Siamo allo zenith dello scontro di inciviltà che contorna il dibattito sul decreto Gelmini (o del maestro unico). I tagli del personale che derivano dall’applicazione del decreto nonché i notevoli risparmi prospettati dal governo per l’intero sistema educativo (7,8 miliardi in 3 anni) hanno scatenato le proteste degli operatori scolastici, di molte famiglie e degli studenti che hanno invaso le piazze, occupato le aule, bloccato le lezioni.
Oggi la protesta ha celebrato se stessa con un corteo nella capitale che ha avuto il merito, per la prima volta da anni, di riunire tutte le sigle sindacali della scuola in un’unica voce ma che ha anche sottolineato la spaccatura manichea che caratterizza il dibattito fra Destra e Sinistra.
Ma chi ha ragione? Chi ha torto?
Noi, per dirla come Bertolt Brecht: “ci sediamo dalla parte del torto perché tutte le altre sedie sembrano occupate”.
La Sinistra ha torto perché reagisce in maniera convenzionale (con le solite parole d’ordine suonate a tromba dagli studenti) a quello che vede come un attacco alla sua area di egemonia culturale da decenni, oltre che ai posti di lavoro del suo bacino elettorale. Non si capisce infatti l’ostilità ideologica al concetto di maestro unico ne il postulato più risorse = più qualità, neanche si trattasse di capitalizzare una banca in crisi di liquidità. Numerose ricerche indicano che l’Italia spende quanto e più di altri paesi avanzati per l’Istruzione, ma con risultati più scarsi sia in termine di qualità del risultato che in termini di valore aggiunto: in poche parole avere studiato con profitto in Italia non porta ne a più opportunità, ne a più mobilità sociale, ne a migliori stipendi (siamo un paese dove un tassista guadagna in media tre volte più di un ingegnere e dove almeno sette universitari su dieci bivaccano per anni alla ricerca della pietra filosofale senza mai laurearsi).
La Destra ha torto perché semplicemente è (ancora una volta) inadeguata alla situazione. Il Governo taglia la spesa con la durezza ma anche con il respiro ideale di un ragioniere a cui sia stata conferita la licenza di uccidere. Con un livello così basso di architettura, con una tale povertà di visione (non basta parlare genericamente di efficienza ne il richiamo in servizio del voto in condotta) il progetto-riforma altro non sembra che la trasmissione da parte dei Berlusconi, ai suoi, dell’ordine implicito di esecuzione della Endlosung (la soluzione finale) al problema della occupazione delle scuole da parte della controparte politica. Progetto che trova nella giovane avvocatessa strappata all’Agricoltura (assessorato comunale di Brescia), Maria Stella Gelmini, un’interlocutrice non solo estranea ai fatti di 30 anni di problemi scolastici ma persino atteggiata in maniera permanente tra l’algido e lo schifiltoso, al limite del guanto di lattice e mascherina sterile, nei confronti dei propri figli-studenti, come ha fatto ben notare l’ex ministro Bersani.
Comunque, piaccia o no, la Destra, forte della sua maggioranza parlamentare, forte dei sondaggi, degli indici di gradimento, degli eserciti e delle polizie schierate e di un certo spirito del tempo che incorona Berlusconi come infallibile messo del Destino, ha tutte le armi per imporre definitivamente il suo piano liquidatore. Tagli ai costi, contenimento degli organici, qualche prepensionamento, l’irrompere delle scuole private di bandiera vaticana in concorrenza con il pubblico (soprattutto nell’intascarne le risorse), aule separate per gli immigrati. Qualche libro di storia con il finale riscritto. Forse i grembiuli, l’alzabandiera.
Ma per la Sinistra questa può essere un’occasione per rivedere la propria strategia da sempre incardinata sulla teoria dell’egemonia culturale sulla scuola e sui media; egemonia che dovrebbe plasmare la politica e da lì il sistema produttivo e la Società tutta.
Sono state infatti le Teorie dei Quaderni dal Carcere, di Antonio Gramsci, a modellare il pensiero strategico dei dirigenti comunisti e socialisti soprattutto dopo la breccia del ’68.
Beh, quelle teorie sono rimaste veramente nei quaderni di Gramsci perché, per tacere della mancata occupazione dei mezzi di comunicazione di massa (ad occhio e croce in mano a quello là, l’uomo di Arcore) il lavoro in profondità e lunghezza sulla scuola si è rivelato a dir poco fallimentare. E’ vero: ha prodotto una demi intellighenzia, ha conquistato gli strati superiori dell’istituzione con una sorta di comitato allargato permanente ma non è mai riuscito a plasmare le menti delle centinaia di migliaia, dei milioni di studenti che sono passati sotto le mani di maestri e prof. I fallimenti di alcune generazioni di formatori, di professori, sono sotto gli occhi di tutti. Il Protettorato agli Studi della Sinistra ha plasmato solamente l’immagine di se stessa, specchiandosi nella palude tossica dell’assemblearismo, dell’utopismo, dell’ideologia massimalista buona per i cortei e le proteste ma non certo per formare ne al lavoro ne all’arte, con gli alunni che hanno attraversato il lungo deserto scolastico in questi anni svaccando nell’assenza di senso civico, di qualunque imperativo morale, perpetuando il declino del paese sull’esempio dei sessantenni e quarantenni nonni e padri. Votando per lo più a Destra, tra l’altro. Altro che egemonia culturale.
La Gelmini, per conto di Berlusconi, vuole tornare alla scuola reazionaria, con il maestro unico ed il grembiule? Alle scuole dei preti? alle classi divise fra maschi e femmine? Fra neri e bianchi? Con la fine del tempo pieno? (alzi la mano chi crede sia necessario, forse i genitori che lavorano in coppia, a cui non basta l’esistenza del televisore al pomeriggio).
