Anzitutto oggi è il 31 maggio, Giornata mondiale senza tabacco a cura dall’Organizzazione mondiale della sanità: il tema quest’anno è “Il tabacco è nocivo sotto qualsiasi forma o maschera”.
Tra i libri più venduti d’Italia, seconda notizia, c’è il longseller di Allen Carr “E’ facile smettere di fumare”, agile volumetto che in tutto il mondo ha venduto otto milioni di copie. L’autore, Carr, fumava sino a cento sigarette il giorno ma poi ha inventato un metodo per smettere come ha fatto da trent’anni, anche perchè, si legge a pagina 16, “ero certo che il fumo mi avrebbe ucciso”.
La terza notizia, purtroppo, nel libro di Carr non c’è: è che Carr è stato ucciso da un cancro ai polmoni nonostante non fumasse da trenta. Aveva 72 anni.
La quarta eccezionale notizia è che l’autore di questo articolo, l’11 maggio scorso, ha detto addio al suo ultimo pacchetto di sigarette, e questo dopo aver scritto sul Giornale decine di articoli contro le crociate salutiste.
L’ultima notizia, infine, è che sempre l’autore di questo articolo, insomma io, adesso scrocco sigarette al prossimo e fumo pochi sigari toscani: ma dal punto di vista del beneficio salutare, dopo esser passato da cinquanta sigarette il giorno a due o tre al massimo (tutte scroccate) il risultato è che all’apparenza sto per finire al Creatore.
Vedrò di spiegarmi meglio.
Anzitutto non si ha cambiato idea su niente, ed ecco quanto già scrissi su due quotidiani, un libro e in questo mal frequantato blog:
“Fumare è meraviglioso ma il più delle volte diviene un vizio e una dipendenza, e se potessimo tornare indietro probabilmente non inizieremmo a farlo. Fumare è meraviglioso in particolare per chi si fermi ai sigari e alla pipa, o appartenga alla cerchia dei fortunati capaci di non oltrepassare le dieci sigarette il giorno. Fa male? In questa misura, sia scientificamente che statisticamente, no, o lo fa in misura risibile per sé e soprattutto per gli altri. Il vizio del fumo tuttavia non vale la candela se non in proporzioni che siano moderate quanto sostanzialmente innocue per sé e per gli altri, e tuttavia assai difficili a ottenersi. Tutto sommato, calcolando le probabilità che il tabacco divenga un vizio e non solo un piacere, forse non varrebbe la pena neppure di iniziare”.
Detto e riletto questo, smettere di fumare per un vero tabagista è tra i peggiori inferni possibili: un rimpianto eterno che non sparisce mai, perché la voglia di fumare è per sempre, non c’è sincero ex fumatore che non l’ammetta, senza contare il dissesto fisiologico che ne consegue, dunque l’aumento di peso che non sempre si riassorbe, l’ansia, l’insonnia, il rincitrullimento, la difficoltà di concentrazione, irritabilità, la bramosia irrefrenabile, le spaventose depressioni, tutte cose che non spariscono in una settimana nè in due. Ci sono cose difficili da spiegare, ed è per questo che il libro di Allen Carr sta avendo tutto questo successo.
Molte cose semplicemente non si sanno, e neppure quel libro ne parla. Nel 1994, negli Stati Uniti, vennero alla luce dei documenti che dimostravano come il potere della nicotina di dare dipendenza fosse noto sin dagli anni Sessanta, cosa che le multinazionali avevano sempre negato. Invece non solo gli era noto, ma nel segreto del loro laboratori avevano trovato il modo di ampliare le dipendenze: aggiunsero dei composti per accelerare il rilascio della nicotina e ne aggiunsero altri per dilatare i bronchi agevolando l’aspirazione del fumo. La dipendenza da nicotina è più subdola di quanto non pensino soprattutto i non-fumatori, e la Food and Drug Administration ha rilevato dati impressionanti: quasi due terzi dei fumatori accendono la prima sigaretta entro mezz’ora dal risveglio, l’84 per cento di coloro che fumano 20 o più sigarette ha tentato vanamente di ridurne il numero, un fumatore che fa un serio tentativo di smettere ha meno del 5 per cento di probabilità di riuscirci, il 70 per cento dei fumatori sostiene di voler smettere completamente di fumare, e, ancora, e qui parrà incredibile, quasi la metà dei fumatori che si sono sottoposti a un intervento per cancro al polmone riprende a fumare, e nel 40 per cento dei casi tenta di ricominciare a farlo anche dopo l’asportazione della laringe. Tra coloro che appaiono fortemente determinati a smettere, e ricevono un’assistenza medica ottimale, la metà è in grado di smettere solo per una settimana, mentre a lungo termine la percentuale di fallimento è pari a più dell’80 per cento.
Un mese fa una rivista di ricercatori americani, Bmc genetics, roba seria, ha addirittura spiegato che per smettere di fumare occorre avere i geni giusti: ce ne sono almeno 221 che fanno la differenza tra chi riesce a buttare la sigaretta per sempre e chi no.
