Antefatto: una giornalista, Maria Grazia Torri, fa una cosa originalissima di questi tempi: scrive un libro su Cogne. In genere si occupa d’arte, quindi non si capisce chi gliel’abbia fatto fare di cimentarsi, pure lei, nella cronaca di un fatto di cui conosciamo inutili dettagli sufficienti per questa vita e pure per un’altra di riserva. Un giorno incontra presso il Fatebenefratelli di Milano un neurochirurgo, Giovanni Migliaccio, che le espone una tesi – questa sì – piuttosto originale: Samuele Lorenzi sarebbe morto “a causa di una violenta emorragia cerebrale, a seguito di un aneurisma e/o di una malformazione vascolare congenita che ha successivamente innescato una crisi epilettica”. Cedimento strutturale, in pratica.
Ora: quanto questa tesi sia bislacca (o quanto Annamaria Franzoni sia colpevole, innocente, meriti le fiamme dell’inferno o un giorno sul calendario in quanto martire), l’abbiamo già detto, a noi interessa poco. Sta di fatto che la Torri si mette al computer e butta giù 362 pagine in cui espone la tesi di Migliaccio, corredata da presunti dati scientifici, ipotesi e congetture a supporto dell’assunto secondo il quale “niente è più ingannevole di un fatto ovvio”. Per quanto ce ne frega potrebbe pure avere ragione: io, per dire, non sono fruttariano e non vado a rompere le palle ai fruttariani solo perché sono convinti che, per ragioni “biocentriche”, si debbano mangiare solo frutti da semi.
E nemmeno rimango stupito del fatto che a Maria Grazia Torri sia venuta la fregola di scrivere un libro su un fatto di cronaca nera: tutti, in fondo, hanno un libro nel cassetto, e la prova che il mondo in cui viviamo potrebbe essere perfino peggiore sta nel fatto che, fortunatamente, la maggior parte degli scrittori in erba non riescono nemmeno a raggiungere lo status di “esordienti” e rimangono lì, a fare (magari pure bene) i carpentieri, i maestri, i cartolai.
Certo, c’è chi non la prende bene, e la Torri è una di questi: imbusta le sue 362 pagine, le invia un po’ a chiunque abbia un nome nel campo dell’editoria, ottiene nel peggiore dei casi un “no” più o meno cortese, e non riesce a spiegarsi perché le librerie non espongano già i cartonati della sua sagoma.
Primo destinatario: Carlo Lucarelli. Dice Maria Grazia Torri: “ha letto la prima bozza del libro, l’ha definito molto interessante, ma al dunque s’è tirato indietro”.
Secondo destinatario, Tiziano Scarpa: “lo credevo un amico: già una volta aveva scambiato la mia rasatura da chemioterapia per un taglio di capelli all’ultima moda; ha fatto lo stesso col caso Cogne: non sapendo nulla di aneurismi cerebrali infantili ha dato il mio libro all’Einaudi ma, invece di appoggiarlo, l’ha stroncato con una scheda in cui demoliva le mie teorie mediche e paragonava i neochirurghi da me interpellati a giullari fantasiosi”.
Già, dimenticavo: Maria Grazia Torri è malata. Ha un tumore all’esofago che non promette nulla di buono.
Terzo destinatario, Andrea Pinketts: “altro bidone”. Seguono: Antonio Scurati (“mi ha risposto che avrebbe voluto far morire Bruno Vespa per interposto killer”); Sandro Veronesi (“ha accampato la scusa che aveva qualcuno malato in famiglia”); Daria Bignardi (“mi ha detto che per lei non era abbastanza ‘chic’ occuparsi di Cogne”).
La Torri, alla fine, riesce a farsi pubblicare il libro dall’editore Giraldi, eppure – qui riporto testuale lo stralcio di una recensione mediamente favorevole – “per qualche strana ragione non ha stimolato dibattito né ha colpito l’attenzione dei colleghi né dei media”.
Siamo a qualche giorno fa: il Giornale pubblica – firmata da Stefano Lorenzetto – un’intervista con la scrittrice, definita “in fin di vita dopo una solitaria battaglia per dimostrare l’innocenza di Annamaria Franzoni“. Il passo chiave è, ovviamente, “dopo una solitaria battaglia”.
Lorenzetto scrive, a proposito del libro: “nessuno ne ha parlato, nessuno l’ha recensito, nelle librerie non lo espongono”. Non gli viene in mente che – per ipotesi – fosse brutto, scritto male, o poco interessante. Lorenzetto punta al complottone.
Succede a questo punto che qualcuno degli iniziali destinatari del pacco contenente il libro decida di rispondere per iscritto a Lorenzetto. Tiziano Scarpa, ad esempio, pubblica la scheda che consegnò a Einaudi sul lavoro della Torri; precisa che quello sul taglio dei capelli era “un commento affettuosamente sdrammatizzante” e puntualizza che “prima di elencare i comportamenti scorretti di vari intellettuali italiani, indicandoli di fatto come cause della malattia di Maria Grazia, sarebbe necessario almeno fare qualche riscontro”.
Chi invece proprio si incazza è lo scrittore Sandro Veronesi. Riporto testuale perché merita:
Caro Stefano Lorenzetto, a me dispiace molto della terribile malattia di Maria Grazia Torri, ma quella di mio padre, e cioè la ragione per cui negli ultimi sei mesi non ho potuto occuparmi quasi di nient’altro, incluso il libro di Maria Grazia Torri, non era da meno. Tant’è vero che mio padre è morto giovedì scorso. Lei dovrebbe stare più attento a sputare addosso alla gente, e a scrivere con quell’astio, anche se evidentemente è il suo stesso giornale che la incita. Né vale la giustificazione di aver riportato parole della Torri stessa, che nella sua condizione può ben essere perdonata: prima di scrivere una cosa schifosa come quella che ha scritto di me («ha accampato la scusa di avere qualcuno malato in famiglia»), avrebbe potuto anche informarsi, brutta testaccia di cazzo. Con il mio più profondo ribrezzo.
Nel frattempo, quel tumore che dicevamo non promettere nulla di buono, alla fine, non porta nulla di buono: Maria Grazia Torri, purtroppo, muore lo scorso 4 luglio.
Malgrado tutto, il carteggio tra Stefano Lorenzetto e Sandro Veronesi continua.
Risponde il primo, dalle colonne del Giornale: “Io sarò anche una brutta testaccia di c…, ma lei disonora la memoria di suo padre. Quando, fra qualche anno, ripenserà a quello che mi ha scritto, le auguro di provare vergogna: significherà che Maria Grazia Torri si sbagliava sul suo conto”.
Nel mentre, noi facciamo a capirci: chi è questo Stefano Lorenzetto? Basti come risposta l’introduzione al suo ultimo libro “Vita morte miracoli (prefazione di Giuliano Ferrara)” pubblicata sul sito personale:
Un oncologo di 48 anni, sposato e padre di tre figli in giovane età, è affetto da sclerosi laterale amiotrofica come Luca Coscioni, sa di essere condannato, ma non si batte per l’eutanasia: ogni mattina i malati di tumore lo aspettano in ospedale.
Un suo collega geriatra accudisce i pazienti in stato vegetativo permanente come Terry Schiavo, l’americana che fu lasciata morire di fame e di sete per ordine del giudice: su 69 ne ha visti 12 risvegliarsi.
Una ginecologa femminista ha praticato in un quarto di secolo dai 13.000 ai 23.000 aborti: ora è obiettrice di coscienza.
L’introduzione va avanti ma io mi fermo qui, perché a parte quel senso di vomito che ti prende in casi come questo, mi sembra sufficiente per stabilire con oggettività due cose. La prima è che Sandro Veronesi merita l’Oscar, il Nobel per la letteratura, la santità subito e le 14 vergini anche nel caso in cui fosse cattolico. La seconda è che se qui c’è qualcuno che si deve vergognare (di scrivere, di esistere, di mantenere pretestuosamente posizioni oscurantiste supportandole con la citazione di dati alla cazzo e fenomeni buoni per “Cronaca Vera”), quello è Stefano Lorenzetto. Un uomo che Giuliano Ferrara definisce “fratello” perché “non ha paura di pronunciare la parola ‘devozione’ e di piegarsi alla cosa che le corrisponde”. Che uno se la immagina pure, la scena: “Lorenzetto, piegati e vedi un po’ a che cosa mi corrisponde questo”.
A sostegno della tesi del premio alla carriera conferito a Sandro Veronesi c’è una sua ultima replica a Lorenzetto che vale la pena riportare per intero:
No, lei non vive per sputare addosso a me. Lei sputa addosso alla sua professione, e infatti lavora per una testata per cui un qualsiasi giornalista integro non lavorerebbe nemmeno sotto tortura. Io sono semplicemente passato di lì quando, sfruttando una moribonda, le si è schiusa la meravigliosa possibilità di buttarmi un po’ di fango addosso. I giornalisti verificano. I cialtroni no. Lei non ha verificato. E per questo, per quanto mi riguarda, lei se ne andrà a farselo stroncare in culo per il resto dei suoi giorni. E quando starà per morire, come mio padre tre giorni fa, o come mia madre un anno fa, o come Maria Grazia Torri in questo momento, io pregherò Dio perché le conceda altri dieci minuti di vita, così che le stronchino il culo per altri dieci minuti. Venti, va’.
