Ormai pare assodato,
Se Sgarbi è uno sgarbato,
Travaglio è un travagliato.
Se Sgarbi è uno sgarbato,
Travaglio è un travagliato.
Però sono dubbioso:
Se Fazio è uno fazioso,
Schifani?
(l’autore si dissocia preventivamente da qualsiasi ulteriore rima possa essere generata con questa metrica; si dissocia dai possibili significati ricollegabili alle parole soltanto per una mera convenzione linguistica; si scusa infine con il direttore generale della Rai per non averlo fatto intervenire, ma qui avrebbe creato soltanto confusione)
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baciamo le mani.
Pensa te Ballardini, finchè Neri non posta links a caso per commentare Facci, desidero che la tua satira complessa e introspettiva viva bei momenti di gloria.
“SCONTRO VIOLANTE-COLOMBO – Intanto, sul caso Travaglio, è polemica a distanza tra Luciano Violante e Furio Colombo. Quest’ultimo ha dichiarato: «Mi scandalizzano le parole usate da Violante che chiama ‘pettegolezzo’ ciò che ha scritto un giornalista che è scortato per minacce di mafia, ovvero Lirio Abbate, il cui frammento di libro è stato citato da Travaglio. Chiamare “pettegolezzo” una testimonianza di mafia, mi pare inconcepibile e sta allargando in modo allarmante il ‘livello Bondi’, che sta diventando il parametro a cui una parte dell’opposizione aspira ad omologarsi». Immediata la replica di Violante: «Colombo ha travisato completamente e spero non intenzionalmente il mio pensiero. Le mie dichiarazioni si riferivano senza equivoci, infatti, a Travaglio. Non è stato mai da me menzionato né direttamente né indirettamente un professionista serio e capace come Lirio Abbate».”
Circa il tema del prossimo libro di Travaglio, non sono d’accordo. Lo conosco poco, ma penso che si guardi bene dal liquidare tutto con la democrazia in pericolo e il fascismo. Prevedo invece un nuovo rimestamento di atti giudiziari incontrovertibili su qualche bisnonna, ad esempio della Prestigiacomo, tanto per restare in regione. Oltre ai cavalli di battaglia.
Le scartoffie, però, non conoscono limiti.
Penso anche che se qualche governativo poco avveduto continuasse a reclamare soppressioni o censure sarebbe un gran pirla. Fermo restando il diritto di ognuno di querelare a titolo personale chiunque, lascerei ogni libertà di espressione a questi cantori della giustizia – senza Sgarbi e senza contraddittorio – che non aspettano altro che essere epurati.
Una botta di silenzio e una bella poesia elementare e buonista del mite Bondi. E pace.
Virginia ha puntato Ballardini.
Dichiaro aperto il Ballo.
A me ha fatto ridere, sò sempliciotta?
“Ah, quanto ce piace chiacchierà…”
Scusa Virginia, non ho capito la notizia. Una volante si è scontrata sulla Cristoforo Colombo?
No,non hai capito: Virginia ha solamente detto che un colombo si è schiantato su un abate volante.
sempre peggio
NO NO, IL COLOMBO E’ STATO CENTRATO DA UNA STELLA COMETA MENTRE MANGIAVA UN ‘BONDI’ IN PACE.
Ma cazzo come mai succedono tutte queste cose e io sono sempre l’ultimo a saperle?
UNA GRANDE ENORME STREPITOSA CAZZATA!
Ma la madre di tutte le domande è sempre questa: Berlusconi dove li ha presi i 113 miliardi (circa 300 milioni di euro odierni) per fondare Fininvest?
Berlusconi disse che era la liquidazione del padre. :))))))))))))))
Da Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Silvio_Berlusconi
…………..
