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Probabilmente non te ne sei accorto, ma oggi Whatsapp ha completato l’integrazione della cifratura “end-to-end” delle conversazioni (chat personali e di gruppo, chiamate vocali e note). Lo ha fatto utilizzando il protocollo Signal – uno di […]
Nella Costituzione c’è scritto chiaro e tondo che il nostro paese deve accogliere cittadini di altri Stati privati dei loro diritti fondamentali in patria. E ci imponee di accogliere individui che scappano anche da una […]
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non proponete queste cose!
quelli sono capaci di tutto
Acc, ti stai bianizzando! Peccato
io? movalà.
Con quella faccia
pare un magnaccia
Io invece non capisco perché non si prendano le impronte digitali a tutti.
Fiandri: perché quella sarebbe magicamente violazione della privacy.
Rododendro: perché? In base a quale norma? Perché identificare una persona con una carta di identità non vìola la privacy e mediante le impronte digitali sì? E ammesso – e non concesso – che verrebbe violata una qualche norma del codice privacy o di altre fonti normative, immagino, non di grado costituzionale, che cosa impedirebbe di modificarla?
che venisse, che venisse..
Perché è immaginabile l’utilizzo che un qualunque mariuolo, funzionario di stato, farebbe di quelle impronte.
Già mi immagino le mogli ed i mariti cornuti, coll’aggancio al ministero, indaffarati a rilevare impronte sui letti, sulle lavatrici e sui tavoli.
Colleghi che rilevano le impronte sul frigorifero dell’ufficio, sulla torta della nonna, sul vestito della segretaria.
Professori col pennello sui cassetti della sala professori.
E naturalmente padri – CSI chini sul volante della spider.
CSI: io ho chiesto perché la rilevazione delle impronte digitali violerebbe la privacy più di un altro sistema di identificazione, ad esempio la carta di identità. Tu mi hai risposto che delle impronte si farebbe un uso distorto. Ora, a parte il fatto che gli esempi che mi porti sono piuttosto immaginifici, e che uno fa molto prima – anche adesso, senza tante pippe di leggi, zingari e bazze al ministero – a spendere millecinquecento euro e farsi fare il lavoretto da un investigatore privato, mi pare che tu confondi il trattamento dei dati con la loro acquisizione. È ovvio che qualsiasi dato personale, o anche sensibile (quali non sono le impronte digitali), può “scappar fuori” ed essere diffuso illecitamente, magari perché un medico o un poliziotto sborone si pavoneggiano raccontando che questo o quello è sieropositivo, ed è altrettanto ovvio che queste violazioni vanno punite duramente. Ma questo non significa che, allora, non debbano essere raccolti i dati personali e sensibili delle persone. Siamo d’accordo sul fatto che la carta d’identità serve a identificare le persone? Siamo d’accordo sul fatto che sia giusto identificare le persone? E allora mi spiegate perché rinunciare ad un sistema molto più efficace di identificazione? Io non lo so, quando si parla di privacy, la gente perdono il senso delle cose.
l’identificazione dei dati “fisici” è molto differente dai dati “anagrafici”,i dati anagrafici servono ad un cittadino per identificarsi davanti alle autorità,far valere i propri diritti in un regime di libertà personale che ha la sua massima espressione nell’autocertificazione.In poche parole,io sono un libero cittadino è posso dichiarare delle generalità o lo stato civile oppure occultare questi dati,cancellarli,modificarli,aggiornarli.Secondo quanto previsto dalla legge sulla privacy.
Al contrario il depositare le impronte,è sinonimo di perdita delle libertà civili in quanto schedato per i crimini commessi.Non vedo come tu possa paragonare le due cose.Mi sembra un modo sottile dello stato per trasformarsi in uno stato di polizia, privarci dello status di cittadini per “contenerci” tutti solo come in potenziali criminali.Una politica che ricorda il KGB o la STASI, una privazione individuale che si sa dove comincia e non si sa dove và a finire.
Quante cazzate. La foto sul passaporto, per esempio, è un dato fisico. Premesso che anch’io ritengo che informazioni biometriche come le impronte dovrebbero far parte delle carte d’identità (come avviene in Francia), e che questo sarebbe preferibile a quello che sta cercando di fare il governo, c’è da dire che qui tutti pensano ai diritti e nessuno ai doveri delle persone. Lo Stato deve avere la possibilità di identificare ciascuna persona che si trovi al suo interno, e ciascuna persona ha il dovere di farsi identificare se richiesto. Se questo non avviene, mi pare più che legittimo che lo Stato proceda, eventualmente, anche in modo coatto.
