Diciamo la verità: i teatri sono pieni di racchie.
Un concerto di musica classica è l’ultimo luogo della Terra in cui andare a beccar femmine. Possono fare eccezione certe serate scaligere o che siano comunque inquadrate in grandi teatri che siano cartolina di se stessi, e dunque abbondino di turiste esuberanti e di fanciulle mediamente decerebrate a cui la musica interessi poco. Stiamo parlando della regola e non dell’eccezione, e il discorso vale ovviamente anche per gli uomini.
I teatri sono pieni di racchie per molte ragioni.
Alcune ragioni sono ovvie: sono luoghi spesso di tradizione, tappa periodica di famiglie medio o alto
borghesi che abitano palazzi con scale ben spazzolate e piante profumate fuori dalla porta e perbenismi da scuola privata con le suore cattive, ci si veste in maniera incolore e triste e sformata e vetusta, da zia americana, intravedi ragazzine che hanno sempre scarpette e fiocchi e occhialetti terribili e che sono strette tra i genitori come ladre tra i gendarmi.
Le mogli hanno capigliature vaporose e gioielli che sembrano quelli delle televendite. I mariti hanno l’appeal di certi vecchi professori di matematica. Molti anziani hanno da prodigarsi per celare il rumore delle dentiere durante gli Adagio.
E non è cattiveria: è così.
Non aiutano certe atmosfere illuminate al neon (non la Scala, ma la sala Verdi del Conservatorio in questo è il peggio) e tantomeno aiuta l’età media degli spettatori. E’ così.
Tutto questo vale anche per musiciste e musicisti. Nel loro vestire convivono sobrietà e pacchianeria. Certi vestiti neri e sbracciati trasformano le ventenni in signorotte ed esaltano i rotolini di grasso delle più anziane. Le scarpe lucide degli uomini sembrano quelle (finte) che a Napoli indossano i morti. Sicchè la violinista che non sia mostruosa (è quasi sempre una violinista o una violista) lascia galoppare oltremodo la tua fantasia, e ogni volta sembra che lei guardi proprio te. Ti immagini che cosa possa nascondersi dietro il trucco leggero e la pettinatura da collegio.
Ad alti livelli cambia tutto. E niente. Il bizzarro violinista Nigel Kennedy veste tra il dark e il punk, ma non passerà alla storia per le sue scelte interpretative. C’era poi una violinista, Linda Brava, che veste e si trucca come una coniglietta di Playboy.
Però poi al cospetto di interpreti pur bellissime e che pure lasceranno il segno (si pensi a Victoria Mullova e soprattutto ad Anne Sophie Mutter) riecco d’incanto ritrarsi ogni belletto, ogni accento o accenno di modernità, come se l’esteriorità fosse un’offensivo sovrappiù che non vada esibito da chi detenga il dono fatale del talento, come se ogni richiamo alla seduzione stonasse con l’elevazione a cui la musica ci richiama ogni volta, severamente.
Come se nel volto e nel corpo delle donne vi fosse un qualcosa che dietro a una spiccata sensualità ti costringesse talvolta a presumere una spiritualità inversamente proporzionale. E questo è un puro pregiudizio, non ha fondamento scientifico: ma ci pigli quasi sempre. Forse è giusto così.
Cosicchè i teatri sono sempre stati pieni di racchie.
Ma ora è cambiato tutto.
La pianista Helene Grimaud è da rotocalco, la cantante Anna Netrebko posa in foto sexy. Ma nel ruolo di Isolde, questa sera alla Scala, c’è la donna che a lungo, secondo canoni ormai vetusti, ho considerato la più affascinante e inquietante del mondo. La vidi nello stesso ruolo a Bayern, anni fa: e sono anni passati anche per lei. Decisamente passati.
La bellezza ora è un requisito assoluto, e questa sera è speciale, forse, anche perché un’epoca ci saluta.
Bello. Però, se la memoria non m’inganna, questo è un vecchio articolo (forse con qualche ritocco) che ho letto su Note di note. Il titolo mi pare fosse, appunto, “racchie”. Comunque bello, divertente e vero.
