Antefatto: una giornalista, Maria Grazia Torri, fa una cosa originalissima di questi tempi: scrive un libro su Cogne. In genere si occupa d’arte, quindi non si capisce chi gliel’abbia fatto fare di cimentarsi, pure lei, nella cronaca di un fatto di cui conosciamo inutili dettagli sufficienti per questa vita e pure per un’altra di riserva. Un giorno incontra presso il Fatebenefratelli di Milano un neurochirurgo, Giovanni Migliaccio, che le espone una tesi – questa sì – piuttosto originale: Samuele Lorenzi sarebbe morto “a causa di una violenta emorragia cerebrale, a seguito di un aneurisma e/o di una malformazione vascolare congenita che ha successivamente innescato una crisi epilettica”. Cedimento strutturale, in pratica.
Ora: quanto questa tesi sia bislacca (o quanto Annamaria Franzoni sia colpevole, innocente, meriti le fiamme dell’inferno o un giorno sul calendario in quanto martire), l’abbiamo già detto, a noi interessa poco. Sta di fatto che la Torri si mette al computer e butta giù 362 pagine in cui espone la tesi di Migliaccio, corredata da presunti dati scientifici, ipotesi e congetture a supporto dell’assunto secondo il quale “niente è più ingannevole di un fatto ovvio”. Per quanto ce ne frega potrebbe pure avere ragione: io, per dire, non sono fruttariano e non vado a rompere le palle ai fruttariani solo perché sono convinti che, per ragioni “biocentriche”, si debbano mangiare solo frutti da semi.
E nemmeno rimango stupito del fatto che a Maria Grazia Torri sia venuta la fregola di scrivere un libro su un fatto di cronaca nera: tutti, in fondo, hanno un libro nel cassetto, e la prova che il mondo in cui viviamo potrebbe essere perfino peggiore sta nel fatto che, fortunatamente, la maggior parte degli scrittori in erba non riescono nemmeno a raggiungere lo status di “esordienti” e rimangono lì, a fare (magari pure bene) i carpentieri, i maestri, i cartolai.
Certo, c’è chi non la prende bene, e la Torri è una di questi: imbusta le sue 362 pagine, le invia un po’ a chiunque abbia un nome nel campo dell’editoria, ottiene nel peggiore dei casi un “no” più o meno cortese, e non riesce a spiegarsi perché le librerie non espongano già i cartonati della sua sagoma.
Primo destinatario: Carlo Lucarelli. Dice Maria Grazia Torri: “ha letto la prima bozza del libro, l’ha definito molto interessante, ma al dunque s’è tirato indietro”.
Secondo destinatario, Tiziano Scarpa: “lo credevo un amico: già una volta aveva scambiato la mia rasatura da chemioterapia per un taglio di capelli all’ultima moda; ha fatto lo stesso col caso Cogne: non sapendo nulla di aneurismi cerebrali infantili ha dato il mio libro all’Einaudi ma, invece di appoggiarlo, l’ha stroncato con una scheda in cui demoliva le mie teorie mediche e paragonava i neochirurghi da me interpellati a giullari fantasiosi”.
Già, dimenticavo: Maria Grazia Torri è malata. Ha un tumore all’esofago che non promette nulla di buono.
Terzo destinatario, Andrea Pinketts: “altro bidone”. Seguono: Antonio Scurati (“mi ha risposto che avrebbe voluto far morire Bruno Vespa per interposto killer”); Sandro Veronesi (“ha accampato la scusa che aveva qualcuno malato in famiglia”); Daria Bignardi (“mi ha detto che per lei non era abbastanza ‘chic’ occuparsi di Cogne”).
La Torri, alla fine, riesce a farsi pubblicare il libro dall’editore Giraldi, eppure – qui riporto testuale lo stralcio di una recensione mediamente favorevole – “per qualche strana ragione non ha stimolato dibattito né ha colpito l’attenzione dei colleghi né dei media”.
Siamo a qualche giorno fa: il Giornale pubblica – firmata da Stefano Lorenzetto – un’intervista con la scrittrice, definita “in fin di vita dopo una solitaria battaglia per dimostrare l’innocenza di Annamaria Franzoni“. Il passo chiave è, ovviamente, “dopo una solitaria battaglia”.
Lorenzetto scrive, a proposito del libro: “nessuno ne ha parlato, nessuno l’ha recensito, nelle librerie non lo espongono”. Non gli viene in mente che – per ipotesi – fosse brutto, scritto male, o poco interessante. Lorenzetto punta al complottone.
Succede a questo punto che qualcuno degli iniziali destinatari del pacco contenente il libro decida di rispondere per iscritto a Lorenzetto. Tiziano Scarpa, ad esempio, pubblica la scheda che consegnò a Einaudi sul lavoro della Torri; precisa che quello sul taglio dei capelli era “un commento affettuosamente sdrammatizzante” e puntualizza che “prima di elencare i comportamenti scorretti di vari intellettuali italiani, indicandoli di fatto come cause della malattia di Maria Grazia, sarebbe necessario almeno fare qualche riscontro”.
