E tu che vita vorresti fare?
Siamo fuori a fumare una sigaretta, un capannello di gente tra i venticinque e i trentacinque anni, ragazzi e ragazze di oggi perchè a trentacinque anni, oggi, sei ancora un ragazzo e non un uomo o una donna come lo erano i nostri genitori.
Cosa ti piacerebbe fare nella vita?
Operatori di call center, un call center “umano” con il team leader ma senza il motivatore, con le performances ma senza il premio aziendale per il miglior operatore, con il contratto a progetto ma con tutte le pause che vuoi purchè nella giornata tu faccia un certo numero di telefonate.
Se potessi scegliere il tuo futuro, come lo vorresti?
A rispondere per prima è Elisabetta trentatre anni, smette di ridere con le compagne e si fa seria, ci pensa un attimo e mi fa “vorrei avere un lavoro part time, quattro ore la mattina ma con un contratto a tempo indeterminato, nel pomeriggio vorrei passeggiare con il mio cane, un giorno vorrei avere dei figli e poterli andare a prendere a scuola, mi piacerebbe anche allevare cani ma non sono sicura che poi riuscirei a venderli. No, mi basterebbe avere una certa serenità economica, un lavoretto tranquillo e una famiglia a cui dedicarmi”.
Il secondo a rispondere è Duccio, trentacinque anni, team leader. “io vorrei vivere in campagna, vorrei lavorare in campagna”. Un agriturismo? “anche no, mi basterebbe anche qualcosa meno, forse un pezzo di terreno da coltivare e qualche animale”
Marta invece, trent’anni, vorrebbe avere una tabaccheria con ricevitoria del lotto. “mi è sempre piaciuta l’idea della ricevitoria che se qualcuno vince qualcosa tocca una percentuale anche a me” figli? Famiglia? “certo, vorrei avere due figli e una ricevitoria”.
Alessandro di anni ne ha ventisette, e tu cosa vorresti fare? “io vorrei soprattutto poter andare a vivere da solo, vorrei vivere da solo e poi vorrei un lavoro che mi permette di viaggiare. Non tanto però, qualche viaggetto ma non troppo lungo ne troppo lontano. Vorrei vivere qui a Firenze ma soprattutto da solo”.
Elena, l’ultima a rispondere, di anni ne ha venticinque. “io vorrei vivere al mare” e che lavoro vorresti fare? “anche quello che faccio, per me il lavoro è un mezzo e non un fine, mi basterebbe vivere in una località di mare e guadagnare qualcosa in più per potermi permettere di vivere da sola”. Famiglia? “non lo so, per adesso non mi interessa”.
Ambizioni modeste, forse ancor più modeste di quelle della generazione precedente, ambizioni che durano il tempo di una sigaretta. Poi si torna dentro. Si torna indietro.
Vita da call center
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“segue lungo dibattito su quanto contino le dimensioni:-)”
Beh, se già al dibattito assegni l’attributo (ehm) ‘lungo’, parti già con le intimidazioni.
:)
il dibattito è come il membro: se non è lungo non sa di nulla.
Vabbè, ok, smetto che è meglio:-)))
@broono
“Non è che fa statistica solo chi va a comporre la fetta che risponde alla tua tesi.”
guarda che non è una “mia” statistica,sono le statistiche ufficiali che dicono che nelle assunzioni i precari sopravanzano di brutto quelli a tempo determinato e che questi ultimi sono ormai solo il 50% della forza lavoro
quelli fungibili (sostituibili) sono -tutti- perchè nessun organigramma aziendale si fonda su figure uniche e irripetibili e anche a pensare che qualcuno diventi tale nella testa di qualche piccolo imprenditore, non avremmo comunque grandezze statisticamente riilevanti
poi se vogliamo fare antropologia e psicologia, possiamo esaminare le dinamiche che animano i singoli come casi-scuola
ma se parliamo di mercato del lavoro l’esibizione di un singolo caso non ha senso, ancora meno per i call center dove gli operatori sono -per definizione- fungibili
il fenomeno del downshifting, cioè di gente qualificata che “scala” verso il basso e occupazioni meno pregiate, è ormai noto e studiato in tutto il mondo e investe tutto i paesi sviluppati, negli States è pieno di gente che dopo essersi indebitata per diventare ingegnere elettronico adesso lavora part-time da mcdonalds o starbuck
parlando di mercato del lavoro e di retribuzioni non ha senso parlare di come poi i salariati spendano lo stipendio (saran ben cazzi loro o devono anche in quello assecondare gli interessi di qualcuno?) e ancora meno abbandonarsi a considerazioni filosofiche sulla qualità dei lavoratori, visto che questa è sempre omogenea al tipo di società formata dalle elite.
la realtà del mercato del lavoro in Italia è fatta di un’offerta centrata su lavori malpagati, precari e che non offrono alcuna possibilità di crescita umana e/o professionale, questa è la realtà, che poi a tuo cugino sia andata meglio non dipende -solo- da lui
in questo quadro dire che “dipende da come sei fatto” se trovi un contratto piuttosto che un altro è fuorviante, ma prima ancora scorretto. Se tutti si trovassero nelle ottime condizioni di tuo cugino, con le stesse occasioni e la stessa buona volontà, uno su due sarebbe comunque destinato a un contratto precario
sono -dati- disponibili e reperibili ovunque e hanno più senso di quelli sulla quantità di disoccupati che, come ha ricordato qualcuno sopra, da un lato comprendono solo quelli che cercano lavoro e non quelli che ormai hanno perso ogni speranza (condizione soggettiva) e dall’altro mettono tra gli “occupati” gente che un mezzo lavoro, un lavoro di merda e anche quelli che in un anno gli fanno 3 contratti
in Francia si parla tanto di lavoratori “intermittenti”, che sono quelli che sono chiamati quando “c’è bisogno”, questi sono “occupati anche se alla fine mettono insieme solo 4 mesi di lavoro all’anno, come in Italia
sinceramente mi preoccupa che la mistica imprenditoriale (strumento di controllo) abbia fatto breccia in questa maniera tra i salariati, perchè così non c’è nessuna speranza
il fronte imprenditoriale può continuare a fare quello che vuole fino a che i lavoratori si dividono (loro) tra buoni e cattivi, non ha nemmeno bisogno di far fatica, gli basta cooptare i più servili e inconsapevoli per tenere tutti sotto scacco
tanto questi si sentiranno da un lato fieri e dall’altro riconosciuti nel loro valore quando saranno scelti per un lavoro che -comunque- sarà sempre sottopagato rispetto agli standard dei paesi avanzati e si porterà dietro sempre meno tutele e garanzie
questo almeno fino a quando il compratore del loro lavoro non cambierà idea, allora come un incubo scopriranno di non essere altro che un numero (fungibili) e che dei loro sacrifici per l’azienda e del disastro che significa per loro rimanere senza lavoro non frega proprio un cazzo a nessuno, nemmeno ai colleghi ormai addestrati a godere del mors tua vita mea
“guarda che non è una “mia” statistica,sono le statistiche ufficiali che dicono che nelle assunzioni i precari sopravanzano di brutto quelli a tempo determinato”
Sì, d’accordo, è vero.
Ma.
Io non sto negando le statistiche, sto dicendo che leggerle senza analizzarle ma solo prendendo l’ultima riga, quella con il risultato, non ti da assolutamente il quadro che quella statistica racconta ma solo un esito finale che può darti ragione anche se poi magari nel dettaglio non lo fa.
Esempio.
Io sono un precario.
Ma proprio precarissimo.
