Con Sandro Veronesi questa vita e pure quell’altra

Antefatto: una giornalista, Maria Grazia Torri, fa una cosa originalissima di questi tempi: scrive un libro su Cogne. In genere si occupa d’arte, quindi non si capisce chi gliel’abbia fatto fare di cimentarsi, pure lei, nella cronaca di un fatto di cui conosciamo inutili dettagli sufficienti per questa vita e pure per un’altra di riserva. Un giorno incontra presso il Fatebenefratelli di Milano un neurochirurgo, Giovanni Migliaccio, che le espone una tesi – questa sì – piuttosto originale: Samuele Lorenzi sarebbe morto “a causa di una violenta emorragia cerebrale, a seguito di un aneurisma e/o di una malformazione vascolare congenita che ha successivamente innescato una crisi epilettica”. Cedimento strutturale, in pratica.

Ora: quanto questa tesi sia bislacca (o quanto Annamaria Franzoni sia colpevole, innocente, meriti le fiamme dell’inferno o un giorno sul calendario in quanto martire), l’abbiamo già detto, a noi interessa poco. Sta di fatto che la Torri si mette al computer e butta giù 362 pagine in cui espone la tesi di Migliaccio, corredata da presunti dati scientifici, ipotesi e congetture a supporto dell’assunto secondo il quale “niente è più ingannevole di un fatto ovvio”. Per quanto ce ne frega potrebbe pure avere ragione: io, per dire, non sono fruttariano e non vado a rompere le palle ai fruttariani solo perché sono convinti che, per ragioni “biocentriche”, si debbano mangiare solo frutti da semi.

E nemmeno rimango stupito del fatto che a Maria Grazia Torri sia venuta la fregola di scrivere un libro su un fatto di cronaca nera: tutti, in fondo, hanno un libro nel cassetto, e la prova che il mondo in cui viviamo potrebbe essere perfino peggiore sta nel fatto che, fortunatamente, la maggior parte degli scrittori in erba non riescono nemmeno a raggiungere lo status di “esordienti” e rimangono lì, a fare (magari pure bene) i carpentieri, i maestri, i cartolai.

Certo, c’è chi non la prende bene, e la Torri è una di questi: imbusta le sue 362 pagine, le invia un po’ a chiunque abbia un nome nel campo dell’editoria, ottiene nel peggiore dei casi un “no” più o meno cortese, e non riesce a spiegarsi perché le librerie non espongano già i cartonati della sua sagoma.

Primo destinatario: Carlo Lucarelli. Dice Maria Grazia Torri: “ha letto la prima bozza del libro, l’ha definito molto interessante, ma al dunque s’è tirato indietro”.

Secondo destinatario, Tiziano Scarpa: “lo credevo un amico: già una volta aveva scambiato la mia rasatura da chemioterapia per un taglio di capelli all’ultima moda; ha fatto lo stesso col caso Cogne: non sapendo nulla di aneurismi cerebrali infantili ha dato il mio libro all’Einaudi ma, invece di appoggiarlo, l’ha stroncato con una scheda in cui demoliva le mie teorie mediche e paragonava i neochirurghi da me interpellati a giullari fantasiosi”.

Già, dimenticavo: Maria Grazia Torri è malata. Ha un tumore all’esofago che non promette nulla di buono.

Terzo destinatario, Andrea Pinketts: “altro bidone”. Seguono: Antonio Scurati (“mi ha risposto che avrebbe voluto far morire Bruno Vespa per interposto killer”); Sandro Veronesi (“ha accampato la scusa che aveva qualcuno malato in famiglia”); Daria Bignardi (“mi ha detto che per lei non era abbastanza ‘chic’ occuparsi di Cogne”).

La Torri, alla fine, riesce a farsi pubblicare il libro dall’editore Giraldi, eppure – qui riporto testuale lo stralcio di una recensione mediamente favorevole – “per qualche strana ragione non ha stimolato dibattito né ha colpito l’attenzione dei colleghi né dei media”.

Siamo a qualche giorno fa: il Giornale pubblica – firmata da Stefano Lorenzetto – un’intervista con la scrittrice, definita “in fin di vita dopo una solitaria battaglia per dimostrare l’innocenza di Annamaria Franzoni. Il passo chiave è, ovviamente, “dopo una solitaria battaglia”.

Lorenzetto scrive, a proposito del libro: “nessuno ne ha parlato, nessuno l’ha recensito, nelle librerie non lo espongono”. Non gli viene in mente che – per ipotesi – fosse brutto, scritto male, o poco interessante. Lorenzetto punta al complottone.

Succede a questo punto che qualcuno degli iniziali destinatari del pacco contenente il libro decida di rispondere per iscritto a Lorenzetto. Tiziano Scarpa, ad esempio, pubblica la scheda che consegnò a Einaudi sul lavoro della Torri; precisa che quello sul taglio dei capelli era “un commento affettuosamente sdrammatizzante” e puntualizza che “prima di elencare i comportamenti scorretti di vari intellettuali italiani, indicandoli di fatto come cause della malattia di Maria Grazia, sarebbe necessario almeno fare qualche riscontro”.