Bene, perché no? Se la prendano pure la scuola, se pensano che si possa ribaltare in questo modo il teorema gramsciano inverso che ha afflitto la Sinistra italiana. Ci provino loro a formare le menti ed i cuori dei giovani dato che:
1) gli studenti, ed i giovani in genere, fanno il contrario di ciò che gli si dice di fare;
2) gli italiani, in genere, fanno il contrario di ciò che gli si dice di fare;
3) stare seduti sui banchi di scuola al tempo di Internet, di Wikipedia, dei mille canali satellitari, dell’iphone, di facebook, della playstation non è facile ne di qua ne di la dalla cattedra.
Insomma, ci provino loro a riformare la scuola facendola tornare un po’ piu reazionaria di prima. Forse ci consegneranno una nuova generazione di rivoluzionari veri o anche solo di riformatori, per reazione contraria indotta dall’indottrinamento.
Ne sarà valsa la pena.
Scusami Jonkind se del tuo post interessante io mi soffermo sul dito, ma “né” vuole l’accento, e anche “là”, quando non è articolo, lo richiede. Visto che l’articolo – nel senso di post, stavolta – era sulla scuola e l’istruzione, non potevo non fare il maestrino dalla penna rossa, ne convieni, no? :-)
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Ottima analisi! la cosa più bella sono i primi due commenti!
“Non si capisce infatti l’ostilità ideologica al concetto di maestro unico e il postulato più risorse = più qualità”
A occhio forse perchè non la si vuol capire
nel primo caso si tratta infatti di ostilità pedagogica, nel secondo sbagli il postulato che sarebbe in realtà: più soldi, maggior offerta formativa
Trovo che comunque tutto lo sforzo sia inficiato da un bug di fondo, ovvero l’idea balzana che lo scopo dell’università sia quello di produrre occupati e non quello di produrre cultura e sviluppare intelligenza
Chiaro che poi partendo da un simile punto di vista, quello di una scuola orientataesclusivamente alle esigenze del mercato del lavoro, non csi capisce e si fatica a far progetti
A titoloo d’esempio, gli elettronici formati in gran copia e a caro prezzo per le famiglie dalle università americane negli anni del boom,sono finiti tutti o quasi a girare Hamburger da McDonald
Bisogna assolutamente smetterla di pensare che sia l’università a produrrre “PRECARI” o lavoratori inutili.
Sono le leggi e le imprese che producono o cancelllano posti di lavoro, non certo le università.
Questo è un trucco molto sentitio in questi giorni, ma l’esistenza del precariato non c’entra nulla con la qualità delle lauree ed è ridicolo sollevarlo come se fosse un male procurato dall’esistenza dell’università
L’università a la scuola sono l’incubatore del sapere di un paese e dei suoi giovani, che semmai hanno bisogno di più stimoli ed offerta (altro che un maestro solo per tutto, che alla fine ne sa di niente) e a scuola ci si dovrebbe andare per cercare di migliorare in prima persona, non per addestrarsi al lavoro più offerto al momento o per soddisfare le esigenze di personale dell’impresa di maggior successo
Trovo che proprio in questa concezione malata del ruolo della scuola in una società moderna (un semplice tassello dell’apparato produttivo), ci sia il bug che ti impedisce di comprendere tante cose che girano dentro e attorno alla scuola
Il problema ce l’hai lì, molto prima di quello dei prof barbudos che evidentemente non consoci, ma diffami comunque. Il vero problema sono i prof in gessato, mica quelli con la barba….
1) gli studenti, ed i giovani in genere, fanno il contrario di ciò che gli si dice di fare;
un milione in piazza!
con gli infiltrati un milione e mezzo
“Numerose ricerche indicano che l’Italia spende quanto e più di altri paesi avanzati per l’Istruzione”
questa è una balla, o perlomeno una mistificazione
l’italia spende sì e no il 5% del pil nell’Istruzione
la germania oltre il 6
tanto per dire
e la media ocse è più alta
ma il discorso è un altro, per chi vuol vedere la cosa in generale e non farsi infinocchiare nell’analisi minutissima della fogliolina ma capire cosa si sta facendo di tutto il bosco
abbiamo un governo EVERSIVO
brunetta, gelmini, sacconi, sono solo poveri malati di mente sfruttati dal piduista per portare a compimento lo sfascio dello Stato
siccome pare brutto ammetterlo, allora la mettono giù con pretesti che sono solo sonore cazzate
i bidelli e i tornelli
il libro della vita buona e le riforme delle giustizia
l’alitalia e i fondi per l’editoria e tutto
la convergenza delle azioni di questo governo è platealmente rendere l’italia un protettorato mafioso
poi, gli stupidi si mettono lì a pesare la gelmini e i grembiulino
anche montanelli diceva che non c’era miglior vaccino per l’italia che avere berlus. presidente perchè così gli italiani l’avrebbero conosciuto veramente e mai più votato. è sempre una questione d’aventino.
montanelli non calcolò bene la dose di vaccino necessaria
se è troppo, equivale a beccarsi l’infezione
A parte che ognuno porta le cifre che fanno più comodo alla propria tesi, questa storia dell’egemonia culturale della sinistra sulla scuola come se fosse un progetto mi è incomprensibile. Sembra quasi una partita a risiko, invece che uno sviluppo naturale. Come funziona? Forse dall’alto viene detto a tutti i militanti: “Non diventate commercianti, fate i docenti!” Oppure vengono avvicinati quando sono già docenti e convertiti a Mao? E viceversa, i giovani di destra che sentono una vocazione a insegnare, vengono contrastati con l’offerta una licenza di tassista?