I finanziamenti di origine ignota
Rimane tuttora ignota, a distanza di più di 40 anni, la fonte degli ingenti capitali di cui dispose il ventisettenne Silvio Berlusconi per avviare la sua attività imprenditoriale. Interrogato sulla questione in sede giudiziaria dal P.M. Antonio Ingroia, Berlusconi si avvalse della facoltà di non rispondere; inoltre, ancora oggi gli istituti di credito svizzeri negano alla magistratura italiana la possibilità di accedere alle identità dei possessori dei conti cifrati inerenti al flusso di capitali transitato all’epoca e in piena disponibilità della Fininvest.[43]
Al tempo in cui Luigi Berlusconi era procuratore generale della Banca Rasini, infatti, questa entrò in rapporti d’affari con la Cisalpina Overseas Nassau Bank, nel cui consiglio d’amministrazione figuravano nomi poi divenuti famosi alla cronaca giudiziaria, come Roberto Calvi, Licio Gelli e Michele Sindona. La stessa banca Rasini fu indicata da Sindona e da altri collaboratori di giustizia come coinvolta nel riciclaggio di denaro di provenienza mafiosa (il che aiuta a comprendere la grossa presenza di finanziatori svizzeri nei primi anni di attività di Berlusconi.[44] Queste indicazioni assumeranno un importante significato rispetto ad alcune successive ombre sulla figura di Berlusconi quali i supposti rapporti con la mafia e l’iscrizione alla loggia massonica Propaganda 2[45] di Licio Gelli con tessera 1816, codice E.19.78, gruppo 17, fascicolo 0625, data di affiliazione 26 gennaio 1978: la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2 (fornita di poteri ispettivi analoghi a quelli della magistratura, secondo la lettera della legge istitutiva 23 settembre 1981, n. 527), nella relazione di maggioranza firmata da Tina Anselmi individuò proprio nell’appartenenza alla loggia P2 l’origine di numerosi finanziamenti altrimenti inottenibili: nella sezione dedicata ai rapporti finanziari della loggia, infatti, emerse che «…non vanno peraltro trascurati anche altri interventi con identici fini, anche se di portata minore, che la Loggia P2 pone in essere sia tramite il Banco Ambrosiano, sia tramite altre banche ove alcuni operatori (Genghini, Fabbri, Berlusconi, ecc.), trovano appoggi e finanziamenti al di là di ogni merito creditizio. Molti degli istituti bancari, ai cui vertici risultavano essere personaggi inclusi nelle liste P2, non hanno effettuato in merito opportune indagini, ma l’esistenza di una vasta rete di sostegno creditizio per le operazioni interessanti la loggia risulta provata dalla già citata inchiesta portata a termine dal Collegio sindacale dei Monte dei Paschi di Siena…».[46]
Nel 1999 Francesco Giuffrida, vicedirettore della Banca d’Italia a Palermo, durante il processo Dell’Utri, sostenne, in una consulenza da lui eseguita per conto della Procura di Palermo riguardante la ricostruzione degli apporti finanziari intervenuti alle origini del gruppo Fininvest tra gli anni 1975-1984, che non era possibile identificare la provenienza di alcuni fondi Fininvest del valore di 113 miliardi di lire dell’epoca in contanti e assegni circolari (corrispondenti a circa trecento milioni di euro odierni)[47]. La questione riguardava i sospetti di presunti contributi di capitali mafiosi all’origine della Fininvest.
La difesa
Le ipotesi di riciclaggio non sono state confutate né confermate da prove decisive, anche a causa del segreto bancario vigente in Svizzera.
Stando alle dichiarazioni dello stesso Silvio Berlusconi, fu la liquidazione del padre, Luigi Berlusconi, divenuto poi collaboratore del figlio all’Edilnord e in molti altri momenti cruciali della sua vita imprenditoriale, che servì a finanziare gli inizi della sua attività imprenditoriale e a costituire la metà del capitale dei Cantieri Riuniti Milanesi. Silvio Berlusconi si definisce un uomo che si è fatto da solo perché il suo successo – stando a queste dichiarazioni – si basa sulle sue “capacità imprenditoriali”, sul suo “fiuto per gli affari”, sul suo “lavoro indefesso” e su una serie di “fortuite circostanze” che gli avevano garantito la fiducia dei vari finanziatori.[48]
Querelato per diffamazione da Mediaset, nel 2007 Giuffrida giunse a un accordo transattivo con i legali di questa. Con l’accordo il consulente della Procura ha riconosciuto i limiti delle conclusioni rassegnate nel proprio elaborato e delle dichiarazioni fornite durante il processo (definite incomplete e parziali a causa della scadenza dei termini di indagine che non gli avevano permesso di approfondire a sufficienza l’origine di otto transizioni dubbie) e la dichiarazione conseguente che tutte le “operazioni oggetto del suo esame consulenziale erano tutte ricostruibili e tali da escludere l’apporto di capitali di provenienza esterna al gruppo Fininvest”. [49]
………………
Incredibile! Ma è successo veramente? No, dai.
PENSIERO STUPENDO
Pensate se un giorno qualche dipendente di quella banca svizzera facesse trapelare l’identità dei possessori dei conti cifrati inerenti al flusso di capitali transitato all’epoca e in piena disponibilità della Fininvest.
Pensate che risate, magari con Berlusconi Presidente della Repubblica. Pensate le risate che si farebbero Facci e Virginia. Eeheheheheheheh!
http://it.youtube.com/watch?v=IXryLhq3Mg0&feature=related
Straccione di un Ventomare.