Chi invece proprio si incazza è lo scrittore Sandro Veronesi. Riporto testuale perché merita:
Caro Stefano Lorenzetto, a me dispiace molto della terribile malattia di Maria Grazia Torri, ma quella di mio padre, e cioè la ragione per cui negli ultimi sei mesi non ho potuto occuparmi quasi di nient’altro, incluso il libro di Maria Grazia Torri, non era da meno. Tant’è vero che mio padre è morto giovedì scorso. Lei dovrebbe stare più attento a sputare addosso alla gente, e a scrivere con quell’astio, anche se evidentemente è il suo stesso giornale che la incita. Né vale la giustificazione di aver riportato parole della Torri stessa, che nella sua condizione può ben essere perdonata: prima di scrivere una cosa schifosa come quella che ha scritto di me («ha accampato la scusa di avere qualcuno malato in famiglia»), avrebbe potuto anche informarsi, brutta testaccia di cazzo. Con il mio più profondo ribrezzo.
Nel frattempo, quel tumore che dicevamo non promettere nulla di buono, alla fine, non porta nulla di buono: Maria Grazia Torri, purtroppo, muore lo scorso 4 luglio.
Malgrado tutto, il carteggio tra Stefano Lorenzetto e Sandro Veronesi continua.
Risponde il primo, dalle colonne del Giornale: “Io sarò anche una brutta testaccia di c…, ma lei disonora la memoria di suo padre. Quando, fra qualche anno, ripenserà a quello che mi ha scritto, le auguro di provare vergogna: significherà che Maria Grazia Torri si sbagliava sul suo conto”.
Nel mentre, noi facciamo a capirci: chi è questo Stefano Lorenzetto? Basti come risposta l’introduzione al suo ultimo libro “Vita morte miracoli (prefazione di Giuliano Ferrara)” pubblicata sul sito personale:
Un oncologo di 48 anni, sposato e padre di tre figli in giovane età, è affetto da sclerosi laterale amiotrofica come Luca Coscioni, sa di essere condannato, ma non si batte per l’eutanasia: ogni mattina i malati di tumore lo aspettano in ospedale.
Un suo collega geriatra accudisce i pazienti in stato vegetativo permanente come Terry Schiavo, l’americana che fu lasciata morire di fame e di sete per ordine del giudice: su 69 ne ha visti 12 risvegliarsi.
Una ginecologa femminista ha praticato in un quarto di secolo dai 13.000 ai 23.000 aborti: ora è obiettrice di coscienza.
L’introduzione va avanti ma io mi fermo qui, perché a parte quel senso di vomito che ti prende in casi come questo, mi sembra sufficiente per stabilire con oggettività due cose. La prima è che Sandro Veronesi merita l’Oscar, il Nobel per la letteratura, la santità subito e le 14 vergini anche nel caso in cui fosse cattolico. La seconda è che se qui c’è qualcuno che si deve vergognare (di scrivere, di esistere, di mantenere pretestuosamente posizioni oscurantiste supportandole con la citazione di dati alla cazzo e fenomeni buoni per “Cronaca Vera”), quello è Stefano Lorenzetto. Un uomo che Giuliano Ferrara definisce “fratello” perché “non ha paura di pronunciare la parola ‘devozione’ e di piegarsi alla cosa che le corrisponde”. Che uno se la immagina pure, la scena: “Lorenzetto, piegati e vedi un po’ a che cosa mi corrisponde questo”.
A sostegno della tesi del premio alla carriera conferito a Sandro Veronesi c’è una sua ultima replica a Lorenzetto che vale la pena riportare per intero:
No, lei non vive per sputare addosso a me. Lei sputa addosso alla sua professione, e infatti lavora per una testata per cui un qualsiasi giornalista integro non lavorerebbe nemmeno sotto tortura. Io sono semplicemente passato di lì quando, sfruttando una moribonda, le si è schiusa la meravigliosa possibilità di buttarmi un po’ di fango addosso. I giornalisti verificano. I cialtroni no. Lei non ha verificato. E per questo, per quanto mi riguarda, lei se ne andrà a farselo stroncare in culo per il resto dei suoi giorni. E quando starà per morire, come mio padre tre giorni fa, o come mia madre un anno fa, o come Maria Grazia Torri in questo momento, io pregherò Dio perché le conceda altri dieci minuti di vita, così che le stronchino il culo per altri dieci minuti. Venti, va’.
Tralascio il pezzo in cui Stefano Lorenzetto scodella lo scoop, accusando Veronesi di avere rilasciato un’intervista all’Ansa settimana prima dalla morte del padre e di essere comunque responsabile dell’aggravamento della malattia della Torri in quanto aveva sostenuto di “non avere potuto occuparsi d’altro che della salute del padre, nel corso degli ultimi sei mesi, mentre la Torri l’aveva contattato almeno un anno prima”. Quelli tra voi sprezzanti del pericolo possono comunque trovarlo a questo indirizzo.
