Il titolo è nella seconda parte del post.

Allora. In conclusione. Il Dalai Lama è venuto, la Cina ha protestato, Prodi si è dato.
Ha detto:

«In questi casi bisogna usare prudenza. Ho la responsabilità di un Paese e devo rendermi conto delle conseguenze finali delle mie azioni. Uno, ero all’estero; due, non lo abbiamo invitato. E comunque la ragion di Stato esiste e io ne sono responsabile. C’è un discorso: la ragion di Stato esiste, io ne sono responsabile».

Ho una sola cosa da aggiungere a tutte quelle che ho già scritto e che ha scritto Luca Sofri:

«La fiera risposta di Prodi sulla ragion-di-stato, a proposito dell’indifferenza nei confronti del Dalai Lama, è una fesseria di cui vergognarsi. E non perché la ragiondistato sia criticabile di per sé, o perché lo Stato non abbia le sue ragioni. Il fatto è che la ragiondistato, a interpretarla correttamente, imporrebbe di accogliere il Dalai Lama e dargli un segno della nostra solidarietà: quello è lo Stato che vorremmo, e le ragioni che gli attribuiamo».

Una sola cosa da aggiungere per quanto riguarda Prodi, dicevo.

PRO.
DI.
VA.
FFAN.
CU.
LO.

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50 Commenti

  1. Mi pare che sia Facci che Sofri stiano facendo finta di ignorare il significato della locuzione “Ragion di Stato”.Che è una bella espressione cinquecentesca per Realpolitik, e non altro.

    O meglio: può darsi che lo “Stato che vogliamo” (ma noi chi?) sia uno Stato-paladino dei diritti umani; molti altri italiani però preferiscono avere uno Stato partner commerciale della Cina Popolare.

    Quello che ha detto Prodi è fastidioso, me ne rendo conto, ma almeno non è ipocrita. Ci possiamo veramente permettere, da un punto di vista economico, di non stare dalla parte dei tiranni? E’ una bella domanda, e “Prodi vaffanculo” non è la risposta più esauriente.

    Anch’io, per dire, devo aver detto Berlusconi vaffanculo quando ha dato un bacino a Putin: e mentre scrivevo “vaffanculo”, mi stavo scaldando con metano di gasdotto siberiano. Allo stesso modo: a quante merci a basso costo possiamo rinunciare pur di vedere il Tibet libero?

  2. Leo, non sono d’accordo con te (e dire che capita raramente). Quando si parla di Realpolitik e di ragion di Stato, i cinesi in questo sono dei maestri millenari. Non mi pare ad esempio che piantino casino con quelli che continuano a fare affari con Taiwan, quella provincia remota della People’s Republic of China.
    Dico, Bertinotti si è comportato in maniera non ipocrita, il che è tutto dire. Prodi avrebbe potuto fare la stessa cosa,e non ha voluto farlo: io sono stato deluso.

  3. Il “lavarsene le mani” di questo governo non è piacevole o giustificabile, soprattutto per chi l’ha votato, compreso il sottoscritto; e su questo non si discute. Detto cio’, piacerebbe a molti sapere come mai, sul Giornale, su Libero, sul Foglio o roba simile non si vedevano “vaffanculi” e appassionate difese dei diritti umani quando Berlusconi riceveva in pompa magna quel gran democratico di Putin o le truppe USA lanciavano il napalm su Falluja…

  4. E quindi, fedele a ciò che dice l’uomo della CIA nel monologo finale dei Tre giorni del Condor, Leonardo non avrà mai scritto una riga contro la guerra in Iraq, pensando al petrolio iracheno che lo scalda eccetera. Son coerenze ammirevoli. L.

  5. Certo, se ogni minuto muore un bambino nel mondo… di che vogliamo parlare?!

    restare per una volta sul tema del post, no?
    limitarsi a un problema alla volta, no?
    io per ora, Prodi vaffanculo, te, la tua faccia sorridente e l’ipocrisia di Bertinotti.

    io, per esempio, mi scaldo col termocamino alimentato con pura legna italiana, molta di risulta dai cantieri, con bucce di noci, nocciole e castagne, di italianissima provenienza.

    e vaffanculo

  6. Filippo Facci ma sei daccordo con me, chè se un’episodio del genere fosse accaduto con un governo di centro-destra avremmo avuto tutta la sinistra in piazza a protestare e ci saremmo dovuti sorbire migliaia di lamentazioni di altrettanti radical-chic che però ora inspiegabilmente tacciono?
    Scommetterei la mia magra tredicesima che poi le urla di dolore dei frequentatori “istituzionali” di questo blog si sarebbero levate altissime!

  7. Ranidil, dai che hai capito benissimo… qui il “benaltrismo” e il restare in tema non c’entrano una fava, è solo che la coerenza non può essere a senso unico, da una parte o dall’altra. Limitarsi ad un problema alla volta serve unicamente ad evitare di fare i conti con questa coerenza, il mondo, purtroppo o per fortuna, è un po’ piu’complesso.

  8. @ Ranidil a livello di inquinamento la tua coscienza non dovrebbe essere a posto,la tua economia si.
    Perchè non chiedere all’industria della moda ,dato che il governo non lo ha fatto,di accogliere in pompa magna il Lama,o alle varie aziende di materiale informatico italiane,oppure ai mobilieri in vimini italiani,perchè non chiediamo all’industri del Made in Italy la prossima volta?
    Ma non eri tu che dicevi che l’economia conta più della politica?