la Procura di Palermo, nel 1997, affidò al perito della Banca d’Italia Francesco Giuffrida l’incarico di verificare se dei soggetti terzi (tipo la mafia) avessero potuto contribuire a formare eventualmente il gruzzolo primordiale della Fininvest. La perizia, pur genericamente, non riuscì a individuare la precisa origine di otto operazioni, e partì da questo una macchina mediatica formidabile, un leimotive che trasformò Giuffrida in eroe e Berlusconi in mafioso. Giuffrida, poi, ha messo per iscritto che le famose operazioni erano in realtà “tutte ricostruibili, e tali da escludere l’apporto di capitali di provenienza esterna al gruppo Fininvest”; non solo: Giuffrida ha ammesso che a margine della perizia fu sovente messo alle strette dalla Procura di Palermo e soprattutto che il lavoro non potè neppure terminarlo, perché il procedimento contro Berlusconi fu infine archiviato. Circostanza che non impedì di riutilizzare la stessa perizia e la sua testimonianza, benché incomplete, nel corso del processo contro Marcello Dell’Utri per appoggio esterno in associazione mafiosa. Ora: come si valuta una notizia come questa, o meglio: come si valuta la smentita di una notizia e di una perizia di dieci anni fa? In cento modi, ma non c’è smentita che non vada calibrata secondo le conseguenze che la notizia falsa intanto abbia avuto. Nel caso della perizia di Giuffrida si parla di qualcosa che adombrò “mafia” attorno all’uomo più popolare del Paese, forse dopo il Papa, qualcosa che divenne architrave delle frotte di libri dei burluscologi Ruggeri & Guarino, poi rimpiazzati dall’altra coppia Gomez & Travaglio, senza contare le copertine dell’Espresso, quelle di Diario, il conosciuto libro “L’odore dei soldi” (quelli guadagnati da Travaglio) scritto da Elio Veltri e Travaglio medesimo, lo stesso poi riversato nella nota e galeotta puntata con Daniele Luttazzi su Raidue, dunque sui centinaia di video reperibili sul sito Youtube. Il sedimento decennale di una notizia-perizia del genere, ora smentita, ha creato mostri, si è trascinata come una pesca a strascico di sostanziali cazzate; per esempio su centinaia di blog, addirittura in un pamphlet coadiuvato dall’eurodeputato Gianni Vattimo e distribuito a Bruxelles in quattro lingue, e addirittura in appelli “Forza Giuffrida” senza contare l’incipit del famoso “Caimano” di Nanni Moretti, insomma classiche note di antiberlusconismo professionale. Ci vorrebbero in teoria dieci anni per pareggiare i conti, e non si può, d’accordo, le cose vanno come vanno, e però, ora, come-è-possibile non dare neppure la notizia, come i giornali pochi mesi fa praticamente non la diedero? Neppure-la-notizia? Oddio, Repubblica l’ha data con 14 righe a pagina 22, e il titolo è “Fininvest, niente causa al consulente dei pm di Palermo”. Anche la Stampa ha pubblicato uno straccetto d’agenzia non firmato a pagina 18. L’Unità niente, e si capisce, anzi no, una cosa del genere non è perdonabile neppure su l’Unità, perché il direttore Antonio Padellaro è uno che le notizie perlomeno le ha sempre date. Non si pretende magari che possa titolare come ha fatto Liberoi, che in prima pagina ha sparato “Su Silvio un mucchio di balle”. Ma che dire del solito Corriere della Sera? Non ha scritto niente. Niente. Presente il Corriere della Sera? Non ha scritto niente.
Ovvio che a Finivest interessasse ristabilire la verità, è per questo che che a suo tempo promosse una causa civile per forza di cose contro Francesco Giuffrida. Ma l’obiettivo era appunto la verità, non Giuffrida: nella transazione infatti il Gruppo riconosce “che i limiti della consulenza del dottor Giuffrida non sono dipesi da sua negligenza, ma da eventi estranei alla sua volontà”. Chiusa qui. E pensare che nel tardo novembre 2006 l’apposito Marco Travaglio diffuse addirittura un appello a favore di Giuffrida, martire vessato dalla Fininvest: “Perchè questo appello?”, scriveva. Risposta: “Per rompere il silenzio e la solitudine che lo circondano”. Ma quale silenzio. Dieci anni di baccano fatto alle sue spalle, dieci anni di santificazione non richiesta per un funzionario che poi ha ammesso la sua serafica verità. Il silenzio, silenzio su questa verità, è quello dei giornali di ieri e di oggi e di domani. Tendi l’orecchio: non si sente niente.
Ventomare straccione.
Ballardini, ti prego, informati sulle cose lontano, lontanissimo da qui. Te lo dice uno che tutti i santi giorni deve riuspondere penalmente, civilmente e professionalmente di quello che scrive.
Scusa una domanda Virginia: ma tu, per amore, voteresti PD?
Cioè tu, affermi che Giuffrida finì il suo lavoro? O si trovò di fronte ad una serie enorme di transazioni sequenziali per le quali fu impossibilie risalire alla loro provenienza per gli ostacoli posti per ciascuna di queste dal sistema bancario svizzero? E che Berlusconi dimostrò la provenienza di quei capitali o si avvalse della facoltà di non rispondere?
Faccitua
Per amore no.