Chi invece proprio si incazza è lo scrittore Sandro Veronesi. Riporto testuale perché merita:

Caro Stefano Lorenzetto, a me dispiace molto della terribile malattia di Maria Grazia Torri, ma quella di mio padre, e cioè la ragione per cui negli ultimi sei mesi non ho potuto occuparmi quasi di nient’altro, incluso il libro di Maria Grazia Torri, non era da meno. Tant’è vero che mio padre è morto giovedì scorso. Lei dovrebbe stare più attento a sputare addosso alla gente, e a scrivere con quell’astio, anche se evidentemente è il suo stesso giornale che la incita. Né vale la giustificazione di aver riportato parole della Torri stessa, che nella sua condizione può ben essere perdonata: prima di scrivere una cosa schifosa come quella che ha scritto di me («ha accampato la scusa di avere qualcuno malato in famiglia»), avrebbe potuto anche informarsi, brutta testaccia di cazzo. Con il mio più profondo ribrezzo.

Nel frattempo, quel tumore che dicevamo non promettere nulla di buono, alla fine, non porta nulla di buono: Maria Grazia Torri, purtroppo, muore lo scorso 4 luglio.

Malgrado tutto, il carteggio tra Stefano Lorenzetto e Sandro Veronesi continua.

Risponde il primo, dalle colonne del Giornale: “Io sarò anche una brutta testaccia di c…, ma lei disonora la memoria di suo padre. Quando, fra qualche anno, ripenserà a quello che mi ha scritto, le auguro di provare vergogna: significherà che Maria Grazia Torri si sbagliava sul suo conto”.

Nel mentre, noi facciamo a capirci: chi è questo Stefano Lorenzetto? Basti come risposta l’introduzione al suo ultimo libro “Vita morte miracoli (prefazione di Giuliano Ferrara)” pubblicata sul sito personale:

Un oncologo di 48 anni, sposato e padre di tre figli in giovane età, è affetto da sclerosi laterale amiotrofica come Luca Coscioni, sa di essere condannato, ma non si batte per l’eutanasia: ogni mattina i malati di tumore lo aspettano in ospedale.

Un suo collega geriatra accudisce i pazienti in stato vegetativo permanente come Terry Schiavo, l’americana che fu lasciata morire di fame e di sete per ordine del giudice: su 69 ne ha visti 12 risvegliarsi.

Una ginecologa femminista ha praticato in un quarto di secolo dai 13.000 ai 23.000 aborti: ora è obiettrice di coscienza.

L’introduzione va avanti ma io mi fermo qui, perché a parte quel senso di vomito che ti prende in casi come questo, mi sembra sufficiente per stabilire con oggettività due cose. La prima è che Sandro Veronesi merita l’Oscar, il Nobel per la letteratura, la santità subito e le 14 vergini anche nel caso in cui fosse cattolico. La seconda è che se qui c’è qualcuno che si deve vergognare (di scrivere, di esistere, di mantenere pretestuosamente posizioni oscurantiste supportandole con la citazione di dati alla cazzo e fenomeni buoni per “Cronaca Vera”), quello è Stefano Lorenzetto. Un uomo che Giuliano Ferrara definisce “fratello” perché “non ha paura di pronunciare la parola ‘devozione’ e di piegarsi alla cosa che le corrisponde”. Che uno se la immagina pure, la scena: Lorenzetto, piegati e vedi un po’ a che cosa mi corrisponde questo”.

A sostegno della tesi del premio alla carriera conferito a Sandro Veronesi c’è una sua ultima replica a Lorenzetto che vale la pena riportare per intero:

No, lei non vive per sputare addosso a me. Lei sputa addosso alla sua professione, e infatti lavora per una testata per cui un qualsiasi giornalista integro non lavorerebbe nemmeno sotto tortura. Io sono semplicemente passato di lì quando, sfruttando una moribonda, le si è schiusa la meravigliosa possibilità di buttarmi un po’ di fango addosso. I giornalisti verificano. I cialtroni no. Lei non ha verificato. E per questo, per quanto mi riguarda, lei se ne andrà a farselo stroncare in culo per il resto dei suoi giorni. E quando starà per morire, come mio padre tre giorni fa, o come mia madre un anno fa, o come Maria Grazia Torri in questo momento, io pregherò Dio perché le conceda altri dieci minuti di vita, così che le stronchino il culo per altri dieci minuti. Venti, va’.

Tralascio il pezzo in cui Stefano Lorenzetto scodella lo scoop, accusando Veronesi di avere rilasciato un’intervista all’Ansa settimana prima dalla morte del padre e di essere comunque responsabile dell’aggravamento della malattia della Torri in quanto aveva sostenuto di “non avere potuto occuparsi d’altro che della salute del padre, nel corso degli ultimi sei mesi, mentre la Torri l’aveva contattato almeno un anno prima”. Quelli tra voi sprezzanti del pericolo possono comunque trovarlo a questo indirizzo.

E’ stato un racconto lungo, questo, e come tutti i racconti lunghi ha più di una morale.