Tralascio il pezzo in cui Stefano Lorenzetto scodella lo scoop, accusando Veronesi di avere rilasciato un’intervista all’Ansa settimana prima dalla morte del padre e di essere comunque responsabile dell’aggravamento della malattia della Torri in quanto aveva sostenuto di “non avere potuto occuparsi d’altro che della salute del padre, nel corso degli ultimi sei mesi, mentre la Torri l’aveva contattato almeno un anno prima”. Quelli tra voi sprezzanti del pericolo possono comunque trovarlo a questo indirizzo.
E’ stato un racconto lungo, questo, e come tutti i racconti lunghi ha più di una morale.
La prima è che la pubblicazione di un proprio scritto non è un diritto sancito da alcuna convenzione o costituzione. Sembra ovvio, e invece pare necessario continuare a specificarlo: scardinate quel cazzo di cassetto, agguantate il libro per scrivere il quale avete impiegato gli anni migliori della vostra vita e dategli fuoco come neanche un pompiere di Fahrenheit 451. Oppure fate brillare il comò, direttamente. L’umanità tutta vi sarà grata per non averle proposto ulteriori fesserie da leggere.
La seconda è che – l’avrete capito tutti – Maria Grazia Torri è una vittima. Di sé e della propria ambizione di scrivere, soprattutto, ma anche di chi ne ha utilizzato la sua morte come mezzo per diffondere teorie retrive che sono passate di moda intorno all’autunno-inverno del basso medioevo. Spiace che sia morta, ma questo non ne fa una grande scrittrice, né avalla in alcun modo le tesi che tanto l’hanno affascinata.
La terza e più importante è che, porca puttana, un tumore è un tumore. Punto. Non si contrae a causa dell’indifferenza generale nei riguardi dei propri sogni, delle proprie aspirazioni, di quel che si vorrebbe essere e invece non si è. Un tumore è un tumore: una massa schifosa di malefiche cellule assassine che, proprio in quanto massa schifosa eccetera eccetera, il sabato mattina se ne fotte altamente dell’uscita in edicola di TuttoLibri, e ti ammazza senza alcun riguardo, che tu sia un grande scrittore oppure Federico Moccia.
Ma io più che altro credo che basti il buon senso per capire che il suddetto giornalista, nel suo fervore semi-delirante, abbia pestato una merda di dinosauro e, anziché ripulirsi con una garbata nota di scuse, abbia deciso di tuffarcisi di testa, in questa frittatona di merda, andando a pescare quello che ha fatto Veronesi in questi mesi per dire “ah ah, lo vedi? Ma allora non era vero che dovevi passare 24 ore al capezzale del tuo povero padre”. Capito? Veronesi dovrebbe giustificarsi per non aver detto alla signora Torri “guarda, il tuo libro è una troiata senza fine e io ho cose più importanti a cui pensare”. No, siccome lui ha detto solo la seconda parte della frase questo coglione si sente autorizzato a spulciare quello che Veronesi ha fatto ultimamente per dimostrare che era una scusa. Ma io vabè, che dire.
Virginia, io non so se tu faccia la giornalista.
Magari no.
Però se lo fai, ci stai dando una lezione impagabile sullo Stato dell’Arte nel 2008: scarsa conoscenza della propria deontologia professionale, mancanza di semplice buon senso, arroganza che ne consegue, tentativi miseri di rivoltare frittatine ributtanti.
Quando la realtà è molto semplice.
Se qualcuno viene a dirti cose infamanti su un terzo, e tu decidi di riportarle, ne sei responsabile. Non puoi rifugiarti nei virgolettati, non funziona cosi. Anche se ti hanno insegnato a fare spallucce e a menare il can per l-aia, non puoi.
Niente, vedo che non vuoi rispondere.
“Io ho risposto che i puristi dell’intervista mi fanno un po’ ridere quando fanno le pulci a intermittenza e a chi pare a loro. E che se gli attori della vicenda fossero stati altri, questi puristi si sarebbero bevuti tutto in nome della libertà di stampa, ecc.”
A me questo passaggio di Virginia fa troppo sangue, comunque :)
Leo, per intanto, ti pregherei di non buttarla sul personale identificandomi con categorie, aggettivi ed altre cose per te le più spregevoli. Altrimenti sei tu quello meno intitolato da dare lezioni.
Io non l’ho fatto e quindi attieniti al punto e non disegnare la realtà.
Una donna in fin di vita viene intervistata da un giornalista del Giornale. Questa donna si è appassionata enormemente al fatto di Cogne. Scrive in un libro le sue teorie, racconta che nessuno lo prende in considerazione. Fra i tanti citati c’è uno scrittore che secondo lei ha accampato la scusa di un parente ecc. Tutto domanda e risposta. Questo è il caso.
Io non sto facendomi un baffo del reato di diffamazione né sputando sopra la deontologia professionale di chiunque. La domanda è: c’è stata diffamazione? Secondo me no. Tu ora invece sei giunto persino a dire che il giornalista si è nascosto dietro i virgolettati per nascondere la sua corresponsabilità nella diffamazione acclarata. Ora di stasera io sarò una ladra e quello un assassino.
a dare. Sono di fretta.
Di fretta o no, hai idee ben confuse.
Guarda che identificarti con una categoria e buttarla sul personale sono due cose diverse, quasi antitetiche.
Non l’ho buttata sul personale perché non ho la minima idea di chi tu sia, e ti ho identificato con una categoria perché mi faceva comodo ai fini della discussione. Anche tu l’hai fatto con me, del resto.
Secondo te non c’è stata diffamazione? Secondo me ti sbagli. E sempre secondo me ti sfugge tutta la gravità della cosa, il fatto di trovarsi alla mattina crocefisso a mezzo stampa per una cosa che non si ha fatto e che il giornalista non si abbasserà nemmeno a smentire. E’ una mancanza di sensibilità, oltre che di buon senso, che sfugge a molti giornalisti italiani, coincidenza.
Comunque quella cosa di essere “intitolati” a dar lezioni è fantastica. E non dire che è un lapsus, dai. E’ proprio che ne hai prese poche, di lezioni.
1 – intervista sul letto di morte a MG Torri, pubblicata il 29 giugno 2008, virgolettati attributi all’intervistata
2 – lettera autografa di MG Torri alla Franzoni, 22 maggio
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1. Ho parlato con Carlo Lucarelli, il conduttore di Blu notte: ha letto la prima bozza del libro, l’ha definito molto interessante ma al dunque s’è tirato indietro
2. Ho parlato con Carlo Lucarelli (…) ha letto la prima bozza del mio libro, l’ha definito molto molto interessante, ma, al dunque (…) si è tirato indietro.
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1. Ho parlato con lo scrittore Tiziano Scarpa, che credevo un amico; già una volta aveva scambiato la mia rasatura da chemioterapia per un taglio di capelli all’ultima moda; ha fatto lo stesso col caso Cogne: non sapendo nulla di aneurismi cerebrali infantili – lui è un romanziere e un poeta, si sa – ha dato il mio libro all’Einaudi ma, invece di appoggiarlo, l’ha stroncato con una scheda di lettura in cui demoliva le “mie” teorie mediche e paragonava i neurochirurghi da me interpellati a “giullari fantasiosi”.
2. Ho parlato con Tiziano Scarpa, che credevo un amico (…) per quanto avesse già una volta scambiato la mia rasatura da chemio per un taglio alla moda, ha fatto lo stesso anche col Caso Cogne. Ha finto di dare il mio libro all’Einaudi per poi stroncarlo lui stesso con una (…) scheda di lettura, dove mi criticava demolendo ‘solo le teorie mediche’. Scarpa, che fa lo scrittore o il poeta, non sapendo nulla né di aneurismi cerebrali infantili (…) si è messo a dire che i neurochirurghi portatori di una simile ipotesi erano dei ‘giullari fantasiosi’.
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1. Mi sono rivolta al giallista Andrea Pinketts: altro bidone.
2. Sono andata da quel gran bevitore di Andrea Pinketts (…) mi bidonò
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1. Ho scritto indignata sul mio blog un’apologia di Émile Zola sul caso Dreyfus: mi ha risposto stizzito Antonio Scurati, il vincitore del premio Campiello che avrebbe voluto far morire Bruno Vespa per interposto killer, dicendomi di mandargli il libro al volo perché lui non era “né un disimpegnato né un pesce lesso”. L’ho fatto: inutilmente.
2. Scrissi allora indignata sul mio Blog un’apologia di Zolà sul caso Dreyfus (…). Mi rispose indignato un tal Antonio Scurati, dicendomi di mandargli il libro al volo che lui non era né un disimpegnato né un pesce lesso. (…) ANCHE CON LUI CI FU UN SILENZIO TOTALE
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1. Idem Sandro Veronesi, altro scrittore di grido: ha accampato la scusa che aveva qualcuno malato in famiglia.
