Primo: leggere. Secondo: collegare il cervello. Terzo: domandarsi “A che mi serve il blog“. Quarto: rispondere onestamente.
E’ un esercizio di intelligenza che consiglio generalmente a chi vuole aprire un blog. Generalmente nessuno lo segue. Generalmente uno digita l’indirizzo di una piattaforma blogging, clicca su “registrati” e scrive. Dal copia&incolla di agenzie, condite o no, di considerazioni personali del genere stavamo-meglio-quando-stavamo-peggio, oppure Berlusconi-ladro, oppure Bush-assassino; alle confessioni intime sul capufficio cretino, la collega-se-la-tira, la difficile vita del precario. Ma queste sono storie che già conoscete e che qualcuno è capace di raccontare meglio di me, sicuramente.
Poi arriva un decreto, che di strada ne dovrà fare ancora tanta e non è detto che arrivi a destinazione. E scoppia la rivolta. Senza che l’operazione, semplice e banale, in alto venga compiuta da alcuno. Pigrizia o che altro? eppure basta seguire un link, questo; digitare su Google la stringa “iscrizione al Roc”, ottenere questo risultato.
Torniamo al punto di partenza.
Primo: leggere. Secondo: collegare il cervello. Terzo: domandarsi “A che mi serve il blog”. Quarto: rispondere onestamente.
Di solito il cervello non lo stacco mai.
Leggiamo: Articolo 6, comma 2. L’iscrizione al Registro degli operatori di comunicazione è condizione per l’inizio delle pubblicazioni dei quotidiani e dei periodici, e sostituisce a tutti gli effetti la registrazione presso il Tribunale, di cui all’articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. Sono fatti salvi i diritti già acquisiti da parte dei soggetti tenuti a tale registrazione in base alla predetta normativa. Significa che per aprire un blog occorre iscriversi al Registro delle comunicazioni. Ammesso che i blog vengano poi inclusi tra i prodotti editoriali. Intanto l’articolo 2, comma 1, recita: Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso.
Potrebbe anche starci. Perché quando copiate un’agenzia, segnalate un link di testate o fonti, fate informazione e divulgazione. Non saprei dire, onestamente, se la parola “opinione“, che non si trova in alcuna parte del documento, sia stata sostituita dal più generico e insignificante “intrattenimento“. La direbbe lunga sul “peso” e la considerazione della blogosfera. Un po’ come i successi di Scalfarotto e Adinolfi.
Ma veniamo a quello che vi spaventa terribilmente. L’iscrizione al Roc.
L’articolo 2 del decreto dice chiaramente che l’iscrizione al Roc sostituisce la registrazione al Tribunale, per la quale occorrono un giornalista, pubblicista o professionista, e un migliaio di euro. Al contrario di quanto chiede implicitamente il Testo del regolamento per l’organizzazione e la tenuta del registro degli operatori di comunicazione.
Implicitamente perché fino a questo momento il Roc è riservato a operatori della comunicazione ufficiali e “stabili”, come testate giornalistiche radiofoniche, televisive, cartacee e telematiche, oltre alle agenzie di stampa. Sarebbe una richiesta superflua. Anche perché, e veniamo al secondo motivo di terrore, iscrizione non significa autorizzazione: per aprire un blog non vi sarà chiesto di iscrivervi preventivamente.
Aprite il blog ed entro 60 giorni lo comunicate al Roc.
In attesa del completamento della pratica (60 giorni) (60+60=120), scrivete sul blogghettino “In attesa di iscrizione al Roc”, più o meno come si fa per i numeri zero di giornali “In attesa di registrazione presso il tribunale di…”.
Come ci si iscrive al Roc e soprattutto quanto costa?
costa zero! niente bolli, né versamenti.
Al Roc si mandano due modelli dove dovete dichiarare i vostri dati anagrafici, i dati del vostro blog e lo scopo non lucrativo dell’attività. Stop.
Niente di più di quanto non accada già per chi registra un dominio .it.
Qual è il problema? L’anonimato?
Di quello che penso della libertà dei blog ne ho scritto tempo fa qui e qui.
Il blog è Roc
(Visited 230 times, 1 visits today)
Seguo il tuo discorso che non fa una piega ma non sono per niente d’accordo.
Il fatto che sia semplice e non costi nulla non cambia per niente le cose…
Il fatto stesso che per comunicare su internet anche solo le proprie considerazioni, o link a siti e testate giornalistiche, si debba essere ‘registrati’ da qualche parte mi sembra assurdo e anti-internet…
ma non per motivi di anonimato, per semplici motivi di normalità!
dici “Potrebbe anche starci. Perché quando copiate un’agenzia, segnalate un link di testate o fonti, fate informazione e divulgazione” .. questo vuol dire che linkare sarebbe soggetto alla registrazione al roc?
e se il link lo metto nei commenti del blog di un altro, anche il commentatore dovrebbe registrarsi? o andrebbe cancellato il suo commento?
e riguardo la responsaiblità del blogger per quanto riguarda i commenti sotto scritti? E’ giusto che in un blog (o sulla rete in generale) si cerchi di limitare i casi dove spontaneamente si decide di non filtrare le opinioni?
Solo perchè registrarsi al roc non costa nulla e non è poi così complicato??
Con internet, la gente non capisce, si è aperta da tanto tempo una nuova frontiera della comunicazione e ragionare secondo i vecchi standard è completamente sbagliato (e inutile perchè poi alla fine non servirà mai a nulla).
Non si può voler canalizzare i vari flussi di pensiero che si muovono in rete..a stento in cina ce la fanno (e secondo me col tempo verranno travolti anche lì dallo tsunami di informazioni e pensieri di internet)
io non ho nulla contro il roc, semplicemente non capisco perchè si debba sentire questa necessità di far registrare bloggher o comunque chi decida di fare una propria informazione in rete…
E’ già troppo. Un’intrusione governativa di cui non si sentiva la mancanza.