Grazie Mazzetta! Se i nostri laureati all’estero trovano subito lavoro e in Italia no, il problema sta nella scuola e nell’università italiana, o nel mercato del lavoro, nella povertà delle imprese italiane che non sono in grado di avvalersi della competenza dei nostri brillanti laureati?
esempio perfetto
il problema è che per NON criticare i veri difetti di sistema, cioè la concentrazione di poteri e la mafia (anche e soprattutto partitica) che è tutto il contrario della meritocrazia, si tira affosso ad istituzioni dipingendole a tinte fosche.
non c’è un solo politico in questi giorni che abbia proposto una sola scorribanda contro il nepotismo o di radere al suolo le università finte che servono solo a pascolare politici e loro familiari, i famosi “esamifici” che stanno facendo affari d’oro laureando facile migliaia di funzionari della pubblica amministrazione con il placet bipartisan
tutti laureati che chiuderanno ulteriormente gli sbocchi occupazionali ai laureati “veri”
se nemmeno le punte d’eccellenza prodotte dalle università trovano impiego, la colpa non è dell’università, ma di un sistema che premette l’associazione familiare o di gruppo alle competenze
…e il governo Berlusconi ha governato una intera legislatura, nella quale i suoi hanno occupato più posti fosse possibile per cavarne nessun risultato, se non arricchimenti personali
quale sia poi il modello meritocratico che questa destra mostra ai cittadini è presto detto, forse seguendo l’esempio (almeno) le ricercatrici farebbero bene a specializzarsi in pompini e manutenzione sessuale della gerontocrazia
“Non si capisce infatti l’ostilità ideologica al concetto di maestro unico”.
Beh, a me non pare che sia un’ostilita’ ideologica.
La settimana scorsa sono andato ad una riunione convocata dai maestri delle scuole materne della mia zona.
Ho ascoltato quello che avevano da dire sapendo che chi mi parlava stava cercando anche di difendere il proprio posto di lavoro, e ovviamente ne ho tenuto conto facendo la tara.
Pero’ mi hanno detto una cosa che mi pare logica e condivisibile:
Se ci sono piu’ maestri per classe, e’ possibile organizzarsi in modo da adattare maggiormente l’offerta educativa alle esigenze e capacita’ di ogni singolo allievo.
Per esempio, se ci sono allievi (non dico handicappati ma) semplicemente bisognosi di maggior attenzione, i maestri possono formare, anche solo occasionalmente, due gruppi, uno piu’ piccolo dove inseriscono l’alunno da seguire con maggiore attenzione ed uno piu’ grande con tutti gli altri. In questo modo tutti hanno la possibilitaì di andare avanti. Se c’e’ un maestro solo, deve ovviamente puntare a portare avanti la maggioranza, lasciando che la minoranza si arrangi.
Un altro esempio: puo’ capitare che un maestro, nonostante ci provi, non riesca a trovare il canale di comunicazione con un allievo. Se ci sono piu’ maestri, il collega, o i colleghi, possono vedere quello che il maestro in difficolta’ non vede, e dal confronto puo’ scaturire la strategia giusta. Se c’e’ un maestro solo, la barriera comunicativa rimane invalicabile.
Ovviamente non ci sono garanzie di riuscita, ma comunque la compresenza e collaborazione di piu’ maestri e’ uno strumento di lavoro molto utile.
Ecco, queste cose, senza che ci sia dietro alcuna senza “ostilita’ ideologica”, mi sembrano semplicemente sensate.
Anch’io, come quasi tutti i genitori che si trovano di fornte al ritorno del mestro unico, ho avuto a mia volta un maestro unico (anche se sui generis perche’ in una scuola con pochissimi alunni), e anch’io, come penso molti, non mi sento menomato per questo. E anch’io mi ricordo che quando fu introdotta la pluralita’ di maestri si parlo’ di rischio di spaesamento degli alunni che non avrebbero piu’ avuto un unico punto di riferimento (tanto per dire che ogni cambiamento porta con se’ le sue paure).
Pero’ mi pare che la pluralita’ di maestri sia comunque un vantaggio. E che basare la riforma della scuola sull’obiettivo del taglio di bilancio (perche’ e’ questo che dice la legge delega, basta leggerla) sia politicamente (nel senso nobile e generico della politica) sbagliato.
Proprio mentre in America, dove la crisi economica sembra che ce l’abbiano bella forte anche loro, Obama ha fatto degli aumenti di fondi alla scuola uno dei suoi cavalli di battaglia elettorali perche’, parole sue (e quindi anche la banalita’ e’ sua, anche se si tratta di una cosa vera), investire nella scuola significa investire nel futuro.
Francamente non capisco perche’ qui dobbiamo fare i salti mortali per mantenere una “compagnia aerea di bandiera” (e dov’e’ il vantaggio? Non sono comodi anche i sedili delle altre compagnie aeree?) mentre se dobbiamo togliere soldi da qualche parte li togliamo alla scuola.
Luzmic
P.S. Non resisto a fare il maestrino anch’io: “gli” significa “a lui” e non “a loro”. “a loro” si dice “loro”. So che ormai il “gli” unico (per “a lui”, “a lei”, “a loro” ecc.) e’ passato dalla lingua parlata a quella scritta (non solo giornali e internet ma anche libri), ma e’ una semplificazione che imbruttisce la lingua perche’ le fa perdere una sfumatura. E chi parla in modo semplificato rischia di riuscire a ragionare solo in modo semplificato. Ovviamente esclusi i presenti.
“Per esempio, se ci sono allievi (non dico handicappati ma) semplicemente bisognosi di maggior attenzione, i maestri possono formare, anche solo occasionalmente, due gruppi, uno piu’ piccolo dove inseriscono l’alunno da seguire con maggiore attenzione ed uno piu’ grande con tutti gli altri. In questo modo tutti hanno la possibilitaì di andare avanti. ”
Due gruppi? Separati? Uno piccolo e uno più grande?
