E’ che essere un artista non è proprio un colpo di fortuna, pensavo guardando la vignetta di Mauro che ha scatenato il putiferio che sappiamo. Perché io so (proprio lo so, sono una dipendente dello Stato nell’Era Brunetta, con vista su una realtà particolarmente disgraziata) che l’aria che tira è di sconfitta, nichilismo e disperazione individuale, solitaria. Nulla di meno. E lo sanno pure le antenne di Biani, e mi basta guardarla, la “vigna” incriminata, per capire che ha capito benissimo, lui, tutto ciò che c’è da capire su come ci si sente, qua in giro.
Solo che il mondo non è fatto solo di testimoni diretti delle sconfitte, né tanto meno di artisti. Ci sono tutti gli altri – gli estranei – e loro non capiscono nulla che non sia bene ordinato, con tutti i parametri perbene al posto loro e così via. L’immaginazione non può fare miracoli. E a me pare che il problema, con questa vignetta, sia che Mauro non ha parlato a questi qua. Ha semplicemente descritto l’impotenza e la mortificazione senza limiti che io, nel mio piccolo, vedo attorno a me, a chi – ancora? – non la percepisce e, di conseguenza, può esprimersi solo attraverso lezioncine politicamente corrette: quelle che ci ispirano le cose che sono solo in TV o, appunto, sui giornali.
Io, per esempio, di scuola non parlo più, come è ovvio. Da quando i miei dati personali sono stati resi pubblici direi che non è più il caso: finirei col raccontare storie i cui protagonisti sarebbero riconoscibili, e non si fa. Molto meglio parlare di stronzate, ché così almeno mi distraggo e non ci penso, alla scuola e a quello che succede.
Però di una cosa che mi hanno raccontato posso parlarne, forse: di una collega anziana, in una sala prof che non è la mia, a cui l’altro giorno sono ceduti i nervi e ha cominciato a piangere e, da lì, è stato un crescendo in cui ha perso completamente il controllo e ha cominciato a battere la testa contro il tavolo e a mordersi le mani che pareva che si strappasse la carne e a dire che lei sarebbe morta, che alla fine dell’anno non ci sarebbe arrivata e che si sarebbe ammazzata prima, ed è stato uno spettacolo terribile, con le colleghe che cercavano di fermarla e di calmarla senza potere fare niente, proprio niente per aiutarla. Credo che in carcere, tra detenute, si sviluppi lo stesso tipo di solidarietà.
Il motivo: oh, le cose che fanno stare molto male la gente. L’accumulo di mortificazione, più che altro. Il genitore invalido che non puoi più assistere perché Brunetta ha ristretto la distanza in km che deve esserci tra te e lui perché tu abbia diritto ai permessi. L’accanimento che c’è contro di noi e che percepiamo benissimo, guarda.
Per dire, proprio oggi pensavo alla decurtazione dello stipendio che adesso ci tocca se ci ammaliamo, ed io stasera ho la febbre e, se voglio stare a casa ed evitare di passare l’influenza a mezza scuola, domani mi vedrò togliere un terzo della retribuzione della mia giornata lavorativa. E i nuovi orari relativi alla visita fiscale, per cui io domani starò a casa, appunto, e non ho la spesa fatta e non potrò andare a farla. Mangerò biscotti, chennesò. Il clima punitivo che c’è, per cui si impiantano come prassi, nelle scuole, un mucchio di soprusi su cui la Cassazione si è già pronunciata decine di volte sancendone l’illeicità, ma tanto si sa che la gente non ce la fa più, a protestare, e poi chi ce li ha i soldi per l’avvocato, visto che trovare un sindacalista che ricordi ancora quale è il suo mestiere è una mezza impresa? Non so, non ho voglia di raccontare casi o di infilarmi in analisi che un sacco di altra gente ha fatto molto meglio di quanto farei io.
Io volevo solo dire che sono stanca. Che l’entusiasmo, la voglia di fare bene il mio mestiere, mi sta diventando una specie di ricordo, e che non c’è sensazione più amara di questa. Ti perdi, proprio, schiacciata in un’immagine di te che non è tua e a cui, alla fine, ti pieghi per stanchezza e perché sopravvivere si deve. Ti va a pezzi l’identità, davvero. Non si fida di noi, lo Stato? Evvabbe’, faccia come crede. Ci arrangeremo. Ci daremo come obiettivo l’arrivare a fine giornata e al diavolo il resto. Chi cavolo ce lo fa fare.