Nicola, se avessi seguito illink del decreto avresti scoperto che il responsabile del blog è ancheresponsabile dei commenti.
Non ho capito quali siano i motivi di normalità
e a me sta storia che internet sia espressione di libertà assoluta mi fa sganasciare.
I paladini della libertà chi sarebbero?
L’iscrizone al Roc proibisce l’uscita di giornali come il manifesto, liberazione, libero o il Tg4… tanto per andare per estremi.
Non è questione dis emplicità. E’ questione di tracciabilità.
Vedi, mi convinco sempre più che su internet siamo tutti alti, belli, biondi, occhi azzurri, forti e intelligenti. Poi si va a un barcamp e scopri certe cozze e certi cozzari.
Domanda? usi carte di credito? usi il cellulare?
lo saiche sei registrato… potresti farne a meno. La moneta esiste ancora, come i telefoni pubblici.
Per segnalare un link, mi riferivo ovviamente alla divulgazione di notizie, senza riportarle integralmente.
Non è questione di limitazione, ma di garanzia. E le garanzie non sono solo le tue, ma anche dichi è oggetto dei tuoi scritti.
Magari chi commenta a caxxo, ci penserà almeno una volta. Forse ne migliora la qualità. O no?
gabriella, come ti ho detto non è una questione di anonimato (quindi non rispondo a parte della tua risposta), e anche io appunto dicevo che sarebbero diventati responsabili i blogger dei commenti sotto i loro post e a me non sembra cosa logica.
Parli di tracciabilità, ma io ti chiedo: perchè ci deve essere per forza?
solo perchè così la gente non sarà più alta bella e bionda?
ma che mi frega?
Non vi sono paladini su internet, è questo che la rende garanzia di deocrazia e libertà (alcuni esempi, molti vicende che sarebbero state spesso facilmente insabbiate, come pestaggi di extracomunicati da parte di poliziotti eccetera per dirne una) sono uscite fuori grazie all’anonimato della rete e di gente normale 8non paladini) che hanno pubblicato i video e servizi che li potevano pubblicare senza rischiare nulla di legale…
perchè questo bisogno di controllo e tracciabilità? a pro di che?
dimmi esattamente i mali che ci affliggono a causa dell’anonimato in rete e della non tracciailità (come tu la chiami)
ma problemi seri e gravi e che comunque queste leggi risolverebbero (quindi niente ragazzi biondi o terroristi, perchè i primi servono a poco, i secondi aggirano tutto tranquillamente)
garanzie per chi?
perchè se uno scrive di te hai paura che tutto il mondo ti venga contro?
e te scrivi di risposta no?
il problema è chi commenta a caxxo?
cavolo se sono queste le priorità …
“Magari chi commenta a caxxo, ci penserà almeno una volta. Forse ne migliora la qualità. O no?”
no.
allora la prossima sarà che ci deve registrare per fare commenti al bar? o in piazza?
è un decreto indifendibile.
e non facciamo finta che l’obiettivo che si pone sia migliorare la qualità dei blog, che mi viene davvero troppo troppo da ridere
ripensala, la difesa, che così non sta in piedi
Gabriella: se ti sembra normale pazienza, vuol dire che abitiamo mondi diversi. Per dire, in Corea del Nord si registra il possesso di una macchina da scrivere, ma è gratis! Basta compilare due moduli, dov’è il problema?
Dovesse passare il mostro, mi dichiaro fin d’ora disobbediente.
Se invece che “obbligatorio” fosse “possibile” iscriversi al Roc, allora il decreto sarebbe da appoggiare in pieno.
Io *decido* di fare un sito informativo (sulle ricette, sull’informatica, su quello che ti pare), allora posso anche decidere di farlo diventare ufficialmente un prodotto editoriale e mi iscrivo volentieri al RoC, invece che stare in un limbo tra chi è testata giornalistica e chi lo sarebbe ma non può (manca il direttore…).
Ma che io sia obbligato, è qui la magagna: perché? Chi decide cosa è un prodotto editoriale?
I punti che sollevi per difendere questo decreto sono completamente sbagliati, collegare il cervello non serve a nulla se nel database delle conoscenza mancano le basi: non tieni conto che Internet è internazionale, e che basta avere il sito oltreconfine che il ddl va a farsi benedire. Chiedi un po’ a chi ti ospita per fare la radio paga il canone alla Siae o alla Riaa.
Ribadisco: se fosse facoltativo viva la legge. Essendo obbligatoria ha ragione chi grida al tentativo (maldestro) di imbavagliamento.
E io che bloggheggio dalla Svizzera su piattaforma Splinder?…
Che comunque, questo decreto… a che serve?!?
Io penso che ci sia molto allarmismo (anche giustificato) per nulla, perché il ddl è frutto di un errore e di incompetenza. Le ragioni di ciò le scrivo sul mio blog.
Sono tuttavia del parere che che l’autrice del post non ha capito fino in fondo il senso del decreto, quindi rimando al mittente il consiglio di “accendere il cervello”. La questione non è tanto se l’iscrizione al Roc costi tanto o poco in qualsiasi termine, le questioni sono:
– l’iscrizione al Roc per qualsiasi forma di pubblicazione su Internet è inutile;
– aggiunge burocrazia o anche costi là dove non servono;
– negli altri paesi “normali” non è necessaria per blog e altri siti simili;
– è difficile che poi qualcuno (ma chi?) controlli tutta quanta la rete italiana;
– è facilmente oltrepassabile registrando siti o account presso server stranieri;
– varie ed eventuali che ora non mi vengono in mente.
Tutto bello e tutto giusto, se non fosse che al momento non c’è scritto da nessuna parte che aprire un blog significhi automaticamente dichiararsi al ROC subito, o dopo 60 giorni, poco importa.
E’ che la legge prima dice che un po’ tutti i siti internet diventano attività editoriali, poi passa la palla come di consueto all’AgCom, che dovrà individuare quali siti hanno il carattere di attività editoriale ( e quindi registrarsi ) e quali no. Insomma un pasticcio.
