush. “Se la scelta del titolo per il nostro album fosse stata dovuta esclusivamente alle recenti elezioni politiche, penso che sarebbe stata una scelta piuttosto superficiale”, chetò tutti Thom Yorke. Una incredibile opposizione da parte di gente di un certo impatto commerciale venne, inaspettatamente, dallo sbarazzino trio country Dixie Chicks, e da un adorabile e “ignorante” rigurgito antiamericano in Amerika dei mangiakrauti Rammstein. Ma l’impressione è che tra i grossi calibri, quelli capaci davvero di parlare ai gggiovani, tutti se ne siano stati allineati e ben coperti tranne i succitati Green Day ed Eminem, tra i pochi ad aver non solo detto che il governo gli stava un po’ qui (ché quello, lo ha fatto anche Madonna) ma ad averlo anche cantato, e in un singolo, mica nella traccia 14. E posto che poi la gente ha rieletto l’idiota, il pubblico non ha reagito malissimo, quindi magari si poteva osare un po’ di più.
Chissà se i Green Day lo stanno facendo. Se stanno osando un po’ di più, intendo. Nel senso che anche se una nuova era dei Lumi si è aperta alla Casa Bianca, 21st Century Breakdown se ne frega ed è un ulteriore concept album sul fallimento dell’American Dream blablabla. E’ andato al n.1 dappertutto, persino da noi. Certo, 1) forse mentre lo componevano tirava aria di Palin vicepresidente 2) forse è onesto da parte loro non cambiare idea finché non si è capito l’impatto dell’Abbronzato 3) ahò, forse non sanno far altro 4) forse il loro pubblico pretende il medesimo ribellismo ostentabile quanto i capelli verdi e il trucco punk fuori tempo massimo sempre propugnato da Billie Joe Armstrong. Ma di fatto, è emblematico che il decennio si chiuda con un disco politicamente confuso, dopo dieci anni avari di canzoni politicamente consapevoli.
E d’altronde, come può il rock cantare qualcosa di sinistra, se è diventato così faticoso per noi tutti dire qualcosa di sinistra – e senza scinderci immediatamente in otto partiti? Ma pazienza, aggrappiamoci coi denti a Noemi Quella Vera.
Che poi / non so cosa ne pensiate voi / ma per me dice bene Papi / mi sa di tipa dai rapporti sciapi.

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17 Commenti

  1. Nei dieci anni passati l’album (proprio uno intero) piu’ politicamente consapevole, l’ha piazzato uno che parlava ai gggiovani dei sessanta: Living with War.
    Gramo.
    Il fatto, non l’album, che mi piacque assai.

  2. Litigo spesso coi miei amici “duri & puri” sui Green Day, che vengono generalmente imputati di non aver inventato un piffero e di essere i nipotini scemi di gente come Husker Du (scusate non riesco a inserire la dieresi) e/o Bad Religion.
    Che a me questi ultimi due gruppi piacciono, li ritengo fondamentali nell’evoluzione musicale ed ideologica del Punk ma non ho mai capito perchè i Green Day, se veramente ne recuperassero anche solo una minima scintilla energetica, debbano per forza essere da spernacchiare.
    Billy Joe e soci sono rimasti forse l’unico gruppo Rock planetario ancora un pò giovane. Non troppo che se non sbaglio vanno verso i 40, ma oggi, come si diceva qualche post fa, i quarantenni sembrano i trentenni di ieri.
    Sono il gruppo Rock che vende di più e che riempie di più e tutto questo miracolosamente senza essersi sputtanati troppo o svenduti troppo.
    Un album come AMERICAN IDIOT forse nei ’70 (ma anche neglio ’80) non avrebbe venduto 13 milioni di copie solo negli USA.
    Ma nei tempi grami odierni a quell’album andrebbe fatto un monumento. E non solo per la presa di posizione politica ma anche e soprattutto perchè ci sono grandi canzoni ed è suonato molto bene.

  3. uè, i chumbawamba! cosa mi hai tirato fuori!

    al temino di oggi direi che non c’è niente da aggiungere, è sempre più difficile se non impossibile che le canzoni che non seguono il format unico imposto dall’industria arrivino al grandissimo pubblico.

    E per quanto riguarda l’incipit, abbi fiducia, ché arriva sempre la fase del rigurgito.

  4. MTV a metà degli anni ’90 promuoveva la “do not campaign”, cosa pretendete? I Backstreet Boys facevano la rima fire- desire… Peter Andre e Lenny Kravitz cantavano con gli addominali… dove poteva trovare spazio una riflessione su quelle robette di Kosovo,Somalia… eppoi c’era da celebrare l’America triumphans contra Sovieticos, dopo tanta guerra fredda di quelle calde non si voleva sentir parlare. Da noi perlomeno hanno tirato fuori “Non è un film” della Trovato a Sanremo 1994 che ha avuto come unica sfiga di trovarsi la Pausini in zompo. Oppure “Il sistema ti sistema”, censurata in campagna elettorale nel 1994 (e lo SCAAAANDALO di “Freak” di Samuele Bersani, mica si poteva dire “né con la destra né col PCI…”). Forse un pochetto più occhiuta “Il mio nome è mai più” dei JovaLigaPelù…(vado a memoria, eh, tutta spocchia), poi le canzoni antiberlusca come quella di Barbarossa (“El conquistador” o qualcosa di simile) e quell’altra della Guzzanti sugli indiani allegorici a Sanremo 1995… I capolavori sono comunque “Palestina” dei Matia Bazar del 1983 (che richiede tuttavia otto pagine di note a margine per essere decifrata) e “Nessuno tocchi Caino” di Ruggeri e signora a Sanremo 2003. Boh, forse qualche barlume di coscienza c’era ancora. Prima di Amici, intendo…

  5. Volevo solo ricordare i Modena City Ramblers….canzoni come il Presidente, e quella cantata al concerto del 1 maggio non ricordo quanti anni fa “40 anni”…. dai le canzoni ci sono se andiamo a cercarle…ovvio che non le propongono in faccia su MTV o AllMusic….