  9. Ranidil, dai che hai capito benissimo… qui il “benaltrismo” e il restare in tema non c’entrano una fava, è solo che la coerenza non può essere a senso unico, da una parte o dall’altra. Limitarsi ad un problema alla volta serve unicamente ad evitare di fare i conti con questa coerenza, il mondo, purtroppo o per fortuna, è un po’ piu’complesso.

  10. Naturalmente in questo caso Facci ha ragione, non ci sono cazzi.

    Ed e’ davvero troppo facile chiedersi dov’era Facci quando Berlusconi alimentava a pacche sulle spalle la sua amicizia con Putin.

    Ma a me piacciono le cose facili e dunque me lo chiedo: dove cazzo eri?

    Questa domanda certamente non cambia il fatto che in questo caso hai ragione, e qui si chiude il tema del post. Ma certamente indebolisce la tua posizione e fa sospettare che tu ti saresti comportato nello stesso modo se fossi stato nella posizione di Prodi: non e’ infatti la ragion di Stato (di casa tua) che ti impedisce di mandare affanculo Berlusconi quando se lo meriterebbe?

  11. Poldo credo proprio di no. Sarà la prima o la seconda volta che intervengo su questo blog. Eppoi, che cazzo, la mia legna inquina più delle vostre caldaie?
    E’ da quando esiste il mondo che la legna brucia.
    poi, poooooi sono arrivati gas, gasolio, benzina e fumi industriali.
    vaffanculo prodi

  12. Concordo pienamente con il post, davvero. Prodi doveva incontrare il Dalai Lama in maniera ufficiale e chi si fosse sentito offeso o contrariato se ne sarebbe fatto una ragione (di Stato).

    Speriamo ora che Prodi metta la testa a posto e non faccia altre cazzate, sbilanciandosi ad esempio a favore di Russia o Turchia. Altrimenti riceverà lo stesso trattamento che Facci riservava a Berlusconi quando quiesti faceva da testimone di nozze alla figlia di Erdogan, quando si sperticava a favore dell’ingresso della Turchia in Europa, quando faceva l’avvocato Putin per un euro a parcella, ecc…

  13. prodi è debole politicamente, non incontrando il dalai lama e lasciando che l’agenda politica fosse dettata dalla paura di ritorsioni cinesi (che in realtà mi piacerebbe vedere fino a che punto si sarebbero spinte per una visita privata) ha semplicemente ammesso senza problemi la propria debolezza. mi sembra evidente che le pressioni di diversi settori dell’economia italiana che hanno grandi interessi con la cina sia stata determinante. in ogni caso è abbastanza ipocrita stracciarsi le vesti per il myanmar e comportarsi in modo così meschino con il dalai lama.

  14. I tre giorni del Condor non lo guardo da quand’ero ragazzino, per cui non me lo ricordo, scusa.

    La questione non è neanche se Prodi abbia fatto bene o no a ignorare il Lama. Probabilmente ha fatto male, ok. La questione che ponevo io era un’altra: avete capito cosa vuol dire “ragion di Stato”? Perché altrimenti stiamo usando le parole a caso.

    La ragione di Stato dev’essere la principale preoccupazione del governante, non la mia. E’ chiaro che se scrivo di Iraq, o di Tibet, o di qualsiasi cosa, non ho le stesse responsabilità di Romano Prodi.

    Dopodiché possiamo discutere (come fa Mau) se la valutazione d’impatto di Prodi sia stata valida: può anche darsi che i cinesi avrebbero abbozzato e continuato a fare affari con noi. Ma questo significherebbe pure che il Dalai Lama può andare in giro per l’Europa e farsi ricevere in lungo in largo senza nemmeno causare crisi diplomatiche. Non so se augurarmi una cosa del genere.

    La mia sensazione (da dilettante) è che il Dalai Lama sia stato in tour in Europa per convincerci ad andare alle Olimpiadi. Missione compiuta, in questo senso. Io invece alle olimpiadi non ci andrei. Ma ripeto, lo dico da privato cittadino.

  15. A me pare che il ricorso retorico alla realpolitik dipenda in ultima ratio dalla merce messa in vendita, e dunque esercitata un po’ da tutti. Gli USA fanno i gradassi con i cinesi, ma molto di meno con i libici, ad esempio.
    Gaddafi passeggia per il mondo impunito e festeggiato grazie alle proficue risorse in idrocarburi.
    Lockerbie e l’attentato contro il volo UTA 772, l’attentato alla De Belle (443 morti) sono finiti nel dimenticatoio.
    Petrolio, petrolio, petrolio, altroché acqua di Lourdes.

  16. La ragion di Stato, volendo, ce l’hanno tutti.
    Gli Usa, l’Austria, la Germania, Il Canada e tutti quelli che di recente se ne sono fottuti e hanno incontrato ufficialmente il Dalai Lama. Nonostante gli strali di Pechino. Nonostante Usa e Germania siano molto più dipendenti di noi dalla Cina.
    Prodi lo seguo e seguiamo da tempo. E ogni tanto la verità è semplice: a lui dei diritti umani e del Dalai Lama non gliene frega un cazzo e basta. Vi ricordo che ha proposto di togliere l’embargo delle armi alla Cina, l’embargo messo dopo Tienanmen.