Figurati: ci sono scuole dove non possiamo manco maneggiare la fotocopiatrice, ché si vede che hanno paura che gli rubiamo la carta. Non ci è permesso toccarla, dico davvero. E una dovrebbe preparare attività, dare materiale ai ragazzi e proporre cose facendosi precedere da richieste scritte, firmate, controfirmate, giustificate e motivate e avanzate con una settimana di anticipo? Per cosa? Perché le è venuto in mente un modo per fare imparare meglio qualcosa ai ragazzi e quindi le servono 15 fotocopie? E deve dimostrare che non li vuole rubare, i 15 fogli di carta?
Ma che andassero al diavolo tutti quanti, davvero. E qui siamo miti prof, abbiamo tutti i freni inibitori a posto, miracolosamente abbiamo ancora un lavoro (quelli di noi che lo manterranno, dico, che un 100.000 andranno a spasso) e quindi lo manifestiamo col burnout, questo senso di sconfitta totale. E sto parlando di me, che non sono in mobilità, che non ho – ancora – la devastazione sull’uscio di casa. Figurati gli altri. Poi, come dicevo, se uno ha la sfortuna di nascere artista, invece di fermarsi all’apparenza dettata dai nostri freni inibitori e dalla nostra depressione, piglia e si collega direttamente allo strato successivo, alla rabbia repressa che – state tranquilli – non viene fuori, al massimo si traduce in cancro o cose così.
Ed è uno scandalo, certo. Le cose represse non si dicono.
Ché poi arriva Gasparri e dà del violento a Biani.
mC,
ma che anche tu possa essere stato un genitore “derivato” in questi ultimi 20, 30 anni te lo sei mai chiesto?
(ora scoppia la catastrofe. lo sento.)
“Gli insegnanti insegnano a piccoli cittadini ad essere grandi cittadini” è la migliore battuta della settimana, complimenti Spider hai un futuro come comico, magari fai domanda a Zelig. Prima però dovresti farti un giro in qualche classe per aggionrare i tuoi codici, mi sa che sei rimasto un po’ indietro sullo stato dell’insegnamento in Italia.
Paco,
speriamo che non “aggiorni” il codice da Vinci che potremmo ritrovarci tutti con l’apice della Piramide inversé del Louvre sotto al cu..
Io confido sempre nel codice della strada.
Un altro sforzo e ci siamo quasi, poi anche la satira sarà regolamentata e sarà il governo a stabilire chi la fa e di cosa potrà parlare.
>Vogliamo scrivere TUTTI una lettera alla maestra di mc dicendole che era solo una vigliacca LADRA DI TERMOSIFONI
— nah… era la supplente.
La maestra secondo me e mia figlia è molto brava.
>ma che anche tu possa essere stato un genitore “derivato” in questi ultimi 20, 30 anni te lo sei mai chiesto?
— se capisco bene quello che vuoi dire, la risposta è sicuramente si, eccome se me lo sono chiesto. La risposta non sono in grado di dartela, perché tutto sommato non sono sicuro di quello che penso, però posso assicurarti che mi sono sempre posto molti dubbi su me stesso, e molte volte non ne esco bene.
Morosita: perché discutere se sia vero o no che esistano facoltà più facili di altre non sposta il cuore della questione. Google, certo sommariamente, rileva la presenza della domanda, e poco importa se sia fondata o meno. Ma del resto perché mai la facilità non dovrebbe essere uno dei parametri di scelta, in compagnia magari di altre condizioni accessorie quali la distanza, la città e la presenza di amici?
Poi, siccome con gli anni sto diventando sempre più democristiano e confuso, aggiungo una piccola nota in senso contrario: mi sembra ovvio che un governo come questo, che del marketing fa il proprio dio, punti più sul percepito che sulla realtà. Dal basso della mia esperienza posso dire che di teste di cazzo nella pubblica amministrazione ne ho incontrate parecchie, ma in numero decisamente inferiore rispetto alle persone oneste e che lavorano con coscienza.
Piti: sei cretino tre volte. Una perché hai detto una cazzata ma non hai il coraggio di ammetterlo. Due perché sei astioso, e questo ti porterà a morire da solo in uno ospizio e senza affetti. Tre perché ci provi con Morosita mentre stavo cercando di intortarmela io.
MJ: posso accettare la tua definizione di dignità sociale. Ma la dignità (e basta) è un’altra cosa e non si misura col denaro.
Stringo virtualmente la mano ad mc (non scherzo), finalmente hai argomentato il tuo pensiero,peccato che ci hai messo due giorni.Monello!
Su alcuni punti,posso essere anche d’ accordo,su altri sono in completo disaccordo.Tendi a fare di tutta l’erba un fascio,menomale che hai specificato che la maestra di tua figlia è brava.
