BlogFest, il resoconto: Piove, dio blogger

BlogFest - sponsored by Telecom and Windows Live“Non puoi non scrivere un resoconto sulla BlogFest: uno dei pochi neuroni che non si è inumidito nella tre giorni di Riva del Garda continua a ripetere questa frase come un mantra, da quando sono tornato. In parecchi post del dopo-festa ho letto la premessa “non saprei da dove iniziare”. Ecco, figuratevi io. E siccome quando ad un post ci si pensa troppo e lo si vuole perfetto, finisce che non lo si scrive, facciamo che butto giù le cose come mi vengono, senza troppa attenzione per la costruzione o la forma.

La pioggia. Lavori sei mesi ad un evento, incastrando altri impegni in buchi che l’organizzazione della festa ti lascia liberi; chiedi permessi per le piazze; stravolgi il programma per fare in modo che anche il meno interessante degli incontri possa avere il lago o un qualsiasi altro sfondo da lasciare a bocca aperta, e finisce che sei costretto a spostare tutto in un centro congressi (dio comunque benedica chi lo ha voluto e costruito lì) rimanendo interdetto a pensare che tanto valeva organizzare tutto alla fiera di Novegro.
Al momento della tromba d’aria che ha letteralmente spazzato via e distrutto metà delle attrezzature, io ho capito che, pur conoscendole poco, volevo bene ad alcune persone. Parlo dei ragazzi dell’organizzazione di Riva del Garda che han tentato di salvare i gazebo rimanendoci attaccati, e che poi han pianto – quasi che la pioggia fosse colpa loro – perché amano la loro città in un modo che non riesco a descrivervi e avrebbero voluto farvela vedere in tutto il suo splendore.
Un giornalista mi ha chiesto “chi ha vinto, in questa BlogFest?”. Va reso onore agli avversari: ha vinto la pioggia, uno a zero, ma ora c’è la partita di ritorno.
Io, alla fine di quei tre giorni di meteo modello giudizio universale, ho capito una cosa: che se dio esiste non è un blogger. Al massimo ha un profilo su Facebook.
In ogni caso, come ho più volte ripetuto nel corso della festa a chi me lo chiedeva: abbiamo avuto un tempo orrendo e una tromba d’aria; significa che il prossimo anno nessuno potrà dire “ah, ma la prima era tutta un’altra cosa”.

Le persone. Non so voi, ma io, alla fine di una festa, ho sempre l’impressione di non aver dedicato abbastanza tempo alle persone cui tengo (e anche a quelle che mi piacerebbe conoscere). Ecco, ora immaginate che se questa l’avete organizzata, la medesima impressione permane, ma al cubo.
E’ un senso di colpa che, ve lo assicuro, batte per ko quello del peccato originale.
Per questo vorrei che tutti voi accettaste le mie scuse postume se vi sono sembrato troppo preso da altre questioni; se ho dovuto leggere il nome sul vostro badge prima di riconoscervi (non è ancora prosopagnosia, tranquilli); se ci siamo scambiati solo un saluto, poche parole o una stretta di mano; se, domenica, mi avete trovato stravaccato su un comodissimo divano del Tiffany, privo di conoscenza o in stato confusionale.