AIUTO! FASCISMO! RAZZISMO! EMARGINAZIONE DELLE MINORANZE!
non classi separati, gruppi di lavoro a geometria variabile all’interno della stessa classe
non divisi per 4 dal maestro, è tutta lì la differenza tra la rigidità del modello a maestro unico e la flessibilità di quello in vigore
senza considerare che qualsiasi assenza di un docente danneggia molto meno il lavoro delle classi e di conseguenza l’offerta formativa nel suo complesso
questa proprio non l’ho capita….
interpreto: il tempo pieno secondo te serve solo a quei genitori che lavorando entrambi non vogliono lasciare il figlio il pomeriggio davanti alla TV.
corretto?
mi ero perso la citazione. Rifo:
“Con la fine del tempo pieno? (alzi la mano chi crede sia necessario, forse i genitori che lavorano in coppia, a cui non basta l’esistenza del televisore al pomeriggio).”
questa proprio non l’ho capita…
interpreto: il tempo pieno secondo te serve solo a quei genitori che lavorando entrambi non vogliono lasciare il figlio il pomeriggio davanti alla TV.
corretto?
@ eddie.
Infatti: secondo me questo e’ esattamente il modo in cui si dovrebbe affrontare anche il problema degli alunni immigrati o stranieri che non parlano l’italiano: dando loro un’attenzione maggiore e calibrata DENTRO la classe e non metterli in una classe SEPARATA (col maestro unico che insegna l’italiano).
In una classe separata
a) lo straniero non sente parlare dagli altri l’italiano ma sente un misto di altre lingue;
b) lo straniero non e’ invogliato a comunicare in italiano perche’ ben che gli vada avra’ in classe un altro che parla la sua lingua nazionale ed allora parlera’ quella e mal che gli vada sara’ il solo a parlare la sua lingua e allora parlera’ poco e basta;
c) il maestro non e’ in grado di concentrarsi sul singolo alunno (magari per dire uno spagnolo ha problemi diversi da un cinese nell’apprendere l’italiano).
Dico cose banali e magari banalizzanti, ma quando da ragazzino andavo a fare corsi di tedesco in Austria, se mi trovavo in corso con altri italiani non imparavo un tubo mentre il meglio l’ho sempre raggiunto quando ero immerso nella lingua locale.
Luzmic
“Numerose ricerche indicano che l’Italia spende quanto e più di altri paesi avanzati per l’Istruzione, ma con risultati più scarsi sia in termine di qualità del risultato che in termini di valore aggiunto”
A me sembra che si tratti di una cazzata.
Potresti linkare queste ricerche?
Perché un rapido giro sui siti dell’OCSE e dell’Eurostat mostrano una situazione alquanto differente.
“Quando l’antica maestra intera si scisse nelle tre maestre per due classi, per ragioni sindacali contro il crollo demografico, si minò un pilastro della nostra convivenza” (Adriano Sofri, La Repubblica, 3 Giugno 2008)
“La figura della maestra campeggia nella nostra memoria come un totem sacro, è l’asse attorno al quale ha girato la nostra infanzia, fu la solenne e dolce depositaria di ogni sapere, quella che ci ha insegnato gli affluenti del Po e le divisioni a tre cifre, le Guerre Puniche e le poesie di Pascoli, ci ha aiutato a crescere nella pace di un tempo immobile e fecondo. (…) L’infanzia ha bisogno di certezze (…) se l’amata maestra dopo quattro anni scompare, allora tutto può svanire”
“Poi qualcuno ha deciso che la maestra doveva moltiplicarsi e da una è diventata tre, e tre maestre sono diventate un viavai di volti, abbondanza e confusione, e forse qualcosa si è guadagnato e di sicuro qualcosa si è perso”
(Marco Lodoli, La Repubblica, 27 Maggio 2008)
“Le elementari, fiore all’occhiello del nostro sistema educativo, sono finite sotto l’accetta della ministra Gelmini, che per rispettare le esigenze di risparmio non ha immaginato nient’altro che la maestra unica: come dire suicidiamoci per consumare meno ossigeno” (Marco Lodoli, La Repubblica, 16 Settembre 2008)
indebolire la scuola pubblica, poco controllabile nei contenuti e nelle persone che vi lavorano, e favorire la scuola privata, per creare automi
confluisce tutto nello stesso fiume dell’informazione televisiva di quasi monopolio
nello stesso fiume della lotta alla magistratura, altra forza, come la scuola, non omologabile con facilità
confluisce nello stesso fiume del ricatto della forza verso i lavoratori pubblici, altrimenti meno sotto schiaffo dei loro omologhi del privato
confluisce nello stesso fiume del taglio dei fondi pubblici all’editoria, per zittire chi dice cose non grate al caudillo
murmur, di che cazzo parli? lo vedi qual è il disegno o ti fai solo delle seghe con il copiaincolla da repubblica?
Caro Gabr,
ecco un link da dove ho tratto “la mia cazzata” (poi mi dici dove trovi le tue)
http://www.lavoce.info/articoli/-scuola_universita/pagina1000656.html
L’Italia spende 2.971 dollari contro una media Ocse di 3.072. Ma noi abbiamo molti piu insegnanti per alunno.
Spendiamo quindi gli stessi soldi (dato però l’indice ponderato dei prezzi italiani probabilmente in termini di potere d’acquisto spendiamo di più) ma sono probabilmente distribuiti piuttosto male.
Jonkind, dopo il link che hai diffuso, l’utilità del tuo post è prossima allo zero. Forse non l’hai letto bene.
“Il piano solleva dunque almeno tre domande: 1) gli obiettivi sono ragionevoli?