2. Volete sapere cosa mi ha risposto Veronesi? Che aveva qualcuno ammalato in famiglia
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1. Allora mi sono rivolta a La 7, a Daria Bignardi, direttrice di Donna quando io curavo una rubrica per quel mensile, ma per lei “non era abbastanza chic” occuparsi di Cogne»
2. in La Sette ho cercato inutilmente di coinvolgere la persona con cui ho collaborato come redattrice del femminile Donna, quando lei era direttrice,la fantomatica Daria Bignardi. Ma per lei ‘non era abbastanza chic’ occuparsi di Cogne.
1- http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=272474
2 – http://agnesepozzi.splinder.com/post/17236424/MORIRE+DI+CENSURA (la lettera della Torri è stata pubblicata sul web il 25 maggio 2008)
COMMENTO:
Stesse parole (in molti passaggi perfettamente identiche), stesse espressioni, stessi termini virgolettati, stesso ordine di elencazione degli scrittori: è a mio modo di vedere abbastanza fantascientifico che la povera Torri, intubata e ridotta al lumicino, ripetesse a macchinetta (stesse parole, stesso ordine degli scrittori) quanto aveva scritto nella lettera alla Franzoni il 22 maggio. Spingendo addirittura con l’intonazione Stefanetto a virgolettare quelle stesse parole che lei stessa aveva virgolettato scrivendo la lettera! (‘giullari fantasiosi”, “non era abbastanza chic”).
Ritengo, perciò, più che possibile che Stefanetto abbia rimpolpato l’intervista coi virgolettati della Torri sugli scrittori non raccogliendoli nell’intervista a viva voce con la giornalista, ma dal detto testo presente sul web dal 25 maggio.
Se questo è il caso, che l’abbia fatto di sua iniziativa o su indicazione e incoraggiamento della Torri stessa, non cambierebbe molto a proposito dei seguenti due fatti:
1) dall’elenco degli “stronzi” sono magicamente spariti tutti gli “stronzi” di destra (Feltri, Belpietro etc)
2) la parte relativa a Veronesi è stata sensibilmente modificata. Da un formalmente neutro e inattaccabile “Volete sapere cosa mi ha risposto Veronesi? Che aveva qualcuno ammalato in famiglia ” si è passati a un ben più marcato “Veronesi ha accampato la scusa che aveva qualcuno malato in famiglia”.
Se la cosa ti rassicura, correggi pure tutti i miei errori e pensa pure che io sia ignorante. Siccome non saprai mai chi fra me e te ha preso meno lezioni, sei libero di pensare ciò che vuoi.
Tuttavia, ti consiglierei almeno di non ostentare sicumera … Che già in passato hai preso delle sonore legnate, su temi specifici ovviamente.
“Guarda che identificarti con una categoria e buttarla sul personale sono due cose diverse, quasi antitetiche.”
Lascia perdere, persisti col personale. Non capisco da dove ti arrivi questa specie di repressione che somiglia vagamente all’invidia. Non riesci proprio a evitarla?
Pruno, io avevo notato soprattutto quella differeza tra ” mi ha risposto che aveva un parente malato” e ” ha ACCAMPATO La scusa di avere un parente malato”
Mi chiedevo: ma come può un malato , e grave, parlare di un malato come una ” scusa da accampare” ?
Nessuna pietà di malato verso chi è o ha un parente malato? Insomma, c’era da perplimersi.
Ora tu fai notare le somiglianze delle risposte. Già, anch’io penso che una persona in fin di vita forse non ricorderebbe bene tutte le parole, le similitudini, etc…
La seconda versione mi sembra…peggiorativa, ecco. Mantenendosi entro certi limiti, ma peggiorativa.
Scusate ma perché tutti date per scontato che il libro fosse una schifezza e scritto male? Qualcuno l’ha letto?
Neri, tu l’hai letto?
Tiziano Scarpa, per dire, nella sua nota dice che è scritto bene. Ci sarebbero da fare delle correzione, da togliere qualcosa, ma ha “trovato la lettura interessantissima per vari aspetti” tra i quali “per la scrittura vivace, avvincente e coinvolta dell’autrice (fatti salvi gli eccessi “patetizzanti” o le puntualizzazioni inutili che ho menzionato sopra).”
Non ho capito: cencio dice male di straccio? Basta saperlo.
Secondo Wikipedia oggi, 11 luglio, Lorenzetto compie 52 anni.
Spider, nessuno lo dà per scontato, è piuttosto il contrario: il libro non aveva successo e l’autrice dava per scontato che le ragioni del suo insuccesso fossero di ogni natura possibile, tranne che potesse essere scritto male, o che fosse poco interessante.
Quanto alle impressioni di lettura di Scarpa, la mia idea è che cercasse di non stroncare un libro scritto da un’amica, ma che non gli sembrasse un capolavoro. Questa è l’idea che mi son fatto io.
A proposito Virginia, ma non sarai mica te la Sanjust? :P
http://www.repubblica.it/2008/07/sezioni/politica/berlusconi-intercetta-2/caso-sanjust/caso-sanjust.html?ref=search
Se volete un banale contributo di un giornalista banale, qui il punto non è tanto nei virgolettati, ma fuori. Il punto è che l’endorsement di Lorenzetto pare abbastanza evidente a chiunque legga, di destra o di sinistra (nonché del resto – se ne è rimasto).
Per fare un esempio, la circostanza che davvero la Bignardi sia stata così goffa da rispondere in quel modo (…sinceramente penso sia troppo chic, per essere così goffa) diventa quasi irrilevante. Selezionando quel passaggio (nota bene, fuori dalla parte Q&A) e in quel modo, con quel tono, Lorenzetto ottiene comunque come effetto di portare dalla sua il lettore del Giornale che, sospetto, è già intimamente convinto che la Bignardi sia una virago radical-chic e tutti gli altri citati una manica di schifosi. Per chi legge, che questa dichiarazione – come le altre – sia verificata o che sia un po’ caricata dalla brava Torri, diventa semiirrilevante, se mi seguite.
Perciò, nonostante sia certamente cento volte più bravo di me e sia stato fotografato con tutte quelle persone importantissimissime (…ma io ho una foto spalla a spalla con Ozzy Osbourne. Tiè), e sul suo sito collezioni dichiarazioni di colleghi che ne attestano la giganteggiante figura di intervistatore, secondo me non ha fatto un buon lavoro. Non ha preso alcuna distanza. Vista la circostanza, umanamente può anche essere comprensibile, ma un intervistatore di livello assoluto come lui forse, dico forse, poteva fare di meglio.
PS
Più prudente di così non lo potevo scrivere. Vedete, dopo che i quattro avvocati di Zampaglione mi hanno comunicato l’intenzione di togliermi la casa per una recensione che non gli era garbata punto, non so’ più er ghepardo di una volta.
“PS
Più prudente di così non lo potevo scrivere. Vedete, dopo che i quattro avvocati di Zampaglione mi hanno comunicato l’intenzione di togliermi la casa per una recensione che non gli era garbata punto, non so’ più er ghepardo di una volta.”
Anvedi che ti combinano ‘sti radicalscicche… :P
Oddio! Ancora co sta roba? Ma che palle!
caro macchianera, chi giudica gli altri indegni di visvere e’ a mio parere uno stronzo fascista pure se de’ sinistra, e a scanso d’equivoci le vergini sono 72 (6*12) e ti toccano solo se muori in Jihad
” di destra o di sinistra (nonché del resto – se ne è rimasto).”
eccome, se ne è rimasto, ormai sul web il sedicente “resto” va per la maggiore…
(non c’entra niente ma era irresistibile)
“Per fare un esempio, la circostanza che davvero la Bignardi sia stata così goffa da rispondere in quel modo (…sinceramente penso sia troppo chic, per essere così goffa) ”
Ma solo a me la Bignardi sembra la prima cafonal choc d’Italia?
…ok ok la smetto
L’Italia è piena di stronzi, questo si sapeva già.
I giornalisti italiani in media:
a) non sanno fare il proprio lavoro
b) non sono incentivati a fare bene il proprio lavoro
Anche questo si sapeva già da tempo.
I fratelli Veronesi hanno perso un genitore e, dato ciò, se la sono presa per un articoletto su di un house-organ.
La storia della Franzoni è puramente incidentale in tutto questo, è drammatico oltrechè incredibile che venga ancora usata una povera donna come bandiera (“flag”) per spingere biechi contrasti politici.
Ma, letti tutti i commenti, pare che funzioni molto bene.
L’Italia è piena di stro**i ( ” a**holes “) questo si sapeva.
E’ avvilente ( ” depressing, disheartening, demoralizing, miserable “) che chi ha capito ( o vuole capire ) la questione del post alla ca**o di cane ( ” dog “), si senta poi in dovere di fare un commento dello stesso livello , alla ca** ( dick) di cane ( dog)
cock, non dick… la dance anni 90 è passata di moda negli 80′
Giorgio, ma si dice dickhead, non cockhead.
Da cui…
Ma se si potesse evitare di impelagarci in tale discussione sotto questo post…Te la passerei perfino per buona.