Il Tiffany. Ecco, un’altra delle cose che avrei voluto il piacere di farvi vivere era il Tiffany. E parlo, ovviamente, della tranquillissima spiaggetta sul lago nella quale, solitamente, il cazzeggio da dopo-evento la fa da padrone.
Il Tiffany, per la cronaca, era una discoteca parecchio à la page negli anni sessanta. Ci sono foto in bianco e nero di Brigitte Bardot nel pieno del suo splendore che brinda proprio al Tiffany. Chi ha avuto l’occasione di accedere alla spiaggia degli Olivi avrà notato che ci sono ancora le cabine per cambiarsi e mettersi il costume che, anche se si è sul lago, fanno un sacco “Sapore di mare”.
Mi spiace soprattutto perché era l’ultima occasione per vederlo: dal 30 settembre verrà ristrutturato e poi dato in gestione ad un privato. Se sarà a disposizione di altri eventi organizzati a Riva del Garda non è dato saperlo, in questo momento.
Ho letto di qualcuno che si è lamentato a causa dei badge, il cui diverso colore permetteva o meno l’accesso al Tiffany: sarebbe stato bello poter fare entrare tutti ma, come potete immaginare, in locali del genere per questioni di sicurezza l’agibilità è concessa per un determinato numero di persone. Specialmente se si tratta di edifici che sono in procinto di essere ristrutturati.
Pur sapendo che non lo rivedremo più com’era, c’è di che consolarsi: qualche tempo fa un esponente di un partito della maggioranza venne a sapere che da Roma era stato stanziato uno tsunami di milioni di euro da assegnare ai comuni che avessero creato un qualsiasi tipo di museo, e propose di convertirlo in una presumibilmente inutile nonché deserta “esposizione della vela”. Col tempo, grazie alle proteste di qualcuno, si è arrivati alla soluzione del restauro e della gestione privata, che lascia qualche timida speranza ad un futuro utilizzo nel corso delle manifestazioni a Riva.

I bambini. Ce n’erano tantissimi, tutti iperattivi e allegri. Al punto che per un’eventuale prossima edizione, si è pensato (l’idea è © Andrea Beggi) di mettere in piedi un kindergarten riservato a tutti i figli di blogger. Tanto più che proprio a Riva del Garda si tiene ogni anno “Notte di fiaba“, una favola di manifestazione dedicata ai piccoli, che a questo punto potrebbe avere un prologo o un epilogo proprio durante la BlogFest.

I premi. E’ inutile far finta di non sapere che laddove ci sono un premio o una classifica, là c’è polemica. Tengo solo a precisare che nelle scorse edizioni (a volte più, a volte meno) aveva parecchio peso la cosiddetta “giuria di qualità”. Non vi sto a raccontare le dispute: queste blogstar si premiano da sole; è tutto il solito magna-magna; alcuni blog sono premiati nelle categorie sbagliate; così è impossibile che gli sconosciuti emergano, e via dicendo.
Quest’anno si è deciso di tenere conto esclusivamente del voto degli utenti (perfino nella scelta dei nominati per ciascuna categoria) e si è ripartiti: queste blogstar si premiano da sole; è tutto il solito magna-magna; alcuni blog sono premiati nelle categorie sbagliate; così è impossibile che gli sconosciuti emergano, eccetera.
Che il voto della maggioranza possa scontentarci è nella natura delle cose. Anche la mia sarebbe stata una classifica parecchio diversa. Si chiama “democrazia”, ed è quel sistema per cui, per dire, al governo c’è Silvio Berlusconi anche se a me non piace.
In più, non dimentichiamoci che non si vince niente se non un premio che non merita l’appellativo di soprammobile: è un gioco; va preso come un gioco.
Altri si sono lamentati del fatto che fosse obbligatorio votare per tutte le categorie, anche per quelle nelle quali non si conosceva nessuno dei blog in gara. Questa scelta ha due perché. Il primo è che i Macchianera Blog Awards sono un atto di fede: se fosse facile votare non sarebbero più la stessa cosa. Chi vuol votare deve essere motivato, gridare “banzai!”, e poi intraprendere la compilazione della scheda. Il secondo è che se un’utilità ce l’hanno, questi premi, è proprio quella di contribuire (quasi costringere) a fare conoscere ai votanti blog di cui magari ignoravano l’esistenza.