Il resto son cazzate da finto-progressisti.
Poldo ma che cosa dici? Il diritto di occultare, modificare, cancellare eccetera, previsto dall’art. 7 codice privacy, non c’entra proprio niente con i dati identificativi rilevati dalla p.a. E la distinzione fra “dati fisici” e “dati anagrafici” in quale punto della legge l’hai trovata? Quindi sulla carta di identità l’indicazione di statura, colore degli occhi e colore dei capelli sarebbe cancellabile o modificabile da parte dell’interessato? Ma la vogliamo smettere di parlare a casaccio di cose che non conosciamo?
“La nostra famiglia, tutta la nostra famiglia – spiega Bezzecchi – è italiana, abbiamo i documenti, lavoriamo, paghiamo le tasse, luce e acqua, i nostri figli vanno a scuola. In comune, dove ho lavorato per 23 anni, e in prefettura lo sanno perfettamente.
Arrivare all’alba, circondare il campo e illuminarlo con le lampade, svegliarci e metterci in fila e fare la fotocopia del nostri documenti è stato molto più che umiliante.
Sanno chi siamo, conoscono la famiglia Bezzecchi, mio padre è medaglia d’oro al valore civile.
Perché questo blitz di evidente matrice razziale?”.
E’un fatto che il primo atto ufficiale del commissario per i rom di Milano è proprio il monitoraggio della famiglia Bezzecchi, Rogoredo, Milano.
“Sono arrivati alle cinque e mezzo – racconta Giorgio – hanno circondato il campo, lo hanno illuminato, sono venuti casa per casa, roulotte per roulotte, ci hanno svegliato, ci hanno fatto uscire, hanno fotografato le case e poi i nostri documenti.
Hanno finito intorno alle sette e mezzo.
Io credo – aggiunge Bezzecchi – che tutti debbano sapere e capire cosa sta succedendo: sono italiano, sono cristiano e sono stato schedato in base alla mia razza.
Rimanere in silenzio oggi vuol dire essere responsabili dei disastri di domani”.
Murmur, le cazzate da finto-progressisti hanno funzionato benissimo in Inghilterra, per secoli.
Uno stato liberale non ha bisogno di una carta d’identità per identificare i propri cittadini, figuriamoci delle impronte digitali.
http://www.yougov.com/archives/pdf/TEL060101024_4.pdf
Do you trust all governments, of whichever political party, to keep the information on the database entirely confidential and not to divulge it improperly to others?
No, no, no.
Se è per questo per secoli e fino al ‘73 nella liberale Inghilterra ha funzionato benissimo anche la pena di morte. Ora, premesso che sarebbe bellissimo uno Stato in cui tutti fossero liberi e felici, si tratta di stabilire un po’ di priorità. Forse non avete un’idea precisa di come vengono trattati i dati personali ad esempio in tutti i tribunali italiani: non sapete che praticamente chiunque, durante le udienze civili, può di fatto accedere a qualsiasi fascicolo altrui e curiosare fra i dati giudiziari e sensibili di chicchessia, scattare foto ad atti e documenti e divulgarle (e – volendo – sottrarre, sostituire, alterare, aggiungere documenti ai fascicoli). O forse non considerate che mentre siam qui a discutere se uno Stato possa rilevare le impronte digitali – dato personale assolutamente estrinseco e capace unicamente di dire con certezza che Pinco Pallino è davvero Pinco Pallino – probabilmente X società stanno acquisendo, tramite cookies e altre gioie, informazioni ben più pregnanti sul nostro conto. La mia impressione è che l’idea di privacy che si legge qui sia miope e molto datata, e gli esempi che qualcuno di voi ha portato (Stasi e KGB…) lo dimostrano.
Fa schifo e fa paura che un certo mezzo venga utilizzato solo nei confronti di qualcuno e non nei confronti di tutti; ma il mezzo, in sé, non viola proprio nessun diritto.
“Forse non avete un’idea precisa di come vengono trattati i dati personali ad esempio in tutti i tribunali italiani: non sapete che praticamente chiunque, durante le udienze civili, può di fatto accedere a qualsiasi fascicolo altrui e curiosare fra i dati giudiziari e sensibili di chicchessia, scattare foto ad atti e documenti e divulgarle (e – volendo – sottrarre, sostituire, alterare, aggiungere documenti ai fascicoli).”