Quindi esistono insegnanti bravi!Meno male!
Lo sapevi che più di 20000 insegnanti DI RUOLO si trovano ad insegnare materie non loro?
Sono gli insegnanti di religione assunti dal 2004 ad oggi.
Mica insegneranno tutti religione no?Ma ormai sono assunti dallo stato,sono garantiti,e li mettiamo ad insegnare italiano ecc.
Sarà forse anche questo che ha portato questa ondata di qualità di cui parli?
Anche io conosco una professoressa di filosofia che dispensa a TUTTE le sue classi 1 e 2,come se giocasse alla schedina.Ma non posso dire che siano tutti così.
Purtroppo,e credo si tratti della famosa dinamica del “Ma chi me lo fa fare”.Se tutti rubano e la corruzione dilaga,chi me lo fa fare ad essere onesto.Sono gli onesti che lo prendono nel culo.Io stringo i denti,ma non vi nascondo che un pochino,comincia a bruciarmi ;P
Secondo me mc è un pusillanime.
Teme che la maestra della figlia legga Macchianera e faccia come “Giachetti lo boccio”.
(http://it.youtube.com/watch?v=DGTyydThPNc) in “Non ci resta che piangere”.
In ogni caso, mi riferivo alla TUA di maestra, quella che ti ha reso così PERSPICACE ai nostri occhi (scherzo, eh).
@Hereare:
certo che potrebbe essere un parametro, niente in contrario. Ribattevo solo a mc quando pensavo che volesse fare i distinguo tra facoltà e materie, dunque individui, di serie A e di serie B.
In quanto agli intortatori, che dire?
Io non vedo l’ora di andare al camping Zadina di Cesenatico che sembra uscito da una pagina di Ammaniti.
Poi da lì migrerò per Milano ad incatenarmi sotto la casa di Facci per un sit-in al fine di vederlo lanciare dal balcone un paio di mutande Facci’s.
Vediamo, chi di voi ha coraggio?
Se si fa avanti mc,
mi metto in malattia e chiamo la supplente del termosifone.
Ommioddioooo…
Arrivati alle mutande di Facci, mi fermo.
mc,
non mi fare il moralista. Orsù.
Tanto abbiamo capito tutti che hai una tresca con la supplente e mò vuoi fischiettare e fare l’indifferente.
Morosita mi dispiace, ma sono un vigliacco. Preferisco lasciarti così come ti immagino, un butterato quarantenne in sovrappeso di fronte ad un tavolinetto da PC in melaminico color faggio, con indosso solo delle mutande sbrindellate e un paio di pantofole in lana merinos acquistate in una televendita.
Here:
eehhh???
Mi dai del quarantenne brufoloso in sovrappeso?
Almeno cinque in meno, perdinci!
anni, chili o brufoli, morosita? ;)
>non mi fare il moralista. Orsù.
— è che proprio facci in mutande non è la mia cup of tea. Peraltro, anche la supplente in realtà non è che fosse una gran cosa.
Meglio in vestaglia e mutandoni di lana, hai ragione.
hereare:
1) il fatto di tirare a morosita è la prova onotologica che non sono così cretino
2) la cazzata sulla dignità della miseria è tua. Cocco. Potresti aggiungere che il denaro non da la felicità, così, per proseguire sulla strada dei pensieri profondi.
No hai capito che esiste un set di favolette, nelle quali credi come un bambino, fatte apposta per metterlo nel culo alle persone e dire che è cosa buona e giusta. La dignità che prescinde dal denaro ne è un esempio preclaro. E quando ai tuoi figli avranno i denti marci perchè non hai diecimila euro di dentista, mi penserai e capirai che avevo ragione.
3) non so se sono astioso e non mi frega un cazzo di niente di morire solo. E poi faccio sacrifici umani al mio unico dio: il puffo brontolone.
Non mi va di lascir correre le stronzate, anche se mi farebbero morire in compagnia. Tua, magari. Puah.
4) mi hai fatto ridere con la storia del quarantenne butterato.
Peccato saresti simpatico, ma sei un moralista da quattro soldi: e siccome sono solo quattro, perdi in dignità.
Se dico che gli insegnanti devono essere pagati tanto, perché adesso non lo sono, è inutile che mi veniate a dire che dovrei andare a vedere come stanno le scuole perché è *esattamente* ciò che stavo dicendo.
Non ho nemmeno bisogno di entrarci a scuola, perché sono passati vent’anni da quando ho fatto le elementari ma mi ricordo quando i genitori compravano la roba di cancelleria perché la scuola non aveva i soldi, ad esempio.