Sono quanto di più precario esista in italia.
Da quando ho iniziato a lavorare a oggi non ho mai firmato un solo foglio, mai un contratto, mai un impegno scritto.
Lavoro da sempre sulla parola, GRAZIE al passaparola, ogni fattura che emetto può anche non essermi pagata perché tanto non ho firmato niente, quando mi è capitato che a fine lavoro mi fu fatto il gesto dell’ombrello non ho avuto nessuna possibilità di attaccarmi a qualcosa se non al cazzo, non ho tutele, non ho contratti e quindi non ho garanzie, svolgo un lavoro il cui impegno cada uno non supera mai i due/tre giorni, raramente la settimana, sulle dita di una mano i dieci giorni e ogni volta è ‘sulla parola, mai un foglio con su scritto manco quei tre giorni, ogni lavoro può essere tecnicamente e contrattualmente l’ultimo, se domani si sparge la voce che io rubo e tutte le agenzie che oggi mi chiamano per il contrario e cioè per la fiducia decidono di non fare più il mio numero di telefono, io domani sono in mezzo a una strada e non ho liquidazioni, non ho tribunali, non ho sindacati e se vuoi ti posso elencare altre duecento voci riferibili alla parola “precario” ma fidati, in quella statistica da te citata io non solo rientro in pieno, ma ci sto in cima seduto sulla cosa più precaria che esista nel mondo del lavoro, qualsiasi lavoro: la parola data.
Se tu citi la percentuale dei precari, parli anche di me, questo è un fatto.
Poi se invece entri nel dettaglio della percentuale, scopri che tra quei precari che sostituiscono progressivamente i contratti a tempo indeterminato, una buona fetta è gente come me che lavora da anni a due cifre in quel modo raccontato là sopra, solo che prima che venisse fuori il problema precari l’assenza di un contratto scritto non era vissuta come una truffa né come uno sfruttamento ma solo e soltanto come una modalità di lavoro.
Mi avessero intervistato dieci anni fa, al mio rispondere “No, nessun contratto” mi avrebbero messo tra gli occupati perché sarebbe seguita la seconda domanda: e quindi come lavori?
Oggi c’è l’emergenza precari e alla seconda domanda non ci arrivano mai perché il senso della prima è fare quella percentuale là per poi sbatterla sui giornali e per raggiungere l’obiettivo basta la mia risposta “Nessun contratto” vualà, dentro la statistica e se mai arrivano alla seconda domanda in genere è: “E non sei disperato? Non vai in piazza? Non fai kasino kontro il sistema?”
No, non ci vado, perché sono precario ma non disoccupato.
Esistono mille forme diverse di lavoro e mille professionalità diverse che negli ultimi anni hanno visto la luce sullo scenario dei mercati e non tutte hanno già una configurazione chiara e netta al punto da veder svilupparsi intorno contratti adeguati e tutele conseguenti.
Pensa solo al web, appena apparso chi ci lavorava impiegava un mese a spiegare ai genitori che diavolo facesse di mestiere, oggi se non lavori nel web non sei nessuno.
E professioni così ce ne sono a decine, moderne, nuove, fatte da ‘statistiche’ di persone che il contratto non ce l’hanno perché, semplicemente, non esiste.
Questo significa che sono precari?
No, significa che forse è ora di allargare un po’ il campo visivo per vedere cosa ci sia realmente dietro quel 50%, prima di buttarlo lì per dire che quel 50% racconta di un paese per metà a casa.
E non parlo solo di me, naturalmente, ma di tutto un settore nel quale, fidati, non sono in pochi quelli che a quell’intervistatore rispondono “precario”.
Ma il punto è: Quella risposta la dai perché sei disoccupato o perché non sei assunto a tempo indeterminato?
Perché è lì il punto che mi tiene lontano dalle statistiche quando devi vedere il quadro.
Il punto è come (e perché) ti viene posta la domanda.
La risposta è che il 50% sono precari.
A trasformare quel 50% in 50% di disoccupati è la percezione, non la realtà.
“parlando di mercato del lavoro e di retribuzioni non ha senso parlare di come poi i salariati spendano lo stipendio (saran ben cazzi loro”
Come no?
Certo che ha senso.
Ha senso nella misura in cui poco sopra mi si corregge dicendo che il post nasce dalla raccolta degli ‘stati d’animo’.
Te la riporto fedelmente, stiamo parlando di:
“tutte quelle persone che esprimendo lo stesso stato d’animo, rappresentano la collettività”
Allora se il discorso è fatto in questa chiave, mi spiace ma guardare come spendono i due euro che guadagnano ce l’ha eccome un suo senso e forse addirittura è l’unico modo per parlare in maniera un minimo oggettiva (per quanto possibile).
Da cosa nasce lo stato d’animo, se non dalla propria percezione di benessere?
Allora se tu hai un paese che a detta tua è per metà disoccupata, ma ha un migliaio di GdO con i reparti di tv al plasma e decoder per la partita in paytv con gli scaffali vuoti per il 90%, hai di fronte un paese che non può esser letto attraverso quella statistica che mostri tu.
E non la vorrei far banale scendendo alla conta dei cellulari, ma tocca farlo.
Io sono precario, sì, ma non ho auto, non ho tv al plasma, non ho orologi, non compro vestiti ogni anno.
E vivo molto molto molto bene perché a fine mese ci arrivo e anche ballando.
Al contrario ho davanti un sacco di gente che ‘non arriva a fine mese’ ma poi in ferie ci va, il decoder lo compra, la macchina pure quando non due (ché vorremo mica avere una sola auto in famiglia?) e di cellulari spesso ne estrae dalla borsa almeno due, uno dei quali con l’ultima fotocamera uscita sul mercato.
E non parliamo di quelli con figli, ai quali ne comprano direttamente due con l’ultima fotocamera e non solo uno dei due ché altrimenti Marietto si sente inferiore a Oceano , salvo poi incazzarsi con le ‘istituzioni’ se non li fanno arrivare a fine mese, gente che compra il SUV a rate da 60 euro al mese (se le case automobilistiche vendono ‘oggetti’ da 15.000 euro a rate da 60 a chi si stanno rivolgendo? A chi è ricco o a chi ha un margine mensile di non più di cento? E se tarano le offerte su quella cifra, significa che ci sono più ricchi o più persone con quel margine? E se le persone con quel margine non si possono permettere di spenderlo in un SUV, perché il direttore commerciale della casa automobilistica che ha pensato a quell’offerta non è stato licenziato e, anzi, ha lanciato una tendenza raccolta da tutte le altre case automobilistiche? Forse perché quella maggioranza di persone con quel margine lo spendono eccome in un SUV e quindi il tale di cui sopra non solo non viene licenziato ma viene addirittura premiato?)
Questo paese, dati alla mano questi sì e fidati, vive di credito al consumo a un livello tale che le banche hanno anche già calcolato il punto di non ritorno oltre il quale l’argentina di qualche anno fa ci sembrerà il klondike.
Solo che sanno, le banche, che questo paese è fatto di gente che se ha permesso il meccanismo del credito al consumo non è per il latte o il pane ma per il tv al plasma e quindi persone che quel giorno correranno in banca a indebitarsi ulteriormente.
E loro godono.
Lo stato d’animo non vuol dir nulla, se slegato dall’osservazione dello stile di vita.
Legato, al contrario, spesso ti fa vedere la realtà per quella che è davvero e non per quella che ti raccontano le statistiche.
Quello che condanna questo paese al fallimento non è la situazione del mercato o la percentuale di contratti a tempo determinato o indeterminato.