La prima è che la pubblicazione di un proprio scritto non è un diritto sancito da alcuna convenzione o costituzione. Sembra ovvio, e invece pare necessario continuare a specificarlo: scardinate quel cazzo di cassetto, agguantate il libro per scrivere il quale avete impiegato gli anni migliori della vostra vita e dategli fuoco come neanche un pompiere di Fahrenheit 451. Oppure fate brillare il comò, direttamente. L’umanità tutta vi sarà grata per non averle proposto ulteriori fesserie da leggere.

La seconda è che – l’avrete capito tutti – Maria Grazia Torri è una vittima. Di sé e della propria ambizione di scrivere, soprattutto, ma anche di chi ne ha utilizzato la sua morte come mezzo per diffondere teorie retrive che sono passate di moda intorno all’autunno-inverno del basso medioevo. Spiace che sia morta, ma questo non ne fa una grande scrittrice, né avalla in alcun modo le tesi che tanto l’hanno affascinata.

La terza e più importante è che, porca puttana, un tumore è un tumore. Punto. Non si contrae a causa dell’indifferenza generale nei riguardi dei propri sogni, delle proprie aspirazioni, di quel che si vorrebbe essere e invece non si è. Un tumore è un tumore: una massa schifosa di malefiche cellule assassine che, proprio in quanto massa schifosa eccetera eccetera, il sabato mattina se ne fotte altamente dell’uscita in edicola di TuttoLibri, e ti ammazza senza alcun riguardo, che tu sia un grande scrittore oppure Federico Moccia.

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50 Commenti

  1. Secondo me, tutto il crucifige su Lorenzetto continua a reggersi sul nulla.

    Se io, giornalista, intervisto Luigi, e la persona mi dice “ho detto CIAO a Gianni”, io PRIMA di poter pubblicare questa dichiarazione in virgolettato devo verificare con Gianni se è vero che Luigi gli ha detto ciao?

    Provate, provate ad astrarvi dal caso specifico.

    Intervisti Veltroni, e Veltroni ti dice “ho chiamato Berlusconi e mi ha detto che quella sera giocava a canasta”.
    Voi pubblichereste questo virgolettato solo se Berlusconi vi conferma che è andata così?

  2. MJ, innanzitutto sei stata tu, di nuovo, a tirarmi in ballo. E visto che mi hai tirato in ballo citando quella frase lì, è ovvio che ti rispondessi su quella. E Guzzanti e Travaglio, in quella frase lì, secondo me c’entrano tantissimo.

    Poi, sentire da te accusare qualcuno di ‘proiettare ossessioni e parlare di “altri”‘, lo trovo, come dire, divertente…

  3. @Angelo: concordo, però il tono dell’articolo perorava la causa dello stress causato alla Torri dai mancati supporti.

    Quindi un minimo di verifica con i personaggi citati forse era il caso di farlo.

  4. Tra l’altro la ricostruzione del Neri mi sembra un po’ faziosa (mette nella penna di Lorenzetto frasi e virgolettati che non sono mai usciti dalla penna del Lorenzetto), oltre che disordinata nei tempi.
    Bastava mettere ciò che è stato realmente scritto dagli interessati:

    Intervista:
    http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=272474&START=0&2col=

    Le due risposte di Sandro Veronesi, lo scrittore, una in fila all’altra perchè scritte nel medesimo giorno, all’articolo del Lorenzetto:
    ——————————————————————-
    1)
    Caro Stefano Lorenzetto, a me dispiace molto della terribile malattia di Maria Grazia Torri, ma quella di mio padre, e cioè la ragione per cui negli ultimi sei mesi non ho potuto occuparmi quasi di nient’altro, incluso il libro di Maria Grazia Torri, non era da meno. Tant’è vero che mio padre è morto giovedì scorso. Lei dovrebbe stare più attento a sputare addosso alla gente, e a scrivere con quell’astio, anche se evidentemente è il suo stesso giornale che la incita. Né vale la giustificazione di aver riportato parole della Torri stessa, che nella sua condizione può ben essere perdonata: prima di scrivere una cosa schifosa come quella che ha scritto di me («ha accampato la scusa di avere qualcuno malato in famiglia»), avrebbe potuto anche informarsi, brutta testaccia di cazzo. Con il mio più profondo ribrezzo.

    2)
    No, lei non vive per sputare addosso a me. Lei sputa addosso alla sua professione, e infatti lavora per una testata per cui un qualsiasi giornalista integro non lavorerebbe nemmeno sotto tortura. Io sono semplicemente passato di lì quando, sfruttando una moribonda, le si è schiusa la meravigliosa possibilità di buttarmi un po’ di fango addosso. I giornalisti verificano. I cialtroni no. Lei non ha verificato. E per questo, per quanto mi riguarda, lei se ne andrà a farselo stroncare in culo per il resto dei suoi giorni. E quando starà per morire, come mio padre tre giorni fa, o come mia madre un anno fa, o come Maria Grazia Torri in questo momento, io pregherò Dio perché le conceda altri dieci minuti di vita, così che le stronchino il culo per altri dieci minuti. Venti, va’.
    —————————————————————-

    La e-mail scritta qualche giorno dopo dal regista Giovanni Veronesi, fratello dello scrittore Sandro Veronesi, a Lorenzetto:

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    «Vede signor lorenzetto io mi chiamo Giovanni veronesi e sono profondamente arrabbiato con lei. Non perché ha scritto quella enorme cazzata su mio fratello perché un errore da un demente ci può stare ma perché, una volta che ne ha avuto la possibilità, non ha chiesto scusa. anche se mio fratello l’ha giustamente aggredita con parole poco piacevoli, lei aveva il dovere di scusarsi per una simile gaffe. E ora veniamo a noi, brutta faccia di merda. Tu spera solo di non incontrarmi mai, nemmeno per errore, neanche tra vent’anni, perché uno sputo in faccia non te lo toglie nessuno. Sul tuo sito c’è la foto della tua bella faccia da stronzo e da lì si capisce già di che cazzo d’uomo stiamo parlando, comunque il mio consiglio è il seguente: chiedere scusa sei ancora in tempo per farci fare una brutta figura a noi fratelli che siamo stati veramente volgari ma data la situazione anche tu, che sei un idiota, capirai. Arrivederci allo sputo in faccia»
    ——————————————————————

    La replica di Lorenzetto:
    http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=273535&START=0&2col=

  5. Chiedo venia, le due risposte del Veronesi scrittore sono separate dalla prima replica del Lorenzetto.

  6. Angelo, lo so che sembra folle, ma in altri Paesi dove esiste il giornalismo si fa appunto così.

  7. Angelo, non è esattamente come dici. Il c.d. limite della verità, cui sono tenuti i giornalisti, non viene soddisfatto semplicemente riportando in modo fedele le dichiarazioni rilasciate, ma anche operando un vaglio su tali dichiarazioni in modo da valutarne la veridicità, alla luce ad esempio dell’autorevolezza della persona intervistata e delle «ulteriori circostanze del caso». Non so se tu riesca a definire serio il lavoro di un giornalista che prende per buone accuse così basse e le riporta senza alcuna verifica, senza nemmeno dare la possibilità agli accusati di difendersi: io no. E valuto ancor meno serio il comportamento di un giornalista che, accortosi della figuraccia, anziché scusarsi decide di giocare al rialzo, tirando in ballo nella sua sciocca polemichetta la morte di altre persone.

    Quindi nessun crucifige, ma nemmeno il “reggersi sul nulla” di cui parli tu.

  8. Angelo: sì, dovresti farlo, o per lo meno dovresti preoccuparti se quello che ti sta dicendo l’intervistato rientra o meno nella diffamazione. In questi casi il giornalista dovrebbe far capire che prende le distanze da ciò che il suo intervistato sta dicendo. Un banale: “è sicuro di quello che dice? se ne assume la responsabilità?”.

  9. Murmur, era una battuta. E’ apparsa Virgina e poi di solito spunti tu a sparare le tue sentenze. E l’ho scritto. Però, sì, ti ritengo piuttosto indicativo di un modo di pensare. Secondo me , tra qualche anno i tuoi commenti potrebbero essere oggetto di studio, sotto la voce:” Come è potuto accadere”?

    P.S Inutile che insisti. I due non c’entrano proprio niente. Qui, sotto questo post, non c’entrano niente.

  10. Va bene dai, “era una battuta”.

    Anch’io ti ritengo, insieme a molti altri qui, indicativa di un modo di pensare.
    Che, come unico risultato, ha quello di avervi fatto rodere il fegato per 15 anni, e promette di farvelo rodere per altri 15. Ma non sono responsabile della vostra salute psicosomatica.

  11. Che poi dai, non sei stupida, lo sai bene che nei commenti al post il discorso è immediatamente scivolato (anche da parte tua) verso i lettori-elettori e tutta la solita solfa dei coglioni che voterebbero Berlusconi. ho solo allargato appena un pò il discorso.

  12. Murmur, dai, sai fare di più e meglio che l’andare a ruota.

    ” Sei indicativo di un certo modo di pensare ”
    ” e pure tu lo sei, gnègnè”.

    IL fatto è che il mio ” scivolare verso un certo tipo di discorso deriva proprio dal post. Mi piacerebbe pensare che gli elettori de IL Giornale ( che non mi risultano siano di sinistra, per cui abbi pazienza, dovrò dire lettori più o meno ascrivibili alla destra ), ecco, mi piacerebbe pensare che ci siano state lettere indignate oppure perplesse al Direttore. Non so, un segno di vitalità. Ti risulta? Così come non mi risulta che ci siano state rimproveri o critiche verso lo ” scoop” di Libero. Forse una letterina o due, giusto per.
    Insomma, se non vuole essere definito ” co*****one” l’elettore-lettore di destra potrebbe pure mostrarsi meno tale.

    E’ che non è la sinistra che vi ” disegna così ” no , sembrate proprio così.

  13. Hai ragione, siamo persi nel torto, siamo brutti sporchi e cattivi. Siamo la peggio Italia, non degni di voialtri.

  14. Anche buttarla sull’esagerazione e sul grottesco è uno dei tanti metodi per eludere le questioni e tipiche di un certo modo di fare, Murmur.