….(da articolo Lorenzetto ) …”Vi do conto, dunque, del «quasi nient’altro» di cui s’è potuto occupare negli ultimi sei mesi Sandro Veronesi, trattenuto al capezzale del padre: dichiarazione all’Ansa per segnalare di non essere «per nulla offeso della presunta “morettizzazione” di Caos calmo» (1 febbraio); conferenza stampa per rispondere alle critiche mosse dalla Cei al film tratto dal suo romanzo (13 febbraio); adesione all’«Unità day» a sostegno del giornale fondato da Antonio Gramsci (17 febbraio); dichiarazione all’Ansa per segnalare di essere «stupito e anche molto seccato», e più oltre «allibito», per il fatto «che sia stata tirata in ballo senza alcun fondamento» una scena di Caos calmo con un bambino down (17 febbraio); partecipazione a una puntata di Otto e mezzo su La7 (22 febbraio); presenza sul palco in piazza Duomo a Prato per il comizio di Walter Veltroni, candidato premier del Pd (2 marzo); annuncio della partecipazione al varietà Dottor Djembe via dal solito Tam Tam su Radiotre (14 marzo); annuncio della partecipazione al Perfect day organizzato a Torino dalla scuola di scrittura Holden (15 marzo); polemica col governatore del Veneto, Giancarlo Galan, che aveva trovato un’edizione tascabile di un romanzo pubblicato con Mondadori nel 2001, nonostante Veronesi dichiari d’aver lasciato questa casa editrice nel 1994 (26 marzo); ritiro del Prix Méditerranée a Parigi (1 aprile); partecipazione alle operazioni di voto del comitato artistico di garanzia del Musicultura festival di Macerata (29 aprile); annuncio della partecipazione alla seconda edizione di Officina Italia, festival dedicato alla creatività artistica italiana organizzato alla palazzina Liberty di Milano (12 maggio); invito (si ignora se accettato) sull’isola dell’Asinara per la rassegna cinematografica Nuovo Carcere Paradiso (16 giugno); dichiarazione all’Ansa sulla partita Italia-Spagna degli Europei: «Se la mettiamo sul testa a testa individuale, tra Calatrava e Piano lo spagnolo non tocca palla» (18 giugno). Il padre di Veronesi moriva una settimana dopo….”
Riporto questo pezzo per la precisione.
Mi dispiace immensamente che si continui con scritti velenosi solo per partito preso. Non è un modo logico di procedere. Maria Grazia Torri non aveva certo bisogno di un libro per farsi pubblicità. Era abbastanza conosciuta nel mondo dell’arte. Purtroppo non era in grado di leccare il culo a nessuno e meno che mai a questo o quel politico per far si che le sue “schifezze letterarie” diventassero dei best-sellers. Cosa che invece è capitata ad altri. Il suo destino ha incrociato la vicenda di Cogne e da giornalista qual’era, anche se di arte fino a quel punto, si è interessata, ha lottato per mostrare un’altra via per la soluzione del caso. “Chi cazzo gliel’ha fatto fare” sicuramente è stata la sua coscienza. Perchè esiste chi questa cosa ce l’ha e la riconosce in sè e la suppone negli altri. Lei era già affetta da un cancro che l’aveva devastata. Lei per la medicina ufficiale era un morto che cammina, ma camminava da sette anni. L’avevano aiutata la meditazione sui colori di Martin Broffman e la medicina omeopatica; completamente allergica a qualunque medicina. Lo stress patito per portare avanti il suo rapporto, l’unico che si basava su pareri medici e rilievi medici e non su gossip di ballerine, giornalisti da strapazzo disinformati, soubrettes, preti, criminologi. Mi chiedo se Neri lo abbia letto prima di parlarne male.
Eppure Maria Grazia ha citato Veronesi, e me ne aveva parlato molto bene di quel “caos calmo” ed aveva analizzato quel silenzio emozionale di fronte alla morte.
Maria Grazia Torri ha combattuto fino alla fine. Ed un tumore non “è un tumore punto e basta” come possono pensare gli ignoranti in materia. Il suo cancro si è risvegliato proprio per tutte le vicende legate a Cogne, al rapporto che lei ha scritto, alla verità che lei ha cercato anche stando fisicamente molto male. Non gliene importava assolutamente nulla del ritorno economico (cosa che invece importa molto a chi è sempre pronto a mettersi in vendita), lei voleva il ritorno al cuore. Perchè lei un cuore lo aveva e non avrebbe mai osato infierire su un malato terminale così come è stato fatto nei suoi confronti da gente che principalmente non ha rispetto per se stessa e poi non sa ripettare gli altri.
Quali sarebbero poi le teorie retrive che sono state diffuse in virtù della morte di Maria Grazia non è dato sapere. Piuttosto occorrerebbe andare a studiare le teorie più moderne e tra tutti la PNEI.
Anche Neri scrive in malafede, con rabbia e da disinformato. Come tanti del resto. Uno, nessuno, centomila.
dimenticavo di precisare:
SAMUELE si chiamava LORENZI e non FRANZONI …
Agnese Pozzi
Vi posso assicurare che in questi due anni sono stata testimone dei rifiuti che Maria Grazia riceveva e che sistematicamente mi comunicava, in tempi “non sospetti”. Posso anche rassicurarvi che Lorenzetto non ha cambiato una virgola di quanto dichiaratole da Maria Grazia, aiutata nelle sue dichiarazioni da due amici che conoscevano le vicende. Vi posso anche dire che mi sono incazzata per l’ennesima volta perchè lei avrebbe dovuto dire agli amici o a Lorenzetto: “contattate Agnese Pozzi per la parte medica che la riguarda”; invece nessuno mi ha contattata, tant’è che su un numero del giornale compare la mia risposta “diritto/dovere di replica” che però intendevo fosse un piccolo articolo e non una lettera al direttore. Il mio articolo diritto/dovere di replica, per supposte ragioni di spazio non è stato riportato integralmente, ma ve lo riporto qui:
OGGETTO: DIRITTO DI REPLICA (articolo Tipi Italiani-Cronache-del 29 giugno 2008)
Gent.le Dr.Lorenzetti, innanzitutto la ringrazio per aver finalmente rotto il muro di silenzio su Maria Grazia Torri ed il suo libro, per il quale ho avuto il piacere di collaborare quale autrice “a latere” per i commenti all’Atto d’accusa, i commenti alle tre relazioni mediche e per le contestazioni alla perizia Viglino; libro che le è costato un riacutizzarsi delle sue sofferenze, tanto dal ridurla in fin di vita. Spero, e prego che Dio l’aiuti ancora una volta e che sia resa giustizia all’impegno prodotto oltre le poche forze che aveva, quando ha cominciato ad occuparsi del caso Cogne.
Dal momento che Maria Grazia mi ha fatto sapere che nella stesura dell’intervista è stata coadiuvata dai suoi amici essendo allo stremo delle forze, so bene che gli stessi amici, non medici, potevano solo conoscere bene la storia personale di Maria Grazia Torri, non certo quella scientifica, per la quale nell’articolo ci sono delle imprecisioni che ho il dovere/diritto di sanare per amore della precisione. La tesi del neurochirurgo del Fatebenefratelli di Milano riguarda la rottura spontanea di un aneurisma congenito (ipotesi originariamente formulata dalla Dr.ssa Satragni), in seguito al quale si è prodotta emorragia sub aracnoidea con inondamento ventricolare, l’ipertensione endocranica, il vomito a getto, la crisi epilettica con il complesso fratturativo conseguente. Quindi per il Neurochirurgo si tratta di evento spontaneo emorragico primario endocranico. Le mie osservazioni riguardano invece altri aspetti e sono rilievi sulla dinamica fratturativa. Viglino omette di segnalare al Giudice, nelle conclusioni, la frattura occipitale (unica non accompagnata da lesione tegumentaria) che egli definisce “a mappamondo”. Questo tipo di fratture si producono per impatto violento contro superfici ampie, piatte, e dure: quindi non può essere una frattura prodottasi per rimbalzo sopra il materasso. Alcune lesioni della superficie cranica che è convessa, riguarderebbero a dire di Viglino “il solo tavolato esterno”. Anche questa affermazione confligge con la tesi di aggressione frontale in quanto un colpo inferto sulla superficie convessa del cranio in direzione antero-posteriore provoca prima le lesioni del tavolato interno che ha un minore raggio di curvatura. Inoltre le ferite tegumentarie sono talmente polimorfe che, supposto un aggressore, bisognerebbe considerare sia l’utilizzo di più armi, sia di entrambe le mani per colpire, sia di una diversa forza vulnerante. Già questi tre rilievi comprometterebbero tutto l’impianto accusatorio e non su ipotesi che sarebbe difficile dimostrare (non sappiamo, infatti, se e come sia stato conservato l’encefalo, né se sia possibile fare, dopo questi anni, ulteriori indagini sui vasi cranici, né se l’emorragia sub aracnoidea qualora verificatasi potesse essere stata di quelle senza alterazioni rilevabili dei vasi, come però potrebbe accertarsi solo sui vivi mediante angiotac). I rilievi che ho fatto si basano esclusivamente sulle affermazioni di Viglino e quindi sono dati oggettivi e non confutabili; ce ne sono comunque altri, come meglio specificato nel libro. Ad onor del vero devo anche dire che non concordo con l’ipotesi di aneurisma, sebbene abbia sempre affermato che questa possibilità andava rigorosamente considerata da Viglino insieme a tutte le altre cause possibili di emorragia sub aracnoidea, che non sono solo traumatiche e che qualora traumatiche non tutte queste sono di origine criminosa. Il piccolo ad esempio, nel tentativo di scendere dal letto, per seguire mamma e fratello, potrebbe aver perso l’equilibrio ed aver battuto violentemente l’occipite contro la testiera del letto (frattura a mappamondo altrimenti NON collocabile). Da lì potrebbero aver trovato inizio tutte le sequele, perché il cervello reagisce conseguentemente ma anche indipendentemente da un trauma e dall’entità dello stesso. Un trauma occipitale ripercuote le onde d’urto esattamente in regione anteriore frontale e fronto-orbitaria, proprio dove Samuele mostrava le uniche due lesioni di maggiore entità. Il resto sono piccole ferite di pochi millimetri e di varia foggia che non è plausibile essere state causate da un assassino che colpisce con rabbia o con cieca ferocia, con un’arma sola e con una sola mano. Sono esiti di trazioni dell’osso su galea e cute sovrastante ed esiti di tagli della cute da parte delle stesse ossa, molto sottili e taglienti, così come le descrive Viglino. L’ipertensione endocranica avrebbe diastasato fratture già prodottesi per ripercussioni anteriori dell’urto dell’occipite. Ad ogni modo invito a leggere il libro, ingiustamente ignorato dai media, per avere un quadro completo e per evitare di dilungarmi oltre. Spero di aver fatto chiarezza e proprio per chiarezza e completezza vi esorto a pubblicare per diritto di replica queste precisazioni.
