Sanremo ci lascia in eredità un Paese migliore. L’effetto Festival si
vede immediatamente: nessuno degli album pubblicati dai cantanti in gara durante
la kermesse è entrato nella classifica chiusa il 28 febbraio (il Festival è
iniziato il 25). E’ vero, lo precisiamo per pseudoonestà, che non
tutti hanno pubblicato l’album, qualcuno preferisce lasciar passare il ricordo
della brutta esperienza. Ma intanto il Riverito Ospite Straniero della prima
serata, Lenny Kravitz, invece che guadagnare perde una posizione e scende al
n.4; lo stesso fa Jovanotti, che cede il n.2 a Amy Winehouse. In compenso, i
conduttori del Dopofestival Elio & Le Storie Tese spiccano il volo, e dal
n.74 della settimana scorsa passano al n.5. I Pooh reggono al primo posto,
stabili nel nostro cuore come Pretty woman su RaiUno. Il governo Pooh, sapientemente
riposizionatosi negli intramontabili anni Sessanta (con la stessa credibilità
del D’Alema che cantava con Gianni Morandi in tv) è evidentemente di larghe intese: ha
l’appoggio al n.5 di una lobbista intrallazzona come Gianna Nannini (che sarà
anche dura e pura, ma intanto fa ripetute pubblicità alla Fiat e vince Sanremo
con canzoni giòditonniche). Al n.7 si giova del voto di scambio mastelliano dei
Neri Per Caso, con la loro insalata di canzoni di vecchi baroni; al n..8 strizza l’occhio
all’America liberal di Eddie Vedder (colonna sonora di Into the wild) e al n.9 a
quella razzista di Michael Jackson con il director’s cut di Thriller; completano la grosse koalition
i Baustelle al n.10. Difficile che questo equilibrio prodiano duri: l’offensiva
conservatrice, che culminerà a fine mese con l’ennesima discesa in campo di
Vasco Rossi, sta caricando i cannoni: già dalla prossima settimana potremmo
avere l’impatto elettorale della Lista per
Ferrara sono Tiromancino (che nella homepage del suo sito spiega ai fans più
duri di comprendonio che “Il rubacuori è un brano dalle tematiche sociali e affronta la triste realtà
dei licenziamenti di massa”) e Sergio Cammariere, alla cui originalissima e
acclamata canzone sanremese mancava solo il parlato di Alberto Lupo.
Altre istanze da cogliere nel ventre
molle del Paese: di Jack Johnson, anche questa settimana numero uno in Usa,
agli italiani non frega niente: scende dal n.61 al 64. Di Goldfrapp, numero 2
nel Regno Unito, agli italiani non frega niente: anche se è la più alta delle
nuove entrate, si piazza giusto al n.57 e precede di un naso la sorella dell’Artista
Precedentemente Noto per Essere Negro, il cui Discipline entra al n.58. La
terza e ultima nuova entrata nella top 100, al n.84, è Parole nuove di Matteo
Branciamore, il bamboccione dei Cesaroni, che canta: “Tanti impegni ma nessuna
voglia di iniziare, piovono pensieri in un diluvio universale ed ammetto che
non so dare forma al giorno, ed ho un po’ paura anch’io, ma non mi preoccuperò
di fare questo o quello perché adesso sto volando insieme a te sopra un cielo
che non c’è”. Direi che c’è abbastanza materiale per la sceneggiatura di un film di inquietudine generazionale – Capotondi o Crescentini?
“Sergio Cammariere, alla cui originalissima e acclamata canzone sanremese mancava solo il parlato di Alberto Lupo” ah ah ah ah. Sta bene.
Le ultime 6 righe e mezzo sono da standing ovation.
Ma ti sei scordato il ruolo esistenziale della Mastronardi.
E’ praticamente una classifica di centrosinistra. Ma d’altra parte un berlusconiano che dischi compra? La Zanicchi?
Il musicofilo di centrodestra dovrebbe comprare i dischi di Mariano Apicella ma non lo fa. Il che la dice lunga sul suo squallido trasformismo.