Quanto bisogna aspettare per leggere il Facci d’annata, come questo.
Praga è uno di quei luoghi dove fanciulle in jeans, colorate, musicalmente ineducate e roboanti, affollano i teatri. In genere masticano gomme tutto il tempo e vanno in bagno nel bel mezzo di un’esecuzione e si impigliano nelle pesanti tende di velluto.
Poi ridono delle soprano o dei baritoni grassocci. Poi portano la fotografia a casa e ridono divertite e irriverenti.
Statisticamente, è vero, i teatri (opera, etc.) sono stracolmi di racchie e dentiere tintinnanti e chi le porta è in genere stizzoso e grida “schh” come nessun vecchietto della boccofila sarebbe in grado.
Credo che vadano a teatro per questo, per esercitarsi a zittire inconsapevoli e beati profani.
P.S.
A Napoli, per i morti, esiste la variante del pigiama e piedi con calzini preferibilmente bianchi.
Le scarpe lucide, come il “tiro a quattro” o ” a otto” tendono vanno,per l’appunto,scomparendo.
Evidentemente Lei, Facci, sta parlando solo di teatri di un certo tipo, ossia quelli paludati e ingessati stile “sala delle mummie del Museo egizio di Torino”: tipo La Scala o simili, teatri comunali, stabili, etc., e chi più ne ha più ne metta; le assicuro d’altronde sulla parola che in tutti gli altri teatri, quelli non frequentati da certa – certa, ribadisco – borghesia ignorante e spocchiosa che ci va solo per farsi vedere, quelli senza nomi roboanti o megasale luccicanti di specchi e velluti, ma con solidi contenuti e programmi, non pullulano solo le racchie di varia forma e natura, anzi: per felice esperienza diretta di 18 anni di frequentazioni teatrali, qui nella mia città, Cagliari, e dintorni, in tutti i teatri di questo secondo tipo, piccoli e grandi, si incontrano spesso nel pubblico belle e procaci ragazze ben dotate, oltre che di fisico, anche di interessi culturali e solida e vivace intelligenza: io stesso ne ho addirittura sposata una, le assicuro molto bella e intelligente, che occasionalmente fa anche (bene) l’attrice, figlia di uno dei decani del teatro sardo(non in sardo, specifico)di parola, ed altre ne ho conosciute piuttosto attraenti, simpatiche e in possesso di cervelli niente male; idem dicasi di tante attrici giovani e meno giovani che ho avuto la fortuna di conoscere, brave, alquanto raziocinanti e fisicamente piuttosto appetitose…lasci perdere allora quei tristi cimiteri dell’arte scenica ai quali si riferiva, e si getti invece a capofitto nell’agone amoroso dei teatri “in tono minore”, magari facendo un bel salto qui da noi: il divertimento – in tutti i sensi – è assicurato. A presto
Ah! Finalmente! LE Note di Note (in borghese…!) Ci voleva Wagner alla Scala! Comunque, la Signora, è un pò troppo “Gena Davis” nelle fattezze… piuttosto la Signora Grimaud… se suona “L’Imperatore” con la stessa intensità con cui ti guarda dalla copertina….
Omaggi
Asili,
lei è un uomo fortunato.
Io l’anno scorso alla Scala di Milano ho visto il Lohengrin e sinceramente ero talmente estasiato da quello che vedevo/sentivo che non ho fatto caso alla gerontocrazia della sala, anzi approfitto, se qualcuno mi procura due biglietti per il Tristano e Isotta di quest’anno gliene sarei molto grato, purtroppo paiono già tutti venduti…
Hai ragione Carlo.Certe Chanteuse mascherate che calcano i palcoscenici del Sacripanti possiedono la bellezza cangiante che può far crollare i muri,o tenerli in equilibrio
Controparte maschile classico-operistica (per par condicio): Erwin Schrott (ok, sono di parte, è amico mio… ma le chiacchiere stanno a zero.), Juan Diego Florez, Gavriel Lipkind, Vladimir Jurowski, Rolando Villazon (a chi piacciono i monociglioni, è un tipo…), Teddy Tahu-Rhodes, Simon Keenlyside, Zuill Bailey, Kyle Ketelsen… continuo? :)
Ah, e poi: se è vero che nella vita la bellezza(per me soprattutto delle cose, perchè detesto il kitsch in tutti i suoi aspetti, mentre quella fisica delle persone non risalta se non vien fuori una bellezza interiore di valori, simpatia, etc.) ha la sua importanza, scusi Facci, ma a teatro si va per guardare uno spettacolo, fatto bene o meno, o per guardare l’aspetto del pubblico e degli interpreti?