Come pensate, mc e Paco, che un’insegnante trovi la motivazione di fare bene il suo lavoro se viene umiliato continuamente? Come potete pensare che uno abbia la voglia di sacrificare soldi propri e ferie estive per un corso di aggiornamento, se l’unico metodo che viene trovato per punire gli approfittatori (che ci sono) è quello di mandare la visita a casa a tutti, anche a chi si prende un’influenza l’anno (tre giorni di assenza) ?
Ci sono sistemi per premiare quelli bravi (far fare agli alunni test uniformi in tutta italia ogni anno o ogni sei mesi, ad esempio), ma ci vogliono soldi.
non credo ai test uniformi
se io alleno carl lewis bambino e tu un ciccione sesquipedale, io vinco sempre anche se sono un allenatore scarso e tu bravo
un insegnante di scampia non può essere messo in competizione con uno di bologna centro
già nella stessa città, fra istituti diversi o addirittura sezioni diverse delleo stesso istituto è evidente che ci sono “utenze” scolastiche differenti
le prove, non vorrei fare don milani in 16simo, ma servono a marcare le differenze che già esistono
Piti sì, credo profondamente che il denaro non faccia la felicità. Anche se grossolana, mi sembra una buona sintesi delle nostre differenze e la accetto.
Dovresti chiudere i tuoi interventi con una bella signature. Io ti consiglio questa:
“Alboreto is nothing!”
certo, e tu “pace e bene da padre Mariano”
sai cosa mi sta sulle balle: che tu, come i pensatori di grana grossa quale palesemente sei, non capisci che l’idea del denaro non è per forze quella dell’uso statussimbolico, ma quello di mezzo per la liberazione dal bisogno, l’aumento dell’esperienza, lo sviluppo delle opportunità e la liberazione dal bisogno.
Ah, io sono di famiglia benestantuccia: da ragazzo ebbi gravi problemi alla vista. Mi salvarono alcuni interventi in cliniche private anche straniere, per le quali i miei spesero quello che costava una casa, al tempo (quasi 30 anni fa). Ricordo quelli dimessi dall’ospedale pubblico e che non poterono fare di più. Rimasero ciechi.
hai capito, adesso, coglione?
Alcuni ancora lo aspettano…Gesù intendo.Secondo i cattolici dovrebbe tornare.Non credo che qualcuno gli darebbe retta.Praticamente sarebbe un “Barbun” dicono a Milano.
Stanotte, a proposito dei discorsi qui sopra,
mi è venuta in mente questa scenetta che mi si consumò davanti agli occhi qualche annetto fa:
– Rappresentante di libri: “Dico davvero, è un manuale di retorica di cui NON potrà fare a meno. 12 comode rate da 10 euro e sarà suo a meno che non paga tutto ora. Non saprei….
– Prof: “Se pago tutto ora ho uno sconto?”
Poi uno dice i professori, i soldi, la dignità e il michiofonino.
Piti, senza un test unico di valutazione, come si stabilisce il merito di scuole e insegnanti?
spider, appunto. Personalmente, per la mia esperienza di sudente dalla prima elementare alla tesi di laurea, per quello che ho osservato per parenti, amici e umanità varia, trov che la misura del merito degli insegnati produca più danni, ingiustizie e paradossi grotteschi.
Capisco che in mondo che è ossessionato dalla misura della produttività sia una frustrazione dire “in questo caso non si può”. Ma, a mio parere, in questo caso non si può.
Ho avuto insegnati formalmente inappuntabili, che rispettavno il programma, che compivano tutti i passi prescritti, ed erano inguaribilmente mediocri. Altri molto più frou frou ma bravi, che ispiravano passione per il sapere, o almeno interesse, e davano visioni nuove.
Come anche insegnanti metodici e bravi e insegnanti frou frou non bravi. Ma in ogni caso, incommensurabili: sfuggenti a ogni metro precostituito. Come dice Hannibal a Jodie Foster, giù nella prigione: ” E tu vorresti catturare la mia anima con quel ridicolo questionario?”
Ecco, più o meno…
Poi, considra, come dicevo nell’altro commento la variabile rappresentata dai ragazzi: da dove vengono, da quali famiglie, con quali vantaggi o svantaggi.
Quando facevo il liceo gli insegnati si bullavano molto, fra il detto e il non detto, di come erano bravi misurabdo i risultati medi che ottenevano dai ragazzi e le carriere universitarie e professionali dei loro ex allievi. Ma era gente, scusa il termine un po’ ridicolo, scelta.
Insegnassero alle professionali, dove anche l’ABC della lingua italiana era un Everest.