E’ stato un racconto lungo, questo, e come tutti i racconti lunghi ha più di una morale.
La prima è che la pubblicazione di un proprio scritto non è un diritto sancito da alcuna convenzione o costituzione. Sembra ovvio, e invece pare necessario continuare a specificarlo: scardinate quel cazzo di cassetto, agguantate il libro per scrivere il quale avete impiegato gli anni migliori della vostra vita e dategli fuoco come neanche un pompiere di Fahrenheit 451. Oppure fate brillare il comò, direttamente. L’umanità tutta vi sarà grata per non averle proposto ulteriori fesserie da leggere.
La seconda è che – l’avrete capito tutti – Maria Grazia Torri è una vittima. Di sé e della propria ambizione di scrivere, soprattutto, ma anche di chi ne ha utilizzato la sua morte come mezzo per diffondere teorie retrive che sono passate di moda intorno all’autunno-inverno del basso medioevo. Spiace che sia morta, ma questo non ne fa una grande scrittrice, né avalla in alcun modo le tesi che tanto l’hanno affascinata.
La terza e più importante è che, porca puttana, un tumore è un tumore. Punto. Non si contrae a causa dell’indifferenza generale nei riguardi dei propri sogni, delle proprie aspirazioni, di quel che si vorrebbe essere e invece non si è. Un tumore è un tumore: una massa schifosa di malefiche cellule assassine che, proprio in quanto massa schifosa eccetera eccetera, il sabato mattina se ne fotte altamente dell’uscita in edicola di TuttoLibri, e ti ammazza senza alcun riguardo, che tu sia un grande scrittore oppure Federico Moccia.
Se non fosse che il Giornale (come Libero, del resto) è una nota testata satirica ci sarebbe da stupirsi.
Ma tant’è.
Come si dice da queste parti (che sono le stesse di Veronesi), “non gli ha fatto freddo”.
p.s. Aggiusta il css, verso riga 122, se non hai il Cambria installato le citazioni le fa con l’orrido Ms Serif corsivato, aggiungerei almeno un Georgia.
Può darsi che l’idea di partorire questo volume bislacco la Torri l’abbia avuta proprio per effetto della chemio che – si sa – stravolge la natura e la mente.
Concordo pienamente sul fatto che lo sciacallaggio da parte di Lorenzetto sia disgustoso e veramente poco “chic”.
Questo mondo è pieno di gente che muore prima di vedere compiuta la missione della propria vita. Ci sono padri che muoiono quando i figli sono ancora nel grembo delle mogli, giovani che perdono la vita a un passo dalla laurea o durante il viaggio di nozze.
Sicuramente in questo momento qualcuno muore senza aver visto Berlusconi in galera.
La morale che traggo io da questa storia:
ovunque c’è gente che cerca la celebrità, sia scrivendo libri su cose tristi e penose, sia postando nei blog su argomenti tristi e penosi (magari riportando per filo e per segno i livori e le male parole di due che si odiano).
Dall’articolo del Giornale di Lorenzetto (http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=272474&START=0&2col=) si vede che si limita a riportare in un virgolettato quanto dichiarato dalla Torri. Ora non capisco: un giornalista, quando riporta in un virgolettato le parole di una persona A che dice “la persona B mi ha detto CIAO”, e’ obbligato a chiamare la persona B e chiederle “è vero che lei ha detto CIAO alla persona A”?
Gianluca, ma hai letto la lettera di Giovanni Veronesi (il fratello) alla fine dell’articolo “Il vizietto dei Veronesi”? :-)
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=273535&START=2&2col=
In tutta questa storia c’è un terribile puzzo di morte.
La morte diventa un’infezione che si trasmette, uno scudo con cui ci si difende, una spada con cui colpire.
Forse la nostra società non è più pronta a morire.
A quando una moratoria della morte?
Stefano Lorenzetto, nell’articolo che linki, scrive: “Devo comunque dedurne che il pensiero di Veronesi è largamente condiviso (è così che si dice oggidì, no?). E il pensiero, giova riassumerlo, è il seguente: tutti coloro che lavorano in questa testata lo fanno soltanto perché Paolo Berlusconi con la fiamma ossidrica e la Arnoldo Mondadori Editore con le tenaglie li sottopongono quotidianamente a torture”.
Lorenzetto è vittima di un grosso equivoco: il pensiero di Veronesi largamente condiviso non è quello, è “Lei se ne andrà a farselo stroncare in culo per il resto dei suoi giorni”.
Ne aggiungo una anch’io, di morali. Anzi, la ripeto, perchè già poche settimane fa ne accennai su MN e mi era capitato di parlarne anche su altri blog e in altre conversazioni.
Il caso Cogne, da cui è partito questo pietoso pateracchio assai ben descritto da Neri, è, anzi fu, uno dei più subdoli tentativi di delegittazione della magistratura da parte dei berluscones.
La dinamica è lampante.
