Certi PM sono un cancro per certi premier. Certi premier sono un cancro per tutti i PM. Certe settimane sono un cancro per questa rubrica. Cinque nuove entrate in top 10, delle quali solo due prevedibili: Coldplay (n.1) e Giovanni Allevi (n.4). Ma c’è anche (dietro al n.2 di Ligabue) il n.3 di Marco Carta, lo sfasatissimo barbierino cagliaritano che ci viene da Maria De Filippi. E il n.9 di Marracash, il rapper che viene dalla strada col suo “Badabumchacha che viene dalla strada”. E il n.10 che viene da Dio (o dalla Disney. Bah: stessa cosa) dei teocon adolescenti Jonas Brothers, predatori di paghette al seguito di Avril Lavigne e Hannah Montana e protagonisti di High School Musical.
Così, su cosa fare il lezioso temino? Butto Carta dalla finestra (cfr. Alvaro Vitali), bruciandomi “Carta canta” come titolo. Scartato Carta (…ok, basta) butto anche Allevi, il Keith Jarrett de noantri: tanto un domani il fatto che abbia 4 cd in top 30 mi tornerà utile. Sego i Jonas Brothers perché non voglio fare del male ai bambini – al contrario del governo americano (o della Disney. Bah: stessa cosa). Resta Marracash, che sembra un po’ meglio dei giullari hip-hop della sua generazione, ma nel cavallo di battaglia Badabumchacha afferma: “Mettimi T.I. e leva i Coldplay o potrei sfasciare tutto come Cobain e lasciare tutti di stucco come a Pompei”. Quindi lo lascio nella strada, a lui e a quell’idiota di T.I., e vi parlo, ché poi in fondo è atto dovuto, del numerouno dei numeriuno del Decennio: i Coldplay.
E dunque perché il rapper, giù nella strada, individua i Coldplay come emblema della lagna? Perché non ha il corredo virile per dire che sono molto più lagnosi Miticovasco e Miticoliga? Risposta esatta – ma andiamo oltre: lasciate che vi trasporti magicamente a due mesi fa, quando Viva la vida or death and all his friends è stato presentato alla crema del criticismo musicale milanese. Nell’occasione, il sottoscritto (lì infiltratosi per poi bullarsi al bar di far parte della suddetta crema pasticcera) vide penne affilate come lame. Attorno a un tavolo come gli spettatori della roulette russa del Cacciatore, i fini scrivitori si lasciavano scappare ogni tanto un sanguinario: “Mau! MAU!”. Ognuno cercava di capire quello che avrebbe scritto il vicino. E tutti buttavano l’orecchio all’imam Riccardo Bertoncelli, uomo da 30 anni vaffanculeggiato da migliaia di persone (durante i concerti di Francesco Guccini) e in quanto tale ammirato e invidiato da ogni critico. E udendolo scagliare giudizi fiammeggianti, anche gli altri mostravano sdegnosi il pollice verso. Solo due persone difendevano il gruppo del decennio: 1) Andrea Laffranchi del Corriere della Sera, da alcuni soprannominato “L’insipientissimo” (ciao, Andrea. So che non lo sapevi), e 2) il sottoscritto, da alcuni soprannominato “Il malvagio”.
Perché in verità, Viva la vida e via dicendo è un po’ un pastrocchio, ma è un pastrocchio generoso, che nel seppellire (visto che è un disco alquanto cimiteriale, come forse avevate intuito dallo stupido titolo) quanto fatto dai Coldplay finora, cerca con l’ausilio dello spesso sopravvalutato Brian Eno di sommare tutto il pop britannico contemporaneo. Come in un test di Rorschach, ci troverete tutto quello che di quest’ultimo vi piace o vi fa schifo: dagli U2 ai Keane, dagli Stereophonics ai Radiohead, dei quali i Coldplay sono la versione dolciastra ma in un certo senso non meno malinconica, proprio perché oggettivamente clueless, spaesata come insegna il cantato di Chris Martin, che ha insegnato a tanti imitatori a enfatizzare i momenti di fragilità con falsetti improvvisi (gli “auuuh!” di Vibrazioni e Negramaro). Ma non solo: il clima dell’album è realmente novembrino, e l’uscita del disco in estate è del tutto controindicata – anche se fior di remixatori sono al lavoro per rendere i pezzi meno lapidari – affinché ad essere seppellita non sia la EMI. Ad ogni buon conto nel disco non troverete una sola canzone lineare di quelle alla Clocks o alla Trouble; viceversa ci troverete finalmente anche in chiave musicale lo stesso goffo sgomento esistenziale e malinconia endemica che fino ad ora Chris Martin aveva espresso solo nei testi dei megasuccessi precedenti. Per intenderci:
– “Ero perduto. Ero perduto. Oh, yeah”.