L’unica percentuale che va letta in maniera fedele per sapere perché questo paese è destinato al tracollo è quella che ti dice quanti imbeccilli ci sono su 60 milioni di italiani.
E lì sì che il 50% sarebbe una cifra della quale rallegrarsi.
Peccato che sia parecchio più alta.
(altrimenti il credito al consumo non avrebbe preso piede, no?)
Lo scenaio attuale del mercato del lavoro ne è solo la (una delle) conseguenza, non la causa.
consiglio questo
http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/video/2005/04/12/VI2005041201139.html
poi domani torno sulla risposta di broono, sesuar busy a tutti i livelli…:/
Broono, se emetti fattura hai partita iva ergo non rientri nella statistica dei precari.
Non facciamo i furbi girando intorno al problema è come dire che un artigiano è un operaio, tecnicamente lavorano entrambe con le mani ma non è la stessa cosa.
comunque l’espansione del credito al consumo come indice di stupidità non mi sembra praticabile ;)
La p.iva la può aprire chiunque domani mattina con qualche euro e una stretta di mano.
Da sola non significa nulla, soprattutto dopo che la riforma del primo Gov berlusconi la rese praticamente l’unica strada possibile per migliaia di lavoratori ‘temporanei’ che fino a quel giorno lavoravano a ritenuta d’acconto proprio perché temporanei.
Oggi il 100% di quei professionisti hanno la partita iva, non tutti si possono togliere dalle statistiche di cui sopra.
Allora chiarire bene cosa si intende per ‘precario’, perché la percezione comune (che è poi quella che stabilisce il conseguente famoso ‘stato d’animo’) è che sia precario chi non ha un lavoro a tempo indeterminato e chi non ha tutele.
Se vogliamo farla puntigliosa e restringere il perimetro che stabilisce chi rientra in quel termine usando come pinza a pappagallo la posizione fiscale, sono il primo ad applaudire la scelta, perché il risultato che si otterrebbe è esattamente quello che dico da lassù a quaggiù e cioè che quel 50% si ridimensionerebbe in maniera drastica al punto quasi da non poter più essere usato per sostenere la tesi della crisi ma solo quella del mutamento (che è un’altra cosa e che la crisi se la porta solo appresso solo come fase obbligata di assestamento)
Vogliamo contare (fingendo di poterlo fare in maniera un minimo fedele) tra quelli che non hanno un contratto, quanti sono quelli che non dichiarano?
Perché io mi ci metto volentieri a fare il precisissimo quando si tratta di stabilire bene bene chi rientra e chi non in una percentuale, ma la stessa cosa dev’esser fatta da chi discute con me, perché se se lo faccio io è sbagliato perché devo essere preciso, mentre se lo fa chi dice ‘mezzo paese è precario’ allora va bene perché il post parla di call center e quindi vale tutto, allora non si va da nessun parte.
Ho letto che mezzo paese è precario.
Mi ci sono messo dentro per spiegare che non significa disoccupato.
Mi è stato detto che non rientro perché ho partita iva.
Allora rigiro la richiesta di precisione:
Mi togliete da quel 50% di ‘senza un contratto’ gli evasori stimati?
Parlo di donne delle pulizie da 15 euro all’ora esentasse e imbianchini che chiedono 1000 euro per due stanze, sempre esentasse.
No perché io non rientrerò in quella statistica per il solo mio avere piva, ma chi quelle statistiche le fa, quando va in giro a chiedere di alzar la mano se disoccupati, vede alzarsi anche quella dell’imbianchino che si lamenta delle istituzioni, eh.
O non lo valutiamo entrambi, o lo consideriamo entrambi.
Non potete chiedere solo a me di essere preciso e poi dirmi che lì c’è scritto 50% e quindi 50% è.
“l’espansione del credito al consumo come indice di stupidità non mi sembra praticabile”
Lo è in un paese che su quella forma di finanziamento basa quasi la sua intera economia domestica.
E poi che è quella faccina…?
Niente niente mi hai appena aderito alla promozione del SUV a 60 euro al mese?
Touché?
:)
“Ho letto che mezzo paese è precario.
Mi ci sono messo dentro per spiegare che non significa disoccupato.”
ma nessuno ha affermato una stronzata del genere, eh…
dove sarebbe che qualcuno ha scritto precario = disoccupato
i co.co.co con la partita iva sono precari, liberi professionisti e artigiani rientrano in altre statistiche, non cpisco tutto questo sbattimento per negare una realtà che è sotto gli occhi di tutti e che nessuno, nemmeno di parte confindustriale si sogna di smentire….mah…
Vis:
“se emetti fattura hai partita iva ergo non rientri nella statistica dei precari.”
Mazzetta:
“i co.co.co con la partita iva sono precari”
Mettetevi d’accordo e ditemi di che stiamo parlando.
Io intanto lavo i piatti e ceno.
Vis: proprio ragazza madre non mi definirei, ho 31 anni e una bimba di 4. I miei genitori abitano in un’altra città e quelli del mio compagno sono due adorabili bicentenari!Non provo neanche a inserimi nella discussione perchè mi sono persa tra il commento 92 bis e il 107 barrato, buona serata
matilde se hai un compagno che immagino lavori, le spese sono già divise in due e il reddito doppio. C’è una bella differenza.
Broono, lavorano come collaboratori ma con partita iva, da me ne lavorano diversi, a fine mese invece di ricevere una busta paga da 1000 euro al mese come collaboratori, emettono una fattura per il medesimo importo netto. La differenza tra i primi e i secondi e che i collaboratori hanno un contrattino di sei mesi in sei mesi, quelli con partita iva neanche quello. Come li vuoi chiamare questi?
replicare a broono è faticoso perchè ti inonda di commenti lunghi come la cordigliera delle ande, però, alcuni punti, sinteticamente, mi sento di esprimerli. E magari, la sintesi renderebbe più agile il confronto (faccine, broono, faccine).
Allora:
1) in generale, lo sviluppo di un Paese non si giudica, per quel che riguarda il mondo del lavoro, da quello che con doti particolari o per situazioni eccezionali ce la fa. Se no dovremmo dire che la Liberia è un Paese ricco di opportunità perchè George Weah viene da lì e ha fatto i miliardi.
2) come i precari spendono i soldi. Bel tema, che magari Viss potrebbe un giorno riprendere in un suo post, visto il successo di questo. Noi viviamo in una società che -piaccia o no, sia giusto o no, sia sostenibile o no- si basa sul consumo. E’ la società dei consumi. Mia nonna che faceva e disfava di continuo le stesse maglie perchè gettarle le pareva uno spreco non buttava certo i soldi, ma se avessimo fatto tutti come lei, addio economia. Ma mia nonna aveva la prima elementare e faceva la casalinga. Allora, come mai quando questo porco mondo ti chiede di andare per venti anni a scuola e poi magari arriccia il naso perchè non hai fatto anche il master, pretende che in famiglia non ci siano mamme, casalinghe, pensionati men che vegliardi, allora bisogna essere moderini e post moderni. Poi, quando è ora di consumare, se mangio la pizza sono un debosciato spendaccione.
3) Tutto qusto finirà. Finirà male prima di tutto per noi ordinary people, perchè è un mondo che non considera lanostra esisitenza e le nostre esigenze in alcun modo. Ma porcatroia ci sarà un cold comfort, una magra consolazione: che chi ci riduce così non avrà più nessuno da sfruttare, avrà ucciso il cavallo che lo portava a spasso per penuria di biada e a quel punto gli tocca muovere il culo e andare a piedi.