  15. bellissimo post..da qui la domanda:xchè Neri scrive così poco su macchianera?

  16. Il fatto è che non si può scrivere un post tipo “famo squadra” e con qualche slogan, oltre ad una ricostruzione della storia un po’ diciamo reindirizzata. Per fortuna ci sono i riferimenti all’originale, seppure con l’allusione che bisogna aver lo stomaco …
    A me non frega nulla di Lorenzetto, forse l’avrò letto 2 volte in vita mia. Quando ho letto l’intervista e la reazione successiva di Veronesi (che peraltro non è niente male …:-)), sono rimasta stupita dalla sua gratuita maleducazione e ho trovato persino ridicola quella successiva di suo fratello (che a quel punto poteva pure chiamarsi Carlo Vanzina). Se poi “sfruculi” un giornalista più di tanto, quello, se ha un minimo di mezzi e ragione, ti bastona. Come poi ha fatto Lorenzetto.
    A me ora fanno ridere i puristi della correttezza giornalistica. Un virgolettato è una dichiarazione sotto responsabilità del dichiarante. Pensa te se uno che intervista un altro riportando le sue risposte debba andare a verificarle tutte. Diffamazione? Distanze da ciò che il suo intervistato sta dicendo? Comprensione della reazione di Veronesi perché gli è morto il padre e quasi derisione della Torri, morta anche lei?
    Provate a cambiare i personaggi di questa storia e vedrete come i neo-puristi dell’intervista si dilegueranno in un secondo credendo a tutto sulla parola. In nome di satira, libertà e il solito quant’altro.

    PS: le analisi sul DNA del paese hanno stremato come nemmeno la corazzata Potemkin. Fatevene una ragione. Cominciate anche a contemplare la possibilità che anche voi, – un pochino, in fondo come tutti, chi più chi meno – siete sfigati.

  17. Dimenticavo di aggiungere che certo modo di fare è proprio uguale a quello di Lorenzetto. Viene paro paro da certi giornali, certi giornalisti. Letto, e mutuato da certi lettori e commentatori che però negano, fortissimamente negano che ci sia questa influenza. Nel momento stesso in cui ne fanno sfoggio.

  18. Virginia, la tua perentoria definizione di virgolettato te la sei inventata un po’ così, di’ la verità. Di quale responsabilità parli, giuridica, morale, o che cosa? No, perché se parli di quella giuridica ti sbagli, almeno secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente.

    Quanto alla quasi derisione della Torri, sei sicura? Cioè, se uno si prova a ipotizzare che il suo libro semplicemente potesse essere poco interessante o scritto male è quasi derisione?

  19. “Pensa te se uno che intervista un altro riportando le sue risposte debba andare a verificarle tutte.”

    Ma infatti, pensa te.
    Virginia, Italia, 2008.

  20. Leo, in quale paese che non sia “Italia 2008” i giornalisti verificherebbero tutte le risposte dell’intervistato *che riportano in virgolettato*? Me lo dici, per cortesia?

    Il virgolettato riporta in maniera testuale le risposte dell’intervistato, punto. A me, sinceramente, non frega nulla che il giornalista mi vada a verificare se tutto quello che dice l’intervistato è vero: a me interessa che mi riporti fedelmente quel che l’intervistato dice, questo si’!

    Allora anche le interviste televisive dovrebbero subire lo stesso trattamento, giusto? Prima di essere trasmesse bisognerebbe andare a verificare OGNI risposta dell’intervistato?

  21. Fatemi capire:
    – Lorenzetto scrive un articolo senza verificarlo e facendo allusioni maliziose su azioni altrui, cioè comportandosi come la maggior parte dei giornalisti italiani;
    – Indignato perché tirato in causa, lo scrittore Veronesi non trova di meglio che ribattere definendolo “brutta testaccia di cazzo” prima e mandandolo “a farselo stroncare in culo per il resto dei suoi giorni” poi, in un chiaro guizzo di creatività letteraria;
    – Ma lo fa contro uno che lavora per il Giornale e ha scritto un libro “pro-life” con prefazione di Giuliano Ferrara, quindi per Neri e per la maggior parte dei commentatori va bene e Veronesi è un grande.

    Giusto? Se sì… siamo messi proprio bene!

  22. Paolo, tutto giusto tranne il primo punto.
    Non è Lorenzetto che fa allusioni maliziose, ma la sua intervistata che dichiara che il Veronesi ha “accampato una scusa”.
    Ecco, diciamo che tutta l’incazzatura del Veronesi, e del di lui fratello, è causata da quel verbo, “Accampare”, presente nella dichiarazione dell’intervistata.

  23. Ma infatti, ma perchè poi prendersela tanto con Lorenzetto. Lui ha SOLO riportato fedelemente le parole della Torri.
    Poi, oh, se nell’articolo che ha scritto non compaiono i nomi di Belpietro, Farina, Feltri, beh, sarà stato un errore del giornale.
    E non si insinui che non lo abbia fatto per una precisa scelta politica, per favore. Queste sono stupidaggini da sinistrorsi che hanno perso, poveri rosiconi, perepepè.