Ripeto, vuoi mettere qualunque scuola di borgata o di qualche zona disastrata d’Italia con quelle frequentate dalla borghesia?
Credimi, la misurazione degli insegnanti è un tacòn peggio del buso.
Sì, piti, va bene, ma in qualche modo bisogna scremare chi fa da chi non fa o è incapace.
Se la dottrina Brunetta non va bene, perché di fatto spara nel mucchio e come sempre chi viene penalizzato è chi fa il suo lavoro onestamente, qualche altro metodo va trovato.
Perché è indubbio che ci sono dipendenti pubblici (insegnanti compresi) che se ne approfittano. E anche io ne ho incontrato qualcuno, tra medie e superiori.
Allora, come si fa per “colpire” quelli poco buoni? O si valuta quello che riescono a fare, o dà maggiore potere discrezionale al preside. Quest’ultimo espediente, però, non funziona. Se non ho capito male tu lavori nella pubblica amministrazione, io ci ho a che fare molto da vicino. Avrai visto che nessuno osa licenziare chi non fa il suo dovere e se succede è un’eccezione che finisce sui giornali.
Un sistema secondo me va trovato, per premiare le insegnanti come Lia e punire quelli come la supplente di MC.
Ahahahah, piti non so se sei più cretino o merda, dico sul serio eh.
Liberazione dal bisogno! Ma ti sei guardato in giro, cretino? Secondo te oggi siamo più o meno liberi dal bisogno rispetto a ieri?
E poi, merda, non vorrai mica dire che un bambino con i denti marci o cieco ha meno dignità di uno come te che ha avuto il denaro per farsi curare denti e occhi?
Sei veramente un pezzo da modernariato, vai ad infilarti in un museo con una bella targhetta.
Con immutata stima.
dico che suo padre non gli ha dato dignità, se non ha avuto i mezzi.
E l’umiliazione e il limite che quel bambino incontra sono perdite di dignità. Che non è mica una cosa astratta. Niente è astratto. Tutto deve avere un corpo, un oggetto. Le scoregge nonle vedi, ma puzzano. La dignità non sta in qualche cielo dantesco. Sta anche nelle condizioni materiali (certo: anche. Ma questo non le esclude nè la rende superflue).
Sei moderno tu, che parli come un insegnante di catechismo degli anni ’50…
Buone cose.
Giustamente, una volta fatta oggetto, la dignità può anche essere passata di padre in figlio.
Però non hai risposto alla mia domanda. In questo percorso che ci conduce verso la libertà dai bisogni, sai spiegarmi perché di bisogni – al netto dei superflui – ne abbiamo sempre di più?
Se io sono degli anni ’50, tu stai ancora fermo al settecento.
beh…è da ben prima degli anni ’50 che si sa che i bisogni non essenziali sono indotti
la pubblicità serve a quello, possibile che ci si dimentichi anche step elementari come questo?
la creazione di bisogni è fondamentale per la “crescita” e l’ampliamento dei mercati e dei commerci, niente bisogni nuovi, niente nuovi mercati, nuovi clienti…
“la pubblicità è l’anima del commercio” vuol dire questo, poi ci sono alcune estensioni al concetto, sul piano più strettamente politico, che si trovano ben riassunte da Debord
lo stesso vale per la dignità, se si promuovono modelli fondati sull’apparenza fisica è ovvio che chi abbia i denti marci o sia obeso si senta escluso dal range modello accettato e promosso >>> meno degno
certo che se uno sente il bisogno di dare della merda all’interlocutore nel mezzo di un discorso sulla dignità, non è che ci si possa attendere molto…eh…
comunque, con tanti insegnanti in zona, ce ne fosse stao uno che che si fosse preso la briga di definire il termine “dignità”
Dal De Mauro:
“condizione di onorabilità e di nobiltà morale che deriva all’uomo dalle sue qualità intrinseche o da meriti particolari; il rispetto che per tale condizione si ha di sé e si esige dagli altri”
Ora, qualcuno degli insegnanti lo vuol spiegare alla Gelmini quanto costa la sua “condizione di onorabilità e nobiltà morale”? No, perché poi magari si scopre che si compera con poco.
Mazzetta, a noi piace darci delle merde, qualcosa in contrario? :)
Come spesso ti capita, sei troppo innamorato della tua intelligenza per riuscire a capire cosa dicono gli altri. Provo a riformularlo: oggi i bisogni, quelli essenziali, sono aumentati. Un tempo la malattia agli occhi che portava alla cecità non aveva cura, e la si accettava. Oggi invece la cura c’è, ed è diventata un bisogno.