Sarebbe bene modificare la legge in modo che esplicitamente escluda ogni cambiamento per blog e siti personali, non a carattere imprenditoriale e lucrativo; invece fa esattamente il contrario, mette un po’ tutti in mezzo. Col risultato che sic stantibus rebus tutto resterà come prima.
Mi sfugge sia l’utilità che l’applicabilità del Roc. Se il mio blog si trova su un dominio punto it ho già inviato la lettera di assunzione di responsabilità (e dunque si tratterebbe di un inutile doppione).
Se è un altro dominio credo di essere comunque rintracciabile con un normale whois, e chi è oggetto dei miei post è comunque garantito.
Se invece apro un blog su una piattaforma esistente, credo basterà usarne una che non risiede in Italia e ho aggirato la scocciatura del roc.
Per quanto riguarda i commenti, non credo che il fatto che i giornali siano testate registrate impedisca ai lettori di mandare lettere idiote. Sta poi alla sensibilità dei giornali pubblicarlo o meno (e a leggere certe lettere molte testate di sensibilità ne hanno veramente poca). Certo, sul blog di solito i commenti appaiono subito, ma è nel pieno diritto del blogger cancellare commenti che ritiene insultanti o offensivi (o anche che non gli piacciono).
Personalmente, più che un tentativo di bavaglio, mi sembra un maldestro tentativo da parte di una pubblica amministrazione ottocentesca di tenere sotto controllo qualcosa che non ha capito per nulla. E magari, dopo un paio di anni, metterci anche una piccola tassa di registro sopra. Tanto per gradire.
Ogni barriera, ogni passo in più alla facilità di aprire un blog costituisce un colpo, durissimo, al diffondersi della cultura di rete.
Questo significa che se già oggi la massa critica di utenti consapevoli dell’internet tarda a manifestarsi in Italia, per colpa del divide tecnologico e culturale, a questo si andrà ad aggiungere un ulteriore divide, quello politico/burocratico.
E siccome il valore di una rete è proporzionale al numero dei suoi nodi, ecco che ci saremo giocati l’innovazione e la democrazia che la rete ci abilita ad esercitare meglio.
Sì, il problema è proprio l’ANONIMATO che viene a mancare.
A che serve registrarsi?
Non certo per prevenire eventuali reati, es. incitamento all’odio razziale o apologia di reato o pubblicazione di materiale pedopornografico: in questi casi può comunque (già ora che i blog sono anonimi) indagare la magistratura e con la polizia postale tracciare chi è stato e punirlo secondo la legge.
Invece la registrazione ha come unico effetto quelle di INTIMIDIRE chi scrive a non dire cose che possono essere scomode per l’establishment, ad operare una “censura preventiva” per amore del quieto vivere e “per non avere problemi”. Ad esempio, gli abusi di alcune forze di polizia verificatesi durante il G8 di Genova sono state divulgate solo tramite foto pubblicate e fatte circolare dai blog. Chi avrebbe il coraggio o l’incoscienza di pubblicare una foto che ritrae un poliziotto che picchia un manifestante sapendo che è riconducibile al suo nome da parte di chiunque consulti il ROC presso il tribunale? (cosa che al di la di quello che dicono le leggi in italia possono fare tutti, vista la porosità delle cose segrete in italia… vedi i tabulati del caso telecom di tavaroli)
* * *
Inoltre, in punta di diritto, in base a che principio di territorialità si individua quali persone siano tenute a registrarsi?
* In base alla nazionalità del fornitore della piattaforma? Ma allora basterebbe registrare il blog su un provider straniero, come lo sono già la maggior parte…
* Oppure in base alla cittadinanza di chi scrive sul blog? Ma allora i blog fatti a più mani da parte di cittadini stranieri, di cui uno o due italiani, devono registrarsi?
* O in base al numero di italiani che lo seguono? Ma allora anche il Drudge Report dovrebbe registrarsi presso un tribunale italiano…
* O forse in base alla cittadinanza di chi ci scrive? E se sono un espatriato italiano residente a Londra, che scrivo un blog che commenta la politica inglese, devo registrarmi in Italia?
* O in base alla lingua? Se è in italiano registrarsi altrimenti no? E se uno svizzero ticinese italofono tiene un blog in cui parla continuamente della politica italiana (e magari parla pure male di Mastella) che deve fare? Deve registrarsi? Anche se la confederazione gli garantisce libertà di parola?
* O forse in base al luogo in cui si trova uno quando aggiorna il blog e scrive i post? Ad esempio, un cittadino straniero (es. un giornalista estero che lavora come corrispondente a Roma) che risiede in Italia, deve registrarsi? Anche se pubblica in inglese o tedesco per un pubblico soprattutto straniero?
* * *
Robe incredibili… persino nell’IRAQ di Saddam i blog erano relativamente liberi, vedi l’esempio di SALAAM PAX che ha potuto pubblicare post anche durante l’invasione… pensa, secondo te avrebbe scritto serenamente cose critiche sul regime se fosse stato obbligatorio iscriversi al ROC di Baghdad?
Gabriè,
il ministro delle scomunicazioni ha fatto marcia indietro.
http://www.paologentiloni.it/cgi-bin/adon.cgi?act=doc&doc=14116&sid=1
Perdonami, ma quel ddl è scritto con i piedi e non merita(va) di essere difeso.
ciao ;)
molto infelice e supponente il ” collegare il cervello”, ma tu l’hai fatto ? non mi sembra proprio.
Io ci ho provato a collegarlo, e tutto quello che ho ricevuto è: non possono tracciarmi.
Chi ve l’ha detto che sono italiano? Usare la lingua italiana non mi costringe a rispettare le vostre leggi?
A meno che non stiate violando la mia privacy, naturalmente.
Mi dispiace, ma le uniche leggi che rispetto sul mio blog sono quelle di google (che è il padrone di blogger). Se un giorno google pretenderà il mio cognome, dovrò darglielo. Ma la Repubblica Italiana… su Internet… mah.