Si prende un caso non politico ma di potenziale impatto popolare, lo si monta assai, sfruttando il sospetto che i primi magistrati che se ne occupano stiano prendendo un granchio: il tutto al fine di poter sostenere che la magistratura è una congrega di sadici che godono nello sbattere in gattabuia le brave persone.
Di lì, per contiguità, si può usare il meccanismo di sputtamento antigiudici messo a punto con la Franzoni per giustificare l’attacco di Berlusca ai magistrati. Prima li sputtani in un caso dove supponi stiano sbagliando, poi generalizzi per coprire quello che ti interessa davvero.
Senonchè, la magistratura sulla Franzoni aveva ragione fin dal principio, nell’accusarla univocamente. E la canea giornalistica di destra (Belpietro, Vespa e compagnia brutta) si è ritrovata con il cerino in mano. Avevano alzato un polverone spaventoso per dire che i magistrati sono cattivi e poi si ritrovano che invece le toghe altro non fanno che condannare i colpevoli.
Duplice strategia d’uscita dal cul de sac in cui i berluscones si sono autoinfilati.
La prima, lasciar cadere le cose, filarsela all’inglese contando sull’oblio.
La seconda, la strategia Torri-Lorenzetto, sullo stile Taormina per capirci, ovvero insistere fino al grottesco (l’aneurisma) per insinuare il dubbio che la Franzoni sia innocente, la magistratura un branco di boia e -ovvia conseguenza- Berlusconi una povera vittima.
Quanto a Verosnesi, standing ovation per le parole che suggerite dall’ira funesta (e giusta)
Neri, grazie di avere scritto questo post. Avevo letto qualcosa su Dagospia e mi era venuta una rabbia e uno sconforto come in poche occasioni. La tranquillità con cui Lorenzetto riportava le parole terribilmente accusatorie della Torri ( muore in solitudine per un tumore provocatole dal rifiuto, etc..), come se fossero cose sicure e acclarate, con sottinteso il biasimo per questi scrittori che hanno fatto questo sgarbo , ecco, era tutto veramente vergognoso.
Davvero capisco perfettamente il tono della replica di Veronesi. E Lorenzetto, invece di mostrare anche un minimo di imbarazzo, anche solo finta ,che controreplica come se avesse tutte le ragioni, rincarando la dose. Veronesi dice che era occupato a curare il padre, invece, bugia, una volta ha risposto al telefono ad una domanda del giornalista, oh, l’infame! Ecco la prova che invece aveva tanto tempo. Oltre, oltre ogni limite sopportabile. E non ha niente di cui scusarsi, no, non ha sbagliato niente. Ma d’altra parte leggo che è uno di quelli che ha ritenuto di dover dire la sua anche nel caso Terri Schiavo, uno dei tanti che si è ritenuto un diritto di intervenire in una faccenda da cui dovevano tenersi alla larga, con rispetto, questi parassiti.
Tra gli aspetti vergognosi della vicenda ci aggiungerei anche il tono con cui Dagospia ha riportato la cosa ( Veronesi insulta pesantemente Lorenzetti, come se gli insulti fossero gratuiti e non comprensibili e magari giustificati, stante i fatti) .
( ma Dagospia è da un bel po’ che è per la maggior parte pattume, altro che vera fonte di informazione)
MJ, io so che tu sai (da tempo) che lo stile comunicativo della destra è quello di Lorenzetto.
Nessuna autocensura, nessuna ammissione di colpa, manipolazione dei fatti molto oltre la decenza, per poter far credere a un po’ di pubblico (che ogni 5 anni si trasforma, ahinoi, in corpo elettorale) che i cattivi sono gli altri e loro le vittime che però non si rassegnano.
Il punto è la psicologia profonda non dico di chi si comporta così, alla Lorenzetto, per capirci. Ma di chi gli va dietro. C’è un male oscuro, una peste camusiana nell’animo di questo Paese, che plebiscita figuri siffatti.
Il mattone marcio con il quale abbiamo costruito il l’edificio dei Lorenzetto e soprattutto dei Berlusconi è una psiche malata. Se non si curano quei mattoni, non sarà mai possibile risanare l’edificio.
Secondo me Stefano Lorenzetto esiste solo e unicamente per far rivalutare Emilio Fido come giornalista.
Post interessante (e condivisibile).
Prima di santificare Veronesi, ricordiamoci però che ha scritto la prefazione del libro L’Effroyable Imposture di Thierry Meyssan.
” La tranquillità con cui Lorenzetto riportava le parole terribilmente accusatorie della Torri ( muore in solitudine per un tumore provocatole dal rifiuto, etc..), come se fossero cose sicure e acclarate”
MJ, non scadiamo nel ridicolo, parlare con la convinzione che l’oggetto sia acclarato, accertato, “dogmato” e indiscutibilmente inconfutabile è nel dna dello scrittore/giornalista/intellettuale italiano, da Colombo a Scalfari a Feltri.
Piti, e infatti stavo anche per scriverlo. Mai inditreggiare, mai scusarsi, mai spiegare. E SE e quando lo si fa, farlo in modo pure arrogante e persino più insultante. Ma fanno bene. I lettori-elettori non gli chiedono mail conto. Ingoiano tutto.