  24. Sì, Angelo, anche in tv.
    Se l’intervista è in differita, il controllo si fa prima.
    Se l’intervista è in diretta, il controllo si fa dopo.
    E poi c’è il diritto di replica.

    Ti sembra fantascienza, lo so, ma è semplicemente il Resto del mondo.

  25. Facciamo un giochetto :)
    Il Neri in questo post scrive:
    —————————————————————
    “Siamo a qualche giorno fa: il Giornale pubblica – firmata da Stefano Lorenzetto – un’intervista con la scrittrice, definita “in fin di vita dopo una solitaria battaglia per dimostrare l’innocenza di Annamaria Franzoni“. Il passo chiave è, ovviamente, “dopo una solitaria battaglia”.”
    ——————————————————————

    In questo caso il Neri compie una manipolazione bella e buona.
    Nell’intervista di Lorenzetto, quella che ha mandato in bestia il Veronesi, tale passaggio non esiste.
    Quello che il Neri definisce il “passo chiave”, semplicemente non c’è.
    Quella frase il Lorenzetto la scrive solo dopo aver ricevuto la prima risposta del Veronesi, solo dopo essersi preso della “testaccia di cazzo”, e poco prima di essere mandato a fare in culo.
    Nell’intervista originaria, tra l’altro, il Lorenzetto non accosta assolutamente il rifiuto dei vari intellettuali alla malattia della scrittrice, come sembrerebbe da questo post.

    Scrive anzi:
    ————————————————————–
    Maria Grazia Torri ha fatto di più: sta dando la vita per una persona che non è sua amica, che non conosce, che non ha mai incontrato, che non le ha mai rivolto la parola, che non le ha scritto neppure una cartolina. È una donna rinchiusa nel carcere bolognese della Dozza. Si chiama Annamaria Franzoni.
    —————————————————————-

    Ora, se qualcuno qui ha trovato giusto che al Lorenzetto fosse augurato di finire i suoi giorni sodomizzato a sangue, se i guardiani della deontologia giornalistica trovano adeguato che al Lorenzetto venga sputato in faccia, mi chiedo: cosa sarebbe giusto augurare al Neri?
    :)

  26. Come sempre MJ ci delizia con una puttanata delle sue: “verificate gente, verificate”, ammonisce. E poi spiega che Lorenzetto non ha riportato le accuse della Torri a Belpietro e Feltri.
    Cosa ne sai, Mj, che nell’intervista la Torri quelle accuse le ha rinnovate? Dove hai verificato questa notizia? Hai per caso letto nella mente del cadavere della Torri?

    * * *

    Continua ad essere poco chiaro il presunto errore di Lorenzetto. I fatti raccontati dalla Torri – mi sono rivolta a vari personaggi senza esito – sono veri (anche se, ripeto: poteva dire qualunque cosa, pure che Biagi è stato cacciato, che l’intervista deve riportare quelle parole e stop).
    Se la Torri riteneva che Veronesi si nascose dietro la malattia del padre per non occuparsi del suo libro, questa è un’opinione e non va verificata.
    E anzi, se davvero Lorenzetto avesse voluto ordire questo complotto (ovvio, con l’aiuto della CIA e dei servizi deviati) ai danni dei Veronesi, egli avrebbe potuto (dovuto) fin da subito avvalorare l’idea della Torri raccontando che, nel mentre che il padre PURTROPPO (parola che Neri può scrivere ma Facci no. Vediamo se a me è concesso…) si andava spegnendo, il figlio faceva e diceva di tutto e di più. Ma non l’ha fatto.
    Tutto vero, quindi. Qual è il problema?

  27. Fiandri, perentoria definizione di virgolettato? Per me se uno mette le virgolette vuol dire che riproduce letteralmente una dichiarazione altrui. Sino a smentita degli altri il cui pensiero è stato virgolettato. È quindi responsabile di aver riportato correttamente le sue dichiarazioni. A quello serve il virgolettato. Però ti prego, anche Leo, spiegatemi qual è la “giurisprudenza assolutamente prevalente” in merito.
    Commento 80: “Lorenzetto scrive un articolo senza verificarlo e facendo allusioni maliziose su azioni altrui, cioè comportandosi come la maggior parte dei giornalisti italiani”. Questo genio pieno di prosopopea ha fatto la sintesi senza aver letto un cavolo.
    O ma l’avete letta l’intervista piuttosto che gettarvi a zerbino sull’analisi socio demografica degli orientamenti politici del Paese e tutte le solite baggianate? “Idem Sandro Veronesi, altro scrittore di grido: ha accampato la scusa che aveva qualcuno malato in famiglia”. Cioè, nel pezzo non è Lorenzetto che millanta senza verificare. Quanto alla baggianata tanto per dire che non si parla di Belpietro, Farina, ecc., la Torri dice: «Ho perso il conto dei direttori di giornale, dal Corriere della Sera in giù, alle cui porte ho bussato invano”.
    Ma il punto (toc-toc…) non è questo e tutte le solite minchiate sul Paese. A me sembra evidente che il libro c’entri poco e che non sia necessario il cucchiaino per comprendere che una persona gravemente malata abbia poco interesse alla sua pubblicazione, mentre ne abbia molto di più per la diffusione di una storia in cui crede quasi irrazionalmente, plausibile o meno che sia. E che però, che cazzo, Veronesi s’è offeso e quello scrive per il Giornale. Fanculo il resto, 2008, che brutto Paese, facciamoci un girotondo.