PS Io ho palesemente un debole per morosita, ma quella mazzetta lì, se è una donna, scrive in un modo e scrive cose che la rendono adorabile.
ah, e finisco
i SUV, sbaglierò o conosco una società non rappresentativa, ma non li comprano i precari. COnosco dei precari e conosco dei proprietari di SUV: sono insiemi separati, la loro intersezione è zero.
Uffi, stavo rispondendo in pieno thread dall’ufficio, ma è mancata la luce, si è spento il pc, è squillato il telefono e 10 min dopo la campanella dell’uscita. Pensando di essere un precario mi stavo recando al secondo lavoro, ma non è il giorno giusto oggi.
Dunque.
Piti, che mi hai risposto all’88: hai semplicemente esteso gli elementari concetti che ho tentato di tirar fuori. Assolutamente d’accordo con te.
Broono invece, appare, semplicemente appare.
Che tu divida il mondo lavorativo, e pre-lavorativo, in capaci ed incapaci.
Troneggi naturalmente in mezzo alla seconda che ho detto, oltre che in mezzo a statistiche che io non ho in mano, tu invece si, ma non ce le fai vedere.
Ma mi voglio fidare, non a titolo concessivo, ma perchè per principio mi fido di quello che mi dicono.
E quindi inserisco nella top three delle frasi ad effetto la tua: “motore interno di ognuno di noi che fa la differenza tra chi fa le cose PRIMA d sapere se le otterrà e di chi le fa SOLO se qualcuno gli garantisce che le avrà”: complimenti, a momenti ci credo.
E nella top three cat.Fantasy la tua seguente: “Parlo di donne delle pulizie da 15 euro all’ora esentasse e imbianchini che chiedono 1000 euro per due stanze”.
Parlo di.
Appunto, parli.
Saluti, e salute
Broono, “Troneggi naturalmente in mezzo alla prima che ho detto”.
Merd.
Va bene, Piti.
Incasso il colpo, come una vera signora.
Se per precari intendiamo anche quel gruppo di persone che non è dipendente ma ha un lavoro che non gli consente di progettare l’avvenire (es: co.co.con p.iva), io piti conosco l’intersezione tra i due insiemi.
Ci si indebita anche per il suv, per il plasma o quant’altro, giustificandosi con un sacrosanto diritto anche di possedere oltre che sopravvivere.
La domanda era “e tu come vorresti vivere?”.
A mio modesto parere si distinguono attualmente due grandi fazioni. Da una parte c’è chi vive tutto sommato bene, fa spallucce e si accontenta, lavora le sue molteplici ore e torna a casa la sera felice. Dall’altra c’è chi ha capito chiaramente che non è vivere bene. Perché non hai il tempo nè le energie per occuparti di ciò che vorresti, dei figli, dei tuoi hobby, delle passioni… e che vita è?
Il dovere del lavoro c’è per il semplice fatto che si deve pur prendere un qualche soldo se si vuole campare.
La massa di generazioni prima della nostra si spostò dai campi alle fabbriche aspirando a trovare un lavoro come operaio, perché ai tempi o eri operaio o eri un contadino, o eri un figlio di nobili.
Questo ha fatto in modo che noi ci ritrovassimo a raccogliere i frutti della prima evoluzione di questa aspirazione passata.
Ci ritroviamo a cercare un lavoro senza poterci permettere di scegliere di stare all’aria aperta ad arare un campo, o tenere una fattoria, perché siamo succubi della moneta senza della quale chettelodicoaffare?
Il precariato è la seconda evoluzione dell’aspirazione di cui sopra. E se prima si poteva pensare di lavorare, metter da parte soldi per poi poter dire “adesso faccio” ora sono sempre di più le persone che trasformano i propri sogni in un’amara rassegnazione alla sopravvivenza.
I media spingono verso l’omologazione dei gusti, il tuo benessere non è più arbitrio dei tuoi pensieri, ideali o sentimenti, bensì la capacità di appartenere a quella categoria di “chi può”. L’informazione e la cultura sono un lusso sempre meno accessibili a tutti.
E tremo all’idea che la terza evoluzione possa essere un esercito di piccole formichine stupide che lavorano senza sosta ma soprattutto senza idee.
PS. mazzetta i tuoi commenti mi hanno fatto scaldare il cuore oggi. :)
ah, a me piacerebbe vivere in un posto caldo con il mio uomo, lavorare il giusto, guadagnare il giusto e fare una dozzina di figli a cui insegnare la libertà di scelta e la solidarietà.
A me piacerebbe vivere in Bretagna e coltivare ortensie ammesso che li resistano.
Dare lezioni di greco e letteratura antica in un ipotetico giardino grande e scrivere un libro mai terminato.
Fare una capatina a Stonehenge nei fine settimana, organizzarmi uno scavetto a modo mio, imparare a fare tutti i tipi di crepes e ad andare sott’acqua.
E poi abbracciare i cani e guardare le maree, ed il mio uomo, sotto un piumone, accanto.
Questo chiedo per la mia vita di eternità.
@Vis:
“La differenza tra i primi e i secondi e che i collaboratori hanno un contrattino di sei mesi in sei mesi, quelli con partita iva neanche quello. Come li vuoi chiamare questi?”
Io ‘i più precari tra i precari’, appunto.
Che è la sintesi di quelle tue due righe lì, tono compreso.
Sei tu che mi hai detto che chi ha p.iva non è precario.
Ora mi dici che sì?
Mi sto perdendo io o hai cambiato idea tu?
@Piti:
1) …da quello che con doti particolari o per situazioni eccezionali ce la fa.
Io ho parlato di un ragazzo che, trascrivo: “O è solo uno che un giorno s’è messo a studiare”.
Tu mi contesti citando doti particolari e situazioni eccezionali.
Pensa quanto è relativo il mondo.
Io dico studiare, tu mi dici “Eh…sì…ti pare che si può giudicare un paese dal successo di chi ha doti particolari?”
Passo al 2, vah.
2) io ti parlo di credito al consumo per comprarti un tv al plasma da 3000 euro quando ne guadagni 600 al mese.
Tu mi contesti citando la pizza.
Pensa quanto è relativo il mondo.
Io ti parlo di chi si indebita pur di avere un lusso sopra le sue possibilità, tu me lo derubrichi a rango di pizza, leggi: uno sfizio al quale tutti hanno diritto.
Ma in effetti tutto torna se il tuo ragionamento lo si prende nel suo complesso.
La teoria della società dei consumi come progresso della civiltà e del benessere, al quale per gratitudine bisogna esser disposti a pagare il prezzo di un indebitamento da difendere al punto da mettere in parallelo un tv al plasma con una pizza, è fantastica.
Cioè il problema dell’Italia non è che la maggior parte dei suoi abitanti vive al di sopra delle sue possibilità, ma che la società non si attiva per difendere questa maggior parte di cittadini dai contraccolpi di tale folle scelta.
Lo dicevo io, è sempre colpa dello stato.
Che non ti fa pagare meno tasse se per colpa dei tuoi tre tv in casa non arrivi a maggio con tutto il richiesto.
3) …perchè è un mondo che non considera lanostra esisitenza e le nostre esigenze in alcun modo.
Come sopra.
Io parlo di tv al plasma e due cellulari, tu le chiami esigenze.
E te la prendi col mondo che non le considera tali.
Dovresti essere più sereno.
In Italia non ti possono più pignorare nemmeno il tv perché è stato classificato come ‘bene di prima necessità’.
Non sei contento?
E’ la società dei consumi!
@Plessus:
Del tuo commento mi sfugge il 99%.
resta questo 1% qui:
“Parlo di.