Forse chi dice che bisogna leggersi bene il DDL lo dovrebbe leggere bene.
Il DDL non parla di blog ma genericamente di informazione internet, ovvero verrà data massima discrezionalità a cosa sarà oggetto di attenzioni e cosa no agli organi competenti.
Il fatto poi che il ROC debba registrare tutto è un dramma che pagheremo noi contribuenti.
100 milioni di blog 100 milioni di autorizzazioni?
100 mila siti di informazione 100 mila autorizzazioni?
1 milione di mailing list (che potrebbero tranquillamente rientrare nell’oggetto del DDL) 1 milione di autorizzazioni?
Questa è l’ennesima c….a partorita da un parlamento che in mezzo a ventimila emergenze reali che pagano quotidianamente i cittadini sulla propria pelle a costo a volte della stessa vita si interessa dei suoi sempre più disonorevoli membri che quando si tratta di far passare oscenità a loro convenienti trovano sempre larghe maggioranze trasversali ai partiti.
Migrazione su server esteri inevitabile per tutti, fosse solo per evitare rogne anche solo involontariamente di quelli che come al solito in italia pagano soprattutto quando sono in buona fede e in regola.
Ti ringrazio.
C’era tanto bisogno di qualcuno che spiegasse in termini chiari la situazione e tu l’hai fatto.
C’è tanto bisogno di persone che p r i m a si informano, p o i riflettono e q u i n d i comunicano quanto hanno appreso a chi hanno intorno…
Per evitare di ripetere le cose che ho scritto e per rispondervi ho usato i grassetti. Fate sto sforzo.
alcune puntualizzazioni.
La prima è tutta per Gaspare, perché un assist così, giuro, non m’è mai capitato. Grazie un milione!
Gaspare, vieni qui con questa tua a dirmi (direbbe Totò) che deplori e disobbedirai (nel caso – leggi il terzo grassetto) a un decreto che pretende(!) referenze e poi, che fai?, che cosa fai? mi chiami sul tuo Tburako “Tal Gabriella Bianchi”?!
Vuoi delle referenze? :D
L’osservazione di Joe Tempesta è quella che ho apprezzato di più. Io decido se fare un prodotto editoriale e dunque di iscrivermi. Mi pare che nele ultime elezioni presidenziali degli Stati Uniti un blogger sia stato accreditato nella sala stampa della Casa Bianca, in quanto blogger. Penso che abbia fornito delle credenziali e non un nik per farlo.
David Saltuario dice che è una ripetizione inutile delle procedure per il dominio.it. Giusto. Però esistono i domini .net .com .tutto il resto che possono essere registrati “anche” senza dati reali. L’ho detto nel penultimo grassetto.
Lunar, Gentiloni ha detto “la norma sulla registrazione dei siti internet non è chiara e lascia spazio a interpretazioni assurde e restrittive”. Io ho scritto: “Ammesso che i blog vengano poi inclusi tra i prodotti editoriali”
Leo dice: “Usare la lingua italiana non mi costringe a rispettare le vostre leggi?”
L’Osservatore Romano è l’unico giornale italiano non registrato presso un tribunale. Ma ha comunque un direttore responsabile. Non me la menate sui privilegi dello stato vaticano, è solo un esempio assimilabile alla frase di Leo.
E questo è quanto. Comunque nessuno ha risposto a quelle che io ho posto come domande
A che vi serve il blog?
Qual è il problema nel fornire dati anagrafici?
(Le foto di poliziotti che pestano a sangue mi pare siano uscite dovunque (media tradizionali e non. E non è stato messo in galera nessuno (G8, caso Giuliani, do you remember? – Qui, su macchianera lo sputtanamento del rapporto Calipari. E credo che Gianluca Neri non si sia fatto neppure un minuto di galera.
Poi, per concludere: chi vi ha detto che difendo il decreto? Ho solo letto il decreto, ho solo smentito le cretinate lette in giro: che per iscriversi al Roc bisogna essere giornalisti, che i blog (tutti i blog) diventano testate giornalistiche a tutti gli effetti, che per iscriversi al Roc si pagano bolli… E serenamente vi ho chiesto cosa vi faccia paura, tanto da starnazzare il solito allarme di censura, giacché la domanda di iscrizione non è una richiesta di autorizzazione. E’ solo che la solita campagna blogghereccia di antipixel, bannerini e cacazzielli vari visti in giro m’ha fatto ridere. Della serie la montagna ha partorito un topolino e i gatti si sono cagati sotto.
@GaBian
Scrive il ministro delle scomunicazioni:
“il disegno di legge sull’editoria, proposto dalla Presidenza del Consiglio e approvato una settimana fa in Consiglio dei Ministri, va corretto perchè la norma sulla registrazione dei siti internet non è chiara e lascia spazio a interpretazioni assurde e restrittive.”
a seguire:
“Il testo, invece, è troppo vago sul punto e autorizza interpretazioni estensive che alla fine potrebbero limitare l’attività di molti siti e blog. Meglio, molto meglio lasciare le regole attuali che in fondo su questo punto hanno funzionato.”
Lo dice il ministro. EVVIVA. Se la “rete” non avesse fatto casino il ddl passava così com’è. questi sono i fatti Gabriè.
Per quanto riguarda le tue domande:
1)”A che vi serve il blog?”
a nulla. difatti non ho, non ho mai avuto, non avrò mai un blog. non mi interessa, non mi è utile.
2)”Qual è il problema nel fornire dati anagrafici?”
nessun problema. Qui come altrove io lascio le mie generalità. Nome cognome, indirizzo, CF, colore dei capelli, degli occhi e pure l’altezza.
I miei dati anagrafici sono contenuti in un numerino che per quanto mi riguarda è quello autentico che mi viene assegnato dal mio provider.
P.S.
A margine vorrei farti notare questo:
http://tinyurl.com/2rputx
1241 siti inibiti dalla sola AAMS.