Tipo, Libero che scrive un pezzo sulla “snobberia “di Miuccia Prada che farebbe inginocchiare un suo dipendente per salire sull’aereo: “ecco la sinistra radical chic, ecco l’ipocrisia, vedete, vedete questa scena…” Solo che, non è vero niente. E loro si scusano? No. Sì, quella scena non corrisponde a quello che avevano scritto, però loro non hanno niente da rimpoverarsi o da correggere, perchè quella scena era ” verosimile”
Questo è lo stile. Spero che prima o poi questa assoluta impermeabilità all’autocritica gli si ritorca contro. Ma forse è una speranza vana. Mi verrebbe da dire che è anche per questa acriticità che la destra vince, non che è per questo che la sinistra perde, come si ripete a pappagallo anche su questo sito.
Francesco C, non si tratta di ” santificare ” Veronosi, ma semmai di essere COMPLETAMENTE dalla sua parte in questa occasione. Anche se non avesse avuto il padre malato. Perchè l’arroganza e la sicumera con cui Lorenzetto lancia le sue accuse non sono accettabili. Le sue prefazioni passate e future qui non c’entrano proprio niente.
Mesi fa, in occasione della condanna, vi avevo annoiato con la teoria del decesso per cause naturali. Premesso che sono pienamente d’accordo su due punti. Primo, nessuno è obbligato a pubblicare un testo, secondo accusare Veronesi del proprio tumore è assurdo. Ma c’è una cosa che mi fa diventare matta: ci hanno fracassato l’anima per anni con questa storia, tv, modellini, giornali, sempre a ripetere le stesse cose. Possibile che 3 minuti per dare spazio ad una voce diversa non si siano mai potuti trovare? E comunque io ci metto la mano sul fuoco che la verità è proprio scritta in quel libro che nessuno ha voluto pubblicare. Ma fortunamente non sono io in galera, quindi la cosa non mi turba più di tanto
Ecco, il commento di Giorgio è un esempio perfetto. Anche il parlare di altri che non c’entrano niente, ma consentono di spostare il discorso.
Gli parli dell’insostenibile leggerezza delle ca**ate della Carlucci e ti rispondono :e la Melandri ?” Gli parli di un comportamento scorretto e ti citano Scalfari, e poi, dai, quel Veronesi ha scritto una prefazione , una volta…
Giorgio, forse dovresti rivedere le tue categorie del ” ridicolo” ( si, vabbè, )
commento velocissimo sulla storia di Miuccia Prada. E’ bastato che i protagonisti della vicenda dicessero “Ma no, era uno scherzo, siamo dei burloni” per farlo diventare automaticamente uno scherzo e per farci dire che “non è vero niente” di quanto velenosamente supponeva – pro domo sua, è chiaro – “Il Giornale”? Cioè, fatemi capire: cosa vi sareste aspettati, che i protagonisti della vicenda “prada” dicessero “Eh sì, di solito usiamo scendiletti umani. Perché, che c’è di male?”. Mi stupisce come sia stata derubricata all’istante la vicenda (non che sia importantissima o segno di chissà che cosa): mi stupisce solo dal punto di vista della comunicazione e del fidarsi all’istante di chi è coinvolto e OVVIAMENTE ha interesse a dire “è stato uno scherzo”
MJ, se sei fazioso non è colpa mia
Vado subito a comprare tutta la bibliografia di sandro veronesi.
Ma perché a Veronesi solo 7 vergini? Prima non ne davano 14? C’è la crisi pure in paradiso? :)
Giorgio, se non capisci quello che MJ intende non è colpa sua
“Gli parli dell’insostenibile leggerezza delle ca**ate della Carlucci e ti rispondono :e la Melandri ?” Gli parli di un comportamento scorretto e ti citano Scalfari”
bah… sono io che non capisco
“Mai inditreggiare, mai scusarsi, mai spiegare. E SE e quando lo si fa, farlo in modo pure arrogante e persino più insultante. Ma fanno bene. I lettori-elettori non gli chiedono mail conto. Ingoiano tutto.
Tipo, Libero…”
nonò, sono proprio io rincoglionito eh
Giorgia, forse scarseggiano le vergini. Dopo anni di berlusconi, di vergine rimangono solo un paio di clarisse -non burt- ottuagenarie, qualche maglione di lana, mezzo litro di olio umbro e una mia amica, ma solo perchè è nata il 19 settembre.
eh, Giorgio, ci sono dei giorni nei quali si scoprono cose che possono fare male
e altri immacolati che dispensano verbo, verità e saggezza… certo
Si leggono (sentono) molto spesso interviste di persone che parlano, chessò, della “cacciata di Biagi”. Nonostante tale cacciata, come noto, sia pura invenzione, il giornalista – giustamente – riporta le parole dell’intervistato: “cacciata di Biagi”. Lorenzetto no: lui avrebbe dovuto riportare le parole dell’intervistata solo finché queste non avessero infastidito Neri.