Appunto, parli.”
That’s blog, baby.
Che dovrei fare?
Organizzare uno studio incrociato e poi sottoporti i risultati?
@Mazzetta:
Dimenticavo…
“Conosci qualcuno così stupido da segare il ramo sul quale è seduto? ”
Questa è, cristallina, la definizione di Credito al Consumo.
ossignor…
– non sono una signorina
– ho promosso il sabotaggio educativo dei Suv :D
‘notte
Broono il tuo problema è che vuoi ostinatamente locare una colpa di qualche tipo sul groppo di quelli che sono a tutti gli effetti sfruttati
sfruttati perchè incantati dalla tv (è per quello che non la pignorano, mica impazzisce la gente senza tv) e da narrazioni tossiche come quelle che sembrano piacerti
la qualità di un paese discende dalla sua classe dirigente, la nostra è pessima, la democrazia esiste in quanto assunzione di responsabilità mentre nel nostro paese questo nesso sfugge completamente e per te il problema è nella bulimia consumista di gente che non ha nemmeno gli occhi per piangere, figurarsi consumare
di gente che vive al di sopra delle proprie possibilità ce n’è parecchia, vedi Matteo Cambi, ma la maggior parte delle persone non ha possibilità oltre a quella di sopravvivere
non ha nemmeno sogni oltre alla sopravvivenza, perchè sa che oltre gli è impedito di andare, se non in direzione di qualche defilippa o di qualche arena a dar spettacolo
c’è chi ha chiamato questo sistema di controllo integrato della società spettacolare e mai definizione è stata più calzante che nel paese del grande impresario, ma in tutte i paesi avanzati è aumentato esponenzialmente il numero degli impiegati nell’infotainment
considerate che tutto questo NON serve evidentemente ad educare e informare e poi ditemi se è possibile incolpare il popolo coglione perchè si fa fregare…
Marò Broono morirò seppellita sotto al mio stesso post.
Quelli con partita iva che svolgono una professione (i veri liberi imprenditori di se stessi) non si possono definire precari perchè lavorano in proprio come un qualunque professionista.
Quelli che invece che lavorano con le medesime condizioni assicurate ad un lavoratore co,co,co (ovvero un precario) dai quali si differenziano solo per l’emissione della fattura a fine mese, sono precari perchè lavorano come un dipendente ma non hanno le garanzie dei dipendenti o stipendiati con contratto a tempo indeterminato.
Loro non scelgono un bel niente, fanno il lavoro che l’azienda gli passa, lo fanno con l’orario aziendale e nei locali dell’azienda con le stesse pause pisciatina e caffè che tocca ai dipendenti con la differenza che a fine mese emettono fattura al datore di lavoro e non per il lavoro svolto, ma un tot mensile, un fisso, praticamente un salario anche se non si chiama salario.
Dimmi che mi son spiegata, ti prego dimmelo che altrimenti mi suicido con una penna biro che ho fregato in ufficio.
@Mazzetta:
Spiace, ma in Italia il termine ‘sfruttati’ io riesco a utilizzarlo solo per una determinata categoria di persone: generalmente sono arrivate su una barca e passano circa 15 ore al giorno piegati a raccogliere pomodori per 3 euro.
Avrò avuto un’esperienza particolare, avrò un concetto tutto mio di responsabilità, sarò arroccato intorno a una condizione mia privilegiata rispetto alla media della gente, quello che vuoi, non mi tiro indietro.
Ma sta di fatto che per la quasi totalità delle restanti persone (che ho conosciuto io), ad aver voglia e tempo di sedercisi al tavolo e ripercorrere all’indietro la loro vita, le volte che non si arriva a individuare il punto esatto in cui hanno scelto la direzione al bivio che li ha portati dove sono per scelta, convinti che un giorno qualcuno avrebbe recapitato loro dal cielo una mucca d’oro al contrario di chi se l’è sudata, sono troppo poche per portarmi oggi a sentire questi discorsi e provare l’istinto di unirmi al grido di “Morte ai padroni!”.
Non nego l’esistenza degli sfruttati, né attribuisco loro ‘colpe’.
Per me ‘colpa’ è quando c’è consapevolezza e volontarietà e per me dove c’è sottopagato o sottoutilizzato non c’è necessariamente colpa.
C’è responsabilità, però, questa sì.
Magari quando avevano 15 anni, magari quando hanno comprato il famoso tv da 3000 euro (e quando hai un conto a fine mese da saldare più alto dei soldi che prendi, tu di potere contrattuale ne avrai ben poco e non perché il padrone è un ladro) magari quando a skuola hanno buttato nel cesso cinque anni perché tanto un giorno un lavoro lo trovi e perché siamo gggiovani e dobbiamo divertirci, quante ne vuoi, altre mille situazioni nelle quali non c’è colpa perché mica lo sapevamo a 15 anni, che un giorno sarebbe uscita la legge Biagi, ma sapevamo però che piovere può piovere e fregarsene è certamente un diritto tanto quanto la pizza, ma poi un giorno da qualche parte il conto ti torna e quel giorno, se esce una legge ‘favorisci conto’, a restare scoperti e senza ombrello saranno tanti, proprio tanti.
Quelli che si lamenteranno, dico.
Sul discorso dei sogni legati allo stile di vita, davvero non ti seguo più.
Legare il concetto di sogno e di serenità a quello di ‘scala mobile’ è persino più triste della teoria del sacrificio come tassa per la gratitudine alla società dei consumi di Piti.
Se sogni solo quando te lo puoi permettere, non stai sognando, stai pianificando.
Che è proprio tutt’altra cosa, ma proprio tutt’altra.
@Vis:
Il concetto di ‘precario’ è legato alle tutele e alla pianificabilità del futuro, non alla pausa sigaretta.
in questo senso il libero professionista è un precario tanto quanto gli altri.
Con in più il rischio di quanto ci ha messo di suo nel percorso.
Questo è per me essere precari, il sapere che la tua professione è appesa ai voleri di altri e non poter far nulla in caso di ciao ciao con la manina.
Per te non è essere precari?
D’accordo, non dobbiamo necessariamente arrivare a seppellire uno dei due.
Allora Broono potevi dirlo subito che entravamo nel “per te” assoluto dove i riferimenti sono tuoi e personali, così come gli standard e il significato delle parole
mi avresti fatto perdere un sacco di tempo in meno
statistiche
http://it.wikipedia.org/wiki/Precariato#Il_precariato_in_cifre
alla voce trovi anche la metodologia e la spiegazione del perchè ci sia spazio anche per interpretazioni discutibili e soggettive come le tu, i precari sono così precari che è difficile fargli la foto
mi sono persa totalmente.
Comunque i 450 euro erano per una stanza, ma appena fuori roma a Settebagni ne pagavo 500 per una casa due stanza da letto, cucina e salone.
Il lavoro che faccio beh…non si può dire :-P sono comunque un’impiegata, ben pagata e divertita dal suo lavoro.
va bene no?
Ah..io vorrei aprire una pasticceria, vivere qua dove vivo in un attico con terrazza e fiori e gazebo e…prima o poi ci riesco eh!
p.s. “morte ai padroni” non l’ha detto nessuno e credo nessuno lo pensi
che invece imprenditori e classe dirigente debbano essere -sottomessi- a quella legalità che sembra dover valere solo per barboni e sfigati mi pare sacrosanto, così come mi pare sacrosanto che il -rischio d’impresa- non sia trasferito in capo ai lavoratori e le -perdite d’impresa- in capo al bilancio dello stato
come disse quel tale, fare i capitalisti così è come fare i froci con il culo degli altri, inutile menarla con psicologismi e fare fumo, la nostra realtà è quella di un paese corrotto, dove chi chiede maggiore giustizia sociale viene bollato come un pericoloso estremista e nel quale se uno si azzarda a chiedere provvedimenti contro i grandi ladri viene etichettato come “giustizialista”
Oh bella.