Una ragione in più per dare allo stato meno informazioni possibili. Ché non si sa mai se esso non decida da un giorno all’altro di divulgarle…
P.S. cosa c’entra la pena di morte?
aggiungerei che un mezzo “in sé” non è neppure un mezzo, ma un apparato inutile che serve a fare scena.
perchè non farsi impiantare direttamente un chip asotto la pelle e andare in giro con un codice a barre stampato in fronte?
Incomincio dalla fine: ho parlato della pena di morte per spiegare che l’Inghilterra, che Forgodssake aveva portato come esempio di Stato liberale da imitare, non è poi ‘sto gran modello.
Per il resto, certo, uno può usare lo stesso argomento a favore o contro qualcosa, ma il punto per me è questo: OGGI, non FORSE DOMANI, il nostro diritto al rispetto della sfera privata viene continuamente calpestato, e in modo macroscopico, giacché le violazioni riguardano – non solo semplici dati personali, ma – dati giudiziari e dati sensibili, cioè informazioni che dovrebbero essere soggette a cautele particolarissime. Eppure non ho visto questa levata di scudi da parte dei paladini della privacy che hanno commentato questo post; anzi mi sembra proprio, a dire il vero, che non gliene freghi niente a nessuno: ma se mi sbaglio, se ti sei scandalizzato anche per le altre violazioni della privacy, dimmelo e sono pronto a ricredermi. Poi salta fuori l’ipotesi (ancora un’ipotesi) delle impronte digitali, cioè un futuro ed ipotetico trattamento di dati meramente identificativi, e tutti uuuh! Mamma mia! Stato poliziesco! Ecco, ti dico la verità: mi fa un po’ ridere. Dov’è tutta questa indignazione per le violazioni GIA’ IN ATTO e di entità ben superiore? Ma lo sai o no che dà molte più informazioni su di te una qualsiasi immagine presa da una cazzo di webcam o una delle mille videocamere sparse nella tua città, di un’impronta digitale? Ma no, il punto è proprio la suggestione borgheziana del troglodita che dice prendiamogli le impronte mani e piedi a questi negri, e tu non capisci più niente. Scusa se te lo dico – a te e a quelli che hanno lasciato altri commenti analoghi – in modo così brutale, ma io credo che se davvero te ne fregasse qualcosa della privacy, invece di gridare slogan, smetteresti di guardare il dito e punteresti alla luna.
Marquis: non ho capito la tua precisazione. Mi dici esattamente sotto quali profili, normativi o anche con parole tue, prendere le impronte digitali violerebbe più diritti che fare una fotografia?
Carissimo Fiandri,tu sei uno di quelli che per far valere i propri argomenti,cerca di demolire quelli altrui.
Le impronte digitali sono un’ottimo mezzo per riconoscere gli individui,questo è un fatto! Contento di avere ragione!.Infatti le impronte vengono prese ai criminali e pregiudicati per garantire la sicurezza delle persone oneste.Poi come si gestiranno queste impronte digitali?Magari digitalizziamo tutto.Poi cerchiamo di fare come gli Inglesi.
http://www.zeusnews.it/index.php3?ar=stampa&cod=6463
http://www.zeusnews.it/index.php3?ar=stampa&cod=6483
Comunque io NON la penso come te.Io sono contrario alla schedatura degli individui onesti ed incensurati.Tu rimani pure della tua idea,io non devo convincerti di nulla,stai tranquillo,nessuno potrà togliere le tue idee,come nessuno potrà togliermi le mie.
fiandri:
non ho detto che prendere le impronte viola piu diritti che fare una fotografia. hai ragione quando dici che esistono altre modalità per raccogliere in modo coatto dei dati su di me, infatti la cosa mi fa abbastanza incazzare.
(va da sé che un’impronta digitale non è come la fotografia che io vado a fare dentro una macchinetta automatica in stazione, oggetto di significanza più che altro iconica e convenzionale. se proprio vogliamo sostenere il paragone somiglia magari a una fotografia che qualcuno mi scatta a tradimento mentre sono in bagno. uno può usare le mie impronte per collegarmi a delle situazioni o per escludermi da situazioni. la mia fototessera non può essere sfruttata nello stesso modo, non ha significanza indicale così forte).
io però mi riferivo a come hai concluso il post di prima presentando la schedatura coatta come “un mezzo in sé” che non lede nessun diritto. cos’è un mezzo in sé?