Ma ora basta, sono ansiosissimo di leggere il prossimo articolo di Neri. Ho avuto una soffiata: si scaglierà contro quelli che associano la malattia (la morte) di Tortora col carcere.
“Come noto”. Ah.
Giorgio, la circostanza che ti stiano dando dell’idiota in stereofonia su almeno due post di Mn in questo momento ti induca a considerarla un ipotesi di lavoro piuttosto verosimile.
grande gianluca.
poveri noi.
perchè chi da dell’Idiota a Giorgio professa il verbo, la verità e la saggezza…
– Il bimbo si chiamava Samuele Lorenzi. Franzoni è il cognome della madre.
– Mai visto un aneurisma che ti fa esplodere la testa, a parte in “Scanners”, credo.
– Occhio che ti son scappati degli errori di sintassi verso la fine del post.
– “Cerebrale”, non “Celebrale”, mettici un [sic] se non è un errore tuo.
(L’Ufficio Accuratezza è aperto dalle nove alle diciotto con orario continuato.)
Giorgio, ho parzialmente frainteso il tuo commento, e di questo chiedo scusa. Solo che tu potresi anche avere ragione sui giornalisti italiani in genere , ma qui si parlava del comportamento specifico di un giornalista e in un’occasione che riguardava fatti privati delle persone.
MJ, tranquillo.
Però se puoi mi potresti fare il piacere di darmi dell’idiota, così piti conteggia su ambo le discussioni e mi trova un posto di lavoro come minatore o bracciante adeguato ;)
La quarta che ci vedo io è: perché mai certa gente è così arrogante da pretendere di dire a un altro come dovrebbe impiegare il tempo?
Maria Grazia Torri era malata, e anche direttamente interessata, quindi, come dice anche Veronesi, può essere scusata. Ma come fa invece questo giornalista ad essere così stupido e presuntuoso?
Sandro Veronesi si è incazzato tanto, e giustamente, perché Lorenzetto ha messo in dubbio l’esistenza di questa malattia. Ma se anche quella della malattia fosse stata una scusa, se anche, semplicemente, Veronesi non avesse avuto voglia di leggere quelle bozze, come può pretendere di giudicarlo per questo?
Quelli come Lorenzetto sono dei fanatici pericolosi, che non aspettano altro che giudicare il prossimo, possibilmente indirizzandolo verso l’inferno.
Dovrebbero riflettere, e magari rileggersi il vangelo, già che ci sono. E vergognarsi.
Per sfaccettare il quadro, vorrei aggiungere che non appare sorprendente che a pubblicare il libro sia stata la Casa Editrice Giraldi, per chi un minimo (ahilui) la conosca.
Stefano Lorenzetto! Ecco chi e’. Ha pure una rubrica su Quattroruote in cui dice banalita’ agghiaccianti, ma il direttore ce lo spaccia come grande scrittore anticonformista.
Inutile dire che lo salto a pie’ pari.
Anzi, da qualche mese boicotto Quattroruote, che e’ diventata la testata in assoluto piu’ berlusconiana d’Italia. Roba al cui confronto Libero sembra il Manifesto.
Sono perfino bravi, perche’ fare militanza scrivendo di automobili e’ dura, ma ci riescono. Ricordo un’intervista-zerbino a Berlusconi in piena escalation elettorale nel 2006 (mai fatta una a Prodi per pareggiare), un pompinazzo post-elettorale per ringraziare Berlusconi che “finalmente ci togliera’ il bollo, ecc.”.
E ora pure Stefano Lorenzetto. Bruttissima persona. Una bambolina voodoo in piu’ da spillonare.
Ho letto la vicenda e me ne sono fatta un’idea.
Leggo post e commenti e scopro una nuova fantastica chiave di lettura, il cui assunto di base è che Stefano Lorenzetto scrive per Il Giornale.
Il resto ne consegue.
OK, e dopo la chiosa nel solito stile di Virginia manca il ” anche per questo , la sinistra ha perso” di Murmur e dopo si può spegnere la luce.
Nel primo articolo di Lorenzetto per il Giornale, le frasi virgolettate della Torri in cui stronca gli scrittori “di sinistra” paiono pronunciate dalla medesima durante la straziante intervista rilasciata al coraggioso giornalista in punto di morte.
Dico paiono, perché c’è un però. Quelle stesse frasi, nell’identico ordine (Lucarelli-Scarpa-Pinketts-Scurati-Veronesi-Bignardi), la Torri le scrisse in una lettera alla Franzoni del 22 maggio scorso. Lettera pubblicata tre giorni dopo qui: http://agnesepozzi.splinder.com/post/17236424/MORIRE+DI+CENSURA
Con un’unica, piccolissima differenza: la lista degli stronzi insensibili era più ampia e così concepita:
Lucarelli
Scarpa
VITTORIO FELTRI
MAURIZIO BELPIETRO
MAURIZIO ZUFFI (giornalista studio aperto)
Pinketts
Scurati
Veronesi
Bignardi
PAOLA SAVIO (avvocatessa Franzoni)
Insomma, sarà mica che Lorenzetto ha spacciato per intervista roba tratta pari pari sforbiciando quel testo, per di più strumentalizzando il tutto (ivi compresa la scena straziante del punto di morte) per la solita propaganda spalamerda del Giornale?