Perché tu, Piti, Vis, chiunque altro sia intervenuto, non parla ‘per sé’?
Non trasferisci tue riflessioni, tuoi percorsi, tuoi standard, tue deduzioni?
No?
Tu sei qui come ambasciatore dell’oggettività?
Io parlo ‘per me’ mentre tu sei stato incaricato da qualche entità divina di trasferire al popolo le verità scritte nella storia e nel tempo?
Continuate a dirmi che non riporto numeri, che parlo di mie esperienze, che parlo, parlo, parlo per me.
Che numeri hai portato tu?
Hai messo due link, uno a un video del quale non ho capito l’utilità visto che dopo un minuto di barre ho pensato di desistere (a 1:01 sarebbe apparsa la verità rivelata e ho chiuso la pagina un secondo esatto prima?) e l’altro a wikipedia (e sticazzi), notoriamente l’apoteosi dell’oggettività, nel quale si dice che i precari sono circa 2 milioni, che su 60 direi che è una percentuale un po’ lontana da quel 50% che però trasferisci come numero provato da quell’unico link.
Eppure va bene così, chi cavolo pretende che chi parla dimostri di trsferire solo oggettività?
A parte voi tre, nessuno, visto che l’oggettività, se esiste, non la trovi certo nella finestra dei commenti di MN né in quella di qualsiasi altro blog, generatori e aggregatori di soggettività vestite da ricerche e dottrine.
Ma tu mi liquidi indispettito dal mio averti fatto perder tempo perché ho scritto ‘per me’.
E scusami, scusami davvero tanto.
Qual era il tuo fine, raggiunto il quale non avresti pensato di aver perso tempo?
Quello di sentirmi dire che hai ragione?
Quello di sentirti contestare cifre che non hai mostrato prima di mostrare i conseguenti ragionamenti che ci hai fatto sopra con cifre che io avrei dovuto mostrare prima di mostrare i conseguenti ragionamenti che ci ho fatto sopra?
Quello di fidarsi di te e, conseguenza, di leggere le tue riflessioni senza contestarle per il solo fatto che dimostri di conoscere la materia?
Dimmi tu, qual è il momento in cui hai pensato ‘ho perso tempo?’, quello in cui hai capito che sono uno che parla basandosi su e trasferendo la propria esperienza?
Oh bella, e tu da cos’altro sei vestito?
Certo, le mie interpretazioni sono discutibili e soggettive, wow, l’acqua calda.
Lo sono in quanto interpretazioni, però, non in quanto mie e per questo stesso motivo lo sono quelle di chiunque altro, tue comprese.
Sono interpretazione i post, i commenti, i dialoghi intorno a un tavolo, le tue riflessioni sul capitalismo.
Spero che con quel ‘come le tue’ non stessi intendendo che invece le tue no, perché altrimenti qui siamo di fronte a delirio di onnipotenza e davvero direi che non è questo il posto più adatto per.
““morte ai padroni” non l’ha detto nessuno e credo nessuno lo pensi”
No, vero.
Nessuno ha detto ‘morte’.
Tu però hai scritto robe tipo
“il fronte imprenditoriale può continuare a fare quello che vuole fino a che i lavoratori si dividono (loro) tra buoni e cattivi
non c’è nessuna variabile, c’è un solo punto fermo che è quello del massimo profitto per chi compra la merce-lavoro
si è costruito un quadro legislativo per il quale conviene alle aziende assumere così e queste ne approfittano fin che possono e anche un po’ più in là
dare la colpa alla forza-lavoro per le pessime condizioni contrattuali che sono imposte dalla classe dirigente è tafazzismo puro, quando non sia collateralismo con chi pensa solo, ottusamente, al proprio profitto”
e scusami tanto se alla quarta ti ho visto più vestito da Da Volpedo che da Montezemolo, è che mi faccio sempre trascinare dall’entusiasmo e tendo a interpretare, sciocco che sono.
E scusami anche per il mio leggere trecento volte termini come ‘fronte imprenditoriale’ e pensare che dove c’è ‘fronte’ c’è conflitto e dove a quel fronte si attribuiscono i mali del mondo c’è uno seduto sull’altro fronte della barricata.
Sciocco, sciocco sciocco che sono.
Ma per favore.
Sono un’assistente di volo e in queste ore cercando notizie dell’ultima ora in ogni angolo di internet sono capitata qui. Quanti dati falsi o manipolati!
Cercherò di essere breve, anche se è difficile spiegare ad esterni, soprattutto pieni di pregiudizi come sia davvero. Siamo talmente privilegiati che il mio compagno(ex-assistente di volo) due anni fa si è licenziato e piuttosto è andato a fare l’impiegato a 1000 euro al mese perchè non ce la faceva più.
Riposi: 13 ore di riposo tra un turno e l’altro quando si torna a casa(in base) e otto ore di stacco fuori base. Vuol dire che se sono stata via 3/4/5 giorni da casa, nel momento in cui torno devo passare almeno 13 ore a casa prima di ripartire per altri2/3/4/5giorni( a discrezione dell’azienda). Fuori base, ovvero in quei giorni in cui sono via, tra un turno di lavoro e l’altro devono passare almeno 8 ore. Lavoro tra le 8 e le 13 ore(dipende dal turbo) e ne devono passare 8 prima di ricominciare, vi sembra un privilegio?
1) La nostra giornata non è più lunga, che battute perfide e ignoranti. Le 33 ore devono passare per chi è sul lungo raggio tra un volo e l’altro. Perchè se atterro da buenos aires non posso ripartire per questione di fusi orari e notti saltate per almeno 33 ore..se poi andate a prendere il contratto di chiunque lavori di notte, che non hanno nemmeno problemi di fuso da smaltire e ditemi se i privilegiati siamo noi.
2) Ferie: si inizia con 30 giorni all’anno, io dopo 9 anni ne ho 36, ma badate bene ogni 3 giorni di ferie mangiano 1 riposo, quindi 36-12=24 giorni di ferie “netti” che comprendono natale , Pasqua, tutte le festività e le vacanze. perchè per noi non esistono nè feste, nè ponti, se voglio stare a casa il giorno di natale devo prendere le ferie e sperare che una volta ogni3 anni almeno me le diano e mi facciano stare coi miei cari.
(Ah dimenticavo a noi non pagano feste, notturno, notturno festivo etc. che tu lavori la notte di natale o un qualunque martedì mattina è uguale).
3) salute e aspettativa di vita media di 10 anni inferiore alla popolazione “normale”. Tra radiazioni cosmiche(il limite per le persone normali è di 1msv all’anno noi arriviamo a 3 )e quando facciamo la visita di medicina legale cui siamo sottoposti ci dicono: “va bè le do l’abilitazione ma mi prometta di volare il meno possibile”, fusi orari e il corpo che viene pressurizzato(gonfiato e sgonfiato ogni giorno di lavoro, ad ogni decollo e atterraggio per tutta la vita lavorativa), lavorare ad una quota cabina di 2000 metri(provate a prendervi le pulsazioni in volo e a terra).