i mezzi avranno pure dei fini specifici e particolari, e degli utilizzatori, altrimenti non sono più mezzi, ma apparati per far scena. e non escludo che far scena possa essere un fine specifico di maroni. io non capisco perché si debba mantenere e aggiornare archivi giganteschi. al fine di tutelare cosa? usandone o abusandone in che modo? che ci faccio con i rilievi biometrici di cinnazzi prepuberi che si svilupperanno facendo saltare metà dei parametri di riconoscimento? che ci faccio con i rilievi biometrici di tutta la popolazione? l’ansia tassonomica di questo tipo ha dei precedenti in epoca positivista. rispondeva a esigenze di controllo politico-sociale, non sempre razionali. e produceva del materiale poi utilizzato nei modi più imprevisti. p.e, ricordo il sistema di bertillon, fondato sull’archiviazione di fotografie scientifiche dei criminali. dall’archivio di bertillon partivano di nascosto a quintali le fotografie delle mignotte, che alimentavano la fase pionieristica dell’industria del porno.
Le impronte digitali sono il miglior modo per riconoscere un’individuo.Ovviamente insieme al Dna.Infatti vanno prese solo ed esclusivamente ai pregiudicati.Comunque io non la penso come te.Io non sono pregiudicato ne condannato.Tu potrai continuare ad avere la tua opinione ed io la mia.Comunque immaginavo che saresti arrivato dove volevi,bastava che non ci girassi in torno.
P.S.[OT] Chi lo dice che Filippo Facci non scrive più su Macchianera?
Allora, bene. Quando ho detto che il mezzo, in sé, non vìola alcun diritto, mi riferivo all’affermazione dell’autore del post, secondo la quale prendere le impronte digitali “sarebbe la violazione della privacy” (l’autore aggiunge magicamente, ma immagino che questa sia una battuta). Ecco: io, al contrario, sostengo che rilevare le impronte non vìola la privacy, mentre costituisce una violazione – non della privacy, ma del principio di uguaglianza – rilevare i dati di qualcuno sì e di qualcuno no. Proseguendo nel tuo ragionamento sull’apparato, la tradurrei così: E’ un inutile e propagandistico apparato l’idea di Maroni di prendere le impronte agli zingari; al contrario, non sarebbe affatto un inutile apparato per fare scena la rilevazione nei confronti di tutti, indistintamente: sarebbe semplicemente una tecnica più efficace di altre (più efficace della descrizione del colore di occhi e capelli, più efficace della trascrizione di un nome, che può essere modificata da un linguaggio ad un altro) per identificare una persona, come dovrebbe già fare la carta di identità. Quindi “mezzo in sé” significa molto semplicemente “tecnica”, o “sistema”, e io replicavo a quanti sostenevano che questa tecnica avrebbe violato la privacy. Il paragone con la foto va fatto a parità di condizioni: la fototessera che io mi faccio nella macchinetta e che metto nella carta d’identità contiene informazioni più ampie, sebbene meno certe, della rilevazione delle mie impronte digitali su una ipotetica e futura carta di identità e può denunciare il mio stato di salute, i miei gusti personali, il mio stato sociale. Al contrario, le impronte digitali fanno solo ed esclusivamente una cosa: danno la certezza che io sono proprio quella persona lì. Le finalità ulteriori, il controllo sociale al quale accenni, sono immagini suggestive ma di fatto fumosissime, che non dicono niente, in concreto, sull’uso “distorto” che potrebbe essere fatto di tali rilevamenti. Mi dici, davvero, che diavolo se ne potrebbe mai fare lo Stato delle impronte digitali, se non – appunto – avere la certezza di identificazione?
Sta gente che non vede l’ora che qualcuno gli rilevi le impronte digitali mi fa una certa impressione.
Soppa oh, a me invece fa impressione la gente che preferisce andare avanti per slogan invece di argomentare, e magari replicare a tono.
Fiandri: “Soppa oh, a me invece fa impressione la gente che preferisce andare avanti per slogan”
Sì sì, anche a me questo governo fa una certa impressione.
Ma raccontaci meglio questa tua perversione: vorresti che ti rilevassero solo l’indice oppure vuoi una roba almeno a cinque dita?
E vabbo’ Pruno, avevo scritto parecchie cose, qui sopra, ma vedo che hai fretta quindi lascio perdere.
Io sto con Rambo: http://www.youtube.com/watch?v=J1h9fiSPMLw
Ecco, poi uno si stupisce se perdiamo le elezioni, con menti così capaci di rispondere agli argomenti.
L’argomento è una nuova schedatura biometrica su base etnico-razziale.