  17. Facci, scusa se sono pignolo, ma Bush non ha ufficialmente ricevuto nessuno, durante l’ultima visita del Dalai Lama negli USA: l’occasione era l’attribuzione della Medaglia d’oro del Congresso, cerimonia a cui Bush partecipava come ospite del Congresso stesso. Successivamente Bush ha incontrato il Dalai Lama in forma privata nella propria residenza, e non nello studio ovale, che è il luogo deputato agli incontri ufficiali con capi di stato, ambasciatori, etc. La differenza è sostanziale e inequivocabile (fra l’altro il Congresso è in mano ai democratici), e fondamentalmente in USA si sono comportati come da noi; detto questo, è chiaro che il giudizio politico può poi divergere in base alle proprie convinzioni.

  18. Per una volta concordo con Facci , anche se il Dalai Lama effettivamente non è in Italia in veste ufficiale e non ha chiesto di essere incontrato..ma quando si parla di diritti umani non c’è ragion di stato che tenga.

  19. Il paradosso è che i “comunisti” cinesi sono andati a lamentarsi proprio da Bertinotti per uno dei pochi spazi di confronto pubblico concessi al Dalai Lama. In questo caso destra e sinistra non c’entrano proprio nulla. E’ tutta una questione di interessi molto materiali e si sa, come sempre, che proprio in tali circostanze viene fuori la scarsa propensione che il ceto politico italiano ha a tirare fuori gli “attributi” morali…

  20. probabilmente a Prodi non gliene frega un cazzo del Dalai Lama e spera che il problema dei diritti umani si possa risolvere seguendo altre strade.Di certo poteva trovare una scusa migliore(perchè usando quella della “ragione di stato” ha dato prova di scarsa personalità.Eppure è talmente sgangherato e naturale da risultarmi simpatico)

  21. ce lo possiamo permettere eccome, è la cina che ha bisogno della nostra tecnologia e del nostro know-how. ancora per molto.
    e poi bush è andato in una Chiesa cattolica in Cina e questa se ne è guardata bene da dire alcunchè. si tratta solo di avere le palle: gli usa ce le hanno, noi (ora) no.

  22. Altro che know-how, di questo passo tra qualche decennio saremo noi ad emigrare in Cina per vendere scarpette e maglioncini.

    Onore a Prodi che ha avuto, lui sì, le palle di non essere ipocrita come in Italia i politici sanno sempre essere.

    Le famose “palle”, quelle che si mostrano sui tavoli diplomatici, hanno un nome ben preciso: si chiamano materie prime, autonomia energetica, capacità tecnologica (e questa, se non fai ricerca nei settori avanzati…) e poi ancora, piaccia o meno: portaerei, aerei militari, carri armati… La diplomazia è un fine, mai un mezzo.

  23. Ma il punto è proprio che la “ragion di Stato” non è una scusa: è la verità, ed è goffa è brutta come la verità. Decisamente Prodi è poco trendy, e a differenza di Facci e di noialtri, riesce a dormire la notte anche mentre i tibetani vengono oppressi.

    La Cina ha bisogno del nostro know how? Mah, per poco ancora (anche perché in molti settori siamo stati abbastanza sciocchi da svenderglielo). La Cina ha bisogno delle nostre commesse, che è un’altra cosa.

  24. oh e io che pensavo che il fine fossero il miliardo di schiavi senza uno straccio di libertà, di vita e di diritti umani che stanno in cina e che sono la condicio sine qua non delle fortune commerciali cinesi. ingenuo che sono!

  25. no, per dirla con sofri “gran calma”…
    quel vaffanculo là, che hai scritto, mi sembra molto(troppo) il “me ne frego” di d’annunziana memoria.
    sono d’accordo-sempre con sofri- sulla ragion di stato…
    ma ripeto, quel “vaffanculo” è fascista…

  26. Comunque tutti i discorsi tendenti a denigrare la ragion di stato sono ipocriti e sempre ideologicamente orientati. La ragion di stato esiste ed e’ un fattore, non facciamo i bambini con frasi come “lo stato che vorremmo”. Ed e’ esattamente per questo, perche’ la ragion di stato esiste ed e’ un fattore, che la grandissima maggioranza dei paesi devono baciare il sedere a Putin nonostante tutto.

    Quello che non si capisce in questa vicenda e’ proprio la ‘ragion di stato’ che e’ prevalsa. Infatti noi abbiamo tanto bisogno della Cina almeno quanto la Cina ne ha di noi (noi, l’occidente Italia inclusa).

    La Cina ha un surplus commerciale immenso e in forte crescita, il che significa che esporta molto piu’ di quanto importa, e dunque non puo’ rischiare che gli altri paesi si chiudano ai suoi prodotti con azioni di ritorsione.

    Inoltre, se e’ vero che la Cina possiede circa l’8% del debito americano in buoni del tesoro, e’ anche vero che la Cina investe ingentissime quantita’ di capitale pubblico nelle imprese occidentali, tramite i fondi sovrani, ed e’ dunque suo interesse primario che l’economia occidentale cresca costantemente.

    Dunque, al di la’ di paraculi richiami a una ragion di stato che ci piaccia e sia buona e bella, cosa ridicola, quello che non si capisce e’ il timore eccessivo di Prodi, salvo che ne sappia un tantino piu’ di noi, cosa probabilissima.

  27. Pero’ Facci, e lo dico senza astio, ti aspetto al varco del prossimo e probabile governo Berlusconi, per leggere il tuo VAFFANCULO altrimenti indirizzato. E verificare le famose coerenze di Sofri, anche.