– “Non so dove sto andando. Non so da dove vengo”.
– “Avevo paura, avevo paura. Ero stanco e non sufficientemente preparato”.
– “Non volevo darti dei problemi. Non volevo farti male”.
– “In che direzione stiamo andando, nessuno lo sa”.
– “Le luci si spengono e non posso essere salvato”.
– “A casa, a casa, è dove avrei voluto andare”.
– “Ooooh, ooooh”.
E poi il carico da undici:
– “Lo so che sono morto all’esterno. Ma sotto la superficie sto gridando”.
Ora: dire che Viva la vida e quant’altro sia venuto bene sarebbe troppo. Però è coerente. E’ mesto e dolcemente lamentoso, come la generazione che rappresenta, col suo profilo inconsolabile eppure autoironico (durante i concerti, Martin ogni tanto avvisa sorridendo: “It’s depression time!”). La musica a sua volta non sa che pesci pigliare, parte spesso per delle cavalcate che non arrivano da nessuna parte, perché Chris (e Ciccio e Tipo e Coso) (i tizi che accompagnano Chris in una direzione che NON conoscono) alla fine vorrebbero solamente andare a casa. Dalla mamma, o da Gwyneth Paltrow.
Oh, beh. Facciamo la seconda, badabumbumcha.
Ma Allevi, con tutte queste mossette sui manifesti… ma fusse che fusse nu pocu……
Ma se Allevi è il Keith Jarrett de noantri, Einaudi cos’è?
Einaudi è l’Allevi di Keith Jarrett ?
Marco Carta…..
è la fine della civiltà come la conosciamo.
Ma è vero che Marco Carta ha vinto la finale di “Amici” sconfiggendo in due tesissimi playoff Marco Forbici e Marco Sasso? So che la vittoria contro Marco Forbici è stata molto contestata.
Caro Mad,
prima che questo post scompaia es iusual sepolto da cumuli di links, politics, ricchi premi & cotillons, consentimi una precisazione.
Quando uscì il primo Coldplay io restai abbastanza colpito.
L’animaccia di Sir Reginald si era forse reincanata in quel ragioniere del catasto di Chris Martin?
Il dubbio si dissipò presto, appena vidi (anzi sentii) i Coldplay incapaci di uscire dal clichè pop-malinconoia (Assante li ha recentemente incensati su mediatrek utilizzando questo termine e ricevendo sonore ciaffate dai suoi lettori, tra i queli me stesso me) sul quale si erano posizionati.
Il seguito, beh.
Concordo sul “coerente” da te utilizzato.
Ma penso che senza l’ausilio del link metamediatico del matrimonio (con figli dai nomi alieni) con Gwyneth (d’altronde) dei Colplay oggi resterebbe ben poco.
Talvolta le carriere sono sostenute con mezzi al di là di ogni sospetto.
DD, pensa che io invece trovo rilevante come segno dei tempi anche il fatto che la Gwyneth si sia invaghita di lui e non di uno dei Kasabian o degli Arctic Monkeys o dei Franz Ferdinand. Tra gli uomini metrosexual o ubersexual, metrofighetti o ubertamarri proposti come modelli, alla fine la donna semisensata – e la Gwineta mi sembra rientri in quella categoria lì – a tutt’oggi sceglie pervicacemente il babbione melanconico. Martin poi ha anche il physique du role di quello che inciampa nei propri sentimenti stile Walter Mitty (Danny Kaye, Sogni Proibiti. Lo so, è un film stravecchio, ovviamente esistono esempi più recenti, ma fa troppo caldo per pensarci).
I totally agree with you, mad.
Non ce la vedo proprio miss Gwyneth (per la quale nutro una sana passione) con Alex Kaprones o con il tredicenne che siede dietro la batteria delle Scimmiette Artiche.
Anche se per le figlie potevano evitare di emulare gli Ellkann o i Totti.
Piuttosto.
Ti hanno sparato un post lassù che mi sa che entro un dieci/undici minuti esci dalla videata.
Maledetti.
io ti adoro di quell’adorazione che implica imbarazzo.
;-)
‘spesso sopravvalutato Brian Eno?!ma non scherziamo!mai abbastanza valutato!
A me i Coldpaly piacciono, di un gradimento medio-costante(e sarò scema, ma io non trovo somiglianza nè con Radiohead ne’ con U2).
Sono piacevoli, come lo è Cris Martin.
poi arrivano i Gallagher o Richard Ashcroft, e allora li’ è tutto un altro discorso