La tua risposta: 1) la schedatura biometrica su base etnico-razziale è “inutile e propagandistica” (il fatto che sia un filino discriminatoria e eticamente aberrante non rileva); 2) la schedatura biometrica andrebbe fatta a tutti.
Guarda che se ci pensi bene, le elezioni le hai vinte.
Ma tu, forse, dovresti leggere con più attenzione prima di prendere questi drittoni.
Ho parlato di «un inutile e propagandistico apparato» per rispondere al commento di Marquis, che parlava di «un apparato inutile che serve a fare scena». Se invece tu LEGGESSI, non ci vuole un genio, basta leggere, troveresti che dico che «Fa schifo e fa paura che un certo mezzo venga utilizzato solo nei confronti di qualcuno e non nei confronti di tutti».
Per il resto, continuo ad aspettare risposte circa il perché l’identificare una persona con foto, descrizioni fisiche ed altri dati presenti sulla carte di identità non sarebbe una violazione, mentre identificarla con le impronte digitali sarebbe questo scandalo.
Te hai una fretta di indignarti a comando che fa, questa sì, impressione.
Mi scuso se non ho letto tutti i tuoi post – capita – e mi fa senz’altro piacere apprendere che anche tu t’indigni a comando e ti faccia schifo e paura l’idea di una schedatura biometrica su base etnico-razziale.
Sul resto, se reputi utile e necessario andare in questura a farti prendere le impronte digitali, non so che farci. Nel mio caso sarebbe del tutto inutile e non necessario: nome, faccia, e qualche quintalata di tracce burocratiche sono già decisamente troppo per le esigenze di mia identificazione poliziesca.
bene, fiandri. se pensi che la mia fototessera denunci ampie verità sul mio stato di salute, i miei gusti personali e il segmento sociale a cui appartengo sei lombroso o francis galton, oppure ti basi su presupposti che non riesco a capire e quindi neppure a confutare. magari hai anche ragione e ora mi farai diventare paranoico, perché prima di allegare fototessera a un curriculum non ho pensato di andare dal parrucchiere.
a me la schedatura biometrica a priori continua a sembrare un grosso apparato, che sia creato a priori solo per un gruppo etnico (e allora è anche assurdo e discriminatorio, mi fa piacere che su questo ci siamo capiti), o che sia invece impiegato indiscriminatamente per tutti. perché continuo a non capire il senso di una sua estensione generalizzata. a te non sembra inutile perché l’impronta è un ottimo mezzo per identificare scientificamente qualcuno. a me non piace perché, mi pare, ad oggi serve a identificare criminologicamente qualcuno. proprio perché come dici tu fornisce informazioni precise, ma solo di un certo tipo, che aggiungerei non hanno niente a che vedere con ragioni sociali e atti amministrativi, ma ricordano di più la tracciabilità dei tagli di manzo.
per decidere della bontà di un sistema segnaletico qualsiasi non mi baso sul criterio della sua funzionalità assoluta, ma lo incrocio con parametri di vivibilità ed elasticità delle procedure, finché non viviamo sotto legge marziale almeno. introdurre scanner e rilevazioni in ogni ambito della vita associata al momento continua a sembrarmi una complicazione spiacevole, almeno dal punto di vista del cittadino utente.
Dài Pruno, più la rimesti e più puzza.
Marquis, capisco le tue ragioni ma continuo a pensare che le tue paure nascano più da suggestioni (e infatti non mi porti gli esempi che ti chiedevo) che non da rischi reali.
Hai ragione, ti lascio alla tua questura interiore.
No way.
Molto meglio la vecchia carta d’identità.
Molto, molto meglio niente se non la mia parola. Parola che per lo stato dovrebbe valere fino a prova contraria.
E severità nel caso di violazione di questa fiducia.
Ok, se mi dici che lo Stato non ha il diritto di identificare chi si trova sul suo territorio sposti la questione su un altro terreno.
Non sono d’accordo, ma ha una sua logica.
non è l’impronta-feticcio che mi infastidisce perché evoca romanzi polizieschi. o meglio non solo.