  28. Leo, tempo fa, non ricordo in quale occasione, abbiamo avuto una discussione in un tuo post dove dicevi di essere schifato che Prodi avesse incontrato Putin e l’avesse baciato, che chissenefrega del gas o qualcosa di simile. Non era Berlusconi, se non sbaglio.
    Ora invece apprezzi le ragioni di Stato e la presunta sincerità di Prodi. E stiamo parlando dell’incontro con un Premio Nobel per la Pace, come ha giustamente fatto rilevare Bertinotti.
    Mah, forse hai cambiato idea o sono io che non ricordo bene.

  29. Facci hai ragione. Ma mi piacerebbe sentirti le stesse cose, per le stesse ragioni, nei confronti di Benedetto XVI, che non ha ricevuto il Dalai Lama per le medesime scuse di Prodi.
    Oltretutto il Papa è monarca assoluto di uno stato estero indipendente basato sull’Etica di Stato (uno stato etico insomma, non uno stato laico) e quindi le azioni diplomatiche discendono direttamente dalle idee etiche del suo Monarca. Ossia: è una responsabilità etica ancora più grave. Sembra dire “per evitare ulteriori casini ai cattolici cinesi, val bene fottersene dei diritti umani di milioni di buddisti tibetani”. Wow.
    Solo che se lo scrivi sul Giornale ti sbattono fuori a calci in culo? :D Dai, magari sul Foglio te lo fanno scrivere. Ma ci tengo: sei una delle pochissime teste pensanti del centrodestra, ma questa presa di posizione unilaterale contro Prodi mi ha un po’ deluso.

  30. Per adesso ci godiamo la moratoria sulla pena di morte, il cui merito storico va alla pattuglia radicale, e sulla quale hanno rischiato e si sono impegnati con mezzo mondo Prodi e D’Alema. Vedi il peso ed il rispetto che Prodi raccoglie in Africa. Le perororazioni alla causa della moratoria in Algeria, in Russia ed in Kazakistan, solo per citarne tre. Dopo l’iniziativa libanese che ha interrotto una guerra che poteva avere conseguenze devastanti adesso c’è questo altro successo planetario, alla faccia di chi pontifica sulla perdita di peso dell’Italia sugli scenari internazionali. ne hai mai sentito parlare da questi pontificatori della rete?
    Verrà il momento anche del Tibet. La ragione di stato è anche avere il senso di realtà. Non tutto si può avere subito. Il resto è dei bambini.
    Ma per chi non sa far altro che vomitare fiele non c’è ragione che tenga. Poi c’è chi sputazza fiele un po’ alla volta come Sofri. Uno sputazzetto a Repubblica, un’irrisione a Prodi, una derisione all’Unione.
    Luca si meriterebbe Berlusconi.

  31. È chiaro che tutti coloro che qua si esprimono, chi più chi meno, prima di mettere i piedi i un qualunque negozio cinese, si fa venire qualche scrupolo.

  32. Per quanto riguarda il Papa, sul Giornale ho scritto:

    “Poi c’è il Vaticano, che ha certo responsabilità più complicate giacchè milioni di cattolici cinesi rischiano persecuzioni ogni giorno: ma va detto che neppure Benedetto XVI, che a sua volta non incontrerà il Dalai Lama, ne esce infiine splendidamente”.

    Primo: io sono un vero anticlericale e quindi se il Papa non incontra il Dalai Lama, essendo il Vaticano uno stato straniero, me ne fotto.

    Secondo: le ripercussioni che i cristiani cinesi ne avrebbero sono roba seria, altro che import/export. Su Macchianera purtroppo delle persecuzioni ai danni dei cristiani cinesi ho già parlato.

  33. I condannati a morte nel 2006 sono stati circa 5700. Di questi, almeno (almeno) 5000 sono cinesi.
    Ma sull’Unità, oggi, per due pagine intere, si parlava solo degli Usa (53 uccisi).

  34. Ossignore, la perpetuazione del sistema clientelare in diretta macchianera.
    Non c’è più pudore.

  35. Si Facci, onore a te.
    Ma col Vaticano ci vai piano.
    Dico accennare a delle “responsabilità complicate” quando si parla della repressione e morte dei propri fratelli, insomma. Perlomeno un bel paradosso farcito di sangue, di quelli che ancora dovrebbe fare incazzare per davvero qualcuno.
    Qualcuno che certamente non scrive per un giornale italiano.

  36. Incredibile, a Ballarò e al Tg3 e a Primo Piano la Cina non è stata nemmeno NOMINATA, solo servizi sugli Usa.

  37. Repubblica
    4 novembre 2005
    Cina, operai contro azienda italiana – “Picchiati e trattati da schiavi”
    I lavoratori denunciano i manager di una fabbrica di Shenzhen e scendono in piazza. Il presidente smentisce
    Tremila persone manifestano bloccando un´autostrada: “Vogliamo giustizia”
    La delocalizzazione non esporta solo posti di lavoro. Per la prima volta un´azienda italiana è al centro di una dura battaglia operaia in Cina, accusata di gravi abusi contro i diritti umani.

    La DeCoro, produttrice di divani con una fabbrica nella zona industriale di Shenzhen, è denunciata per lo sfruttamento e perfino le violenze commesse da manager italiani sui dipendenti locali. Il presidente dell´azienda smentisce tutto e grida al complotto, ma la protesta finisce con grande rilievo sulla stampa indipendente di Hong Kong.