A morosita: sì sono fortunato, e molto, adesso sono ancora più fortunato perchè ho una splendida bimba di sei mesi che tra l’altro è quasi identica alla madre. Anzi, adesso vado a guardarla dormire nel suo passeggino, cari saluti a tutti
stavo cercando la Wally e ho trovato questo(c’è da dedicarsela da soli):
http://www.youtube.com/watch?v=7wFLbyjdnLQ
Un bacio alla sua bimba, allora :)
Non scherzo, è una rarità leggere di un uomo felice.
Per fortuna che c’è il Facci a migliorare il livello estetico del pubblico teatrale. Il nostro raggio di sole…
Facci, comunque se a te causano turbamenti le violiniste e/o le violiste, a me ci pensano i cornisti: http://operabouffe.wordpress.com/2007/11/10/ode-al-suonatore-di-corno/
Facci,senta: ed io che sono racchia e non frequento i teatri? Sono fisicamente e moralmente trascurabile, lo so.
Per la caramella: soprano è un sostantivo maschile.
P.S. sì, è off topic ma me ne infischio.
Ci mancherebbe, Morosita, sono sicurissimo che tu non scherzi. Un abbraccio
Aliyah, sarai anche racchia(la bellezza cmq è questione di gusti) ma senza dubbio sei molto intelligente, vista la tua ironia, il che in una persona secondo me basta e avanza, e poi la bellezza, urchè anche d’animo, è un dono e non un merito: a parte che ci sono certe racchie che hanno un sex appeal da resuscitare i morti…Io
ne conosco più di una e vi assicuro che qualche volta ho dovuto mentalmente farmi una bella doccia fredda per calmarmi i bollenti spiriti; e poi specifichiamo: racchie di viso o anche di corpo? No, perchè ad esempio conosco una bibliotecaria delle mie parti che di viso non è certo bella ma c’ha un fisico e un modo di muoversi, mmhhh…
tra l’altro mi è tornato in mente che tempo fa una leggendaria Paola Borboni novantenne al teatro Garau di oristano smise di recitare secondo copione per lanciarsi in un j’accuse che faceva il paio con quello di questo post contro un pubblico reo di superficialità manifesta.I sepolcri imbiancati presenti in platea,stizziti per essere stati colti in fallo riuscirono a ribaltare la cosa,accusando quella sincera decana della cultura italiana di gravi sintomi di arteriosclerosi
Se la caramella sono io, lo so che è soprano è maschile. per cui????
Cazzariello, A lula,
hai ragione,ho riletto, tra l’altro è tra gli errori che odio.
“Dei soprano”,ok.Ora va bene? ;)
P.S.
Io non sono caramella, comunque.
Resetto caffettiere,semmai.
Allora?
Applaudito per tredici minuti?
Lanciato fiori o il gatto?
Adescato racchia?
[nel Bayern semmai, non a Bayern. Non è una città ma una regione.]
Freigedanken – forse voleva scrivere “a Bayreuth” (che poi Bayreuth comunque sta in Baviera/Bayern), sarà un lapsus…
Oops. Ho scambiato una caffettiera per una caramella.
P.S. Ma preferisco le caffettiere, anche se borbottano.
Quello sempre;)
– Sono stato alla Bayern Staatsoper
– Bayreuth è Franconia
– molti dicono ‘la soprano’.
Facci – Bayreuth è la capitale della Franconia superiore, è vero, ma la Franconia sta sempre in Baviera, quindi abbiamo ragione entrambi.