Sul primo punto la risposta è sì. Sulla base delle statistiche internazionali, l’Italia non spende per studente in modo molto diverso dagli altri paesi sviluppati: 2.971 dollari (a parità di potere di acquisto) in Italia, contro la media Ocse di 3.072. Tuttavia, è al ventinovesimo posto in termini di risultati sugli apprendimenti. (1) Tra le ragioni, l’abnorme sproporzione della spesa per il personale, che è tanto ampia da finire con il mangiarsi tutte le altre componenti di spesa, compresa quella per l’incentivazione e la carriera dei docenti, oltre che per la valutazione dei risultati. Gli insegnanti sono più della media Ocse – il rapporto alunni/insegnanti è pari a 10.7 nella scuola primaria e secondaria, contro una media Ocse di 16.2 e 13.2 rispettivamente -, insegnano meno ore e sono pagati meno degli altri paesi. Per l’incapacità di governarne razionalmente la mobilità, sono anche mal distribuiti sul territorio nazionale. Èanche vero che alla base di questa sproporzione ci sono, tra l’altro, orari scolastici mediamente più lunghi per gli studenti e una rete scolastica eccessivamente frammentata nei punti di offerta e mai riformata. Razionalizzare la rete, ridurre il numero degli insegnanti, e del personale Ata, e razionalizzarne la presenza sul territorio, allo scopo di liberare risorse da impiegare nel settore, rappresenta dunque una priorità per ogni politica di riforma seria della scuola italiana.”
Le altre due questioni, contenenti critiche sensate che questa massa di commentatori ignoranti e bercianti s’è sognata di fare dopo enne post sul tema, avrebbero potuto originare un dibattito di uno spessore talmente elevato da essere oggettivamente irrealistico.
Meglio attenersi alla grande letteratura e alle rare perle di saggezza diffuse dai santoni qui bivaccanti.
Jonkind, che tu sappia, le statistiche che hai citato tengono conto della percentuale degli insegnanti di sostegno? E di quelli di religione? No, perchè magari non vorrei che al danno dell’assunzione degli insegnanti di religione si aggiungesse la beffa di vedere che questi insegnanti falsano la media e diventano pure la scusa per tagliare gli ALTRI insegnanti.
E le altre nazioni hanno regolamenti simili ai nostri per quanto riguarda l’inserimento degli alunni disabili?
Facciamo che per rientrare nella media Ocse come rapporto Alunni-insegnati facciamo a meno degli insegnati di religione e di quelli di sostegno? Io ci sto. Voi? E il Ministero? E il Pdl?
Jonkind, racconti delle palle così colossali che mi sembra che tu voglia fare concorrenza a Facci come penna satirica.
Però scrivi peggio: allora, sei uno che fa satira o sei l’ennesimo cazzaro?
(esempio di palla colossale: “il 95% dei nostri cervelli fugge all’estero”. Inventatele meglio, studia facci)
http://ghostwritersondemand.splinder.com
Ci sembra, inoltre, che nessuno colga il punto. Al contrario di quello che con leggerezza Jonkind afferma, ossia, la ricerca risentirà molto pesantemente dei tagli gelminiani, per il seguente, semplicissimo motivo, che sintetizzo in modo eccessivamente schematico:
il problema degli atenei sono i baroni, ossia i vecchi. i vecchi stanno per andare in pensione: tempo cinque anni e non ce ne saranno più.sarebbe quindi l’occasione per rinnovare il personale, tanto più che i giovani precari della ricerca hanno in Italia un polo di selezione severissimo.
E invece Gelmini cosa fa? Decreta che si può assumere un giovane per ogni cinque vecchi che vanno in pensione. Come dire: la ricerca chiude.
http://ghostwritersondemand.splinder.com
L’idea che i sistemi educativi debbano soprattutto, o solamente, occuparsi della produzione di ‘Cultura’ e di ‘intelligenze’, e non curarsi delle ‘vili’ esigenze del mondo del lavoro – come sostenuto da mazzetta – appartiene di diritto all’universo mentale delle società schiavistiche. I profondi dialoghi socratici e le lunghe passeggiate sotto i portici del Liceo furono resi possibili dal lavoro di migliaia di schiavi sparsi per i campi dell’Attica e negli arsenali del Pireo. Le lettere a Lucilio e gli attacchi moralistici a chi si preoccupava troppo dei soldi furono scritti da Seneca, uno dei più grandi proprietari di schiavi della Roma dei Cesari. La raffinata poetica in lingua d’oc fu prodotta nelle corti nutrite e rimpinzate dalle zappate dei contadini della Provenza.
Purtroppo a noi non è dato di vivere come Rossella O’Hara in Via col Vento, ed occorre piegarsi all’esigenza che le scuole, e soprattutto le università, cerchino il più possibile di venire incontro alle esigenze della società che le circonda e le paga. E questo in Italia puntualmente non avviene.
I cretini e i leccaculo che in questi giorni si prestano a fare da massa di manovra per baroni e per professori ladri ed incompetenti, berciano contro fantomatiche ‘privatizzazioni’ e contro l’ingresso dei capitali privati. Ma non si rendono conto che prima o poi dovranno andarsi a guadagnare il pane per le strade della Repubblica fondata sul lavoro ( privato ) in cui vivono, e l’università, oltre che la scuola, non li prepara affatto a questo.
Poi vedo che occorre ribadire i soliti due o tre punti che regolarmente sfuggono quando si parla del sistema scolatisco italiano.
1) “Da notare che una spesa unitaria minore non si traduce necessariamente in un livello di conseguimento più basso. Ad esempio, la Corea e i Paesi Bassi spendono meno della media OCSE per l’istruzione primaria e secondaria, ma figurano entrambi tra i paesi con le migliori prestazioni nell’indagine PISA 2003”.
2) “Nel corso della durata prevista degli studi primari e secondari l’Italia investe $ 100.437 per studente, e si colloca per livello di investimento al 7° posto tra i paesi OCSE, dietro a Danimarca, Irlanda, Lussemburgo, Norvegia, Svizzera e Stati Uniti, e più del 30% sopra la media OCSE che è pari a $ 77.204″.