    Secondo questa versione è dopo un´aggressione contro tre leader operai, finiti all´ospedale lunedì, che tremila dipendenti della DeCoro hanno abbandonato la fabbrica e hanno manifestato bloccando l´autostrada di Pingshan.
    Gridavano «fermate la violenza, vogliamo giustizia e protezione dei nostri diritti». È intervenuta la polizia anti-sommossa e li ha dispersi a manganellate.

    La ribellione, esplosa mercoledì mattina, si è conquistata così l´attenzione del South China Morning Post. Il quotidiano di Hong Kong, che non è sottoposto alla censura del governo cinese, ha una vasta rete di informatori nella regione meridionale del Guangdong dove si trova Shenzhen.

    È dal Guangdong che negli ultimi mesi filtrano notizie sempre più frequenti di scioperi e lotte operaie. Il boom economico che ha fatto di questa provincia di 83 milioni di abitanti la zona più ricca della Cina, fa esplodere le rivendicazioni salariali e la conflittualità sociale.

    Quando sono sotto accusa delle imprese occidentali lo scandalo è maggiore: contestate nei propri paesi perché trasferiscono l´occupazione all´estero, queste aziende rivelano in Cina dei comportamenti inaccettabili (oltre che illegali) a casa loro.

    Le denunce più clamorose finora hanno colpito grandi multinazionali che appaltano la produzione a fornitori locali senza scrupolo.

    La Repubblica ha documentato nei mesi scorsi casi di sfruttamento minorile o abusi dei diritti umani in cui sono state accusate aziende cinesi che lavorano «in conto terzi» per Walt Disney, Timberland, Puma. Ora invece per la prima volta è sotto accusa una piccola azienda tutta italiana, coinvolta in modo diretto e non tramite il giro dei subappalti a produttori locali. Il South China Morning Post pubblica la foto di due operai, Chen Zhongcheng e Liang Tian, ricoverati in ospedale con gli occhi tumefatti e alcune fasciature. Liang ha raccontato che i dirigenti italiani lo hanno picchiato, insieme a due compagni, il 31 ottobre. Secondo lui, erano andati a lamentarsi dai capi dopo che l´azienda aveva cercato di tagliare del 20% i loro salari.

    Di fronte al rifiuto degli operai la DeCoro ne avrebbe già licenziati ottanta a settembre. Il salario medio in quella fabbrica è di 250 dollari al mese. «Mi hanno preso a pugni nello stomaco – ha raccontato Liang – ho perso conoscenza per qualche secondo.

    Mi hanno calpestato il viso quando ero a terra. Era umiliante». Un altro operaio, Li Fangwei, ha riferito che le violenze sono frequenti: «Picchiano regolarmente gli operai cinesi. Sono come dei lupi. Sono razzisti e ci trattano da schiavi». Secondo un compagno la polizia non li ha difesi: «Dopo il primo episodio di violenza abbiamo fatto denuncia ma la polizia non ha fatto niente. Non ci fidiamo più delle autorità. Vogliamo proteggerci da soli».

    Interpellato da Repubblica in Italia, ieri sera il presidente della DeCoro, Luca Ricci, ha smentito di aver chiesto tagli salariali del 20%. Ha smentito anche di aver scritto una lettera di scuse ai tre operai ricoverati in ospedale (dettaglio riportato dal South China Morning Post).

    «Ci sono stati degli italiani che hanno picchiato degli operai cinesi, ma non è vero che questo è avvenuto durante una disputa sulla riduzione dei salari. Gli operai erano stati licenziati per motivi che riguardano il loro comportamento sul luogo di lavoro, poi sono rientrati abusivamente in azienda.

    Non credo che siano stati gli italiani a picchiare per primi, ma credo che l´abbiano fatto per reazione». Ufficiosamente gli italiani si descrivono come vittime, evocano manovre contro di loro, magari organizzate da concorrenti locali.

    L´esperienza indica che il governo cinese, pur essendo inflessibile nel reprimere i conflitti sociali, qualche volta si mostra più tollerante se il bersaglio delle proteste operaie è un´impresa straniera. In particolare se i padroni sono giapponesi, taiwanesi, o (più raramente) americani: in quei casi scatta un riflesso nazionalista che legittima perfino gli scioperi, normalmente vietati.

    Quando sulla stampa di Pechino affiorano notizie di proteste contro salari bassi e sfruttamento, quasi sempre si scopre che dietro c´è una multinazionale, non un´azienda cinese.

    Questo non significa però che le rivendicazioni siano inventate dalla stampa, o manovrate dal potere politico. In quelle aziende straniere che pagano salari superiori alla media cinese e che offrono condizioni di lavoro umane (ci sono anche quelle, e ne ho visitate), sarebbe difficile convincere i dipendenti a scioperare o a manifestare.

    Se i dirigenti della DeCoro hanno la coscienza in regola, per dimostrare la loro correttezza c´è una soluzione. Il presidente Luca Ricci inviti a visitare la fabbrica di Shenzhen le sue rappresentanze sindacali italiane, assistite da interpreti forniti dall´Ufficio internazionale del lavoro, o dalle organizzazioni umanitarie con sede a Hong Kong.

    Una visita aperta anche ai giornalisti italiani, con ampia facoltà di intervistare gli operai cinesi, sarebbe la prova della buona fede dell´azienda. Nell´attesa, l´unica versione dettagliata dei fatti è quella uscita sull´autorevole e indipendente quotidiano di Hong Kong.

  38. Già, Sara. Forse il Papa avrebbe dovuto minacciare qualcosa, per ritorsione. Visto che i pacifisti non stanno in Vaticano.