Sono tutti, dico tutti, raggiungibili per altre vie. Ma non dire nulla all’AAMS, mi raccomando ;)
Diceva sor Giulio che in Italia ci sono due tipi di pazzi. Quelli che si credono Napoleone e quelli che pensano di risanare le Ferrovie. Occorre aggiungere una terza categoria. Quelli che pensano di imbrigliare la rete.
Accidenti. Che controcazzi ‘sta Gabriella Bianchi. Spero che il mio non sia il bacio della morte.
Lunar, grazie, ma avevo letto.
Hai risposto sul blog, ma tu il blog non ce l’hai. indi…?
Sulla tracciabilità. Anche gli assassini sono potenzialmente rintracciabili, però a volte indaga pure il maresciallo che non ci capisce una mazza. Guarda ieri l’altro sono stata convocata da un marsciallo. Mi chiedeva conto di una mail pubblicata sul giornale 8, dico OTTO, mesi fa. Gli ho spiegato che in redazione riceviamo una media di 500 mail al giorno e che di solito svuotiamo ogni due o tre giorni il server. Sai la risposta? “ma non le stampate neanche?”. Glielo dovevo dire io “vai dal gestore del server, che non sta in redazione, e chiedi se per caso le conservano loro”? dovevo? forse, per eccesso di spirito civico. Non l’ho fatto perché mi ha tenuto due ore in caserma e avevo fretta. Avrei dovuto spiegargli perché il server non ce l’abbiamo in redazione, forse anche cos’è un server.
Filippo, grazie, dalle mie parti si dice “te vaso friddo” e non è troppo… educato ;)
“A che vi serve un blog?”
Buona domanda, ma è rilevante?
Mettiamo che io ti risponda che a me serve per complesse ragioni psicologiche mie che poi sono quelle di tutti (mi piace chiacchierare).
Che fai, me lo fai chiudere per indegno uso del mezzo blog?
A che mi serve saranno ben cazzi miei, con rispetto parlando?
Comunque, anche Gentiloni ha detto che il decreto è scritto con i piedi. Per cui: se lo riscrivono, e riescono a rimediare a questa genericità spaghetti&mandolino, tanto meglio. Ma sindacare su cosa facciamo con il blog, Gesù, proprio no.
E’ come venirmi a chiedere cosa faccio col telefono.
la gabri ha pestato una merda. poi che ff la baci, e’ la prova del nove.
Berlusconi-nano!
(finchè posso dirlo lo dico!!)
Giulia, la domanda è nel contesto di un’analisi riferita al decreto.
A che vi serve il blog?
a farne un sito d’informazione: allora registratevi perché non siete un blog
a farci e cacchi vostri… e fateveli perché non c’è bisogno di registrazione. Ma intanto, ora che Gentiloni ha chiarito (e personalmente non ne avevo bisogno – fa fede l’orario del post e un grassetto), di che parliamo?!
Poi se un ministro della Comunicazione dichiara che un decreto che riguarda informazione e comunicazione è scritto con i piedi, ma intanto è passato, senza averlo letto prima che passasse, ma solo dopo che è passato e c’è stata la reazione che conosciamo… bene!
Come può vivere internet senza LockOne?
Secondo me Gabriella è sempre Filippo travestito :)
I blog possono servire a tutto e a niente. Leggendo ‘ste cose mi sembra che servano anche a dimostrare quanto in questo paese la burocrazia sia più radicata che in un romanzo di Kafka.
Verba volant, scripta manent. Torniamo all’oralità perdio.
Hai ragione Gabriella, l’obbligo di registrazione del proprio blog è di per se un problema di lana caprina come lo è quello delle telecamere per la “nostra” sicurezza installate in tutte le città, e lo è quello delle transazioni dei professionisti solo tramite assegni bancari. Ognuno ideato con finalità molto diverse tra loro tanto che la sensibilità e le esigenze di ciascuno di noi ne troverà giustissimo l’uno e altrettanto ingiusto l’altro, ma al di là del singolo “che problema c’è?” esiste un motivo per cui tutti questi obblighi di rintracciabilità, diventano un problema molto più grosso.
Non ha importanza sapere a cosa serve il mio blog a meno che non diventi obbligatorio dichiarare anche questo, ma ha importanza invece chiedersi se potremo ancora affermare di avere il cervello collegato il giorno nel quale ci parrà normale che ci piazzino un rilevatore di orgasmi tra le lenzuola per testare il nostro grado di soddisfazione sessuale. Ovviamente a fin di bene.
Quote (Gabriella):
> E questo è quanto. Comunque nessuno ha risposto a quelle che io ho posto come domande: A che vi serve il blog?
Gabriella, sei tu che hai risposto a tutti tranne che alle mie puntuali domande: quali criteri di territorialità dovrebbero essere utilizzati per stabilire quali siti di informazione dovrebbero registrarsi e quali no? (vedi mio articolato commento precedente)
Comunque, senza offesa e senza nulla di personale, trovo questo tuo post di un livello di stupidità mai raggiunta su questo blog, tanto che per la prima volta parecchi anni in cui leggo Macchianera ho sentito la necessità di intervenire con un commento.
Ma mi spieghi che caspiterina di domanda è “A che vi serve il blog?”????
Perché mai dovrebbe “servirmi” a qualcosa? Dove c’è scritto che deve “servirmi”?
A te a che “serve” avere rapporti con il tuo ragazzo? A che ti serve ascoltare musica? A che ti serve andare a teatro? A che ti serve commentare le notizie di attualità con il tuo vicino di posto in treno? A che ti serve scrivere post su macchianera? (perché non ti registri in questura quando ti metti insieme ad uno? cosa ti costa, sarebbe senza marca da bollo…)
Ma mi dici dove c’è scritto che se qualcuno fa una cosa questa dovrebbe “servire” per forza a qualcosa??? (perché altrimenti se non mi “serve” cos’è, illegale?)