NB: sul blog linkato ce n’è anche per RENATO FARINA.
Scrisse la Torri alla tenutaria del blog: “o mi sono battuta e sbattuta non sa quanto per pubblicare prima l’articolo poi, visto che non c’era niente da fare ( anche da parte di amici, come il vicedirettore di Libero Renato Farina) … Renato Farina di LIBERO: ‘Ah, Maria Grazia che bello! Hai scoperto la verità? Sarebbe stupendo! Lasciami la perizia del dottor Migliaccio ti richiamo!’ Siccome non mi richiama torno io a piedi a Libero 20 volte. Una volta ho la fortuna di incontrarlo tra un’ospitata televisiva e l’altra.’ Ma vorrai scherzare?! Un’ipotesi così fantasiosa la nostra addetta al caso l’ha scartata. Io non l’ho letta la perizia, ma non ho tempo e poi vorrai mica che al giornale io scavalchi le competenze!!” (sarebbe la cronaca nera)”.
La tenutaria del blog, in un altro post, così commenta: “Già che ci sei comunica a Renato Farina (che magari incontrerai la mattina al bar della stessa redazione) che Maria Grazia Torri è Gesù Cristo sulla Croce e sta soffrendo in Ospedale; lui ha contribuito a piazzarle un chiodo su una mano (lui sa perchè) e se lo ricordi durante le sue preghiere.”
Sottoscrivo i commenti di Koshka e di Elfi.
Mi intristisce oltremodo la mancanza di gentilezza di fronte a tutte queste morti, soprattutto se è indice della cultura italiana. Che Veronesi debba rivendicare rispetto con delle invettive, la dice tutta.
Grazie, Neri: il post mi è piaciuto molto per essere stato, fin dove possibile, interlocutorio e così facendo, tra le altre cose, per aver portato un attacco al target che se ne fotte di tutto ciò che non è schieramento.
Siamo ormai abituati a spararle grosse, senza mettere un punto interrogativo alle nostre opinioni, senza mai verificare la realtà o peggio, negando le evidenze.
La voce di Veronesi è limpida e meravigliosa nella sua invettiva: c’è solo da tacere e imparare.
Ancora una cosa: vale la pena di leggere tutto quello che Veronesi ha scritto, sì. C’è mestiere e c’è cuore.
Il punto è che una vicenda umanamente triste come questa, in cui lo squallore si incrocia con l’accidia, NON dovrebbe sempre essere ricondotta a mero sputazzamento politico.
Basterebbe ricordarsi di cosa vuol dire essere “umani” e “professionali”.
In tal senso Lorenzetto (anche se fosse seguace di Agnoletto) sarebbe comunque da bastonare.
l’assunto di base è che Lorenzetto si è comportato da figlio di puttana
poi vai a vedere e ti accorgi che scrive per il Giornale
infine coaguli le due cose e ti accorgi che non stridono
(In tutto ciò, la morte di Maria Grazia Torri, giornalista – collaborò a lungo con Frigidaire – e critica d’arte è l’unica cosa seria di tutta questa squallida vicenda. Val la pena ricordarla con questa foto, in cui inginocchiata offre quel che potrebbe essere un crisantemo a un sorridente Keith Haring:: http://files.splinder.com/783680e9d3b31c132bd8d38874fd64c1.jpeg )
Gianluca chapeau!
Questo post e la vicenda che racconta valgono tanto oro quante parole lo compongono…
MJ guarda, stavolta evito di dire la frase che ti assilla tanto.
Del resto se sei convinta che non sia come dico io, buon per te! Che posso dirti? Continua a sperare che con le Guzzanti e i Travaglio si possa cambiare o anche solo governare l’Italia. Ad maiora!
A scanso di equivoci: sulla vicenda in questione sono totalmente dalla parte di Veronesi (meglio che non scriva quello che penso dell’atteggiamento di Lorenzetto, per non incorrere in querele).
Murmur, oltre al fatto che vedo che mi attribusci pensieri non sapendo una beneamata mazza di cosa penso ( chi ti ha detto che io creda che con Travaglio o Guzzanti si possa cambiare o governare l’Italia? No, per dirne una ), rimane il fatto che, ancora una volta, dimostri che le ossessioni che proiettate sugli” altri” sono solo vostre. Vorrei solo invitarti a riflettere sul fatto che hai sentito il bisogno di tirare fuori Travaglio e la Guzzanti in QUESTO post. Non so, fai tu.