Cordiali saluti
Dr. Agnesina Pozzi, Medico.
Poi fate il confronto con la lettera apparsa il 3 luglio 2008 sul “giornale”.
Ho pubblicato sul mio blog la primissima mail di Grazia;
ogni strumentalizzazione politica è inopportuna. Per quanto mi riguarda ho interpellato TUTTE le testate a suo tempo, sia di sinistra (e prima quelle) e poi di destra.
Proprio a sinistra, dove cercavo e speravo di trovare ascolto, comprensione solidarietà, e sopratutto nei blog estremi, mi sono sentita tacciare da SPAMMER, oppure zittire che tanto non fregava niente a nessuno, e così anche su un sito che credevo fosse di Travaglio ma si chiamava solo così. Scrissi anche al blog di Grillo chiedendo aiuto perchè c’era una censura mediatica TERRIBILE, ma neppure una risposta. E per verificare quello che dico c’è la cache in rete e potete cercare tutti i miei interventi nel tentativo di aprire uno spiraglio sull’altra verità.
Che il giornale sia di destra non me ne fotte un emerito c***, è stato l’unico quotidiano a rompere il muro di silenzio sull’altra verità di Cogne.
L’aneurisma è solo una delle ipotesi, ma guarda caso la censura PERSISTE, perchè delle mie osservazioni, fatte sulle dichiarazioni dell’anatomopatologo e su i suoi stessi rilievi e quindi inconfutabili, NESSUNO ANCORA NE PARLA e nemmeno Lorenzetto ne ha parlato o ha voluto approfondire con me la questione. Viglino resta intoccato e senza responsabilità, nonostante le precise posizioni del rapporto Torri.
Ora che c’entra la destra e la sinistra? Nulla. Son tutti uguali nell’informazione/disinformazione/manipolazione/strumentalizzazione/censura/preparazione/onestà intellettuale ecc ecc.
Ormai per sapere cos’è la destra e cos’è la sinistra mi dovrò rivolgere a Gaber perchè sinceramente non lo so più. Ora per me contano solo i singoli. Tutti i colori sono sbiaditi e sintetici simulacri di potere. Potere diverso ma potere, poltrone e basta;
e la base, imbecille,io, ha creduto, ha lottato per una vita dalla parte sinistra della barricata credendoci in modo acritico. Sarà la vecchiaia ma riesco a vedere il rosso, il nero, il bianco, il verde, il rosa, il giallo, solo sulla pelle e le piaghe dei malati. E basta.
ciao a tutti e scusatemi se ho scritto troppo. Non lo farò più.
Grazie della voce su questo spazio.
Agnese Pozzi
Agnese, io posso anche capire il suo dolore. Cioè, potrei-. Però, lei continua a ri-pubblicare tutte le varie manifestazioni cui avrebbe partecipato Veronesi. Come se dovesse scusarsi di qualcosa.
Mi pare che non riesca a capire che lei non ne ha NESSUIN Diritto, perchè Veronesi, per le sue vicende, non deve scusarsi di NULLA. SE non capisce questo, videntemente devo dedurne che il dolore la rende più sensibile solo verso i soggetti che le interessano e basta.
Agnese mi dispiace per la perdita subita, e lo dico da una che si è vista massacrare praticemente tutta la famiglia dal cancro nelle sue più svariate e sorprendenti forme. Però qua non si tratta di censura, no proprio per niente. Non era un bel libro punto. Poi sul livore delle risposte, Lorenzetto e Veronesi, possiamo argomentare quanto si vuole, ma censura no. Evidentemente era un libro brutto mi dispiace, ma se persino Moccia ha traovato un editore, abbi pietà evidentemente il testo della Torri era impubblicabile e non certo perchè non sapesse leccare il culo. E mi dispiace (e trovo sinceramente orribile) che tu abbia tirato fuori in maniera minuziosa tutti gli impegni di Veronesi…alle ore 12 del giorno X… per quanto mi riguarda potrebbe essere andato anche a troie la notte che gli è morto il padre e sarebbero comunque affari suoi. Quando morì mia nonna, la sera stessa dopo il funerale, uscii in paese e andai al bar a comprarmi una birra e delle patatine. Dopo qualche minuto chiunque passasse per quella fottuta piazza si sentì in dovere di dirmi che ero una stronza di merda a fare questo alla buon anima di mia nonna ancora calda nella bara. Rimasi a quel bar fino alle 5 di mattina del giorno dopo. Erano solo cazzi miei ed era solo il mio dolore. Attenzione quindi a giudicare le manifestazioni altrui.
Vi consiglio di guardare su internet chi è Agnese Pozzi e con quanto livore scriva ovunque, sempre.
A parte questo, un rapporto che cita semplicemente la diagnostica dell’idrocefalo (vomito a getto, ipertensione endocranica, hanno dimenticato nausea, cefalea, afasia e compagnia triste) in un bambino che non aveva l’idrocefalo, per giustificare una crisi convulsiva talmente violenta (e il bambino poi si è rimesso sdraiato ben bene in attesa dei soccorsi?) da procurare ferite che, toh, sembra siano state infilitte dall’esterno…
che dire?
Dio ci scampi da certi medici.
Soprattutto da quelli che credono che sia l’omeopatia, e non il cervello che crede nell’omeopatia, a tenere a bada un cancro.
p.s. Per farvi meglio capire la personalità della Pozzi vi invito ad andare sul suo blog e leggere il post ‘dedicato’ a Gavino Sundas.
Un post lunghissimo pieno di doppie a mò di sfottimento del suo essere sardo.
Questo per farvi capire che genere di persona è, quanto è matura, non per dar giudizio sulla Torri che poteva essere una degnissima persona, per carità.
Forse Agnese non ha compreso le modalità del post. Non penso che Neri sia stato pervaso da livore. Ha scritto un pezzo furbo per mettere il cappello sulle ragioni di Veronesi, icona culturale stradifendibile, soprattutto se contrapposta ad un facile bersaglio mediatico come il Giornale. E infatti tutti ci si è improvvisati giornalisti professionisti, giuristi e persino critici letterari, sempre in virtù di quel partito preso.
Io sarei propensa a prestar fede alla sincerità della passione folle della Torri senza soffermarmi sulla consistenza delle sue teorie. Per me conta zero disquisire sulle qualità letterarie del suo libro. Sarebbe ridicolo, data la mole di spazzatura che si riversa in librerie e supermercati, ma soprattutto sulla rete. Visto che su quest’ultima, poi, siamo abituati a leggere le più fantasiose teorie su complotti di natura interplanetaria. E men che meno val la pena di stare a cavillare astiosamente sulla qualità delle reazioni conseguenti alla morte di una persona cara, con allegate assegnazioni di diritti alle scuse.
L’unica cosa che mi sento di dire ad Agnese, e credo che sia un dato da oggettivo, è questa.
I fatti di Cogne hanno subito una tale consunzione mediatica, uno sfruttamento talmente vergognoso, non senza la connivenza della stessa Franzoni, che chiunque oggi è pronto a fuggire anche dalle verità più acclarate, per timore di cadere nel ridicolo.
Lorenzetto ha portato alla ribalta questa passione della Torri e la reazione di Veronesi è stata come minimo evitabile nei toni.
