Il mandala è un esercizio di noncuranza. Bisogna farlo alla perfezione, metterci minuzia scrupolosissima. Quando il mandala è compiuto, allora e solo allora, si può distruggerlo. Anzi: bisogna. È obbligatorio rotolarsi come uno strofinaccio sopra il mandala, fino a rivelarne l’anima di marciapiede. Perché questo è: misuriamo persone e parole, come che queste restassero scolpite per sempre nell’imperituro disegno. Viviamo pescando gessetti a caso tra quelli che abbiamo a tiro. Tracciamo segni affinché la nostra esistenza, così come scegliamo di rappresentarla, abbia a significare. Se non per gli altri, per noi almeno. Chini sul nostro disegno, lavoriamo al senso. Un minuto di silenzio. Contempliamo cosa abbiamo fatto e lo distruggiamo. Crediamo di sapere chi siamo e ricominciamo.
Disegniamo i mandala sul marciapiede.
(Visited 134 times, 1 visits today)
post filosofico…
ah eri tu quella a pecora l’altro giorno in via torino?
disegniamo?
ma non si scrive disegnamo – senza la “i” in mezzo?
Sebbene la “i” non sia necessaria dal punto di vista fonetico, si ritiene generalmente preferibile la grafia “disegniamo” (come anche per “sogniamo”, “regniamo”, “segniamo”, “designiamo” e per tutti gli altri verbi in “-gnare”), in quanto la desinenza verbale per la prima persona plurale del presente (indicativo o congiuntivo) è “-iamo”. [Accademia della Crusca]
Il dubbio casomai mi viene tra marciapiede e marciapiedi.