Noto però con dispiacere che tu, per qualche altro amore, sei passato dai bollettini trionfanti della Gazzetta Ufficiale, dal 24 Ore e altre nobili macro-analisi,a Wikipedia, come un Travaglio alle prime armi.
M’hai rattristata, ti credevo un valente economista del net.
Del resto, però, anche Visco ha sbracato, alla fine.
Virginia,
che bel disco che hai messo!
Virgi, intanto digli a Treconti che se non c’è il tesoretto, come afferma, per l’abolizione dell’ICI e lo sgravio degli straordonari deve fare una manovra correttiva di 4 miliardi. Cucù!
Dario, Dario, dov’eri in tutti questi anni? Grazie per il sorriso che mi hai regalato: il tuo componimento, per dirla alla Proietti, “a me mi piacque”…
Un abbraccio
Perché le campane vanno sentite tutte.
Oggi D’Avanzo (che è uno di cui mi fido insieme a Bonini) fa un pezzo su Repubblica http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/politica/insulti-schifani/lezione-schifani/lezione-schifani.html titolato “La lezione del caso Schifani”, nel quale non è propriamente tenero con Travaglio e lo definisce, a proposito di questa storia, “Sincero con quel che dice, ma insincero con chi lo ascolta. Dice quel che crede e bluffa sulla completezza dei “fatti” che dovrebbero sostenere le sue convinzioni”.
Allo stesso tempo chiosa in questo modo: ……
“Nel “caso Schifani” non si può stare dalla parte di nessuno degli antagonisti. Non con Travaglio che confonde le carte ed è insincero con i tanti che, in buona fede, gli concedono fiducia. Non con Schifani che, dalle inchieste del 2002, ha sempre preferito tacere sul quel suo passato sconsiderato. Non con chi – nell’opposizione – ha espresso al presidente del Senato solidarietà a scatola chiusa. Non con la Rai, incapace di definire e di far rispettare un metodo di lavoro che, nel rispetto dei doveri del servizio pubblico, incroci libertà e responsabilità. In questa storia, si può stare soltanto con i lettori/spettatori che meritano, a fronte delle miopie, opacità, errori, inadeguatezze della classe politica, un’informazione almeno esplicita nel metodo e trasparente nelle intenzioni.”
Direi che ce n’è d’Avanzo.
Ma chi è Dario?
Ora c’è un Dario di troppo! Credo intendesse Bruno.
Graziano Cozzi, Bergamo (per non essere anomimo).
Ma quanto clamore per le dichiarazioni di Travaglio! Come mai Vespa non si è scusato con la famiglia di Nicola dopo che Fini nella trasmissione di ‘porca a porca’ ha affermato che è stato più grave bruciare una bandiera che non aver ammazzato un giovane?
Qualcuno me lo spieghi per favore.
Fini ha sostenuto che l’antisemitismo fosse più grave di un omicidio preterintenzionale.
L’antisemitismo è un fenomeno che ha (ed ha avuto) conseguenze peggiori del singolo omicidio.
D’Avanzo sta semplicemente assecondando il nuovo corso di Repubblica e De Benedetti, tutto teso a favorire il dialogo, a svelenire il clima politico e balle varie.
Infatti mente lui stesso quando accusa Travaglio di mentire a chi lo ascolta, avendo Travaglio fatto un’affermazione che non e’ possibile smentire, essendo vera e provata: Schifani era in societa’ con persone poi rivelatesi mafiosi, e ha rimandato ad altre fonti per approfondimenti.
E soprattutto mente quando accusa Travaglio di partigianeria, essendo noto a tutti che Travaglio non guarda in faccia a nessuno e un giorno si e l’altro pure attacca anche personaggi di primo piano del PD.
Il punto e’ proprio questo: che Travaglio non e’ partigiano, non fa parte di nessuna conventicola, di nessuna famiglia, non e’ gestibile, non e’ flessibile rispetto alle mutevoli esigenze dei proprietari dei giornali, dei capi della casta, dei banchieri ecc.
Come e’ invece D’Avanzo, che affronta i temi di volta in volta graditi e stimolati dalla proprieta’ del suo giornale, tutta tesa in queste ore a ristabilire ottimi rapporti con il PdL.
Sì, Fini credo intendesse andare oltre i soliti schemi che vedono contrapposte questi che sono retaggi appartenenti ad un passato che , lo dice la parola stessa, è passato. Fini è un uomo che intende spingere più in là il senso della gravità, è un uomo che non casca sulla prima buccia di banana messa lì da dei giovani che si fingevano finti naziskin in modo tale da discreditare la categoria dei finti naziskin veri e dei giovani comunistelli figli di ricchi con la kefia e altri stracci da pochi euro addosso. Non non vogliamo capire, nonostante Fini cerchi di aprirci gli occhi, che quella di Verona è stata una critica di costume finita male e questo è imparagonabile ad una bandiera che brucia, non foss’altro che una bandiera che brucia immette nell’atmosfera del monossido di carbonchio (ma credo anche di carbon a la coque) e qui esce allo scoperto la sensibilità per le tematiche ambientali di Gianfanco Fini, che di fatto mette allo scoperto tutti i limiti degli pseudo-ambientalisti di sinistra Fini, a differenza dei Verdi, predilige gli assassinii eco-compatibili. Fossi uno di sinistra mi preoccuperei perchè questa classe dirigente sta perdendo l’identità. Occorre che recuperiate la piazza, le fabbriche, gli ospizi, gli idraulici ched lavorano solo in nero, gli aratori e gli Aram Quartet. Ginafranco è un uomo coraggioso che ha tradotto un partito di uomini in-potenza sino alle rive del futuro, lo stesso che Gianfranco già intravede, offrendo a tutti noi una lettura lungimirante e saggia di quanto accade intorno.