Ma oggi si prende posizione persino sulle previsioni del tempo. Si presta fede alle teorie più astruse e folli, sempre per partito preso. E quindi non capisco perché si debba far la corsa a dar della folle alla Torri o alla Pozzi solo perché dio Veronesi s’è incazzato per un pezzo del becero giornalista del Giornale.
Proverei a guardare in prospettiva. Si guardi ad esempio – su un piano mediatico di ben altro spessore – come si sta evolvendo la storia di un’icona mondiale come Betancourt, che nessuno si permette di criticare in virtù del dramma che ha vissuto, neppure se oggi ammazzasse qualcuno. Io sono stata strafelice per la sua liberazione, ma dopo poco si sono sentite tali cazzate (sparate da lei e poi da altri) che non so sino a che punto mi sentirò di restare in muto e ossequioso rispetto per la sua vicenda.
Purtroppo la malattia della Torri è intervenuta con tempismo eccessivo. Fra qualche tempo, magari, sorgerà fior di letteratura sulle sue teorie. Fondate o meno che fossero. E ripartirà il circo mediatico.
Virgina,
prova, semplicemente, a metteri nei panni di Veronesi e a sentirti ” accusare” di usare tuo padre malato come ” scusa”.Poi tuo padre muore Dopodichè, prova ad immaginarti di scrivere ad un giornale adirato, certo, perchè vuoi chiarire che invece la cosa è vera, e il tizio che ha riportato la cosa, invece di rispondere qualcosa tipo:” devo riconoscere che Veronesi ha ragione, pur non accettando il suo tono. D’altra parte, io ho solo riportato le parole dell’intervistata , ma chiedo scusa se la cosa è risultata offensiva o fuori luogo.
Ecco, prova ad immaginare tutto questo e poi dopo vedi se riesci ad immaginare come appaiono i tuoi tentativi di ” inquadrare” e mettere in prospettiva ( e non può mancare la frecciatina verso i meriti di Veronesi, il suo status di intellettuale ) e i perchè e percome e poi dimmi se il tuo commento non sembra quello che è: solo un patetico tentativo di eludere la questione .
Virginia, quanto all’improvvisarsi giuristi non so se ti riferissi a me, ma se ti riferivi a me ti invito prima a rispondere al mio quesito, altrimenti qualcuno potrebbe anche pensare che parli a vanvera.
“solo un patetico tentativo di eludere la questione”.
Dinanzi alla pluri-campionessa olimpica di patetismo faccio un passo indietro. Eludere la questione. No dico, come se si fuggisse dinanzi alla giustizia: “Imputato! È vero o no che lei …” Ma che è, parliamo di tasse, c’è da confessare un reato?
Fiandri, occhio al labiale: “ci si è”. Dai, guarda che non l’hai inventato tu il reato di diffamazione. Forse non ti rendi conto che sei tu quello sull’orlo del vaneggiamento. O continui a proporre un quesito inesistente perché convinto di essere diventato membro onorario del Csm oppure non hai diciamo letto qualche mio commento precedente.
Virginia, forse non sai che non è obbligatorio scrivere commenti. Non solo, può pure evitare di fare brutte, pessime figure. Per dire, eh?
La conclamata incapacità di entrare nelle questioni, di esprimere opinioni proprie di senso compiuto trova sfogo nell’insultino personale, nel moralismo d’accatto, nei processini idioti. A mo’ di auto-rassicurazione, “tiè, gliene ho cantate quattro”.
Lo dico per l’ultima volta, soprattutto per liberarmi definitivamente di questa zecca che periodicamente si attacca ossessiva alle mie caviglie: discuto anche accanitamente, ma sulle idee, i fatti. I riferimenti personali fini a se stessi sono vigliaccate di una tale miseria che non prenderò MAI PIU’ in considerazione i loro autori. S-ciaf (ciabattata sulla zecca).
Sul tema non ho più nulla da dire. Saluti.
Virginia, i commenti tuoi li ho letti, ma non mi pare chetu mi abbia detto che quali altre responsabilità giuridiche conosci, oltre a quella per diffamazione a mezzo stampa, riguardo al giornalista che pubblichi una intervista. Ti ripeto il quesito, tanto per divertirmi a vedere quali altri giri ti inventerai pur di non ammettere la figuraccia.
Virginia, tu hai scritto:
” E men che meno val la pena di stare a cavillare astiosamente sulla qualità delle reazioni conseguenti alla morte di una persona cara, con allegate assegnazioni di diritti alle scuse.”
Dato che sono io quella che aveva parlato di ” diritto alle scuse” , allora mi sono sentita in in dovere di rispondere lla parte del tuo commento che riguardava me per spiegare perchè , secondo me, bisognava solo tacere, di fronte alla situazione di Veronesi. Ma niente, preferisci ancora una volta svicolare, e ritornare ( tentare di, veramente ) al tuo solito ruolo di fustigatrice dei commentatori.
P.S Saresti quasi divertente nel ruolo della scocciata che vuole liberarsi di un fastidio, se non fosse che sei quella che invece in questo commentario sta prendendo discrete sberle ( metaforiche) Cosa tra l’altro abbastanza evidente , te lo assicuro. E se non fosse che sei TU che sei intervenuta per criticare le posizioni degli altri. Quindi, non fare la poveretta che viene attaccata, appellandoti pure a presunti attacchi personali che esistono solo nella tua fantasia.
Adesso vi dirà che la state invidiando intensamente.
Devo una risposta da ieri, ma poi MN è saltata.
Sarò lunga e noiosa, ma siccome vedo che Fiandri permane incaponito – e si fa pure bello – sul concetto che io abbia fatto una figuraccia ecc., approfondisco. Così mi diverto un po’ anch’io.
Non ho dato alcuna definizione perentoria di virgolettato, ma solo la mia interpretazione.
Penso che un intervistatore che ricorre all’uso del virgolettato debba innanzitutto premurarsi di riportare accuratamente il pensiero dell’intervistato. Non credo che debba stare a verificare la veridicità di ogni singola risposta (esempiuccio della maestra con gli occhiali) come avete sostenuto. Altrimenti, in nome del “c.d. limite di verità” a 360°, dovrebbe vagliare tutto, anche le affermazioni più semplici: date, parentele, “ieri sono andato in bagno”, “mio fratello è stato bocciato in prima elementare”, “Ferrara Platinette barbuta”, “Bush vinse le elezioni a mani basse”, “mi ruppi un braccio in terza media”, eccetera.
Ora Fiandri, mentre io esponevo il mio misero pensiero senza aiutini nei commenti 87 e 96 (non essendo né giornalista né avvocato di professione, anche se per lavoro mi è sempre stata sottintesa la capacità di comprensione del codice civile), si è fatto bello copincollando 4 sentenze di Cassazione. Sentenze che, a quanto pare, non ha compreso se non addirittura letto (mio commento 90).
Prendiamo una delle quattro sentenze citate da Fiandri, quella del 15 dicembre 2005:
“IL GIORNALISTA INTERVISTATORE E’ ESENTE DA RESPONSABILITA’ PER LE DICHIARAZIONI RESE DALL’INTERVISTATO, SE LE RIFERISCE CORRETTAMENTE
(Cassazione Sezione Terza Civile n. 23366 del 15 dicembre 2004, Pres. Vittoria, Rel. Talevi).
Nel caso in cui il giornalista intervistatore si limiti a riferire parole effettivamente dette dell’intervistato senza modifiche o commenti, affinché possa parlarsi di legittima espressione del diritto di cronaca e si applichi quindi l’esimente dalla responsabilità civile per danni, debbono sussistere i seguenti elementi:
A) la verità (oggettiva o anche soltanto putativa, purché l’intervista sia stata raccolta in modo serio e diligente) circa il fatto che nelle circostanze di tempo e di luogo indicate dal giornalista il soggetto intervistato ha effettivamente esposto le affermazioni in questione; verità che non è rispettata quando, pur essendo vere le affermazioni riferite, ne siano, dolosamente o anche soltanto colposamente, taciute altre, idonee a mutare pesantemente il significato delle prime; ovvero quando, con il ricorso ad accostamenti suggestionanti di singole affermazioni dell’intervistato capziosamente scelte e/o mutamenti dell’ordine di esposizione delle medesime, si pervenga ad una presentazione dell’intervista oggettivamente idonea a creare nella mente del lettore (od ascoltatore) una rappresentazione della realtà dell’intervista medesima falsa in tutto od in parte (rilevante);
B) la sussistenza di un interesse pubblico all’informazione in questione, derivante dalla qualità dei soggetti coinvolti, dalla materia in discussione o da altre caratteristiche dell’intervista”
Nell’ambito della sentenza del 9 luglio 2004, sempre citata da Fiandri, la parte che ci interessa al limite (ma non ci siamo) è quella che si riferisce all’intervista:
“Nel caso di intervista a contenuto oggettivamente diffamatorio, l’intervistatore ed il direttore responsabile del giornale non rispondono del delitto di diffamazione, per la sussistenza della scriminante della verità putativa, se l’autorevolezza della persona intervistata, valutata in una con tutte le circostanze del caso concreto, lasciava ragionevolmente presupporre la veridicità delle dichiarazioni rese dall’intervistato.”