Io se voglio apro un blog e ci metto 10000 post con le foto del mio cane che si masturba, o con i miei commenti sulle poesie di Blake, o con le mie recensioni su tutti i bagni pubblici di Bratislava, oppure un blog in cui riporto tutti i lanci d’agenzia della Reuters relativi al Kirghizistan commentandoli (tranquilla, la Reuters non fallisce: il mio blog non sarà mai preso come succedaneo della fonte originale; sto semplicemente facendo pubblicità gratis alla Reuters), o un blog con le mie osservazioni periodicamente aggiornate su quale sacrificio animale dovrebbe essere celebrato in occasione della festa rionale di San Crapanzano Calabro nella ricorrenza dell’Ottenale dell’Agnizione del Puledro Codroipo al Santo Sepolcro.
Sarà un blog “stupido”, ma non deve essere “illegale”, né deve essere necessario che io mi registri presso qualsivoglia autorità.
A proposito: ricordo dalle lezioni di diritto costituzionale comparato che addirittura la libertà di espressione a mezzo telematico negli ordinamenti di alcuni paesi dell’Europa dell’est (con costituzioni recenti) è tutelata addirittura da norme *di grado costituzionale*. Cioè, per capirci: una legge che imponesse di registrarsi ai blog della Repubblica Ceca sarebbe semplicemente incostituzionale. Purtroppo qui in Italia vedo che è diverso.
Ripeto le domande che avevo posto, per tua comodità (gradirei però che mi rispondessi in modo puntuale ed esaustivo):
*In base a che principio di territorialità si individua quali persone siano tenute a registrarsi?*
● Forse in base alla *nazionalità della piattaforma* di blogging? Ma allora basterebbe registrare il blog / sito di informazione su un provider straniero, come lo sono già la maggior parte… ad esempio su blogger.com
● Oppure in base alla *cittadinanza* di chi scrive sul blog? Ma allora i blog fatti a più mani da parte di cittadini stranieri, di cui uno o due italiani (ad esempio voxeu.org in cui scrivono anche alcuni economisti italiani), devono registrarsi?
● O in base alla *percentuale di utenti italiani* che lo leggono? Ma allora anche il Drudge Report o la parte in lingua italiana di swissinfo.org dovrebbero registrarsi presso un tribunale italiano…
● O forse in base alla *cittadinanza di chi ci scrive*? E se io per esempio sono un espatriato italiano residente a Londra, che scrivo un blog che commenta (magari in inglese) la politica inglese, devo registrarmi in Italia solo perché ho passaporto italiano? Con il rischio che se, per esempio, scrivo che la Regina d’Inghilterra si fa le canne non rischio niente per la legge inglese dato che lì c’è vera libertà di parola (ricordo adolescenziale: i negozi dalle parti di Carnaby e Camden erano pieni di magliette con Elisabetta II con in bocca un cannone e varie frasi ingiuriose, con l’union jack in background, senza che a nessun poliziotto di passaggio passasse per la mente di sequestrarle)… ma quando torno in Italia rischio una imputazione per “offese a capo di stato straniero” contemplate dal codice penale italico? Mentre un inglese che scrivesse le stesse identiche mie cose sul suo blog quando viene in vacanza in Italia non rischia niente? Robe da pazzi, paradossale.
● O forse in base alla *lingua*? Se il sito di informazione o blog è in italiano occorre registrarsi altrimenti no? E se ad esempio uno svizzero ticinese italofono tiene un blog in cui parla continuamente della politica italiana (e magari parla pure male di Mastella, Berlusconi e/o Napoletano & affini) che deve fare? Deve registrarsi? Anche se la Confederazione Elvetica gli garantisce libertà di parola? Altrimenti che succede? Gli bloccano l’accesso al sito da parte di indirizzi I.P. italiani, come fa il governo cinese?
● O forse in base al *luogo in cui si trova uno abitualmente quando scrive i post*? Ad esempio, un cittadino straniero (p. es. un giornalista svedese che lavora come corrispondente a Roma) che risiede in Italia, deve registrarsi? Anche se pubblica post solo in svedese per un pubblico dei lettori del suo giornale? Robe da giunta militare in Birmania…
Cose incredibili… *persino nell’Iraq di Saddam i blog erano relativamente liberi* e non dovevano registrarsi, vedi l’esempio di *Salam Pax* (http://it.wikipedia.org/wiki/Salam_Pax) che ha potuto pubblicare liberamente i suoi post anche durante l’invasione… pensi che avrebbe scritto serenamente cose anche critiche sul regime se fosse stato *obbligatorio iscriversi al ROC di Baghdad*?
Ma tra tutti i problemi che abbiamo,con l’italia che affonda,la gente che non sa piu che fare…
le energie devono essere impiegate in questi ddl?
che tra l’altro è una legge superflua,visto che una regolamentazione sulle responsabilità in rete c’è già…
corriamo verso il baratro…
Potrà apparire OT ma non lo è, visto che l’esempio è stato tirato in ballo dall’autrice del post, e quindi mi inserisco per una precisazione.
Se per i fatti del G8 (Genova) nessuno è finito in galera, non è per l’inutilità dei contributi pubblicati sul web ma banalmente perché i processi sono tutt’ora in corso.
E mi pare superfluo sottolineare che la custodia cautelare non sia pratica usuale quando di “servitori dello stato” (non politici, ovviamente) si tratta.
Il processo per l’irruzione nella Diaz al momento ha concluso la parte dedicata all’ascolto dei testimoni dell’accusa (lo stato), ora tocca a difesa e parti civili (i ragazzi che soggiornavano nella scuola).
Per il 2008 (gennaio? Aprile? Dicembre?) dovrebbe arrivare la prima sentenza.
Il processo ai 25 arrestati per “Devastazione e saccheggio”, invece, il gruppello scelto per pagare un po’ per tutti diciamo, è circa allo stesso punto.
Nel giugno scorso si è conclusa la lunga sfilata di testimoni, un corteo di dirigenti PS, Digos, parlamentari (vai a sapere) e giornalisti che manco ai Fori Imperiali il 2 giugno.