Ora, in tutta franchezza, io non ho lo spessore per poter formulare ipotesi anti-illuministe. Mi limito però a evidenziare che il modello difeso da piti, cioè quello nel quale viviamo e che avrebbe dovuto portarci alla liberazione del bisogno, in realtà sta producendo mooolti più bisogni di quelli che è riuscito a soddisfare.
mc: i dizionari fotografano, circoscrivono, ma non sono la verità. Se la verità fosse nei dizionari, non esisterebbero i poeti.
mi sa che tu abbia scelto l’esempio sbagliato, penso che in ogni epoca sia esistito, concepito ed accettato tra i bisogni essenziali anche quelo di curarsi
la tecnica ha inventato cure che prima non esistevano, ma è nell’istinto di sopravvivenza dell’uomo tentare una reazione di fronte alla malattia, figuriamoci poi se invalidante come la cecità
fino a due secoli fa l’aspettativa di vita superava a stento i 40 anni, e quindi?
oggi è ancora a 40 anni in Africa, quasi 80 in Europa e 60 in Russia
ovvio che i bisogno degli uni possano eccedere quelli degli altri, ma se la distruzione dello stato sociale porta come tendenza la riduzione del dato qui sopra, occorre fare due conti e decidere quanto si è disposti a vivere in meno (e peggio) e quanto ci viene in tasca in cambio
perchè, al fondo di tutti questi discorsi c’è sempre un’unica alternativa, quella tra servizi e risparmi
a questo punto mi è sempre sembrato difficile sbagliare, dato, provato e riscontrato che i “risparmi” non vanno a retribuire altri servizi, anzi, statisticamente sono destinati ad evaporare
ancora di più se si considera che nessun governo ha mai in realtà abbassato significativamente le tasse
togliere l’ICI ha un impatto ridicolo quando al traino del’aumento dei prezzi si incassa l’iva doppia e via enumerando
conclusione: a chiunque viva al pelo con il proprio reddito non converrà mai e poi sostenere tagli ai servizi, che almeno quelli dovrebbero essere garantiti e non risentire dei fenomeni inflattivi
ci sono ampi margini per recuperare entrate, dal colpire il sommerso al mettere al guinzaglio regioni e centri di costo sullo stile Sciampagnini ed è già anche troppo tardi per portare le tasse sui capital gain a livelli europei, tassare chi guadagnerà dalla crisi finanziaria è sicuramente più utile che tagliare quattro spicci alla scuola…e a che prezzo
ps scusate l’intromissione nel vostro abituale scambio di merda :)
>mc: i dizionari fotografano, circoscrivono, ma non sono la verità. Se la verità fosse nei dizionari, non esisterebbero i poeti.
— eh?
Perdonami ma non ho capito.
Sai sono un povero buzzurro che non appartiene alla elite intellettuale del paese; vedendo che alcuni dicono che la dignità è legata allo stipendio, e considerando che a me pare una cosa fuori dal mondo, mi sono posto un dubbio: forse sbaglio io, magari la dignità non è quella cosa che penso io.
E allora prendo il dizionario e controllo.
Sorpresa: il dizionario (uno di quelli di oggi, su internet, mica di quelli del 1500), dice che la dignità viene da “qualità intrinseche o da meriti particolari”. Ommioddio: i soldi e i palazzi e i telefonini NON c’entrano nulla.
Questo mi rincuora, perché allora la dignità è quella cosa che pensavo io e non quella di cui parlano altri, che dovrebbero spiegarsi con più precisione, magari facendo riferimento al ceto (“gruppo sociale di persone che hanno in comune una stessa condizione economica”), o al benessere (“condizione di agiatezza, elevato tenore di vita”).
Poi però arrivi tu e mi parli dei poeti e io, povero ignorante materialista, mi confondo.
Accidenti, voi intellettuali riuscite sempre a farci sentire tanto zucconi.
Qualche giorno fa, su queste pagine, a essere legata al reddito era la possibilità di sognare che, curiosamente, vi veniva legata in maniera direttamente proporzionale e non viceversa come da dizionario.
Che oggi lo stesso concetto venga esteso alla dignità mi pare abbastanza coerente con la tendenza.
Quella sui poeti invece non l’ho capita manco io.
Cioè, al di là della sua funzione ‘chiusura a effetto’ più che evidente, il senso vero non l’ho mica capito.
Letta così parrebbe dire che i poeti trattino di verità.
Ma letta così mi pare una castroneria di discreta dimensione.