  39. Parlare di pena di morte non vuol dire parlare di chi ne ammazza numericamente di + . Nessuno prenderebbe come notizia un esecuzione in cina. In America , la cosa fa notizia , essendo paese per molti aspetti di riferimento per l’occidente.

    La solita storia dell’uomo che morde il cane.

  40. È un’idea semplice, credo.
    Ricevere chi in Cina rappresenta diversità religiosa e opposizione politica dovrebbe essere nel caso del Papa un obbligo irrinunciabile. In realtà una forte volizione.
    Solo perché la repressione e il sangue unisce i suoi fratelli ai loro.

  41. La Cina è vicina. All’inferno. Vita in un Paese senza diritti
    Filippo Facci – Il Giornale 18 giugno 2005

    I cinesi non mangiano i bambini, ma li ammazzano. È difficile contabilizzare gli effetti della cosiddetta «politica del figlio unico» instaurata nel 1979 da Deng Xiaoping, prassi che ha spinto milioni di contadini a sbarazzarsi della progenie femminile. L’organizzazione Human Rights, nel 1995, denunciò l’assenza statistica di circa 500mila bambine l’anno; trafiletti di giornali cinesi, intanto, menzionavano sporadiche condanne per infanticidio a uno o massimo due anni di carcere. Attenuanti di Stato? Difficile da credere, in un Paese in cui il concetto giuridico di attenuante è sconosciuto: le donne che per esempio abbiano ucciso il proprio seviziatore dopo che le abbia magari stuprate, picchiate, sposate dopo rapimento in Cina vengono tutte ed egualmente messe a morte. Ammazzare i neonati invece non è quasi reato, diversamente dall’infrangere appunto la regola del figlio unico: in tal caso si è sottoposti anche a tortura. Stiamo parlando di decisioni che sono nelle mani di magistrati quasi sempre privi di una minima formazione giuridica: in Cina può diventare giudice un tassista o un veterinario o chiunque abbia buoni agganci per diventarlo.

    Iniezioni letali

    La pena di morte intanto si è modernizzata. Dalle fucilazioni si è passati alle più economiche Camere mobili di esecuzione con le iniezioni letali. La maggior parte delle condanne è pronunciata in stadi e piazze davanti a folle gigantesche. Durante i capodanni cinesi, il primo maggio e il primo ottobre, centinaia di cinesi vengono giustiziati a titolo esemplare, ma nel 2003, a partire dalla campagna «Colpire duro», le cose sono peggiorate per via di una sorta di parola d’ordine: immediatezza giudiziaria. Di arresti, di processi, di esecuzioni. In Cina ogni anno vengono giustiziati più individui che in tutti i Paesi del mondo messi insieme, e nella primavera del 2001 le condanne a morte sono state più numerose di quelle inflitte nei tre anni precedenti in tutto il resto del pianeta: dal 2001 la pena capitale può essere applicata a un numero esteso di reati da essere paragonabile all’Irak di Saddam Hussein. Nel 1989 i reati capitali erano 20 e nel 1997 erano diventati 68. Tra questi: frode fiscale, contrabbando, traffico d’arte, appartenenza anche indiretta a organizzazioni illegali, violazione di quarantena se malati, e uccisione di panda. Amnesty International ha censito 1060 esecuzioni sicure nel 2002, ma uno studio di Nathan&Jilley ne ha stimati almeno 15mila l’anno.

    Morire per una festa da ballo

    Il presidente dell’Human Rights in Cina, Liu Qing, ha raccontato questo: «Ho visto prigionieri con cui dividevo la cella trascinati nel cortile e giustiziati senza alcuna formalità. Alcuni erano stati condannati per aver avuto relazioni sessuali prima del matrimonio». Notissimo in Cina è il caso di Ma Yanqin, una ragazza colpevole di organizzare feste danzanti: «Venne indicata ha raccontato ancora Liu Qing – come rappresentativa di quello spirito di liberalismo borghese che Deng esecrava, perciò la sua esecuzione fu molto pubblicizzata». Altri casi sono conclamati. Il giovane Sun Zhigang fu picchiato a morte in un centro di detenzione amministrativa vedremo che luoghi si tratta e la sua colpa era stata quella di essere un disoccupato privo del permesso per soggiornare a Canton. Nella primavera 2001 un ragazzo invece fu giustiziato per aver rubato 48 dollari a un diplomatico americano. Balzò all’attenzione della stampa – grazie a un giornalista cinese che lo raccontò sotto pseudonimo anche il caso assurdo di Jin Ruchao, condannato a morte con l’accusa di aver improbabilmente organizzato un complicato attentato: avrebbe trasportato, da solo, 600 kg di dinamite poi piazzata in quattro posti diversi. Il dettaglio è che Jin Ruchao era completamente sordomuto e praticamente deficiente, tantoché dopo l’arresto o rimase muto nel senso: non comunicò e prima dell’esecuzione non cercò neppure di protestare o proclamarsi innocente.

    I Giochi del 2008

    La morsa ha preso a stringersi dalla fine del 2003. Il Partito si limita a firmare da sempre ogni dichiarazione d’intenti: quella universale dei diritti umani, il Patto internazionale per i diritti civili e politici, la Convenzione contro la tortura del 1988, la Convenzione sui diritti dell’infanzia del 1992: parliamo di uno Stato che ha celebrato le feste nazionali con esecuzioni di massa cui assistevano talvolta anche le scolaresche, e che ci si immagina in quale considerazione possa dunque tenere l’eventuale «codice di condotta» che Usa ed Europa volessero imporgli. La Cina intanto cresce sino al 10 per cento annuo e si metterà in vetrina ai Giochi olimpici del 2008: in ballo c’è moltissimo, e non stupisce che capi di Stato come Jacques Chirac, all’inizio del 2004, abbiano fastosamente ricevuto le massime autorità cinesi dopo aver praticamente paralizzato Parigi, così da scoraggiare probabili dimostrazioni.