3) Il rapporto Ocse citato sopra non tiene conto di due dati che incidono profondamente sulla quota di PIL che gli italiani dedicano all’istruzione dei loro figli:
a) il costo dei libri di testo che in molti paesi sono forniti direttamente dalle scuole e che da noi invece vengono pagati dalle famiglie,
b) il mercato delle lezioni private. Non mi riferisco solo alle lezione di latino, greco e matematica pagate 30, 40, 50 euro all’ora agli stessi insegnanti che al mattino avrebbero dovuto spiegare le suddette materie in classe. Mi riferisco anche a quei soggiorni a Londra o a Dublino per sopperire all’incapacità del sistema scolastico italiano di fornire una preparazione decente in inglese. E a tutti quei corsi di calcio, pallavolo, nuoto, tennis, ecc. ecc. che le famiglie pagano direttamente di tasca loro perchè l’educazione fisica nelle nostre scuole è come Genoveffa la sorella brutta e sfigata di Cenerentola. Non se la caga nessuno, tranne che al momento dell’assegnazione delle cattedre e degli incarichi annuali ( altra voce di spesa che se fosse tagliata non inciderebbe minimamente nella preparazione degli studenti ).
Già solo se si tenesse conto di queste due voci che all’estero praticamente non esistono, ci si accorgerebbe che non solo per spesa pro capite, ma pure con riferimento al PIL noi spendiamo tantissimo, di più che in quasi tutti gli altri paesi avanzati, ottenendo in cambio poco, se non pochissimo.
che baroni ci sono alle elementari?
@ MJ
Ti ringrazio di aver tirato di nuovo fuori l’argomento. L’altra volta avevo lasciato perdere quel tuo ‘meraviglioso’ link perchè dopo mezz’ora avevo già scritto 3 pagine di contestazioni e non mi andava di postare un altro pippone.
Quella di tirare fuori gli insegnanti di sostegno e di religione per cercare di rendere più presentabile il numero abnorme di docenti che sono caricati sulle spalle del contribuente italiano, è un espediente di corto respiro. Gli insegnanti di religione ammontano a poche decine di migliaia e certo non sono il fattore che fa lievitare la massa di maestri e professori. Quanto agli insegnanti di sostengo si dice che in altri paesi non sono a carico della pubblica istruzione ma di altri comparti. Ma poi si evita di dire chiaramente quali sono questi paesi, impedendo così un facile raffronto con l’Italia. Basterebbe andare a vedere i bilanci della sanità ed estrapolare le cifre relative al personale impiegato nel supporto educativo ai disabili per verificare se anche sotto questo aspetto non ci siano in Italia eccedenze di personale. Per non parlare poi del fatto che magari non siamo l’unico paese con insegnanti di sostegno a libro paga del Ministero dell’Istruzione. Ma anche qui, stranamente, il volantino sindacale da te citato sotto l’altro post come prova definitiva delle menzogne del Caimano, non fa alcun cenno a queste realtà simili a noi.
Detto questo, c’è però un’altra considerazione da fare.
Se anche fosse vero che noi abbiamo gli insegnanti di sostengo e tutti gli altri no, questo non significa che gli altri paesi non offrano corsi e servizi che noi invece non abbiamo. Faccio un esempio pratico. Alla posizione nr.6 della classifica Ocse per spesa scolastica pro capite c’è un paese che non sto a nominare ( non lo nomino perchè altrimenti Willy Coyote cala giù dalle colline ululando come un apache a caccia degli scalpi di Reagan, Bush e i neocon ). In quel paese innominabile non mi risultano esserci gli insegnanti di sostegno nelle classi, ed i disabili vengono educati in scuole apposite. Ignoro come venga contabilizzata questa spesa, e credo che dipenda da stato a stato.
Ammettiamo pure che venga inserita nel bilancio della sanità. Laggiù il sistema scolastico non deve affrontare economicamente il problema dei portatori di handicap, ma affronta invece altri problemi ‘educativi’ che da noi sono lasciati a totale carico delle famiglie. Ossia, rispetto a noi, un liceo offre tutta una serie di corsi che noi ce li sogniamo, dalla musica ( con relativi strumenti ed insegnanti ) al teatro ( inclusi spesso un auditorium-teatro oltre al docente ) a persino un ‘Knowing my car’ che insegna la manutenzione dell’auto e prepara al conseguimento della patente ( praticamente molte scuole superiori offrono il servizio che da noi è svolto dalle scuole-guida ). E soprattutto i licei del ‘Number Six’, dedicano una quota rilevante del loro budget annuale alle attività sportive, con impianti e personale che sono giustamente il vanto di quel sistema educativo. Da noi tutto questo non esiste, o esiste in forme minime. Insomma, noi avremo pure gli insegnanti di sostengo, ma gli altri coprono materie di studio che da noi non vengono neppure prese in considerazione.
E si torna di nuovo al punto di partenza. Occorre spiegare come mai con ( in proporzione ) meno insegnanti e meno soldi di quanti ne spendiamo noi, riescano a coprire un ventaglio così ampio di insegnamenti. Noi abbiamo un numero di insegnanti che supera gli ottocentomila, e a fronte di questo numero senza praticamente uguali nell’intero orbe terracqueo ( per ogni insegnante ci sono 10,5 studenti ), presentiamo un livello di preparazione tra i più bassi al mondo. I sindacati e la sinistra possono giocare con i numeri finchè vogliono, ma la realtà certificata dai test e dalle indagini sul campo è questa, e da qui non si scappa.
ahiahiahiahi Arc
Non dovresti cominciare i post con le balle, perchè poi passa la voglia di leggere il resto
Come al solito sei partito falsando un pensiero appena espresso per mettere in cattiva luce i tuoi nemici, ma non c’è proprio scritto che:
“L’idea che i sistemi educativi debbano soprattutto, o solamente, occuparsi della produzione di ‘Cultura’ e di ‘intelligenze’, e non curarsi delle ‘vili’ esigenze del mondo del lavoro – come sostenuto da mazzetta – appartiene di diritto all’universo mentale delle società schiavistiche.”
Qui di vili ci sono solo i tuoi tentativi di arrampicata sugli specchi. anche più squallidi di quelli di Virgy, lei almeno non ci arriva proprio
Per # 22
Virginia, non ho capito perché sostieni che con il mio link si è annullata l’utilità del mio intervento.