Ecco tutto l’articolo di d’Avanzo che condivido parola per parola.
La lezione del caso Schifani
di GIUSEPPE D’AVANZO
E’ utile ragionare sul “caso Schifani”. E – ancora una volta – sul giornalismo d’informazione, sulle “agenzie del risentimento”, sull’antipolitica.
Marco Travaglio sostiene, per dirne una, che fin “dagli anni Novanta, Renato Schifani ha intrattenuto rapporti con Nino Mandalà il futuro boss di Villabate” e protesta: “I fascistelli di destra, di sinistra e di centro che mi attaccano, ancora non hanno detto che cosa c’era di falso in quello che ho detto”. Gli appare sufficiente quel rapporto lontano nel tempo – non si sa quanto consapevole (il legame tra i due risale al 1979; soltanto nel 1998, più o meno venti anni dopo, quel Mandalà viene accusato di mafia) – per persuadere un ascoltatore innocente che il presidente del Senato sia in odore di mafia. Che il nostro Paese, anche nelle sue istituzioni più prestigiose, sia destinato a essere governato (sia governato) da uomini collusi con Cosa Nostra. Se si ricordano queste circostanze (emergono da atti giudiziari) è per dimostrare quanto possono essere sfuggenti e sdrucciolevoli “i fatti” quando sono proposti a un lettore inconsapevole senza contesto, senza approfondimento e un autonomo lavoro di ricerca. E’ un metodo di lavoro che soltanto abusivamente si definisce “giornalismo d’informazione”.
Le lontane “amicizie pericolose” di Schifani furono raccontate per la prima volta, e ripetutamente, da Repubblica nel 2002 (da Enrico Bellavia). In quell’anno furono riprese dall’Espresso (da Franco Giustolisi e Marco Lillo). Nel 2004 le si potevano leggere in Voglia di mafia (di Enrico Bellavia e Salvo Palazzolo, Carocci). Tre anni dopo in I complici (di Lirio Abbate e Peter Gomez, Fazi). Se dei legami dubbi di Schifani non si è più parlato non è per ottusità, opportunismo o codardia né, come dice spensieratamente Travaglio a un sempre sorridente Fabio Fazio, perché l’agenda delle notizie è dettata dalla politica ai giornali (a tutti i giornali?).
Non se n’è più parlato perché un lavoro di ricerca indipendente non ha offerto alcun – ulteriore e decisivo – elemento di verità. Siamo fermi al punto di partenza. Quasi trent’anni fa Schifani è stato in società con un tipo che, nel 1994, fonda un circolo di Forza Italia a Villabate e, quattro anni dopo, viene processato come mafioso.
I filosofi ( Bernard Williams, ad esempio) spiegano che la verità offre due differenti virtù: la sincerità e la precisione. La sincerità implica semplicemente che le persone dicano ciò che credono sia vero. Vale a dire, ciò che credono. La precisione implica cura, affidabilità, ricerca nello scovare la verità, nel credere a essa. Il “giornalismo dei fatti” ha un metodo condiviso per acquisire la verità possibile. Contesti, nessi rigorosi, fonti plurime e verificate e anche così, più che la verità, spesso, si riesce a capire soltanto dov’è la menzogna e, quando va bene, si può ripetere con Camus: “Non abbiamo mentito” (lo ha ricordato recentemente Claudio Magris).
Si può allora dire che Travaglio è sincero con quel dice e insincero con chi lo ascolta. Dice quel che crede e bluffa sulla completezza dei “fatti” che dovrebbero sostenere le sue convinzioni. Non è giornalismo d’informazione, come si autocertifica. E’, nella peggiore tradizione italiana, giornalismo d’opinione che mai si dichiara correttamente tale al lettore/ascoltatore. Nella radicalità dei conflitti politici, questo tipo di scaltra informazione veste i panni dell’asettico, neutrale watchdog – di “cane da guardia” dei poteri (“Io racconto solo fatti”) – per nascondere, senza mai svelarla al lettore, la sua partigianeria anche quando consapevolmente presenta come “fatti” ciò che “fatti”, nella loro ambiguità, non possono ragionevolmente essere considerati (a meno di non considerare “fatti” quel che potrebbero accusare più di d’un malcapitato).