Invece il fatto che molti dicano “la soprano” non lo fa diventare corretto, si dice “il soprano”, fidati se te lo dico io (non foss’altro perché studio canto classico e sono soprano pure io, quindi magari ne so qualcosa: soprano, mezzosoprano e contralto, pure se riferiti a donne, vogliono l’articolo maschile.).
Facci,
la amo. A prescindere.
@Morosita:
“tra l’altro è tra gli errori che odio.
“Dei soprano”,ok.Ora va bene? ;)
Deciditi, mia cara, è da voltagabbana ritrattare adesso. La prima è quella che vale.
Sei stata ciuccia per circa sette ore.
Hai pensato di esserlo, anzi, il che è peggio.
Più personalità,ragazza, di più.
morosita – ma parli a te medesima via commenti su macchianera? :D
(oh, comunque mica è la fine del mondo aver detto “la soprano”, io mi son permessa di dire la mia solo perché si parla di cose che conosco, altrimenti stavo zitta… ma se tu vuoi dire “la soprano” fa’ pure, sempre meglio questo errore dei crimini contro la grammatica di quelli che scrivono con le k e senza vocali, ci mancherebbe…)
Grazie, Giorgia(ho visitato il tuo sito non molto tempo fa).
Tranquilla, non mi suicido entro stasera. Almeno prima faccio l’albero.
In quanto ai miei commenti, ogni tanto mi capita di sdoppiarmi.
Sto cercando un pò e pare effettivamente che la doppia accezione non sia ammessa.
Il dramma è che da molti anni io mi faccio pippe su queste cose e la curiosità si riaccende.
Ben contenta,anzi,dell’intervento tuo e di Red Ronnie, bebop a lula, là, come si chiama lui ;)
Ahimè, da Gillespie a Red Ronnie…
P.S. :) per Morosita, non me la prendo.
P.P.S. Facci, qualche zotico dice anche brevi mano…
@morosita: dico, tutto ‘ste menate per il/la soprano, e poi il ‘pò’ con l’accento… :/
E secondo te,
mi mettevo a cercare il simboletto giusto (segno diacritico, a scanso di ulteriori prcisazioni)per la[o]?
Io, per certe cose, mi scoccio.
Per fortuna esisti tu.
Cercando di fare cosa utile a tutti quelli che potrebbero avere lo stesso problema di morosita: il segno diacritico in oggetto è l’apostrofo. Nella tastiera italiana si trova sopra la ‘P’, a destra dello zero.
(poi se uno non usa la normale tastiera italiana e/o non è italiano, è un altro discorso. Ma solo un po’) :)
Dai, su, non bisticciate, è Natale e siamo tutti più buoni (ehm…), anch’io avrei voluto fare l’appunto sul “pò” ma mi ero trattenuta per non essere additata come “la solita rompimaroni” (che poi è la verità, ma quello è un altro discorso…).
Ma se vogliamo essere pignoli, anche il “perchè” del signor Carlo Asili è un errore (si scrive “perché”, con l’accento acuto…), ecco.
Calvino,
sarai d’accordo che quanto da te egregiamente espresso implica la digitazione di due tasti anziché uno.
Mi pareva di essere stata chiara:MI SCOCCIO.
In quanto alle precisazioni linguistiche, perdonami, ma con me ti fai male :)
“pòoooppòporopppòpopopò”.
@giorgia: ci mancherebbe, normalmente neanche io pignoleggio su ‘sti dettagli. Però apprezzo quando vi si fa attenzione, e mi dispiaceva che dopo la bella discussione sul genere del soprano si cadesse sul po’ accentato :)
@morosita: mhhh boh, sulle tastiere italiane basta un solo tasto (ma magari stai scrivendo con un’altro tipo di tastiera o, che so, da un telefonino). Ad esempio, ‘d’accordo’ come l’hai digitato?
In quanto alle precisazioni linguistiche, ahimè, mi difendo ;)
Calvinuzzo,
non lo so che cavolo di tastiera sia. Mi hai fatto sorgere un dubbio che non sia italiana??