Lì si dice che spendiamo tanto (almeno in media Ocse) e soprattutto male (siamo ventinovesimi nella classifica di apprendimento) per cui una priorità della riforma è quella dei tagli al personale docente.
Il resto non l’ho capito.
Per #24
Caro GOD,
secondo il rapporto Censis del 2007 (www.censis.it), sono andati all’estero circa il 3,9% dei laureati italiani (circa 12 mila) che si aggiungono ai più di 38mila che si sono iscritti direttamente a facoltà straniere.
E’ riconosciuto che all’estero vada soprattutto l’elite dei laureati (che definiamo cervelli) mentre gran parte dei laureati non dotati di eccezionali capacità (chiamiamoli semplicemente teste) rimane in Italia a combattere con la scarsa offerta di carriera e la scarsa capacità di investimento in ricerca del sistema nazionale.
95% ti potrà sembrare troppo, ma se pensi solo al top dei ricercatori di qualità eccezionale, non faticherai a ritrovarli nella quasi totalità in università e centri di ricerca americani o europei.
Mentre al contrario nessun cervello vero viene dall’estero in Italia. Altro segnale che quel 95% esprime, ahimé, un indicatore di qualità verosimile.
Che poi Filippo Facci scriva meglio di me questo è indubbio e non posso che darti ragione.
Non mi definisco cazzaro.
Diciamo che faccio della Satira.
E per chiuderla in Satira
http://www.ivanscalfarotto.it/2007/10/bellezze_in_fuga.html
Molto interessante, bravo!
” Quella di tirare fuori gli insegnanti di sostegno e di religione per cercare di rendere più presentabile il numero abnorme di docenti che sono caricati sulle spalle del contribuente italiano, è un espediente di corto respiro. Gli insegnanti di religione ammontano a poche decine di migliaia e certo non sono il fattore che fa lievitare la massa di maestri e professori.”
Gli insegnati di religione sono circa venticinquemila. Se se considera che si parla di un ” bisogno” di tagli di personale della misura di 85000 persone quelle decine di migliaia e quindi più di un quarto di ciò che si considera ” eccedenza ” ci si rende conto che è un numero significativo. SE si considera ancora che a ” montare ” il numero del costo studente-alunno è anche il costo degli insegnanti delle elementari che sono tre per una SCELTA didattica ( *) e quindi si dovrebbero tenere in considerazione questo fattore numerico per il costo docente-alunno, ci si rende conto che bisogna ” interpretare” il costo studente. Poi, vogliamo dire che non ci si può più permettere questo costo? Ok, QUESTO sarebbe un discorso che si può fare. Se si dicesse che si può provare a tornare al passato perchè la scuola non può più permettersi un tale numero di docenti, ok, si può accettare. E , però, allora, far rientrare le risorse risultanti dal taglio dei docenti alla scuola. Io non vedo niente del genere, nel lavoro del Ministro. Tu, invece? No, quei soldi servono solo a fare cassa, e subito.
” Ma anche qui, stranamente, il volantino sindacale da te citato sotto l’altro post come prova definitiva delle menzogne del Caimano, non fa alcun cenno a queste realtà simili a noi. ”
E lo vedi che i tuoi interventi sono a difesa del governo? Chi ha parlato di governo, qui? Poi, non accetti che ti si dica che i tuoi interventi sono per difendere l’amato governo Berlusconi. Qui stiamo contestando ciò che scrive Jonkind, quello che scrive LaVoce, e in genere, per quello che mi riguarda, contestando le cifre a ca**o che girano.
” Se anche fosse vero che noi abbiamo gli insegnanti di sostengo e tutti gli altri no, questo non significa che gli altri paesi non offrano corsi e servizi che noi invece non abbiamo.”
Esattamente. ESATTAMENTE. Quando si parla di spese non si possono buttare le cifre così, lanciarle in aria, giusto per vedere ( di nascosto) l’effetto che fa .( il bilancio della scuola va per il 97% in personale”! IL numero di insegnanti è uno tot, quindi uno sproposito, indignatevi! “Bisogna( rebbe) anche specificare quali spese includono e quali no, le diverse competenze, etc. Io non ce la vedo, questa chiarezza.
( *), sì, lo so che quella scelta è stata frutto di esigenze sindacai, però col tempo si è rivelata un’ottima scelta, visto che mi pare che nessuno mette in dubbio la bontà della scuola elementare. Se non in nome di una generica difesa del vecchio maestro unico, più nostalgico che realmente legata ad esigenze didattiche.
Per il resto, non so, se qualcuno mi potesse spiegare in che modo un taglio generico alle Università, uguale per tutti , ecco, se qualcuno mi potesse dimostrare come questo taglio si traduca in ” danni ai baroni”, io gli sarei grata, ecco. A meno che non si voglia dire che comunque un taglio che colpisce TUTTI riguarda anche quindi anche i baroni allora si può dire che indirettamente colpisce anche loro. Che sarebbe come dire che volendo colpire una certa persona ,si mette questa persona in una stanza buia con altre persone e poi si picchia alla cieca e quindi, oh, qualche colpo deve avere colpito pure lui. Forse.
Jonkind o come ti chiami, come satiro fai ridere (ma al secondo ordine), invece come cazzaro sei straordinariamente dotato. Insomma, la percentuale del 95% TE LA SEI INVENTATA TU. La metti in mezzo ad altre presi da rapporti Censis (e che meriterebbero di essere capite) e poi te ne crei una e la butti nel calderone. Cioè: tu non sai nulla, inventi, e, massimamente esilarante, difendi le tue invenzioni come verosimili.