    L’illusione democratica

    Nel mentre, milioni di cinesi sono perseguitati assieme a minoranze come uighur e falungong; i tibetani seguitano a essere arrestati per il mero possesso di libri o per aver scaricato da internet immagini del Dalai Lama, e ovviamente non si contano non si conta niente, in Cina i monaci incarcerati e torturati. La ricerca in internet, è notizia di due giorni fa, è stata definitivamente censurata col benestare di Bill Gates: Microsoft ha fornito portali addomesticati con un software che impedisce l’uso di parole sgradite come «libertà», «democrazia», «diritti umani» ma anche «Tibet», «comunismo» e «Tienanmen». È tutto nero su bianco. Reporter senza frontiere, Amnesty International, The Laogai Research foundation, Human Rights Watch e il Centro tibetano per i diritti umani rappresentano fonti che permettono di comprendere come i peggiori totalitarismi del Novecento abbiano trovato asilo in Cina, laddove il peggio del comunismo e del capitalismo convivono nell’Inferno della Storia. La foglia di fico occidentale è costituita dalla speranza che l’evoluzione del mercato debba portare giocoforza alla democrazia, ossia che alle libertà economiche debbano equivalere quelle politiche: un’equazione contraddetta dai tempi di Adamo Smith e che in ogni caso non spiegherebbe neppure l’esistenza dell’Italia fascista o della Germania nazista, dove l’autoritarismo conviveva con la proprietà privata.

    50 milioni nei lager

    In Cina il problema, secondo molti osservatori, è giusto il contrario: «Si teme, liberalizzando e democratizzando, di mettere a rischio la crescita economica», ha osservato Piero Ostellino nell’introdurre «Il Libro nero della Cina», Guerini e associati 2004, da leggere. I giovani sterminati a Tienanmen in fondo chiedevano anche uno sviluppo più equo e inevitabilmente più lento, ma la Cina ha una fretta dannata. Le madri delle vittime di Tienanmen sono ancor oggi perseguitate, e il 4 giugno 2004, quindicesimo anniversario della strage, a Pechino manifestavano in poche decine, mentre a Hong Kong erano in centinaia di migliaia. Molti saranno finiti nei laogai, cosiddetti campi di rieducazione a suo tempo voluti da Mao Zedong: dalla loro istituzione hanno accolto non meno di cinquanta milioni di persone, e si calcola che non esista cinese che non conosca almeno una persona che vi sia stata soggiogata. È una detenzione che non prevede processo, non prevede imputazione, tantomeno esame o riesame giudiziario o possibilità di confrontarsi con un’autorità, figurarsi un avvocato. La decisione di rinchiuderti anche per cinque anni è a totale discrezione della polizia. L’associazione Laogai Research ha riferito che i milioni di cinesi rinchiusi nei campi costituiscono la popolazione di lavoratori forzati più vasta della storia. Poi ci sono i lavoratori non forzati, e sulle condizioni degli operai cinesi è stato scritto molto. Nelle imprese private, a fronte di paghe ridicole e di ferie praticamente inesistenti, le ore straordinarie sono obbligatorie e forfettizzate: la cifra è la stessa che si tratti di venti minuti o di dieci ore. I salari sono spesso pagati in ritardo per giornate che vanno dalle 10 alle 12 ore. I regolamenti sono da pazzi. Capita che ai lavoratori sia vietato di parlare nelle ore di lavoro e anche durante i pasti, mentre in caso di negligenza è previsto licenziamento e pene corporali. Ai lavoratori spesso è vietato sposarsi ed avere figli, e sempre più frequentemente, se licenziati, non ricevono alcuna indennità e solo una minima parte della pensione. Va da sé che in Cina non si possa parlare di cure sanitarie e che i licenziati possono vedersi negare l’accesso all’educazione scolastica dei figli: da qui una maggior tolleranza per il lavoro minorile e nondimeno per una spaventosa quantità di ragazzini morti sul lavoro. Tra le poche contabilità note c’è quella dei primi tre trimestri del 1999: i minori deceduti furono 3464.

    Sindacati liberi al bando

    Resta inteso che i sindacati indipendenti sono proibiti e che la loro costituzione è oggetto di una repressione che li accomuna per durezza solo ai falungong, adepti religiosi già bersaglio centrale della politica cinese: «Dobbiamo sradicare questo culto eretico e cacciarli come topi», si lesse sull’agenzia di stampa governativa Xinhua nel settembre 2003. Contro di essi contro ogni forma di dissidenza, invero si perfezionano metodi che si pensavano relegati al buio novecentesco. Che la tortura sia una prassi non lo negano neppure i funzionari cinesi: serve a estorcere prove contro tibetani, immigrati irregolari e padri di troppi figli. Sulle modalità delle torture cinesi è opportuno non incedere. Li Changjun, un ingegnere di 33 anni già licenziato per le sue convinzioni religiose, fu arrestato il 16 maggio 2001 perché aveva scaricato da internet informazioni sul movimento falungong; il 27 giugno la famiglia venne informata della sua morte e la madre ha raccontato questo: «Non aveva che pelle e ossa, il viso e il collo erano coperti di ematomi, aveva i pugni chiusi, non aveva più denti, era sfigurato, la schiena sembrava fosse stata bruciata e cotta. Era spaventoso». Amnesty International ha rilevato anche un alto numero di cosiddetti morti accidentali: prigionieri che precipitano soavemente dai piani alti degli edifici detentivi e che solo il racconto di pochi scampati ha potuto testimoniare.