Dibattiti e BarCamp. Non so cosa ne pensiate voi, ma ho avuto l’impressione che l’aspetto “sociale” del BarCamp, della discussione che non cade dall’alto, abbia in qualche caso dato i punti ai dibattiti generalisti. Di una cosa sono particolarmente contento: quello sull’informazione ha messo in risalto una certa noia (perfino da parte degli stessi relatori) nel sentire ripetere il mantra “i giornalisti mal sopportano i blogger / i blogger odiano i giornalisti”. Significa che, forse, finalmente, dopo anni, possiamo lasciarci la questione alle spalle: sia i giornalisti che i blogger fanno informazione, in modi incredibilmente diversi e tuttavia compatibili, influenzandosi a vicenda. Bòn: colpo di martelletto sulla scrivania, ringraziamenti alla giuria popolare, il giudice esce dall’aula.

Gli sponsor. A mio parere, chi più chi meno, ma tutti in un certo qual modo, si sono messi in gioco. Organizzando BarCamp, ad esempio, o mettendo a disposizione il proprio amministratore delegato perché si sottoponesse ad una serie di domande che avrebbero potuto essere cattivissime, se ci pensate, dal momento che nessuno ha imposto fossero preparate. Mi sembra che tutti siano venuti un po’ a parlare di sé, certo, ma soprattutto ad ascoltare e curiosare. Non siamo stati sottoposti a presentazioni su quanto fosse stabile il tal sistema operativo o veloce la tale linea adsl. Il che, per aziende italiane che di certo non si possono definire di piccole dimensioni, è un passo avanti degno di nota.

Voi. Qui esce fuori la parte di me che potrebbe sembrare ruffiana e invece, credetemi, parla col cuore. Siete stati tutti gentili, amabili, premurosi e affabili. Mi avete trasmesso un entusiasmo di cui non posso che esservi infinitamente grato. Vi parrà strano, ma che non ci sia stata una persona una che si sia presentata specificando “Salve, sono Tizio e tu, Macchianera, mi stai sulle balle sin da quando hai iniziato, così come mi staranno sulle balle tutti i tuoi discendenti fino alla settima generazione, dopodiché vedremo” a me ha fatto toccare il cielo con un dito. E me lo sono bagnato, il dito, perché il cielo non era messo bene.

Com’è andata? E’ la domanda che mi ha posto praticamente chiunque, già domenica mattina, a festa non ancora finita. La mia risposta è che è andata bene, in certi casi – a giudicare dalla partecipazione e dall’indisponibilità di ulteriori camere d’albergo a Riva del Garda – oltre le più rosee aspettative. Resta il cruccio di non esserci potuti incontrare in riva al lago o nelle piazze: lì avremmo potuto contarci meglio, parlarci meglio, divertirci di più. Non vi nego che, dopo la prima tromba d’aria, se mi aveste preso per le braccine e immerso per metà nel lago di Garda avreste visto un Gianluca Neri ad elica. Ma è bastato pensare a voi e a tutto il resto della gente che magari ha macinato un ragguardevole numero di chilometri pur di essere lì, perché passasse. Non do cifre perché non vorrei che la questura me le dimezzasse: so che c’era chi per me contava, e chi conta per altre migliaia di persone oltre a quelle che hanno partecipato. Domenica pomeriggio mi ha avvicinato una coppia che si teneva per mano. Erano emozionatissimi. Mi stavano cercando dal giorno prima, mi han detto. Ci tenevano ad incontrarmi per dirmi che si sono fidanzati grazie alla BlogFest. Per mesi si erano parlati via messenger e Riva del Garda è stata galeotta. E’ la stata la conferma ad una cosa che penso da quando mi è venuta l’idea di riproporre la BlogFest: il programma è soltanto lo scheletro ed è tutto sommato accessorio. Quel che davvero è imperdibile e speciale è ciò che succede a margine, quando le persone si incontrano.

Ecco, a mio parere questo è il dato più importante: che quelli che hanno partecipato abbiano apprezzato gli eventi proposti, ma si siano divertiti a prescindere, perfino sotto un cielo impietoso. Un po’ come alle gite delle medie: ci si ricorda più del viaggio in pullman, dei cori scemi, della macchina del capo che ha un buco nella gomma, che della visita al museo.

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18 Commenti

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