L’operazione è ancora più insidiosa quando si eleva a routine. Diventata abitudine e criterio, avvelena costantemente il metabolismo sociale nutrendolo con un risentimento che frantuma ogni legame pubblico e civismo come se non ci fosse più alcuna possibilità di tenere insieme interessi, destini, futuro (“Se anche la seconda carica dello Stato è oggi un mafioso…”). E’ un metodo di lavoro che non informa il lettore, lo manipola, lo confonde. E’ un sistema che indebolisce le istituzioni. Che attribuisce abitualmente all’avversario di turno (sono a destra come a sinistra, li si sceglie a mano libera) un’abusiva occupazione del potere e un’opacità morale. Che propone ai suoi innocenti ascoltatori di condividere impotenza, frustrazione, rancore. Lascia le cose come stanno perché non rimuove alcun problema e pregiudica ogni soluzione. Queste “agenzie del risentimento” lavorano a un cattivo giornalismo. Ne fanno una malattia della democrazia e non una risorsa. Si fanno pratica scandalistica e proficuamente commerciale alle spalle di una energica aspettativa sociale che chiede ai poteri di recuperare in élite integrity, in competenza, in decisione. Trasformano in qualunquismo antipolitico una sana, urgente, necessaria critica alla classe politico-istituzionale.
Nel “caso Schifani” non si può stare dalla parte di nessuno degli antagonisti. Non con Travaglio che confonde le carte ed è insincero con i tanti che, in buona fede, gli concedono fiducia. Non con Schifani che, dalle inchieste del 2002, ha sempre preferito tacere sul quel suo passato sconsiderato. Non con chi – nell’opposizione – ha espresso al presidente del Senato solidarietà a scatola chiusa. Non con la Rai, incapace di definire e di far rispettare un metodo di lavoro che, nel rispetto dei doveri del servizio pubblico, incroci libertà e responsabilità. In questa storia, si può stare soltanto con i lettori/spettatori che meritano, a fronte delle miopie, opacità, errori, inadeguatezze della classe politica, un’informazione almeno esplicita nel metodo e trasparente nelle intenzioni.
“à” la coque. Inculte.
“Benny D’Agostino è un imprenditore condannato per
concorso esterno in associazione mafiosa e, negli
anni in cui era socio di Schifani e La Loggia,
frequentava il gotha di Cosa Nostra. Lo ha ammesso
lui stesso al processo Andreotti” (L’Espresso)
Perchè D’Avanzo fa riferimento ad inchieste passate
e non riporta dei passaggi salienti?
Ah un sempre sorridente Fazio io non l’ho visto,
ho visto un viscido presentatore che si cacava
addosso e che credeva di mettere alla berlina
Travaglio, cosa che gli si è ritorta contro.
Ognuno vuole leggere ciò che gli pare e vuole interpretare come gli pare. Anche verità semplici come quelle del bell’articolo di D’Avanzo. Meno male che l’ha incollato Francesca, altrimenti qualcuno poteva prestar fede all’analisi subdoletta di Ventomare, che ha preso le frasi che più lo aggradavano, dimostrando o che ha capito poco o che ciurla nel manico.
In sostanza D’Avanzo, più elegantemente di Facci, ha dato del cialtrone a Travaglio. Il passaggio più illuminante è:
“Si può allora dire che Travaglio è sincero con quel dice e insincero con chi lo ascolta. Dice quel che crede e bluffa sulla completezza dei “fatti” che dovrebbero sostenere le sue convinzioni. Non è giornalismo d’informazione, come si autocertifica. E’, nella peggiore tradizione italiana, giornalismo d’opinione che mai si dichiara correttamente tale al lettore/ascoltatore. Nella radicalità dei conflitti politici, questo tipo di scaltra informazione veste i panni dell’asettico, neutrale watchdog – di “cane da guardia” dei poteri (“Io racconto solo fatti”) – per nascondere, senza mai svelarla al lettore, la sua partigianeria anche quando consapevolmente presenta come “fatti” ciò che “fatti”, nella loro ambiguità, non possono ragionevolmente essere considerati (a meno di non considerare “fatti” quel che potrebbero accusare più di d’un malcapitato).”
Quella di Travaglio è realmente una forma mentis riscontrabile qui abbastanza spesso.
Certo non dev’essere piacevole leggere di essere dei manipolati. Ma tant’è che ancora si prosegue a dare terze e quarte letture.
A completamento, aggiungerei anche quest’analisi:
http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=I2O2M
Dev’essere anche in questo caso bello sentirsi dire che si preferisce “parlare di Berlusconi (del quale, peraltro, sperava di potersi sbarazzare per via giudiziaria) piuttosto che guardarsi allo specchio, spaventata dalla possibilità di non scorgervi nulla …”
Nella versione più aggiornata piuttosto che guardarsi allo specchio, si grida all’inciucio.