    Psicofarmaci ai dissidenti

    Ma i languori occidentali rimarranno ancor più impressionati dalla notizia che in Cina non sia mai stata interrotta, anzi ripresa e ampliata, l’abitudine sovietica di rinchiudere i dissidenti negli ospedali psichiatrici. Gli specialisti cinesi hanno inventato patologie quali la «schizofrenia politica», la «sindrome da oppositore» e la «malattia politico-mentale». Dall’inizio degli anni Novanta cresciuta è la tendenza a rinchiudere e imbottire di psicofarmaci i malcapitati senza che le ragioni dell’internamento siano state stabilite. Xue Jifenf, ritenuto colpevole di aver organizzato una riunione sindacale non autorizzata, ha potuto raccontare d’esser stato internato nell’ospedale psichiatrico di Xinxiang assieme con dei malati mentali gravi che lo tormentavano giorno e notte. Tra i pochi casi noti anche quello di Su Gang, un ingegnere informatico di 32 anni che si era rifiutato di rinnegare la sua fede falugong: fu internato il 23 maggio 2000, in perfetta salute, dopodiché gli vennero iniettate ogni giorno delle sostanze sconosciute e una settimana dopo era incapace di mangiare e di muovere gli arti; il 10 giugno morì per una crisi cardiaca. L’associazione Human Rights Watch non nasconde che il massiccio e rinnovato ricorso di abusi psichiatrici, in Cina, fa impallidire il primato che fu dei dirigenti sovietici: resta la difficoltà di stimare gli internati e i morti in un contesto, va ricordato, che riuscì e celare l’esistenza della devastante epidemia di Sars per un anno e mezzo, e che solo il coraggio di un medico dapprima perseguitato, Jiang Yanyong, permise di smascherare. I dirigenti cinesi temevano che l’epidemia potesse scoraggiare gli investimenti occidentali. Ma quelli, forse, neanche il colera. Il Partito comunista pensa che il miracolo cinese sia possibile solo grazie a un totale controllo sociale e politico, una morsa che possa fermare quel miserrimo sottoproletariato urbano creatosi attorno alle città e che peraltro costituisce la base sociale di ogni rivoluzione. Questo spiega perché dal 2003 i diritti civili siano stati drasticamente ridotti e come le misure restrittive siano divenute spaventose. E spiega come la Cina, dopo mille anni di autocrazia, nelle sue fabbriche disumane, abbia copiato ogni nostro prodotto fuorché il più importante.

  42. Virginia, ti riferisci a un mio post del 16 marzo. Puoi controllare.

    Non è che ti ricordi male, è che forse stai fraintendendo adesso.

    Il fatto che il nostro benessere sia basato sui rapporti commerciali con le tirannidi continua a farmi schifo, e credo che Prodi avrebbe dovuto ricevere il Dalai Lama (e che i cinesi probabilmente avrebbero abbozzato): al massimo apprezzo la sincerità nel momento in cui non conta balle sull’esportazione della democrazia, ma parla di ragion di Stato.

  43. In Cina vige un regime spietato, con l’Occidente *tutto* che fa finta di nulla per convenienza (politica, economica, quello che volete). E per favore risparmiamoci le balle su alcuni paesi che sarebbero più coraggiosi di altri: si tratta di semplici spostamenti di pedine, gioco delle parti, esibizione muscolare, ma di sostanziale c’è ben poco, al punto che da Pechino strepitano un po’ ma poi si rimane sempre lì. Detto questo, e fatta la tara, mi pare ovvio che le 53 esecuzioni negli USA facciano più notizia, visto che parliamo di un paese che, al contrario della Cina, sostanzialmente incarna (o pretende di farlo) i concetti di democrazia, giustizia e libertà.

  44. Prodi non è e non è mai stato un paladino dei diritti umani. E non credo sia mai stato di Sinistra.
    E’ un ragioniere democristiano , un amministratore di condominio se volete , l’unico che riesce (a tratti) a tenere insieme quell’insieme di snobismi,purismi,inciucismi e altri ismi che è la Sinistra.

    Nonostante non lo ami , ma proprio per nulla , gli riconosco una dote : a costo di essere impopolare è sincero.
    Credo che una visita col Dalai Lama sia per un uomo di sinistra un occasione ottima per racimolare consenso elettorale.(non per niente l’onnipresente al VespaApòrter Bertinotti ci si è tuffato con entusiasmo)

    Non ho ricordi particolari di impegno per i diritti umani del precedente governo , ma sarà la mia memoria ideologicamente marxista ad avere sistematicamente cancellato.

  45. Si esulta per la moratoria e si ignora il Dalai Lama … noi non capiamo ha una sua logica.
    Condivido la chiusura del post!

  46. A facci e voi tutti: un pezzo di merda pericoloso, e uno dei primi nella mia personale lista di persone a cui auguro una prossima e immediata dipartita sia casuale che voluta insieme al suo datore di stipendio (non lavoro)
    vedrete……..eheheheh
    RAFFAELE
    per gli altri: disotterate l’ascia di guerra

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