Processo che prende in esame diversi fatti tra i quali la carica al corteo in Via Tolemaide, fatto per ricostruire il quale sono state fondamentali le registrazioni delle comunicazioni radio che hanno costretto i testimoni (i PS) dell’accusa a fornire una ricostruzione che non era proprio a favore dell’organizzazione dell’arma, per rimanere sul generico.
Ora è il turno delle arringhe di accusa e difesa e entro la fine dell’anno si attende la sentenza.
In entrambi i processi, per cercare in qualche modo di tornare OT, i contributi video raccolti da chiunque ne avesse a disposizione (quindi web compreso) sono stati un fondamentale punto del percorso.
Nel secondo in particolare (della diaz come sappiamo non esistono riprese del durante) i video sono stati così fondamentali da costituire uno dei nodi più controversi dell’intero processo.
La procura (l’accusa) ha deciso di basare il processo quasi interamente sui video raccolti, con una piccola furbizia: essendo i video presi da un fascicolo a carico di ignoti, non sarebbero stati visionabili dalla difesa che non li avrebbe quindi potuti utilizzare per un controesame.
Non lo sarebbero stati se il tribunale non avesse deciso di …invitare… la procura a fornire questi video alla difesa.
Questi video, per concludere, utilizzati in questo dibattito come esempi dell’inutilità della libertà in rete, sono in realtà il perno intorno al quale stanno girando i processi in corso sui fatti di Genova.
Diversi di essi sono stati il motivo per il quale alcuni testimoni appartenenti alla PS non hanno potuto far altro che fornire testimonianze contrarie alla tesi della procura, visto che le immagini in alcuni casi erano…come dire…chiare.
Mi scuso per il lungo OT, ma visto che il tema è l’importanza della rete e visto che si è citata Genova come dimostrazione dell’inutilità di questa libertà di pubblicazione e diffusione, forse il punto della situazione è un’informazione che a qualcuno interessa leggere.
Anche solo per scoprire che per quanto sia calato il silenzio mediatico su tutto quanto accaduto, in realtà (per fortuna) il percorso giudiziario è tutt’altro che concluso e per questo il fatto che nessuno sia in galera non è altro che la conseguenza del fatto che le sentenze sono ancora in via di emissione.
Poi nessuno si farà la galera in senso letterale, d’accordo, ma questo non significa che il motivo è perché nessuno è stato condannato.
E dirlo come un dato di fatto definitivo è un’informazione errata poiché appunto i processi sono ancora in corso.
Per chi fosse interessato a spendere un’oretta per sapere come procede la vicenda, qui tutto il materiale del quale il mio commento ha cercato di essere un approssimativo riassunto:
http://www.supportolegale.org/files/print5.pdf
Rileggendo il commento mi sono reso conto che con “nessuno è finito in galera” si intendeva nessuno di quelli che hanno pubblicato i contributi e non nessuno di quelli ripresi in quei contributi.
Riconosco quindi che l’aggiornamento sui processi di Genova smette di essere quella risposta al commento di Gabriella che pensavo fosse mentre lo scrivevo, ma resta valido il suo essere utile per capire quanto siano fondamentali i materiali reperibili in rete e, di conseguenza, quanto sia fondamentale la difesa della libertà di utilizzarla (la rete) senza dover prima passare per il controllo governativo.
(e resta comunque valido il suo essere un riassunto per qualcuno magari interessante da leggere, visto appunto il silenzio calato sulla vicenda)
Ad personam:
Iniziare ad esporre il proprio punto di vista col ditino alzato, in una “lezione di esercizio di intelligenza” su una faccenda complessa come questa, è davvero non essersi chiesti mai “A che mi serve il blog”. Costante di qualunque blogger che non ha capito granché del mezzo è iniziare ad argomentare dando dei cretini ai suoi lettori e autopompandosi d’intelligenza infusa.
Nel merito:
La proposta di testo per la legge sull’editoria ha due punti completamente sbagliati, che hanno appunto provocato il putiferio e la marcia indietro del ministro:
– la definizione di prodotto editoriale così ampia da comprendere qualunque cosa scritta o quasi;
– l’obbligatorietà della registrazione in base alla definizione.
Una possibile strada sarebbe l’auto dichiarazione di prodotto editoriale legata alla registrazione, beninteso se requisiti _sensati_ sono soddisfatti. La mia speranza è che una revisione del testo vada in tale direzione.
Gabriella, scusami, ma non ho capito cosa c’entri l’Osservatore Romano.
Ti offro un altro paragone: pensa a Radio Londra durante la guerra. Trasmettevano in italiano, e i fascisti non potevano farci niente. L’unico modo sarebbe stato requisire i terminali (gli apparecchi radio), ma così gli italiani non avrebbero più potuto ascoltare Radio Roma e apprendere le canzonette patriottiche.
Ora, attenzione, io non ti dico che una legge che regolamenta l’informazione on line sia giusta e sbagliata. Non lo so se è giusta e sbagliata. Io mi pongo un’altro problema: è applicabile? E mi rispondo: no. A meno di non requisire tutti i terminali (i computer) sul territorio della Repubblica Italiana. Hai voglia. (Poi in Piazza San Pietro aprirebbero un internet point da paura).
Uno Stato può anche decidere improvvisamente di abbassare il limite di velocità a 30 km/h in autostrada; ma se non ha una tecnologia per rilevare la velocità dei mezzi, quella legge resterà lettera morta, e servirà soltanto a screditare il codice della strada in toto.
Quando faranno una legge che limiterà la libertà d’espressione sui server italiani, la gente passerà sui server stranieri. Io non sono mai stato su un server italiano. Non potete neanche dimostrare che io sia italiano, a meno di non ledere la mia privacy.
Non dico che la mia libertà su internet sia infinita, tutt’altro: dico che non dipende da un broglio discusso a Montecitorio. Dipende molto di più da una scoreggia che fanno a Mountain View, per fare un esempio.