Sì,sì, ok, à la coque. Coque, sarai il solito comunistello che crede che con la cultura si ottenga tutto. Povero illuso.
Quindi se il lavoro di ricerca indipendente non approda a un elemento decisivo di verità non è giusto dar conto di nulla? E la veridicità dimostrata delle premesse dove va a finire?
Vorrei precisare che D’Avanzo e Bonini sono quelli che hanno smascherato la porcata di Grissino, Ranocchio e Mortadella e tante altre vergognose messe in scena del centrodestra. Su Telekom Serbia il giornale su cui scrive Facci monto una vergognosa campagna di oltre tre mesi denigratoria su prodi solo per coprire il processo di Milano a Berlusconi e versare sterco su capo dell’opposizione. Poi i processi di Berlusconi, Previti, Betulla-Pollari, il Nigergate, l’attentato in libano, l’allarmismo terroristico ingiustificato del governo Berlusconi, messo alla berlina Speciale, la storia degli archivi Telecom, e mille altre azioni di vero giornalismo d’inchiesta. Detto questo anche D’avanzo può essere criticato da sinistra, ovviamente. Da destra ovviamente auspicherei che di D’avanzo e Bonini ci si ricordasse anche quando menano ai vostri millantatori.
Adesso non e’ per dire…ma la DC, che stimo sia stato il partito di riferimento di Schifani all’epoca, ha faticato e non poco a riconoscere l’esistenza della mafia, nel 1979 forse avevano appena cominciato a dire si forse c’e, figurati a pensare di processare.
Io di D’avanzo mi fido…..
e perché no, mi fido anche di Facci…..
Ma questa cosa di Schifani, questo “incidente”, questo malcapitato episodio marginale nella vita dello specchiato professionista assurto alla seconda carica istituzionale dello Stato, non lo conoscevo…..sono un medio lettore di giornali, un forte lettore di libri, ma non lo conoscevo…..evidentemente perché si tratta di un episodio appunto di scarsissima rilevanza, l’equivalente di una multa per parcheggio in sosta vietata, qualcosa che non valeva la pena di citare nelle biografie di Schifani, a fronte dei molti meriti ….ma sono poi così in malafede se dico che sono contento di averlo saputo? Che se Travaglio racconta un fatto per poi condirlo in un contesto che lo stravolge e lo rende assai più rilevante di quanto non sia, questo diminuisce la mia stima (già non elevatissima) per Travaglio, ma non cambia una virgola nella mia contentezza per averlo saputo?
Perchè francamente la barzelletta che nella vita capita di avere a che fare inconsapevolmente (in Sicilia, poi…..) con gente che successivamente “diventa” boss ( eccerto, perché boss si diventa per scelta o per sventura, magari dopo aver provato la strada onesta del brokeraggio…..”O faccio il barista o faccio il Boss….sono ancora indeciso”) non fa nemmeno tanto ridere….
Non è che si sta parlando troppo di Travaglio e di Schifani, perdendo di vista altre cose? Sembra di tornare ad anni fa, quando si parlava di argomenti per nasconderne altri. Per me Berlusconi ci gode.
Graziano Cozzi.
Le affermazioni di Travaglio sono tratte da due libri, perché questi non sono stati ritirati se contenenti falsità? Anche El País è sincero con quel che dice e insincero con chi lo legge? Vogliamo dedicargliela una bella dissertazione filosofica sulle virtù della verità? Un quotidiano straniero ha pensato di spendere due righine sull’impolverata vicenda (traduz. italiana: “il nome di Schifani è stato associato dalla stampa italiana alla criminalità organizzata siciliana, dopo che negli anni ’80 fu socio di una compagnia nella quale figuravano Nino Mandalà del clan mafioso di Villabate e Benny D’Agostino, imprenditore legato allo storico dirigente di Cosa Nostra, Michele Greco”) e non ce n’è stato uno italiano a cui sia tornata in mente la faccenda?
Stamane Berlusconi ha invocato l’aiuto di Dio e della fortuna per questo Governo. Ma se già lui si mette nella mni di Dio e della fortuna, noi a chi ci dobbiamo affidare?
articolo su Rpubblica, 5 settembre 2007
parla Lirio Abbate:
… dice Lirio, che ha una compagna e un bimba di dieci mesi, questo lavoro non è accurato, non è onesto perché non racconta quel che vede e sa: “Io so, noi sappiamo chi sono i mafiosi e gli amici dei mafiosi o i loro protettori. Non ho, non abbiamo bisogno di attendere una sentenza o la parola della Cassazione o un’inchiesta giudiziaria perché penso che, prima della responsabilità penale, sempre eventuale, ci sia una responsabilità sociale e politica accertabile. Se il deputato, il consigliere regionale, l’assessore, il primario, il professore universitario se ne vanno in giro con il mafioso è un fatto. Si conoscono, passeggiano sottobraccio, si baciano quando s’incontrano. È soltanto accuratezza non rinviare ai tempi di una sentenza quel racconto. È il mio lavoro dirlo ora, subito. Non sono una testa calda, non sono un estremista, sono un cronista e credo che il mio impegno sia stretto in poche parole: raccontare quel che posso documentare”.
