La settimana dove invece del 68 è tornato Licio Gelli

It's 68 again

  • Terra Madre, l'ambiente, la fame nel mondo, la contestazione del ministro Frattini. Prima che a Piazza Navona il 68 è passato per il Salone del Gusto.
  • Mentre le calendariste Magda Gomez e Deborah Salvalaggio rappresentavano gli anni del disimpegno.
  • E il rito calorico preferito dagli italiani, cioè il pranzo domenicale, gli anni del riflusso.
  • Ma siamo nel 2008, in piena crisi economica per giunta. 84 famiglie su 100 sono in difficoltà per il caro-mutui epperò se nel ristorante più famoso di Milano chiedete di sostituire un piatto, il prezzo del menù degustazione RADDOPPIA.
  • Alternative? Sicuro, provate i ristoranti italiani "Street Viewable".
  • Che fame con i vostri Ranci Quotidiani© (anche su Flickr). Non fiondatevi sul pasto se prima non avete scattato una foto. Dopo inviatela qui raccontando cosa avete mangiato. Ogni settimana i Ranci Quotidiani più appetitosi si aggiudicano il regalo di Kelablu.
  • Manifesto per un nuovo Novello (quello solito torna il 6 Novembre).
  • W la birra artigianale italiana, ma occhio agli snob.
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15 Commenti

  1. Erodoto, mi sono fatto la stessa domanda e credo sia un francesismo (in francese si direbbe la semaine où…).

    Oppure un riflesso della teoria della relatività, che non ammette l’esistenza di spazio e tempo in senso separato, ma solo di un’unica entità detta spaziotempo.

    Con i tempi che corrono, un po’ di francia e un po’ di relatività non possono che farci bene, sientammé.

  2. O un inglesismo: the week where… ma la foto parla francese, non c’è dubbio. Il relativismo e’ ipotesi affascinante

  3. Non è un francesismo, o meglio lo è ma ma è una forma che esiste anche in italiano “antico” (magari però introdotta dal francese…). Esempio classico, che credo sia ripreso in questo caso, all’inizio dei capitoli in vecchi testi e libri come nota riassuntiva esplicativa e riassuntiva dei capitoli stessi: cap. 9 “dove si presenta il protagonista etc etc.”

  4. Quello che dice pourmoi è vero. Ad esempio nel famigerato “nome della rosa” all’inizio di ogni capitolo c’è un’introduzione siffatta (“dove poche ore di mistica felicità sono interrotte da una tragica scoperta”.

    Si tratta però sempre di un’indicazione di luogo: nel capitolo. Sarei curioso di sapere se arcaicamente si usava il “dove” anche per specificare il tempo.

  5. Grazie purmoi per il prezioso e istruttivo link. Sarebbe pertanto una delle (rare?) occasioni in cui si è verificato un restringimento semantico (almeno in italiano, mentre in francese no).

    Occhio a Stenelo perché è uno di quegli zombie che hanno sempre ragione:

    http://ealcinemavaccitu.blogspot.com/

  6. @ puormoi: dato che neppure io ho capito che stavo a di’, vorrà dire che anch’io sono scemo? Ne soit jamais! (che in francese vorrebbe dire “non sia mai!” se solo io capissi il francese; ma non lo campisco e mi limito a parlarlo, scusami pardòn).
    @ God: io ho sempre ragione perché ho la Crusca in testa. E non confondermi con ALt, dato che siamo lo stesso cadavere, ma in diverse dimensioni.

  7. ne pa’ preocchiup non sei scemo. hai la sindrome del: certo che questa gente non capisce un cazzo e fa finta di capire tutto adesso ci penso io.
    eppure non m’ero accorto de ave’ invertito u ed o. ma chiedo venia per cotanto sbaglio…giuro che lo sapevo che se scriveva pour…giuro…davvero…per pietà…
    ma poi sopratutto chi ha mai detto che so’ il francese?

  8. No, puorme (povero me), mi sa che non ci siamo. Io ho la sindrome opposta: certo che non capisco un cazzo e faccio finta di capirci meno pensateci voi.

  9. ahimè Stenelo è l’aria di falsa sufficienza con cui scrivi: “certo che non capisco un cazzo” che ti tradisce.

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