  6. Non son un gran appassionato delle canzoni d’ amore, figurarsi della tendenza che prevede tutte, o quasi, canzonette sul cuore-sole-amore (o io ti amo, tu mi ami, mi hai spezzato il cuore etc.) o su temi analogamente frivoli, per quanto onestamente prima del 3 ascolto spesso ai testi non faccio manco tanto caso (perlomeno nella loro globalità)
    Non mi auguro un mondo composto solo da Banshees, TRL, VH1, e TeenMovies (per quanto…youtube.com/watch?v=dpc7BY9wFa0&feature=related … tutto da buttare forse…).
    Giustamente anche la musica è un mezzo molto importante per stimolare la consapevolezza collettiva e bla bla bla.
    Però la canzone sociopolitica e i suoi protagonisti mi suscitano sentimenti a dir poco contrastanti.
    Su alcune/i niente da dire.
    In molti altri casi però ho un po’ di orticaria, perchè, oltre al fatto che ‘sta cosa dei consigli politici da parte delle Celebrities dello ShowBiz hanno un po’ stufato in genere, temo sian deleteri, in quanto non aventi sufficiente cognizione di causa. Non vorrei contribuissero a creare, con le loro belle visioni che bisogna vedere se però nella realtà stiano in piedi, tanti piccoli “Sub-Prime Mortgage Problems”; salvo poi, dopo, biasimare il capitalismo e i ricchi.
    Quindi, non lo so, dipende un po’.

    OK, confesso:
    la verità è che tali decenni e un certa copiosità tale fenomeno (canzone sociopoliticamente consapevole) mi richiaman alla mente, tra le altre cose, immagini di donne dall’ igiene perfettibile e troppo tolleranti al pelo superfluo.
    L’ aver fatto piazza pulita en.wikipedia.org/wiki/Brazilian_waxing#American_waxing ,e un certo Berlusconismo nei costumi, ha, per molti, i suoi pregi.

  7. sui Rage Against The Machine, firmatari Sony, Ellroy ha scritto pagine molto belle a proposito delle convention democratiche e repubblicane della campagna clinton-bush.

    Madeddu, dicci che ti candidi a qualcosa, qualunque cosa..va bene anche Miss Italia. o almeno che farai un libro, un pdf o qualcosa di queste Classifiche..ma non quando sarai vecchio, quando ancora c’è tempo.

    Personalmente ho sempre trovato l’impegno politico della musica mainstream alquanto piacione..i REM e gli U2 hanno sicuramente trovato il modo di allungarsi vita vacanze e conti in banca attraverso un (dis)impegno su temi obiettivamente facili quali l’ambientalismo alla Gore o l’antibushismo rirpeso poi dai Green Day. I quali poi quando il loro College Rock in salsa di Punk non se lo filava più nessuno (dal secondo album?) sono stati messi in naftalina, o a invecchiare in barrique per essere riesumati e rivenduti come “vecchia scuola” a un pubblicco ggiovane e con la predilezione per i tamponamenti grammaticali, almeno a leggere quel che passa su TRL ^^
    Gli stessi Rage Against The Machine, oggi nella loro nuova, più appetibile veste di RATM, hanno avuto un percorso contrattuale analogo, o mi sbaglio?

    Penso che oggi sia molto difficile trovare artisti che sappiano prevedere il mondo che verrà e quindi possano fare da “guide”: il mondo di oggi è se non complicato di sicuro molto più sfaccettato, e questo non giova a chi vuol farsi profeta. La grande rivoluzione di internet nel mondo della musica è Myspace, e temo non serva aggiungere altro :D

    piuttosto, la vera domanda da un milione di euro è.. ma che fine hanno fatto i Tokio Hotel? :D

    Il premio di consolazione è che Pandora.com quest’anno ha fatto utili, con la speranza di poterla ritrovare senza TOR anche qui, nella Vecchia Europa.
    Prima o poi.

  8. “Canzoni di protesta” in questo decennio? Mi viene in mente la cover di “Redemption song” fatta da Joe Strummer. Sono passati già nove anni?

  9. Non passerei deltutto sotto silenzio nè i Korn di Follow The Leader, nè, tantomeno, i System Of A Down. E non parlo solo delle canzoni sul genocidio armeno.

  10. Vabbene, i RATM firmatari Sony. Ma allora anche i Clash, firmatari CBS (all’epoca, poi Sony). Grazie a una major sono arrivati a più gente: vogliamo dire che sono stati messi sotto contratto perché tessevano le lodi delle multinazionali? Siamo diventati capitalisti, ascoltando i Clash? Comunque d’accordo, se vogliamo farne a meno e ascoltare solo chi firma per le “indie”… La polemica è ridicola, roba da Manuel Agnelli: duroepuro quando nessuno mi vuole, poi pronto a balzare alla Universal quando si presenta l’occasione.
    Che poi, a sua volta ogni “indie” sogna di diventare Virgin: non mi risulta che le “indie” vengano fondate per beneficenza e vivano di 8 per mille.

  11. Già, gli anni 80. Quando Morrissey metteva Margaret sulla ghigliottina e gli Style Council davano certe mazzate su sfondo di quartetti d’archi, di funk, jazz e lounge. Che meraviglia.

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