In questo periodo, negli States, è in atto una forte campagna di stampa (su TV come FOX News e vari quotidiani) contro Obama, a causa della sua passata amicizia con un reverendo, il rev. Wright, il quale ha manifestato e continua a manifestare idee fortemente critiche nei confronti degli USA, visti come una società nemica delle persone di colore ed oppressiva.
Attenzione, ad Obama non si contesta il fatto che possa avere anche lui nel passato condiviso queste idee, ma semplicemente il fatto di essere stato amico di qualcuno che la pensava così. La domanda che viene fatta aleggiare (sentita con le mie orecchie) è :”E’ eleggibile a Presidente un uomo che ha avuto certe amicizie?”
E si parla di idee, per quanto discutibili….non di mafia….
Si è discusso nel merito, ed ovviamente molti sono insorti in difesa di Obama, ma NESSUNO ha contestato il diritto di Fox News di parlare di queste vicende.
Tocca-tocca-tocca-toccami, voglio essere poooooooorca!
Ma quanto patetico è Facci che chiude i commenti nel suo post e poi va a rispondere nei commenti degli altri…
Ventomare, perché vuoi tirar fuori la Nigerbarzelletta?
Ma io non ho capito,
ma queste “amicizie” Schifani le aveva?
Perchè questo ha detto Travaglio, e questa è l’informazione che mi è rimasta.
Se non le aveva allora ha torto ma poichè nessuno lo sta negando non capisco proprio di cosa si stia parlando. Io prima non lo sapevo, quindi, GRAZIE TRAVAGLIO, ancora una volta ha riportato una informazione RILEVANTE (e chi lo nega fa una cosa gravissima).
Per il resto della polemica, è la solita fuffa spray all’italiana. Ormai i giornalisti (come i politici) di destra e sinistra sono alla frutta e loro scopo principale è quello di tener buono un paese che sta per scoppiare.
@http500
Sono d’accordo, se ne parla troppo. Ma se ne parla troppo perchè le reazioni sono state assolutamente isteriche e sintomatiche di un atteggiamento così ben descritto dallo stesso Schifani :”Si vuole colpire il nuovo clima di dialogo tra maggioranza e opposizione”. Certo, e lo si fa schierando tutte le bocche di fuoco, ossia Travaglio, mezzo Fazio, qualche blogghista irriducibile, e quello sfigato di Di Pietro. Lo si fa avendo contro tutta la stampa nazionale, tutte le tv, ed il 90% delle forze politiche…..
Magari è vero il contrario, magari questa canea si è levata proprio perchè si vuole eliminare ogni ostacolo al “nuovo clima”…..
A me il dialogo tra maggioranza ed opposizione piace, l’ho auspicato e ne sono felice….ma che un fesso non possa andare a dire una fesseria (non una menzogna….) in TV senza essere assalito da tutti come se avesse attentato alla democrazia non mi sta bene.
Schifani ha conosciuto e avuto rapporti in passato con persone che sono poi risultate mafiose? Da cittadino libero, io voglio, pretendo, che mi venga ricordato anche un miliardo di volte, e che un miliardo di volte qualcuno ribadisca che non sono emersi elementi a suo carico. Sarò io a decidere se questo può avere una qualche rilevanza sulle mie scelte politiche….
La nigerbarzelletta, per camillino eldorado, sarebbe che i servizi italiani hanno fatto la loro parte nel costruire il falso contratto con cui Saddam comprava l’uranio in Niger. Tu dà retta a camillino, io invece do retta a D’Avanzo e a tutto il suo lunghissimo reportage/inchiesta. Camillino era tra quelli che facevano la punta alle 16 parole di Bush, e non ne sono sicuro, ma penso di sì, che giustificassero la guerra in Iraq in base alle due armi di distrazione di massa dell’alleanza con Al Queda e delle armi di distruzioni di massa. Sputtanate due anni dopo la guerra da parte della del Senato, della Cia, delle commissioni, di tutti meno che Bush, l’altro cazzaro, amico del cazzarone nostrano.
“In 1995, along with other prominent black leaders such as Al Sharpton and Barack Obama, Farrakhan helped lead the Million Man March on Washington. A second march, called the Millions More Movement, took place in 2005.” biography.com
“Mr. Wright helped organize the 1995 Million Man March on Washington.” NYT
“After all, back in January (2008! ndP), Mr. Obama had asked Mr. Wright if he would begin the event (Senator Obama’s presidential announcement, ndP) by delivering a public invocation.”
Why can’t we be friends?
Sì, ma figa ce n’è?