Iniziare un post con la richiesta di “collegare il cervello” non è molto simpatico. Ma d’altro canto in questo modo hai stimolato il dibattito.
Personalmente non mi sono spaventato neanche cinque minuti per questo decreto, semplicemente perché sono vecchio e mi ricordo di quello ai tempi del governo Amato, quando in Italia di blog non esistevano ancora molti (cioè: esistevano. Non si chiamavano ancora blog). Ma qui ci sono anche persone più giovani, che aggiornano periodicamente un sito con contenuti informativi, e il loro spavento è perfettamente comprensibile. Io, fossi in te, non lo sottovaluterei.
Forse non ti capiterà mai di assistere al pestaggio di un ragazzino da parte delle forze dell’ordine. Ma se un giorno ti capitasse, e nessuna testata registrata se la sentisse di mettere on line le tue foto, forse cambierai parzialmente idea sul problema dell’anonimato in rete.
Basta, tutta questa saggezza ed esperienza mi sta facendo incanutire a vista d’occhio. Fanculo Facci.
La Signora Gabriella non ha ancora risposto alle osservazioni puntuali e pertinenti di Emanuele Russo, probabilmente perchè dovrebbe spiegare come mai pur “collegando il cervello” (e lei, ci tiene a specificarlo, lo fa sempre) non si è resa conto che un decreto del genere è e resta comunque inapplicabile, tanto più in una formulazione che (parola di ministro), genera confusione ed equivoci.
Poi per rispondere a Torriero, che aveva efficacemente paragonato la eventuale “registrazione gratuita” di un po’ tutti i blog a quella della macchina da scrivere in Corea, è andata sul personale attaccandosi all’artificio retorico usato altrove del “Tal”. Quando la mancanza di argomenti impone percorsi retorici poco contingenti.
Occhio Gabri, la tua “elettrica” presunzione deve aver causato un cortocircuito al tuo cavetto di collegamento celebrale.
E alla fine hanno colpito il Diavoletto e il suo blog http://piazzaplebiscito.splinder.com.
L’assessore di una giunta di sinistra di un paesino del sud (neanche tanto piccolo) si è stancato dei continui dibattiti e della sobrietà dei commenti. E MI HA QUERELATO. La storia la trovate sul blog.
raghi, date retta, non perdeteci tempo con ‘sta gente.
a me spiace solo vedere che macchia sia allo sbando, e da l’account ai casi umani. dev’essere perche’ fa spettacolo.
Mi sembra come pretendere la patente anche per i pedoni. Stanno sulla strada e interagiscono con le macchine. Devono quindi dimostrare di conoscere il codice della strada. Se un pedone attraversa male la strada potrebbe anche provocare un incidente. Meglio stare attenti.
Altra cosa che non capisco è questo bisogno di specificare a “cosa vi serve il blog”. Fondamentalmente a niente, ma se parlo per 363 giorni all’anno di uncinetto e poi, in un solo giorno mi capita una notizia o un informazione mi devo autolimitare perchè non sono “registrato come sito d’informazione”. Ma poi, mettere un link o segnalare una notizia è fare informaziono o no?
In ogno caso continua a sembrarmi una cosa molto austro-ungarica. E io me ne intendo
Ah, per la cronaca: di cognome faccio Saltuari con la i finale e non Saltuario.
Ma per permettersi questo tono arrogante e supponente uno non dovrebbe essere perlomeno non dico Facci( che sarà criticabile ma qualcosina nella sua vita l’ha fatta )ma almeno almeno, non so, Gianluca Neri?
Tra l’altro, leggo che sul tuo blog discetti di ” netiquette”. Ma tra la le regole della netiquette non dovrebbe esserci il rispetto degli altri? Non mi sembra rispettoso cominciare con l’equivalente di un ” ehi, imbecilli, dico a voi “.
Leo, ma perchè mandi affanculo me? Sono diventato un’imprecazione?
Se anziché leggere i toni supponenti e arroganti (o le testate giornalistiche prima del testo di un articolo) magari si riuscisse una volta tanto a scorrere con gli occhi solo il contenuto di ciò che viene proposto forse si potrebbe iniziare davvero a parlare di rispetto. Di lettura. Di commenti.
Federica, ti sembra che nei precedenti commenti il merito non sia stato abbondantemente sviscerato, contestato e analizzato? E ,secondo me, anche abbastanza ridicolizzato come merita?
Ma ti rispondo come i bambini. Se vuoi rispetto , prima tu. Ovvero, prima chi ha cominciato. Gnègnègnè.
Mj, il ddl forse ha caratteristiche bizzarre e da parodia.
Il post di Gabriella (che non mi sembra proprio una difesa al decreto) mi pare sia un’analisi (condivisibile o meno) per nulla ridicola.
Diciamo che il merito del post non era ridicolo ed è stato giustamente dibattuto e contestato punto per punto. IL tono e certi termini usati, invece ,erano ridicoli.
Quali toni e termini erano ridicoli, Mj? Il tuo gnègnègnè?
Ah sì, concordo!
(senza ironia, Mj: talvolta ho la sensazione che si badi troppo ai toni e poco ai contenuti, tutto qua)
“Gaspare, vieni qui… (omissis omissis) …che pretende(!) referenze e poi, che fai?, che cosa fai? mi chiami sul tuo Tburako “Tal Gabriella Bianchi”?!”
Eh? Gaspare? Tburako?? Gabriella, ho paura che tu stia facendo dell’ulteriore confusione :-) (e intanto non mi hai risposto).
CI VOGLIONO TAPPARE LA BOCCA!
Fermiamo la legge liberticida contro il diritto d’opinione su internet!!!
E’ stata approvata dal consiglio dei ministri l’INTERNET-TAX, all’unanimità!
Votiamo NO! su QuelKePensi http://quelkepensi.blogspot.com il sondaggio contro l’internet-tax in ITALIA.