Poi così entrato nel dibattito dopo giorni di assenza e trovando tutti insieme i concetti: verità, dignità, soldi, con visione totale e non frammentata, mi viene un sacco in mente che se non leggessi il post potrei pensare di trovarmi su un forum cattolico.
Eran mica loro quelli che smerciano verità in cambio di soldi chiamando il tutto ‘dignità’?
Love Morosita.
Sempre prima Federica, ma Morosita incalza mica da ridere la pole.
Brevemente perché ho idea di aver rotto le palle già abbastanza.
Il bisogno si regge sul rapporto fra domanda e offerta. Senza offerta non c’è bisogno, al limite puoi parlare di speranza.
Sull’aspettativa di vita, due sole obiezioni, tratte da “La Ragione aveva Torto?” di Massimo Fini:
A. non è vero che nell’età preindustriale vivessero la metà. Le statistiche andrebbero ripulite dall’alto tasso di mortalità prima, durante e appena dopo il parto. L’aspettativa, già dai romani, era di oltre settant’anni.
B. Oggi si vive una decina di anni in più, ma del periodo peggiore della vita, la vecchiaia.
Ah, bè.
Allora, è solo una questione di parole. Allora, mi domando perchè si usi la frase ” uno stipendio dignitoso” visto che vuol dire uno stipendio decente e visto che ha a che fare con quanti dindini ti danno, questo vilissimo denaro.
Visto che siamo qui, potremmo fare l’etimo della parola
http://www.etimo.it/?term=dignita
Ovvero di ” grado di persona meritevole del rispetto comune ” toh, ci sono gli ” altri”, cioè il rispetto comune, mica si accontentano dell’autorispetto, questi.
Ma io mi domando se non sia un riflesso della religione cattolica, questo. Questo richiedere implicitamente un sacrificio. Ecco che diviene ” degna ” la persona che accetta di sacrificarsi, mentre invece la persona che chiede un rapporto alla pari ” io ti do tanto e tu mi paghi di conseguenza “, viene visto con sospetto. Sacrificio è bello, e l’insegnante che non è disposto a sacrificarsi diviene degno di disprezzo, questo infame attacato solo ai soldi.
“E allora prendo il dizionario e controllo.
Sorpresa: il dizionario (uno di quelli di oggi, su internet, mica di quelli del 1500), dice che la dignità viene da “qualità intrinseche o da meriti particolari”. Ommioddio: i soldi e i palazzi e i telefonini NON c’entrano nulla.”
sopresa, la vita esce dal dizionario :D
nell’epoca nella quale l’avere e l’apparire ha sostituito l’essere, se non hai (beni o denaro) o non appari, vieni schifato come un incapace o uno sfigato
direi che non ci sia bisogno di dilungarsi su questo dato, è verificabile da chiunque empiricamente
poi è vero che la dignità te la guadagni oltre alle apparenze, ma andare ad insegnare con le pezze al culo oggi rappresenta un handicap notevole, molto pù di un tempo
non tutti gli insegnanti possono poi diventare campioni in quiz tv
da quello che ne so io con lo stipendio di un’insegnante di ruolo farei fatica a vivere in qualsiasi media città del Nord, figurarsi poi con una o due persone a carico, altro che telefonini…
p.s. l’unico bullismo da stroncare nella scuola è quello dei genitori verso gli insegnanti, quelo sì mina la dignità di tutto l’nsegnamento scolastico, oltre a far la cazzata di mettere in contrapposizione ostile le due principali fonti educative.
non è ricordo dei bei tempi andati, rammentare che fino a pochi anni fa lo scarso rendimento dei pargoli portava pressioni sui pargoli e mai aggressioni ai docenti.
al contrario tra pargoli si menavano, spesso come fabbri e le pargole non erano certo meno bully, il mobbing era disneyland al confronto, anche nelle migliori scuole del regno prima e della repubblica poi
intervenire a colpi decreto in queste situazioni è assolutamente fuori posto e velleitario, maggiore educazione e rispetto reciproco sono la miglior medicina, ma se “utenti-genitori” e docenti non collaborano e anzi si schifano non si va da nessuna parte e non si fa il bene dei pargoli
che poi è o dovrebbe essere lo scopo di tutto lo sbattimento attorno all’educazione, il bene dei pargoli
possiamo tutti far meglio, fidati, ci sono margini
mc, prima di tutto intellettuale lo dici a tua sorella. Io bestia sono e bestia voglio rimanere.