è proprio il fatto tecnico del più esatto e rettificato valore indicale che mi fa storcere il naso. storco il naso anche per altri supporti (anche iconici) che non siano fototessere e che incrementino il valore indicale di significazione collegandolo al corpo. non ho l’ossessione dell’impronta. che ripeto: nella maggior parte dei casi sarebbe fastidiosa semplicemente perché inutile mattoncino di un apparato ridondante e suggestivo.
anche sull’utilizzo di altri dati che comunque concedo, mi auguro una scrupolosa sorveglianza di enti garanti (senza nascondermi la loro fallibilità o impotenza in molti casi). cioè, fiandri io rifiuto la tua posizione dilemmatica del problema: meglio impronta o meglio fototessera. rispondo un po’ trasversalmente e in un’ottica di negoziazione a posteriori dei limiti. meglio lo stretto necessario ai fini di un concetto RAPPRESENTATIVO dell’identificazione, e non il concetto di identificazione come tracciabilità fisica esteso A PRIORI a tutti e a un numero crescente di occasioni di rilevazione.
istituzioni o soggetti privati che spingono per impiegare le impronte mi sembrano oggettivamente orientati verso l’adesione al secondo concetto. quindi si vaglia di caso in caso, e non a priori, se ricorrere alla tracciabilità sia giustificato o no.
Capisco, probabilmente abbiamo ottiche – e linguaggi – differenti. Io la vedo sotto un profilo pratico/giuridico, sicuramente meno evoluto del tuo, e seguo questi elementari passaggi:
1) assumo che lo Stato abbia sicuramente il diritto di conoscere la identità di chi si trova sul suo territorio;
2) pertanto, tendo a privilegiare i sistemi più efficaci di identificazione, a condizione che questi non siano lesivi di diritti (rectius: diritti, o comunque posizioni soggettive “parenti” dei diritti, spesso entrano in collisione con altri valori ritenuti «meritevoli di tutela dall’ordinamento giuridico», e in questi casi occorre mettere i due concorrenti sui due piatti della bilancia, per valutare quale pesi di più. Ecco, i sistemi di identificazione non possono passare sopra a posizioni soggettive di un certo valore. Ovvio che in questo modo si introducono variabili, ma osservando i sistemi adottati sino ad ora ci si può dare un metro di valutazione piuttosto valido);
3) osservo che, fra i sistemi efficaci di identificazione, la rilevazione delle impronte digitali – ma potrei anche dire la scansione dell’iride – appare senz’altro meno lesiva di diritti, rispetto a sistemi di identificazione che già sono in uso e rispetto ai quali nessuno dei presenti ha gridato allo scandalo. E qui, solo un richiamo alla tua battuta sulla fototessera: sai quando si dice che un’immagine vale più di mille parole? Ecco, una fototessera può denunciare (ripeto: può denunciare, non ho detto che in ogni caso illustra) molte informazioni anche a chi non sia Lombroso: ad esempio può dirmi cose sulla razza di una persona, sulla sua salute e su eventuali patologie delle quali sia affetta, sulla sua cultura o religione;
4) di conseguenza, opto per questa soluzione, sempre pronto ad ascoltare le ragioni di chi sia contrario, purché siano ragioni e non proclami non argomentati.
Tu la porti su un altro piano, riguardo al quale sono davvero impreparato. Mi pare che la soluzione di cui parlavo sia effettivamente nel senso di ridurre al minimo le intromissioni, anche se sinceramente non ho proprio capìto che cosa intendi quando dici «meglio lo stretto necessario ai fini di un concetto RAPPRESENTATIVO dell’identificazione, e non il concetto di identificazione come tracciabilità fisica esteso A PRIORI a tutti e a un numero crescente di occasioni di rilevazione». Se intendi dire che questo tipo di schedatura deve essere riferito solo, diciamo, “a chi se lo merita”, allora ritorniamo alla questione iniziale: perché? Che cosa ha questo sistema di diverso rispetto ad altri già in uso?
io di giurisprudenza so un tubo: parto dal presupposto che le informazioni nella fototessera sono anche quelle, a meno che non decida di vivere nel deserto o di uscire col burqa integrale, che accetterei fossero pubbliche in una qualunque società naturale. che poi le comunità o addirittura lo Stato possano mettere in atto pratiche discriminatorie a partire da quelle informazioni ce l’ho presente. purtroppo ritengo che, documenti o no, ci si possa opporre a quella discriminazione solo e comunque denunciandone pubblicamente le manifestazioni. ribadisco che io non “grido allo scandalo” per le impronte, e che mi preoccupa la circolazione anche degli altri dati.
se uno si fa la fototessera col turbante, è perché va in giro col turbante, quindi lui e la comunità dove vive si attrezzeranno in qualche modo. lo stesso in linea di principio vale per acne, strabismo, alopecia e tutto ciò che “si vede” nella fototessera. piuttosto ciò che stigmatizzo è l’uso di tecnologie, per dire, traccianti, che spostano l’asse dell’identificazione da un campo di procedure simboliche (io mi rappresento ad altri per mezzo di documenti) ad uno di individuazione dei corpi e delle tracce biologiche che portano sempre con sé.