Mi sono resa conto che il discorso sarebbe troppo lungo..passiamo la vita in un tubo di ferro a 10.000 metri e 900 km/H, lontani dalle nostre famiglie per 20 giorni al mese e per circa 2400 euro al mese(ma solo se voli tanto perchè il contratto è a cottimo)con i quali dobbiamo mangiare e pagarci colazione pranzo e cena a new york, tokyo o Milano.(50 euro al giorno per magiare fuori x20=1000..).mi rimarranno circa 1400 euro al mese per tutto quello di cui sopra. Ma secondo voi sono privilegiata?
Ah.La Cai ci ha appena offerto un contratto dove dovrei guadagnare per la vita di cui sopra 1200/1500 euro al mese.coi quali devo anche mantenermi in giro per il mondo.
ehm…
“dice che i precari sono circa 2 milioni, che su 60 direi che è una percentuale un po’ lontana da quel 50% che però trasferisci come numero provato da quell’unico link.”
in italia nei 60 milioni di persone (abitanti del territorio italiano) sono inclusi anziani, bambini, studenti, casalinghe, ecc e lavoratori. I lavoratori non credo ricoprano tutto il territorio italiano. Bisogna vedere quei due milioni di precari che cifra sono confronto al solo mondo del lavoro.
riporto 131, ma chi te lo fa fare?
La tua non è vita, cavolo!
Uhmadonna.
“Nel primo trimestre 2008 il numero di occupati è risultato pari a 23.170.000 unità” (istat)
Sono il 10.
su’ Broono, fai il bravo…le statistiche te le trovi con gugl, vedrai che sono corrispondenti a quello che ti ho detto
Gli studi di Confindustria, dei sindacati e anche della Cig di Mestre sono abbastanza omogenei e la realtà è questa, non la cambierai certo limtandoti a smentirla in questo moeo
e poi:
-Che numeri hai portato tu?
Hai messo due link, uno a un video del quale non ho capito l’utilità visto che dopo un minuto di barre ho pensato di desistere (a 1:01 sarebbe apparsa la verità rivelata e ho chiuso la pagina un secondo esatto prima?) e l’altro a wikipedia (e sticazzi), notoriamente l’apoteosi dell’oggettività, nel quale si dice che i precari sono circa 2 milioni, che su 60 direi che è una percentuale un po’ lontana da quel 50% che però trasferisci come numero provato da quell’unico link.-
il link che non hai visto era alla diretta dell’audizione al Congresso, ovvio che una volta finita non si veda più
il link a wiki era per spiegarti la complessità nel fotografare il precariato
io ti ho porto numeri, che tu sei libero di sbeffeggiare
tu mi hai porto la storia di tuoi cugino e stai affermando che la percentuale dei precari vada calcolata sui 60 milioni che sono il totale della popolazione italiana
cacpisco che per te i numeri non significhino molto, se sei abituato ad usarli con tanta disinvoltura
capirai perchè non riesci ad impressionarmi…
lo sai almenno quanti sono i lavoratori attivi nel nostro paese?
quanto al:
“No, vero.
Nessuno ha detto ‘morte’.
Tu però hai scritto robe tipo:”
qui m’incazzo
primo perchè le due cose non sono equivalenti e poi perchè
CERTO CHE PARLO DI CONFLITTO E CHE C’è CONFLITTO!
SVEGLIA BROONO!
La democrazia è conflitto e mediazione di interessi, quello che descrivi tu si chiama -demonizzazione- e semmai ad esserne colpiti sono proprio le vittime di una classe dirigente inadatta e disonesta. La retorica dei fannulloni, dei privilegiati e degli assenteisti non è forse demonizzazione e diffamazione? Dove sarebbe il rispetto per chi lavora?
Se tu sei così andato da pensare che abbia ragione Montezemolo a dire che bisogna fare come dice lui e non obiettare, o con la Marcegaglia che i sindacati debbano essere “complici” (più di così) delle imprese, non mi stupisce che di tutto quanto scritto sopra, tu non abbia capito niente
Devo ancora capire se sei un alias di Facci, un suo pari oppure se sei genuino, ma ti assicuro che a leggerti fai l’effetto delle unghie sulla lavagna…
Da qui:
http://www.altreconomia.it/index.php?module=subjects&func=printpage&pageid=450&scope=all
“su 425 mila nuovi posti di lavoro creati lo scorso anno, 196 mila, ovvero il 46 per cento del totale, sono lavori a termine o precari”
“sono circa 3 milioni e 757 mila i lavoratori precari in Italia, ovvero il 14,7 per cento del mercato del lavoro”
“Nessuno oltretutto sa dire con precisione che cosa succede a una vita precaria: quanto durano i contratti, quante volte si cambia impiego, quante volte si resta senza lavoro alla fine di un contratto, quanto tempo trascorre tra il primo contratto a progetto e il primo contratto di lavoro a tempo indeterminato”
“nessuno ancora sa dire entro quanto tempo un contratto a progetto si trasforma (o si dovrebbe trasformare) in contratto definitivo”
“Il lavoro si divide sempre più in buono e cattivo, e tra i due c’è un solco che, per molti, continua ad allargarsi. Secondo alcuni esperti c’è addirittura il rischio di una vera e propria fuga delle imprese dal rapporto di lavoro standard.”
“Secondo stime recenti, gli addetti ai call center (nella foto) in Italia sarebbero circa 400 mila. Oltre il 75 per cento di loro sono donne e, contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare, la fascia d’età più rappresentata (65 per cento) è quella compresa tra i 30 e i 49 anni d’età.
“Nel giugno 2006 una circolare del ministero del Lavoro ha chiarito che non si può parlare di collaboratori a progetto per la maggior parte degli operatori di call center, ma che si tratta di veri e propri dipendenti.”
“Le informazioni sul mercato del lavoro sono frutto delle indagini dall’Istat che, a questo scopo, intervista ogni trimestre un campione di quasi 77 mila famiglie, pari a circa 175 mila individui residenti in Italia (italiani e stranieri).”
Mi ricordi un momento storico o un paese nel quale non ci sia o non ci sia stato quel conflitto?
(e no, il link alla pagina wiki su Neanderthal non sarebbe la risposta richiesta)
Se tu sei così andato da pensare che io abbia dato ragione a confindustria o abbia detto che i sindacati dovrebbero stare dove sono da vent’anni a questa parte e cioè dalla parte delle aziende, quello delle unghie sei tu, e non sulla lavagna ma sugli specchi.
La demonizzazione è deleteria, rispetto alle possibili soluzioni (mediazione, perché soluzione mai si avrà) dei conflitti, in qualsiasi direzione vada.
Non è che demonizzare il lavoratore sia tafazzismo, mentre demonizzare il ‘fronte dirigente opportunista’ sia brillantezza d’analisi.
Non avessi davanti la sinistra italiana che hai, capirei il malinteso, ma la situazione l’hai davanti tu come l’ho davanti io.
Del conflitto di classe ormai parlano giusto quelli che ti bussano alla porta per venderti Lotta Comunista e se glielo chiedi manco te lo sanno spiegare.
Tu demonizzi tanto quanto dici fanno gli altri, solo che ti scegli un demone visivamente cornuto e per questo ti appare più oggettiva la pratica.
Ma l’opera che compi è la medesima e le possibilità di mediazione seguendo questa linea sono le stesse che dici hanno quelli che demonizzano i lavoratori: zero.
La mediazione tra due ‘fronti’ in conflitto che si demonizzano a vicenda è un obiettivo che davvero solo Uolter può sbandierare come possibile.
Demonizzi tu, demonizzano gli altri.
Non darti ragione non significa necessariamente non aver capito cosa dici.
Scendi un po’.