L’amore è un sentimento assoluto. La lingua un codice finito. Con la lingua puoi cercare di descrivere cos’è l’amore, ma non potrai riuscire ad “afferrarlo” completamente. Inoltre il dizionario è una sintesi, la raccolta di definizioni provenienti da altre fonti, non decide quale sia il senso di una parola. Per questo un poeta può essere più bravo di un dizionario nel descrivere l’amore. Hai capito, amore? :)
E comunque io sostengo la tua idea di dignità :)
“Oggi si vive una decina di anni in più, ma del periodo peggiore della vita, la vecchiaia”.
Sacrosanta verità.
@Broono
pucci pucci miao miao
la lingua è un codice infinito, se consideriamo la dimensione del tempo.
con la lingua in effetti non afferro niente ma faccio delle inquadrature più o meno arbitrarie per segnalarle agli altri. questo significa che quando parliamo di dignità, intesa come qualcosa di assoluto e inafferrabile, parliamo di qualcosa che non conta un cazzo e parliamo a vanvera. ogni atto comunicativo richiede non solamente un codice ma anche un referente, se no tanto vale cinguettare dentro una gabbia.
per continuare a pestare indiscriminatamente sugli statali vedo che possiamo arrivare a improvvisare dibattiti da scuola oxoniense.
“Sull’aspettativa di vita, due sole obiezioni, tratte da “La Ragione aveva Torto?” di Massimo Fini:
A. non è vero che nell’età preindustriale vivessero la metà. Le statistiche andrebbero ripulite dall’alto tasso di mortalità prima, durante e appena dopo il parto. L’aspettativa, già dai romani, era di oltre settant’anni.”
imho è una palla
l’aspettativa di vita in epoche passare si ricava dalle testimonianze storiche e dalle analisi sui resti umani, non da statistiche come le attuali, cadaveri di settantenni pre-ottocento sono merce rara e tutte e cronache descrivono una società molto giovane
in epoca romana si faceva fatica ad arrivare a quarant’anni, su questo non ho mai sentito fonti discordi
forse Fini dovrebbe sostenere meglio un’affermazione tanto temeraria, non la può certo fondare su una considerazione del genere
Marquis, se parliamo di un mattone il dizionario è abbastanza. Se parliamo di dignità probabilmente no. Me lo concedi?
Adesso ti invito a leggere la definizione di amore sul dizionario(*) e di affermare che per te basta, e che altre riflessioni sul termine sono dibattiti da scuola oxoniense.
(*) http://www.demauroparavia.it/5362
Morosita, ho prenotato il bungalow al camping Zadina di Cesenatico e mi sono già dato una sciacquatina alle ascelle, direi che è tutto pronto.
Here, wow!!
Non vedo l’ora di pescare il pesce ratto!
“…Gli anni della nostra vita sono settanta,
ottanta per i più robusti,
ma quasi tutti sono fatica, dolore;”
Salmo 89 versetto 10
A proposito di scuola oxoniense,
mi hanno appena comunicato da Cambridge che sta per uscire un libro con un mio pezzo.
Se sapessero quante profondità di pensiero appiccico su Macchianera mi regalerebbero un abbonamento alla ultima di Harry Potter.
Here,
non puo mischiare sacro e profano.
Prima dici bungalow, poi propini i salmi responsoriali, insomma una così si sbanda o ti viene incontro con un crocifisso spiegato che manco Biani …. ;)
Tranquilla, il mio unico sacramento è il battesimo, direi quindi che non sono neanche formalmente cattolico.
on sono mica io che ho cominciato a fare una parodia di dibattito sulla filosofia del linguaggio. il succo del mio commento è che la parola serve a fare inquadrature, e a tal fine inquadra tanto bene l’amore quanto un mattone. solo che l’amore è un campo lunghissimo e il mattone è un primo piano. se prendi l’amore o la dignità tocchi quei campi che riguardano l’esistenza e quindi ci metti delle sfumature di significato. è per questo che per ragionare, oltre al demauro bisogna tenere presente anche un referente. quando leggo di gente che mi definisce l’amore come sentimento assoluto e inafferrabile, vedo gente che sta facendo un inquadratura del cielo terso. complimenti, ma alla lunga questa inquadratura non vuol dire un cazzo. a meno che il contesto non lo richieda. se siamo sul crinale della poesia, ove per poco bondi non si spaura, va bene anche inquadrare a cazzo e buttarla sul misticismo.
se invece il referente è il rapporto reale tra dei soggetti intenderò ed escluderò delle cose un po’ più precise.
lo stesso discorso vale per la dignità. se uso la parola “dignità” facendo riferimento alle condizioni di lavoro, non sto parlando di insondabili qualità spirituali (che significa inquadrarsi le punte dei piedi), ma sto dicendo che il mio lavoro merita un riconoscimento perché possiede qualità e meriti propri.