  28. Ah ecco Virginia, per te. Mi confermi che questa perentoria definizione te la sei inventata in po’ così, basta intendersi.

    Quanto alla giurisprudenza assolutamente prevalente, fra le tante, CASS. SEZIONI UNITE 16 ottobre 2001, n. 37140, in Dir. informatica 2001, 827; CASS. 15 dicembre 2004, n. 23366, in banca dati La Legge, Ipsoa, n. 3/2008; CASS. 9 luglio 2004, n. 37435, in Dir. e giustizia 2004, fasc. 36, 36; CASS. 17 febbraio 1995, n. 1618, in banca dati La Legge, Ipsoa, n. 3/2008.

    A titolo di esempio, la citata sentenza delle S.U. dice che «In tema di diffamazione a mezzo stampa, la condotta del giornalista che, pubblicando il testo di un’intervista, vi riporti, anche se “alla lettera”, dichiarazioni del soggetto intervistato di contenuto oggettivamente lesivo dell’altrui reputazione, non è scriminata dall’esercizio del diritto di cronaca, in quanto al giornalista stesso incombe pur sempre il dovere di controllare veridicità delle circostanze e continenza delle espressioni riferite. Tuttavia, essa è da ritenere penalmente lecita, quando il fatto in sé dell’intervista, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti, alla materia in discussione e al più generale contesto in cui le dichiarazioni sono rese, presenti profili di interesse pubblico all’informazione tali da prevalere sulla posizione soggettiva del singolo e da giustificare l’esercizio del diritto di cronaca, l’individuazione dei cui presupposti è riservata alla valutazione del giudice di merito che, se sorretta da adeguata e logica motivazione sfugge al sindacato di legittimità.»

    Ora che te l’ho spiegato qual è la giurisprudenza assolutamente prevalente, secondo me, o dovresti dimostrarmi che non è assolutamente prevalente, oppure dovresti essere un po’ meno arrogante. Ma, sempre secondo me, non avverrà niente di tutto questo.

  29. Lorenzo, c’è solo il piccolo particolare che nel link dell’ amica Agnese Pozzi c’è il testo dell’email che la Torri ha inviato a diversi soggetti. Tra questi, IlGiornale. In questa email lei fa il nome appunto di Belpietro, etc…E secondo me è stata da quell’email che è nata l’intervista.
    Certo, è possibile che Lorenzetto, così ansioso di perorare la causa della Torri , non ne sapesse niente. Così come è possibile che la Torri non abbia detto quei nomi nell’intervista. Così come è possibile che il Lorenzetto si sia semplicemente basato solo sulle parole della Torri e non abbia fatto nemmeno un riscontro, non abbia chiesto in giro , nemmeno agli editori e nemmeno una ricerchina sul blog. Quanto questo vada a favore della sua professionalità lo lascio alla tua capacità di analisi. Fai tu.

    Apelle, non accosta direttamente la causa della malattia al rifiuto degli scrittori. Ma mette tutto insieme in modo un po’ tendenzioso. Le chiede espressamente se il suo aggravamento dipende dalla battaglia e all’inizio scrive che la Torri ha sbattuto contro il rifiuto degli scrittori.

  30. No. Non hai spiegato nulla. Perché non si copincollano giurisprudenze a caso se non le sai collegare al fatto di cui si sta parlando, ma soprattutto se non le si interpretano. “In tema di diffamazione a mezzo stampa”, “contenuto oggettivamente lesivo dell’altrui reputazione”
    Come la mettiamo con le risposte dei Veronesi, giurisprudenzialmente parlando?
    E che tu sia in malafede è provato dal fatto che hai assentito al commento 80 (allusioni maliziose).

  31. Virginia, al commento 80 ho assentito in un tentativo di sarcasmo che – evidentemente – non è andato a segno. Per il resto, immaginavo che non avresti riconosciuto la tua figuraccia, pazienza.

  32. Virginia, ma la tua è mancanza di ironia in fase terminale? Dev’essere brutto. Sarà colpa di qualcuno che ha rifiutato di pubblicarti qualcosa?

  33. In pratica, cara MJ, mi stai confermando che non hai verificato affatto se la Torri abbia fatto i nomi di Belpietro, Feltri, Santoro o Biscardi nel corso dell’intervista con Lorenzetto. Però lo hai scritto.
    Proprio quello che ho detto. Grazie.

  34. Virginia, le risposte dei Veronesi sono turpiloquio, e come tali probabilmente passibili di denuncia. Però, sai cosa c’è? C’è che non si parlava di questo. Perlomeno, non ne parlavo io.

    Io parlavo dell’obbligo di verificare i virgolettati.
    Tu mi hai detto: citami la giurisprudenza.
    Un’altra persona (che ringrazio) te l’ha citata.
    Tu hai cercato di cambiare argomento.

    Ma non è colpa tua: siamo in Italia, cresci respirando merda e sei convinta sia aria buona.