questo sistema ha di diverso il fatto che l’identificazione passa non per una mediazione e una verbalizzazione, ma per un cortocircuito del mezzo che rende disponibile direttamente un’epitome del mio corpo (impronta, iride, dna, ecc), quindi per scansioni e archiviazioni automatiche. l’operatore che deve controllarmi le impronte o l’iride per identificarmi non fa rilievi empirici e bona lì: guardando le mie impronte o i miei pupilloni non vede mica un pattern. quindi usa sistematicamente controlli elettronici che fanno scansioni. e ualà! che figata.
più che “dati” sensibili metto a disposizione indici sempre più precisi capaci, se messi in database e incrociati con altri archivi, di spiegare ad esempio che questo corpo è stato qui ed è stato là, che ha subito altre rilevazioni nelle occasioni x, y e z, per le ragioni a, b, c.
non mi piace il passaggio a mezzi in sé che isolano corpi umani, come le impronte in sé, se non per dimostrate e irrinunciabili finalità di indagine.
per me è ragionevole supporre che la generalizzazione di identificazioni biometriche e non empiriche e simboliche possa fare al mio corpo fisico più o meno quello che lo spyware fa ai miei profili di utente di internet. magari è una cazzata, non ho le spalle così larghe per dire le cose con certezza. saluti.
Molto più semplicemente,ti rivolto la frittata senza farmi troppi scrupoli.Perchè IO dovrei dare a TE spiegazioni sul perchè sono contrario a depositare le impronte,sei TU che dovresti spiegarmi il motivo per cui IO dovrei depositare le mie impronte,quando esiste già un ottimo metodo che è la carta di identità per farmi identificare come libero cittadino in uno stato democratico.
Scusami sai ma quelli che ragionano per slogan…
In effetti io parto dal presupposto che un documento di identità serva, appunto, a identificarmi. Mi piacerebbe che sulla mia carta di identità ci fosse una mia foto mentre sono seduto ad un tavolo della mia osteria, con una bottiglia di vino ed un mio amico, mentre parliamo di gnocca, e sicuramente quello sarei io, però non è questo che si chiede ad un documento.
Quando ti immagini una perdita dell’empirico in favore di una tecnologia “tracciante” richiami, e mi ripeto, immagini suggestive e sinistre da una letteratura e da una cinematografia ben note, e devo dire che lo fai in maniera molto efficace ed elegante; però resta tutto – per la mia mente che vuole le cose, la roba – troppo rarefatto e letterario. Ancora non riesco a capire dove sarebbe, in concreto, il rischio di una simile identificazione; un rischio – intendo – che non sia già presente in tantissimi profili della nostra vita quotidiana, che pure accettiamo tranquillamente e con il quale conviviamo (anche senza gridare allo scandalo, d’accordo).
Scusami, forse anche tu ti confondi,io non ho fatto riferimento a” immagini suggestive e sinistre da una letteratura e da una cinematografia ben note”.Forse,TU sei condizionato o ti vuoi fare condizionare.In alcuni casi è la cinematografia che da spunto alla realtà.Senza scadere nel qualunquismo,ti posto un link
http://quotidianonet.ilsole24ore.com/cronaca/2008/03/14/72418-ispirato_rapinato_banche_preso.shtml
Ora tu mi dirai che se avessimo tutti depositato le impronte,avrebbero preso anche il complice,ed avresti ragione.Ma se avesse preso la tua impronta da un bicchiere rubato in un bar ed avesse fatto la rapina con indosso un passamontagna?Conoscendo come funzionano le cose in Italia,prima ti avrebbero arrestato,e poi…ma poi…specialmente se sei un figlio di nessuno…come me!
Continuo a confermarti che le impronte digitali sono il miglior metodo di identificazione,ma dal punto di vista investigativo,potrebbero sviare le indagini.Cosa cambia se per strada mi fermano per un controllo e mostro un documento o un dito?Nulla!Ma se vado a fare una rapina,posso mettermi i guanti di gomma,e non c’è “siessai” che tenga.Ricordati che noi abbiamo il RIS,o peggio, il GAT del colonnello Rapetto,che a professionalità…e per finire si io ho manifestato pacificamente control’abuso delle telecamere nella mia città.Sai sono uno coerente.