Questa è la prima parte dell’aticolo-intervista di Lorenzetto a Maria Grazia Torri:
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La guardi, crocifissa nel letto, consumata da un tumore all’esofago, l’ago della flebo infilato nel braccio, prostrata dai conati di vomito che cadenzano le risposte pronunciate come se ogni volta esalasse l’ultimo respiro, e vorresti smettere subito, chiudere qui la più crudele intervista della tua vita, scappare via, se lei non ti trattenesse ogni volta con lo sguardo, col gesto della mano, con la forza del pensiero. E ti vengono in mente le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». Maria Grazia Torri ha fatto di più: sta dando la vita per una persona che non è sua amica, che non conosce, che non ha mai incontrato, che non le ha mai rivolto la parola, che non le ha scritto neppure una cartolina. È una donna rinchiusa nel carcere bolognese della Dozza. Si chiama Annamaria Franzoni. Tre sentenze pronunciate in nome del popolo italiano l’hanno dichiarata colpevole del peggiore dei delitti: l’assassinio del figlioletto di appena 3 anni.
Maria Grazia Torri fa il mio stesso mestiere, la giornalista, e ha indagato a lungo e s’è convinta che la madre di Samuele non sia affatto un’assassina, che il bimbo sia morto per cause naturali ancorché rarissime: la rottura di un aneurisma cerebrale, cioè di una vena dilatata per una malformazione congenita, seguita da un’emorragia subaracnoidea traumatica e da una crisi epilettica che gli hanno letteralmente fatto esplodere la testa. Ha scritto un volume di 362 pagine, Cogne. Un enigma svelato (Giraldi, Bologna), per dimostrare l’innocenza dell’imputata.
Nessuno ne ha parlato, nessuno l’ha recensito, nelle librerie non lo espongono, praticamente è rimasto un samizdat. All’inizio, non trovando un editore disposto a pubblicarlo, con la forza della disperazione era andata a offrirlo a Maddalena Toma, che ha una copisteria di testi universitari a Verona e che ora prega tutti i giorni per lei, perché guarisca.
Ho saputo dell’esistenza di Maria Grazia Torri per caso. Mea culpa. Eppure lei ce l’aveva messa tutta nel gridare al mondo la sua verità, due anni di lavoro e i risparmi prosciugati in questa che era diventata la battaglia della sua vita e che ora sta trasformandosi nella causa della sua morte.
«Ho perso il conto dei direttori di giornale, dal Corriere della Sera in giù, alle cui porte ho bussato invano. Ho parlato con Carlo Lucarelli, il conduttore di Blu notte: ha letto la prima bozza del libro, l’ha definito molto interessante ma al dunque s’è tirato indietro. Ho parlato con lo scrittore Tiziano Scarpa, che credevo un amico; già una volta aveva scambiato la mia rasatura da chemioterapia per un taglio di capelli all’ultima moda; ha fatto lo stesso col caso Cogne: non sapendo nulla di aneurismi cerebrali infantili – lui è un romanziere e un poeta, si sa – ha dato il mio libro all’Einaudi ma, invece di appoggiarlo, l’ha stroncato con una scheda di lettura in cui demoliva le “mie” teorie mediche e paragonava i neurochirurghi da me interpellati a “giullari fantasiosi”. Mi sono rivolta al giallista Andrea Pinketts: altro bidone. Ho scritto indignata sul mio blog un’apologia di Émile Zola sul caso Dreyfus: mi ha risposto stizzito Antonio Scurati, il vincitore del premio Campiello che avrebbe voluto far morire Bruno Vespa per interposto killer, dicendomi di mandargli il libro al volo perché lui non era “né un disimpegnato né un pesce lesso”. L’ho fatto: inutilmente. Idem Sandro Veronesi, altro scrittore di grido: ha accampato la scusa che aveva qualcuno malato in famiglia. Allora mi sono rivolta a La 7, a Daria Bignardi, direttrice di Donna quando io curavo una rubrica per quel mensile, ma per lei “non era abbastanza chic” occuparsi di Cogne».
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=272474&START=0&2col=
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La risposta del signor Veronesi a Lorenzetto la conoscete già…
Che tristezza … e non dico solo la vicenda Torri … ci sono di mezzo parecchi morti e sicuramente un lavoro giornalistico pessimo … però il massimo che è emerso in questi commenti è che Il Giornale è un covo di imbecilli e tutti i suoi lettori sono cerebrolesi …
Senz’altro Lorenzetto non ha verificato a sufficienza … ma in tutta onestà non è un VERO problema di tutta la stampa di questi tempi ?
Che poi, io sopporto molto poco la Bignardi. Ma non ce la vedo a rispondere che: ” non è chic occuparsi di Cogne. ” No, educatamente ( o ipocritamente, se volete ) avrà risposto che non le sembra il caso di occuparsene, ma fare quel commento sullo ” chic”, ecco, non mi sembra da persona educata come si mostra ( o si vuole mostrare, fate voi ) la Bignardi.
Rigaurdo alla questione del libro, mi pare di ricordare che neanche la famiglia Frantoni abbia mai preso sul serio il parere di Migliacci. Se la Torre teneva tanto alla Franzoni, perchè non ha chiesto conto anche lei di questa mancanza di interesse verso un libro che la scagionava?