In ogni caso, fate bene a notare queste cose, sono importanti anche se spesso,complice la fretta e la pigrizia, non ci si fa caso e i blogs non sempre rappresentano i luoghi più adatti per tali, giusti,”purismi”.
Se ho detto che mi difendo bene è perché dopo glottologia credo di essermi presa un esaurimento dal quale non mi sono più ripresa.
Giacché ci troviamo:”ahimé” e non “ahimè”.
Questo era solo per rompere i maroni, ma ti assicuro che ti voglio bene ;)
Cara caffettiera (coll’ultima e grave),
ho ragione io (cfr. lo Zingarelli o il De Mauro)…
http://www.demauroparavia.it/3506
…puntini céliniani…
…gioia stupida ed un po’ (segno diacritico vicino allo zero) infantile…
Si dice: “lingua toscana in bocca romana”…
;)
Morosita,
di bene te ne voglio anche io (sperando però che non si applichi la proprietà transitiva, sennò mi tocca voler bene anche a Facci) :)
Ma tu me ne vorrai ancora se ti dico che invece si scrive proprio “ahimè”? (ahimé sarebbe foneticamente corretto, ma non è la grafia comunemente accettata)
Per la mia caffettiera borbottante preferita: avevo scritto un commento più céliniano di quello di Calvin, ma è stato mangiato dalla macchia (nera).
” … se non vuoi
qualche cosa ancor tu.”
P.S. :p
Bebop,
non ho capito a cosa ti riferisci.
@Calvin: foneticamente è indubbio, sì, ma anche graficamente, benché non da tutti, così andrebbe scritto. Fà un giretto nei cereali e dintorni e mi dirai.
:)
… quelli che la crusca…
imperativo 2pers. sing. di fare: fai
(varianti accettate fa, fa’)
assolutamente mai con l’accento.
se proprio dovete rompere i coglioni agli altri con l’ortografia, almeno assicuratevi di non essere ancora più ignoranti e arroganti di quelli che vorreste correggere.
Se proprio ti interessa,rileggi qualche commento più sopra e vedi perché ho scritto così. Altrimenti non rompere poiché noi, quelli lì, ce li stiamo rompendo da soli e molto garbatamente, direi.
Se ti molestano simili diatribe, passa appresso:
un fesso di meno, appunto.
P.S.
(ero quasi certa che al “fà” QUALCUNO abboccasse).
STRAROTFL
che tu “ti scocci” a mettere gli apostrofi è una scusa così puerile che ti qualifica immediatamente.
insulta pure, ignorante e arrogante resti.
Pura e semplice verità che non giustifica certo una grafia scorretta.
Chi si è intromesso dando dell’arrogante e ignorante a me e agli altri, sei stato tu.
Di rispondere con insulti (capirai)a chi di puerile e saccente ha pure le cellule mitocondriali e la forfora, non mi interessa.
Del giudizio di uno come te non so che farmene: uno che pur non facente parte della “discussione” precedente sprizza livore gratuito e non richiesto. Uno così ne avra cantine piene e riserve congelate per il lungo inverno.
insulta pure, ignorante e arrogante resti.
Gnè gnè.
I piedi a terra li sbatti quando frigni?
Maestromanzi – ma come? Noi qui ci stavamo accapigliando così civilmente, roba che nei commenti in un post su Macchianera non accadeva da eoni (per non dire in un post scritto messer Facci, poi…) e Lei viene qui a metter zizzania? Su, su, è quasi l’ora del tè, si accomodi, vuole qualche pasticcino?
(comunque, ad essere pignolissimi, non sono tanto convinta che “fa” senza apostrofo sia ammesso in quanto imperativo di “fare”, come Lei sostiene, ché “fa” scritto così può essere due cose: presente indicativo terza persona singolare del verbo “fare”, oppure la quarta nota musicale omonima. Per l’imperativo l’apostrofo ci vuole, in quanto c’è l’elisione della “i”: “fai questo!” –> “fa’ questo!”)