Poldo, parlavo con Marquis.
fiandri, ci siamo incartati e al prossimo giro passo, che son diventato noioso, ma rispondo ancora una volta con piacere:
fai due osservazioni ricorrenti che però non sono per forza obiezioni:
– ” richiami immagini sinistre da una letteratura e da una cinematografia ben note “.
non ho colpa se esistono filoni narrativi che sfruttano il tema. se c’è una concrezione culturale, alla quale comunque non faccio riferimento, avrà pure una dignità. come dice poldo, qualche volta la fiction ha valore predittivo o ispiratore. intendi dire che faccio del folclore. dico che la realtà stessa è folcloristica. ci ricordiamo pio pompa? dossier eccetera? è roba di due anni fa, e non è uscita dalla penna di philip dick. anche queste persone, purtroppo
http://www.borsaitaliana.reuters.it/news/NewsArticle.aspx?type=topNews&storyID=2008-05-20T163141Z_01_DIG055863_RTRIDST_0_OITTP-DNA-ROM-ROMAGNOLI.XML
esistono davvero e non sono degli emarginati.
– ” tanto ci sono già molti sistemi per trafficare con i dati e siamo tutti tranquilli “.
per la terza o quarta volta: non è vero che “siamo tutti tranquilli”. cfr. pio pompa. fioccano sentenze del garante, dibattiti pubblici, approfondimenti, riguardo i casini scatenati dalla gestione dei dati. è una scaturigine di problemi. il fatto che esistano tante battaglie mi porta a credere di non aver torto se dico che la prerogativa di identificare le persone, da parte dello stato o di soggetti privati, è oggetto di conflitto e negoziazione. “identificazione” è una parola contenitore, bisogna contrattare cosa ci mettiamo dentro. la tentazione della tecnologia definitiva (che se permetti è almeno altrettanto figlia di miti suggestivi) fa a cazzotti con la necessità di negoziare a posteriori, rispetto alla quale è preferibile che non ci sia un accentramento rettificato delle procedure. come dire che se possiedo una lamborghini, tanto vale usarla anche per portare a spasso il cane.
l’esistenza di mezzi che già archiviano e vendono dati all’insaputa della gente non è un argomento contro la cautela su impronte, dna e scansioni varie ma piuttosto un indizio a carico, in contraddizione con la tua osservazione precendente, per cui le cautele preventive sulle tecnologie di individuazione poggiano su fumisterie sci-fi.
ti ho portato un caso secondo logica, e non i contenuti speciali del cofanetto di matrix:
facciamo l’ipotesi che un operatore incaricato di identificarmi non guardi il mio documento, ma faccia ricorso a impronte o altri mezzi biometrici non empirici.
è vero o no che l’incaricato è il terminale deresponsabilizzato di una procedura tecnica della quale io a malapena percepisco l’avvio?
a me non risulta – magari dico una cazzata – che l’incaricato possa guardarmi i polpastrelli o gli occhi per capire qualcosa. il ricorso a scansioni e archiviazioni elettroniche successive diventa necessario per tutti i casi in cui bastava aprire un secondo il documento e buttare l’occhio. non so se è chiaro, ma la perdita dell’empirico non c’entra col discorso dell’osteria. e mi fermo qui senza arrivare agli esempi di poldo su abusi mirati delle impronte. ciao
Va bene, discussione sin qui gradevole ma ora mi pare che siamo arrivati ad un punto nel quale ciascuno ripete i propri argomenti perché pensa – a ragione o a torto – che l’altro non abbia replicato.
Non ho capito se sposi o meno gli esempi di Poldo, al quale – su ciò che aveva scritto ieri – avevo tentato di replicare sul suo blog.
Ciao
Troppo comodo spostare la conversazione dove vuoi tu.Sappi che ho cancellato tutto,e che considero il tuo gesto sbagliato perchè non mi dai modo di ribattere alle accuse che mi hai fatto.Tanto per chiarirne una,io sulla carta d’identità posso avere la mia vecchia residenza,finche la carta d’identità non scade,e quando parlo di modificare,occultare,in parte mi riferisco alla legge sulla privacy ed in parte alla carta di identità.Lo stato civile,per tua conoscenza,si può occultare,non è obbligatorio,e se ho gli occhi cangianti e mi presento a fare i documenti in una giornata di sole,i miei occhi saranno azzurri,invece in inverno castano chiaro.
Per il resto lasciamo tutto così,è meglio per tutti.
Bella quella dello stato Rom, non l’avevo mai sentita.
Mi fa venire il mente la vecchia battuta di Grillo: “Ma allora se son tutti socialisti, a chi rubano?”