Tra l’altro, ne ho per caso scovata un’altra:
“Il giornalista non risponde per avere pubblicato un’intervista a contenuto diffamatorio, quando abbia correttamente indicato che le opinioni riportate sono altrui, e non abbia mostrato – neanche surrettiziamente – di aderire a esse. Cassazione penale, sez. V, 16 dicembre 2004, n. 4009”
Siccome penso che sia abbastanza vile ricorrere agli aiutini googlando e copincollando testi (senza peraltro leggerli) e berciare alla figuraccia altrui, dando dimostrazione di essere sprovvisti di un minimo di correttezza – ché pretendere capacità di interpretazione o cognizioni, a questo punto, è mera illusione – resterei sulle opinioni personali. Al momento, quelle di Fiandri non mi sono ancora chiare, visto che ha citato sentenze che affermano il contrario delle sue teorie. Le sfide sulle capacità di copincollare le lascio ai segaioli pseudo-ideologici che affollano la rete.
Per me se l’intervistato esprime una sua opinione, all’intervistatore spetta anche il compito di valutarne le implicazioni e le conseguenze sia in capo al dichiarante, che è il primo responsabile di ciò che dice, sia dinanzi al rischio giuridico nei confronti dei terzi, in caso di presenza di “lesioni oggettive della altrui reputazione”. Penso che questo tipo di responsabilità sia soprattutto professionale.
Secondo me Lorenzetto ha riportato le affermazioni di Torri non riscontrando alcun tipo di illecito giuridico. Per giunta, se la Torri, nella sua appassionata voglia di denunciare le sue opinioni, ha interpretato la risposta di Veronesi come l’ennesimo pretesto a testimoniare il totale disinteresse delle persone a cui si è rivolta, non vedo dove stia la responsabilità giuridica del giornalista, peraltro delimitata già dalle sentenze riportate da Fiandri..
A chi poi ha avuto la compiacenza di riportare le dichiarazioni dell’articolo confrontandole con quelle contenute nella lettera, forse sarà sfuggito che nella lettera c’erano affermazioni nei confronti di terzi queste sì passibili di conseguenze giuridiche. Affermazioni che nell’articolo sono state omesse, salvo che la Torri non le abbia ribadite nell’intervista.
Quanto a Veronesi, penso che avesse il diritto di infuriarsi. Ma non in quel modo, aggiungendo pure la sua personale visione sul Giornale e sul giornalista. In quel modo. Anche perché, in nome del “c.d. limite di verità” citato da Fiandri, noi non possiamo sapere se quello fosse o no un pretesto, aldilà delle successive verifiche svolte da Lorenzetto.
Ripeto infine che mi fanno ridere le considerazioni dei puristi del virgolettato a intermittenza. Soprattutto quando, in nome della libertà di stampa, di espressione, della satira, di varie ed eventuali, più famosi giornalisti se ne fregano bellamente della responsabilità giuridica, ricevono querele, magari le perdono pure e restano delle grandi penne del giornalismo nazionale nell’opinione di alcuni.
Molto bene, Virginia, vedo che non rispondi alla mia domanda ma implicitamente, forse senza accorgertene, una risposta me la dai. Le sentenze che mi hai citato lo sai che cosa trattano? Te lo dico io così facciamo prima: della diffamazione a mezzo stampa. Allora dovresti deciderti, una volta per tutte, se la diffamazione a mezzo stampa c’entra con la responsabilità di cui parlavo io oppure no. Ti rispondo io, che sono avvocato, che mi occupo proprio di diritto dell’informazione e che le sentenze in questione le ho citate già in altre occasioni (forse in modo pertinente, visto che mi hanno dato ragione): sì, la responsabilità giuridica tipica del giornalista che riporti una intervista è quella per diffamazione a mezzo stampa.
Scendo un filo nel dettaglio non tanto per amore di verità o perché speri di farti capire (visto che, se dovessi giudicarti solo da quello che leggo qui, non mi sembreresti proprio in grado di capire queste cose), ma per puro spirito polemico e perché quando sento una persona dire cose molto sciocche con l’aria di aver capito tutto, mi va il sangue alla testa. È un mio difetto. Quanto alla viltà dei miei comportamenti, lascia stare che ci fai più bella figura.
Come ho – invano – tentato di spiegarti, nel commento 58 avevo detto che il giornalista deve operare un vaglio sulle dichiarazioni dell’intervistato in modo da valutarne la veridicità, alla luce ad esempio dell’autorevolezza della persona intervistata e delle «ulteriori circostanze del caso». Visto che si uso testualmente le parole delle sentenze che poi ho riportato, poi magari mi spiegherai (ma so che non lo farai) perché tali sentenze affermerebbero il contrario di quello che dico.
E infatti tu, non io, hai detto che un virgolettato è una dichiarazione sotto responsabilità del dichiarante e che l’intervistatore è esente da responsabilità se riporta fedelmente le parole dell’intervistato. Io allora ti ho spiegato che la giurisprudenza assolutamente prevalente dice il contrario di quello che dici tu. Ed è proprio così. Le sentenze che “ti danno ragione” (i.e.: che dicono che all’intervistatore basta riportare per filo e per segno le parole, per essere esente da responsabilità giuridica) sono assolutamente minoritarie, non ho detto che non ve ne siano, no detto che sono assolutamente minoritarie (provo a ripetere più volte il concetto e a metterlo in grassetto, tante volte ti servisse a comprenderlo). Peraltro forse non sai (ma, se uno non conosce troppo bene una cosa, dal mio punto di vista farebbe meglio ad essere meno presuntuoso) che gli orientamenti delle Sezioni Unite della Cassazione sono – quanto ad importanza e autorevolezza, certo da noi non v’è il precedente giudiziario vincolante – di gran lunga prevalenti su tutte le altre, e che le Sezioni Unite hanno detto che non basta al giornalista riportare alla lettera le dichiarazioni dell’intervistato, dovendo comunque controllare la veridicità delle circostanze e la continenza delle espressioni riferite, salva la possibilità di effettuare tale controllo mediante altri elementi, fra i quali la qualità dei soggetti coinvolti, ed altri elementi: sono le famose ulteriori corcostanze del caso di cui si parlava prima.
Quanto alla questione del limite della verità, ancora una volta Virginia, ti stai avventurando in un campo che non è il tuo, ma non è così facile, un po’ tocca studiare se si vuol fare i giuristi. Il limite della verità (come quello della continenza espressiva, come quello dell’interesse pubblico: sono questi i tre “canoni”) costituisce, tecnicamente, una “scriminante” alla diffamazione a mezzo stampa. Cioè: tu commetti l’illecito di diffamare qualcuno sul giornale (oppure ti accusano di averlo fatto), e tu dici “l’illecito ci sarebbe, ma ho la scriminante (detta anche “causa di giustificazione”) che stavo correttamente esercitando il diritto di cronaca, dal momento che i tre canoni della verità, continenza e interesse pubblico erano rispettati”. Ora, se uno dice “Mi ruppi un braccio in terza media”, oppure gli altri esempi porti tu, dove starebbe la diffamazione? L’esempio da fare è un altro: se io in una intervista dico “Pinco Pallino è un ladro”, allora Pinco Pallino mi può fare causa sentendosi diffamato (e può farla al giornalista per omesso vaglio sulla veridicità), e io gli posso opporre un documento che prova che lui è proprio un ladro, e che quindi è rispettato il limite della verità.
Fiandri, non farti venire il sangue alla testa. Il fatto che tu sia avvocato e ti occupi di informazione, sebbene ti riabiliti ai miei occhi – data la mole di sedicenti professionisti che googlando oggi si credono medici, domani avvocati e dopodomani premi Nobel – non fa di te un padreterno, posto che non sai che cognizioni ed esperienze io abbia. Non essendo un avvocato, non tengo il computo di sentenze di Cassazione o quant’altro. Ma ho scritto decine e decine di comunicati stampa con annessi virgolettati, molti dei quali di una certa delicatezza, che ho dovuto vagliare non solo in rapporto al codice, ma anche alle disposizioni Consob.
Troppo spesso voi avvocati vi attorcigliate verbosamente su questo o quel disposto, perdendo di vista il punto per il quale vi si consulta. Almeno, questa è la mia esperienza. E ti assicuro che, nel consultarmi con loro (alcuni dei quali molto noti), ho faticato non poco per ricevere una risposta pertinente al caso che sottoponevo. E con questo mi auguro che tu abbia sgombrato il campo dalla certezza di avere a che fare con persone molto sciocche con l’aria di aver capito tutto.
Qui non stiamo discutendo se il reato di diffamazione a mezzo stampa c’entri con la stampa, non credi? Non stiamo ragionando di fattispecie giuridiche. Il punto – almeno il mio – è che siccome si è adombrato che il giornalista in questione non fosse stato accurato sulla storia dello scrittore e che quindi potesse essere incorso nel reato di diffamazione perché tenuto a verificare tutto, ma proprio tutto ciò che gli veniva riferito, io nel commento 87 ho detto che egli è responsabile di aver riportato fedelmente il pensiero dell’intervistato attraverso il virgolettato. Fatti salvi i contenuti oggettivamente offensivi, tipo quelli a mio parere apparsi nella lettera. E questo credo che rientri in primis nella sua responsabilità professionale. Qui pensavo di averti dato una risposta sostanziale, prima che formale. In generale, se tu non svolgi accuratamente il tuo mestiere, prima di tutto rischi di perdere il lavoro o, come minimo, di vedere compromesse la tua credibilità e le tue possibilità di carriera.