  35. Lorenzo, peccato ancora che invece io non mi riferissi ( soltanto ) all’intevista.

    No, poi uno dice.

  36. Io non ho affatto cambiato argomento. Si parla di virgolettati? Bene.
    Tu sostieni che un intervistatore deve verificare tutti i virgolettati riportati dalla sua intervista. Non già per l’accuratezza nel riportare correttamente ciò che è detto dall’intervistato, ma anche per il cosiddetto fatto del terzo.
    Tipo non so. Se uno racconta di aver avuto alle elementari una maestra con gli occhiali (cosa che viene riportata con un virgolettato), il giornalista deve andare a verificare se sia vero, perché altrimenti può saltar fuori una maestra senza occhiali che s’incavola come una bestia …
    E poi si cita la giurisprudenza sul reato di diffamazione a mezzo stampa che non c’entra un cavolo coll’eventuale decalogo del bravo intervistatore sancito dalla legge.
    Dove sta qui il contenuto diffamatorio e oggettivamente lesivo dell’altrui reputazione? Sono le premesse che non esistono.

    La frase finale faccio finta di non averla letta perchè non se ne può più di queste puttanate.

  37. Vediamo un po’ se così capisci, Virginia:

    – 58: io ho detto che il giornalista, anche quando riporta una intervista, deve operare un vaglio sulle dichiarazioni in modo da valutarne la veridicità
    – 72: tu hai detto che ti fa ridere, perché il virgolettato è una dichiarazione sotto responsabilità del dichiarante;
    – 76: io ho detto che se parli di responsabilità giuridica ti sbagli, secondo la giurisprudenza prevalente, infatti anche il giornalista ha una responsabilità al riguardo;
    tu hai chiesto a me ed a Leo di spiegarti quale fosse la “giurisprudenza prevalente”;
    – 88: io ti ho portato alcune pronunce della S.C. che dicono che il giornalista, in tema di diffamazione a mezzo stampa, ha il dovere di controllare veridicità delle circostanze e continenza delle espressioni riferite;
    – 90, 96: tu dici che no, non va bene, perché nelle pronunce citate di parla di diffamazione a mezzo stampa e non c’entra un cavolo «coll’eventuale decalogo dell’intervistatore sancito dalla legge». Che non so che cosa sia ma forse lo sai tu.

    Ora. Con estrema calma. Io ti chiedo:

    dal momento che io parlavo di responsabilità giuridica, quali altre responsabilità giuridiche conosci, oltre a quella per diffamazione a mezzo stampa, riguardo al giornalista che pubblichi una intervista? Se ne conosci dimmelo, così capisco che che cosa parlavi, perché ti assicuro che io queste cose un pochino le pratico, ma il decalogo di cui parli non lo conosco proprio. In caso contrario, soddisfa il mio desiderio di allegria e spiegami bén per quale motivo le sentenze citate non riguarderebbero il tema di cui parliamo.

  38. Si prenda il commento di Angelo (52).

    “Se io, giornalista, intervisto Luigi, e la persona mi dice “ho detto CIAO a Gianni”, io PRIMA di poter pubblicare questa dichiarazione in virgolettato devo verificare con Gianni se è vero che Luigi gli ha detto ciao?”

    La risposta, da un punto di vista giuridico, è no. Il giornalista è tenuto a verificare solo quando la dichiarazione costituisca una diffamazione. In tutti gli altri casi la verifica è a sua discrezione.

    Con estrema calma, naturaliter.

  39. Credo che basta il buon senso per capire che questo era il caso in cui una dichiarazione può costituire una diffamazione.

    C’è forse una lieve, diciamo così, flessione nel buon senso del giornalista, che forse gli deriva dall’avere un ufficio legale a disposizione.

  40. Caro Fiandri, il giochino del recap bisogna saperlo fare, senza poi prendertela perché quelli non capiscono.
    Tu hai parlato di limite della verità riferendoti al lavoro di “un giornalista che prende per buone accuse così basse”. Già qui adombrando l’esistenza di un reato. E riporto qui la frase contenente le accuse basse, pronunciata dalla Torri: “Idem Sandro Veronesi, altro scrittore di grido: ha accampato la scusa che aveva qualcuno malato in famiglia”.
    Io ho risposto che i puristi dell’intervista mi fanno un po’ ridere quando fanno le pulci a intermittenza e a chi pare a loro. E che se gli attori della vicenda fossero stati altri, questi puristi si sarebbero bevuti tutto in nome della libertà di stampa, ecc.
    Tu e Leo avete detto che chiunque intervisti e riporti dei virgolettati è tenuto a verificare la qualsiasi per legge.
    E qual è questa legge, chiedo io, il decalogo del bravo giornalista (ironia)?
    Risposta: no, ai fini del reato di diffamazione a mezzo stampa, ecc.
    Domanda con annesso esempiuccio della maestra delle elementari (ma va anche bene quello di Angelo): dove sono i presupposti per il reato di diffamazione e lesione oggettiva dell’altrui reputazione in questo caso?
    Risposta: non capisci, respiri merda.
    E’ un loop.

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