Sei soggettivo come tutti.
scrive Broono: “Spiace, ma in Italia il termine ’sfruttati’ io riesco a utilizzarlo solo per una determinata categoria di persone: generalmente sono arrivate su una barca e passano circa 15 ore al giorno piegati a raccogliere pomodori per 3 euro.”
Diciamo che hai un’idea molto restrittiva dello sfruttamento; guarda il caso molto simile a quella che hanno i (rullo di tamburi) padroni. che minimizzano sempre le fatiche e i problemi degli altri e ingigantiscono i loro. O magari li attribuiscono ad altri: come quando lamentano la poca produttività del lavoro. Infatti il lavoratore tedesco è produttivo, mentre quello italiano noperchè si gira i pollici. Il fronte imprenditoriale (che c’è cazzo se c’è, e c’è compatto torvo e reazionario dal almeno 28 anni giusti giusti) ha un’idea implicita di sè come di un marchese del grillo,che passa a prendersi le sue rendite e amen.
Sono dei meritocratici con cognomi eccellenti: bella meritocrazia.
Comunque, Broono, è abbastanza triste che tu neghi l’ansa storica, micidiale per chi lavora, in auge in Italia.
Tuo cugino, se ha combinato qualcosa più del normale, significa che ha numeri non comuni e ti ripeto che nei Paesi civiliun grado più elevato di benessere rispetto al nostro si ottiene anche senza essere dei martiri o dei geni. E’ una concezione sudamericana quella di spostare le cause di una classe sociale svantaggiata sulla classe medesima. E’ determinismo vagamente razzista.
Quanto a mazzetta, meglio così, che sia un uomo: posso tornare a sperare di trovarmi prima o poi sotto il piumone di morosita.
Del resto gli uomini mi piacciono al kg, le donne a l’etto.
Pero, morosita, il cane giù dal piumone che puzza e fa schifo (cfr lettera odierna alla Annunziata alla Stampa…)
Io non nego (e trecentosei) proprio nulla.
Semplicemente per guardare il quadro, guardo tutti gli elementi.
Determinista fin nel midollo, sì.
Razzista giusto per chi ha finito gli insulti.
I ‘padroni’ ci sono, la deriva Del Grillo (nelle due possibili attribuzioni) pure, lo schiacciamento del potere contrattuale è scritto in cielo, l’opportunismo sta per diventare l’articolo 1 della costituzione, i sindacati per me dovrebbero essere messi su un barcone e spediti in Albania e non in quanto sindacati ma in quanto QUESTI sindacati e sostituiti da qualcosa che in qualche maniera almeno ci assomigli, al termine ‘sindacati’, ecc…ecc..
Dopodiché per sapere perché lo scenario sia questo passo a guardare anche l’altro fronte e le sue responsabilità.
E qui sta la differenza tra me e voi.
Non ho stabilito buoni e cattivi.
Ho distribuito le due qualità su entrambi i fronti.
Singifica rischiare di dire che anche il povero operaio qualcosa nella storia forse l’ha sbagliata?
Eh, sì, accidenti.
Scusate se ho azzardato tanto, ma non me la sentivo di negarlo.
Sbagliato? Quando devi sopravvivere, non hai tempo di pensarci!
Un applauso a Mazzetta e a piti. Condivido tutto.
Ciò che dice Broono non è così assurdo come viene lasciato intendere. Ed è forse più semplice di quello che si crede.
Lui infatti, prima di contestare il sistema si sofferma sul singolo, su colui/colei che si propone come ipotetico lavoratore, attribuendogli responsabilità, non necessariamente colpe. Che vanno considerate. E possibilità che magari non tutti possono avere ma che non avranno sicuramente di certo se ci ferma a colpevolizzare solo il sistema. Mi pare che in soldoni, tralasciando tecnicismi vari, il lavoratore tedesco, Confindustria e compagnia bella e tutti i mille collegamenti che ne sono derivati sia questo un punto centrale dei suoi lenzuoli.
Dovreste provare a fare anche solo per un giorno selezione del personale. In una qualsiasi regione. Per un posto qualsiasi. Con tutta probabilità capireste in modo lampante ciò che Broono intende.
Eccone un altro che al mio parlare di un paese con 110 cellulari ogni 100 abitanti bambini e anziani compresi (fonte ITU, un paio d’anni fa, quando nemmeno li regalavano con i contratti, per dire), risponde parlando di sopravvivenza.
Fantastici.
broono, stai sbagliando tutto, come dice harrison ford a uno che lo crede un amish.
Il livello dei consumi è condizionato in modo decisivo dall’accumulo diciamo primario. Molti di noi non vivono come barboni pur avendo redditi da lavoro da barboni perchè mammà o chi per essi ha messo insieme qualcosa che spiana la vita. Io sono così. Il 90% delle persone che conosco è così, che ne siano consapevoli o no. Ci stiamo mangiando quel po’ di dote. Stiamo precipitando, per stare alla metafora dell’ODdio di Kassovitz, ma l’impatto al suolo per ora non c’è stato. Credo manchino 5-10 anni poi cominceremo a sentire l’impatto dell’asfalto sulle nostre schienine.
E poi, ripeto, tagli con un’accetta pauperistico-moralista una questione che -se sul piano astratto ha aspetti per i quali hai in parte ragione- sul piano pratico è diversa da come dimostri di averla intesa.
Voglio dire che in un mondo che vive (VIVE), broono, di superfluo, tirare fuori che abbiamo tutti dei consumi da Sardanapalo (riferimento classico ad uso di morosita) è fuori luogo. Se vivessimo come sottintendi tu, tutto crolla in un mese. Si può vivere senza viaggiare (si vive male, ma si può), si può vivere senza auto, tv al plasma, cellulari e ‘sticazzi. Poi, eccettualti i fornai (almeno quelli ammetterai che vendono qualcosa di essenziale), gli altri di che vivono?
Infine: certi consumi si fanno perchè risparmiare mezzo centesimo non ti migliorerà mai la vita domani e ti toglie qualcosa oggi. Mio nonno non viaggiava e non aveva il cellulare (non c’era, ma facciamo finta che ci fosse). Ma nato povero ha lascito alla figlia dieci appartamenti. Io, se vivo come lui, con i redditi di oggi me ne comprerei forse mezzo in tutta l’esistenza. E allora risparmiare, perchè?
Sì, Broono, gli operai sbagliano. In due occasioni, a mio parere:
1) quando fanno figli, per ragioni che ho esposto mooolto sopra
2) quando pensamo come te, aiutando il sistema a riprodursi sempre allo stesso maledetto modo.
Federica e quindi? io colloqui ne ho fatti parecchi da entrambe le parti della scrivania e da entrambe le parti mi son chiesta chi accidenti di trovassi davanti.
Con la differenza che il potere contrattuale di chi sta da un lato o dall’altro della scrivania è molto diverso.
Se sei il capo puoi scegliere se sei un lavoratore e hai bisogno di lavorare per campare spesso prendi quello che viene.
E hai sbagliato, dolce Vis.
La storia italiana insegna che il colloquio si fa sopra la scrivania. Cretine noi che ci sediamo dall’altra parte.
(oggi il mio tasso di yogurt nelle vene è over-size. Che si vede?)
Io colloqui ne ho fatti parecchi sul divano.
Mi è sempre dispiaciuto non poterle assumere.
Amilcaaaare … :)
morosita, va bene prevenire l’osteoporosi, ma troppi fermenti potrebbero incrinare la tua (immagino nei miei sogni erotici) splendida linea.
F.to
the lion of the piumon