Tu hai sostenuto che no, il giornalista era senz’altro passibile di accusa per diffamazione nel caso (cit. :“Non so se tu riesca a definire serio il lavoro di un giornalista che prende per buone accuse così basse e le riporta senza alcuna verifica, senza nemmeno dare la possibilità agli accusati di difendersi: io no.”). Sei partito già dal presupposto che si fosse in quell’ambito. Io no. Quindi è inutile che mi ricordi che le sentenze pertengono al reato di diffamazione eccetera. Qual era infine la questione: che il parente dello scrittore stesse realmente male o che egli avesse preso a pretesto quel fatto reale per rigettare le richieste della Torri?
Poi ti sei peritato di citare sentenze che in sostanza attestavano l’esenzione da responsabilità dell’intervistatore per le dichiarazioni rese dall’intervistato. E quella del dicembre dà pure definizione di verità nella fattispecie: “La verità che deve sussistere è “(oggettiva o anche soltanto putativa, purché l’intervista sia stata raccolta in modo serio e diligente) circa il fatto che nelle circostanze di tempo e di luogo indicate dal giornalista il soggetto intervistato ha effettivamente esposto le affermazioni in questione”. A me è parsa chiara. Ora, se questa sia minoritaria o meno, non lo so. Ma il fatto che tu l’abbia citata presumerei che sia autorevole.
Quanto al testo da te successivamente riportato, che presenta le premesse “Nel caso di intervista a contenuto oggettivamente diffamatorio” (siamo in quel caso?), direi che ci sono ampiamente gli estremi perché le circostanze lasciassero “ragionevolmente presupporre la veridicità delle dichiarazioni rese”.
Quanto infine alla tua conclusiva asserzione sul limite della verità, ove mi starei avventurando, mi spiace, ma nella fattispecie, seppur sgradevole, Lorenzetto ha risposto.
PS: non so usare il grassetto nei commenti e detesto l’uso delle maiuscole.
Direi che dici schiocchezze anche se fossi Franzo Grande Stevens, non mi interessa quali esperienze tu abbia avuto, leggo quello che scrivi qui. E, nota bene, non ho affatto detto che sei sciocca, ma che dici sciocchezze. Così come spero che tu non stessi dicendo che sono vile e scorretto
E ora veniamo ai contenuti.
1) «Qui non stiamo discutendo se il reato di diffamazione a mezzo stampa c’entri con la stampa, non credi?» (Virginia, commento 145). «E poi si cita la giurisprudenza sul reato di diffamazione a mezzo stampa che non c’entra un cavolo coll’eventuale decalogo del bravo intervistatore sancito dalla legge.» (Virginia, commento 96). Ti rendi conto della contraddizione? Ecco.
2) «Tu hai sostenuto che no, il giornalista era senz’altro passibile di accusa per diffamazione nel caso […] Sei partito già dal presupposto che si fosse in quell’ambito.» (Virginia, commento 145). Ma quando l’avrei detto? Non mi attribuire cose che non ho detto. Io non sono partito da questo presupposto e anzi mi ero nemmeno posto il problema riguardo a Lorenzetto: se leggi bene il mio commento 58, vedi che ho parlato della sua serietà ma non ho mai, proprio mai, detto che fosse passibile di accusa per diffamazione. Della responsabilità giuridica “dei giornalisti” (non ho affatto parlato di Lorenzetto), così come di quella “etica”, io ho parlato per rispondere ad Angelo, che diceva che basta riportare fedelmente le parole dell’intervistato per essere immuni da critiche (o da crucifige).
3) Se rispondi a me, te lo dico ancora, devi basarti su quello che dico io. Io non mi sono mai sognato di dire che il giornalista è tenuto a verificare tutto, ma proprio tutto ciò che gli viene riferito: ho detto – e ripeto – che deve operare un vaglio sulle dichiarazioni dell’intervistato in modo da valutarne la veridicità, alla luce ad esempio dell’autorevolezza della persona intervistata e delle «ulteriori circostanze del caso». Non ho ancora capito perché queste “mie teorie” sarebbero smentite dalle sentenze che ho citato, meno che mai dalle S.U. le quali proprio dicono che «al giornalista stesso incombe pur sempre il dovere di controllare veridicità delle circostanze e continenza delle espressioni riferite». Il che non significa mettere automaticamente in dubbio tutto ciò che l’intervistato dice, ma nemmeno sentirsi dispensati da qualsiasi responsabilità per il semplice fatto di aver riportato fedelmente un virgolettato. E qui non sto a dilungarmi sul significato che dottrina e giurisprudenza attribuiscono all’espressione «purché l’intervista sia stata raccolta in modo serio e diligente», diciamo che al riguardo posso richiamare il commento 118 di Paolo Madeddu.
4) Sul limite della verità io, lo ripeto ancora, non ho mai detto che Lorenzetto ha diffamato o che ha scritto cose diffamatorie. Credo che abbia accostato affermazioni e dati in modo volutamente suggestivo, malizioso e scorretto. Credo che non si sia comportato come una persona e un giornalista serio. Ma questo non c’entra, io rispondevo ai tuoi esempi e ti spiegavo che il limite della verità non deve essere sempre invocato sempre e per qualsiasi parola venga stampata, ma solo allorquando qualcuno vi sia l’accuso di aver diffamato, ecco perché i tuoi esempi erano fuori bersaglio.
Veniamo al punto. Non essendo io avvocato, Franzo Grande te lo rimbalzo serenamente. E siccome ti sei premurato di precisare di non avermi dato della sciocca, ti rimembro il precedente: “non mi sembreresti proprio in grado di capire queste cose”. E poi ti faccio notare che tu hai tenuto a precisare di essere un avvocato eccetera e io ti ho risposto in merito. Capisco che tu abbia pensato di assestare un colpo mortale dicendo di essere avvocato. Però, siccome la tua precisazione ha sortito pochi effetti, facciamo conto che ognuno di noi si basi solo su ciò che si scrive qui.
È evidente che non condividiamo il concetto di contenuti.
1. Non copincollo un bel niente. Se uno dice che c’è giurisprudenza sul comportamento di un intervistatore professionista, mi sono chiesta – ironicamente – se esistesse un decalogo ad hoc, sancito dalla legge. Qualcosa che disciplinasse il tutto, al di fuori della deontologia professionale, insomma. E uno tira fuori le delibere di Cassazione sul reato di diffamazione.
2. Certo. Però il post parla di Lorenzetto e non di Marco Travaglio. Vedi che la serietà di un giornalista è un concetto che non puoi dirimere giuridicamente. Se tu fai un elenco di giurisprudenze sul reato di diffamazione senza esporre un tuo pensiero personale onesto, sono io che ti chiedo di rispondere alle mie domande.
3. “Io non mi sono mai sognato di dire che il giornalista è tenuto a verificare tutto, ma proprio tutto ciò che gli viene riferito”, ecc. Ah no? Lasciamo perdere. Resta sul punto e molla la dottrina. Se sei avvocato dovresti sapere che questa va pure interpretata. Che cavolo vuoi dire, in sostanza, in soldoni o quello che ti pare, sul tema? Se la questione è che Lorenzetto non sia un giornalista serio, potevi risparmiarti i riferimenti alla Cassazione, che, per quanto tu riporti ulteriori minutaglie, la sostanza è, date le premesse stracitate, l’esenzione da responsabilità dell’intervistatore. Arrivi persino a citare il Madeddu, come se fosse un testo da opporre in un dibattimento ….
4. Bene. Ora ti discosti dalla diffamazione, ma: “Credo che non si sia comportato come una persona e un giornalista serio”. Questa è una tua opinione che vale tanto quanto la mia, ma come pure, alla peggio, quella di chi copincolla. Oppure, mediamente, come quella di chi, pur essendo avvocato, manifesta orientamenti politici. Peraltro legittimi.
Quindi, per quanto mi stia divertendo in questo scambio, ti pregherei di non tediarmi ulteriormente con le tue lezioni di legge.
Virginia, io non sarò intitolato, ma tu stai veramente a spaccare il capello per una sciocchezza. Bastava un po’ di buon senso.
C’è un virgolettato con accuse gravi? Si controlla.
Altrimenti poi nascono casini, come questo.
Il problema è che certi giornali sui casini ci campano, è vero pure questo.
Niente Virginia.
Avevo detto che se dovessi giudicarti solo da quello che leggo qui, non mi sembreresti proprio in grado di capire queste cose, ma ora dico che se dovessi giudicarti solo da quello che leggo qui, non mi sembreresti proprio in grado di capire un bel po’ di cose.
Per cui lascio perdere.
Continuate, vi prego!