Anche l’idea per cui quelli che vanno all’estero siano i migliori è un tuo personale fantasma. Ti faccio solo alcuni esempi: il più importante gruppo del mondo nel campo della fisica teorica dei condensati di bose-einstein si trova a trento, che, seppure di poco, sta in Italia. Ah, in quel gruppo c’è anche un russo, ossia, un cervello immigrato in Italia. Un altro russo che ha fatto (e continua a fare) la storia della geometrica contemporanea si trova a Trieste. A Trieste c’è anche un italiano che ha risolto qualche anno fa uno dei problemi più importanti della matematica contemporanea (la convergenza delle soluzioni di viscosità verso le soluzioni nel senso dei sistemi di leggi di conservazione). La città più importante in Europa e una delle più importanti al mondo per lo studio della meccanica statistica è Roma. L’inventore della teoria KAM per le equazioni alle derivate parziali lavora a Napoli. La più grande scuola di geometria algebrica d’Europa è a Roma. La prima coppia di fotoni “entangled” (quelli del teletrasporto) è stata realizzata a Roma. Una delle massime esperte mondiali di teoria della gravitazione (nel caso, complicatissimo, che i pianeti coinvolti siano più di due) sta a Milano.
Quello che cambia tra l’Italia e l’estero è che l’estero punta sui giovani e l’Italia no. Che le condizioni di lavoro sono migliori all’estero.
Potrei andare avanti, ma il messaggio è: informati Jonkin, non sparare numeri a casaccio, stai parlando di cose che non conosci e che sono più grandi non solo di te, ma anche della figuraccia che stai facendo.
http://ghostwritersondemand.splinder.com/
http://www.fondazioneitaliani.it/index.php/Premio-Nobel.-Ecco-tutti-i-vincitori-italiani-dal-1906-a-oggi.html
Ognuno calcoli la sua percentuale: sui neolaureati, sui laureati, sui ricercatori, professori o premi nobel.
Che l’Italia butti via il suo patrimonio migliore non premiando adeguatamente le sue intelligenze più brillanti è indubbio. Nel mio intervento, sul filo del paradossale, volevo far notare che per la ricerca lo stato italiano fa pochissimo e che non saranno questi tagli a cambiare una situazione che andrebbe rilanciata come sistema (anche industriale di riferimento).
GOD, nonostante i tuoi toni da caserma, mi fa piacere che tu abbia citato degli studiosi che continuano a fare il loro lavoro da noi. E se vuoi continuare facendo altri nomi, sarà un servizio per tutti.
Jonkind, a ciascuno il suo: io conosco le università, tu le caserme. A te fa piacere scoprire che nelle università italiane ci sono (anche) studiosi eccezionali, a me fa piacere imparare che nelle caserme si parla di limite debole di soluzioni di viscosità per equazion iperboliche.
Ciò premesso restiamo in disaccordo su un punto molto importante: i tagli della ministra Gelmini avranno un impatto esiziale sul sistema Università, perché accentueranno ulteriormente la fuga dei cervelli colpendo anche i non pochi punti di eccellenza della ricerca attuale: per dirne una, il gruppo di Trento che si occupa di condensazione di Bose ospita molti ricercatori precari: ricevono offerte da prestigiosi centri stranieri, tuttavia molti di loro restano nella speranza che in futuro si bandiranno posti a tempo indeterminato, come si fa in tutto il mondo.
Con i tagli le loro speranze sarano fortemente ridimensionate e molti di loro accetteranno le offerte che già ricevono. Quel gruppo, come molti altri, potrebbe rimanerne fortemente ridimensionato, con conseguenze nefaste per la ricerca che svolge.
Nomi non ne faccio. Puoi cercarli da te in rete, se la cosa ti interessa.
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Jonkind, se posso intromettermi.
” Nel mio intervento, sul filo del paradossale, volevo far notare che per la ricerca lo stato italiano fa pochissimo”
Ok, il paradosso poteva andare bene. A me non è dispiaciuto il tono paradossale , per contrasto, del post. Ho apprezzato anche un certo intento satirico. Il problema è che hai voluto aggiungere delle cifre, al tuo post, che sono perlomeno opinabili. Questo ha sfalsato un po’ l’intento paradossale che hai voluto dare al post. Se avessi mantenuto un tono paradossale per tutto il post, senza aggungere cifre, sarebbe stato più lineare non avrebbe provato la reazione un po’ inca**osa come quella, tipo, di GOD. Che vive quella realtà ogni giorno e che magari non ci sta a fare passare come certi dei fatti che forse tanto certi non sono, senza reagire. Tutto qui.
Sapete che vi dico?
Avete ragione.
Ho letto quella percentuale su qualche non so che rivista e lo citata senza però avere la possibilità di verificarla.
La Satira non ha bisogno di imprecisioni. Soprattutto se fa male al bersaglio sbagliato.
Ho tolto tutto il paragrafo, in fondo il post mirava ad una lettura di stampo politico e non doveva andare in profondità sulla ricerca, mestando i soliti luoghi comuni.
E’ questo il bello del blog. Che si impara più velocemente dai propri errori.
Ma sì Jonkind, lascia perdere le cifre. Quelle sono brutte brutte e pure false. Rimani sul vago e fai satira con i soliti mantra. Il resto son cazzate.
http://www.corriere.it/cronache/08_novembre_02/Focus_universita_8b1ad3d0-a8bf-11dd-b538-00144f02aabc.shtml
Benissimo: vogliamo tagliare? Allora Gelmini faccia una politca thacheriana, ossia: tutti gli accademici con più di 55 anni possono andare in pensione: da domani.
Chi sceglie di restare si sottopone ad una durissima valutazione di un prestigioso comitato internazionale. Chi non supera i parametri fissati, fuori dalle palle e con pensione dimezzata.
(Nell’Inghilterra della Thatcher molti scelsero di andare in pensione. Tutti gridarono alla fine dell’università. Oggi il Regno Unito è leader per la ricerca in Europa, e l’età media dei suoi accademici è una delle più basse al mondo)
http://ghostwritersondemand.splinder.com/
E al di là delle divergenze bisogna riconoscere a Jonkind il pregio dell’onestà intellettuale.