E’ con questa scoraggiante consapevolezza che mi sono avviato a smettere: non certo grazie a campagne salutiste che hanno solo ridonato un fascino carbonaro a un vizio che si avviava, da solo, a diventare una retroguardia sociale. Consapevolezza che avevo davvero deciso di farlo: null’altro conta, perchè fumare cinquanta sigarette al giorno, due pacchetti e mezzo, è da cretini e punto. Di calare non se ne parla: non devo averle e punto. Se le ho le fumo. Se non le ho non le fumo.
In passato provai il Bupropione, un farmaco (una molecola) con cui hanno smesso in parecchi: niente. Ho solo rischiato di uscire pazzo, perchè come effetti collaterali davvero non scherzava. Prima di smettere ho provato anche uno spray che si chiama Smoke Out e che spruzzato sulla lingua rende schifoso il sapore della sigaretta: niente, le fumavo anche da schifose.
E’ che in realtà non volevo smettere.
Ho persino telefonato all’avvocato Vincenzo Campanelli, una specie di pranoterapeuta che per motivi misteriosi riesce a far smettere in un minuto il 70 per cento di quelli che incontra: e stiamo parlando di medici, docenti universitari, magistrati, ufficiali dei carabinieri, ragionieri dello Stato, presidenti dell’Antitrust, un presidente del Gruppo Rizzoli, Maurizio Costanzo, Valeria Marini, Giuliano Pisapia, Stefania Craxi, registi come Citto Maselli e Margarethe Von Trotta, statisti come Shimon Peres, Re come Hussein di Giordania. Ma non sono andato da Campanelli. E non ho avuto voglia di aspettare il vaccino antifumo (è in sperimentazione) o ancora la vereniclina, un farmaco della Pfizer che simula il principio attivo della nicotina e fa credere al cervello di averne ricevuto la dose necessaria.
Poi è arrivato l’11 maggio, data pianificata da mesi: e ho sostanzialmente smesso. Ho scritto “sostanzialmente” perchè posso fumarne due o tre al giorno solo se me le offrono o se le scrocco. Le fumo per non mitizzarle, per non diventare come quelli che se vedono una sigaretta scappano, quelli che ti dicono che basterebbe un tiro e ci ricadrebbero. Non voglio quell’aria da reduce, voglio poterle fumare quando capita.
Per qualche giorno ho messo i cerotti alla nicotina, quelli forti: funzionano, mi pare. Ma poi ho smesso perchè ho cominciato a fumacchiare qualche toscano, poca roba che non fa male, come la pipa, perchè non l’aspiro: ma non vorrei aprire un dibattito anche su questo, visto che oggi è la Giornata mondiale senza tabacco e lo titolo era “Il tabacco è nocivo sotto qualsiasi forma o maschera”. Cazzate.
Il punto, per ora, resta un altro. Chi smette in genere ha una fame boia: io, dopo aver smesso, ho perso l’appetito. Chi smette guadagna fiato: io, che di fiato ne ho sempre avuto, dopo aver smesso ho giocato a pallone come tutte le domeniche e quasi chiamavano l’ambulanza.
Tre giorni dopo aver smesso, ancora, ho fatto una visita medico-sportiva e mi hanno trovato una lieve tachicardia e soprattutto la pressione alta: 150 su 100.
Mai avuto tachicardia nè pressione alta: smettere peraltro dovrebbe abbassarla. Solo due mesi avevo fatto una visita medico-sportiva più approfondita per un brevetto di sub: tutto a posto.
Ora, invece, il giorno dopo la prima misurazione, la pressione era salita a 160 su 100. Il giorno dopo, 165 su 110. Il giorno dopo, 170 su 100. Il giorno dopo, 170 su 110. Il giorno dopo era ieri, anzi è ora, è il momento in cui sto scrivendo questo articolo.
Ho smesso di fumare. Per il resto vi terrò aggiornati.
…interessante…
In sostanza devi tornare a fumare per stare bene…quindi il fumo fa veramente male, e in questo caso se il suo effetto non l’hai sentito durante, lo stai sentendo ora (cioè dopo).
Ora non voglio fare ne la predica ne l’uccello del malaugurio, ma la storia della pressione non mi torna…non è colpa del fumo.
Ti consiglio un esamo più approfondito del sistema cardiocircolatorio, e già che ci sei controlla anche il colesterolo…te lo dice uno che in famiglia di queste cose ne ha viste tante…
Premesso che si tratta solo di esperienza personale, e non di metodo o prova provata, ciò che mi ha spiazzato smettendo di fumare è stato questo: è vero che se non le compro non le fumo, è sacrosanto. Ma è pure vero che, passati i primi bizzarri giorni, può sparirmi la voglia di sigaretta per un mese, per dieci mesi, per cento mesi. E uno a quel punto pensa di aver raggiunto un risultato. Invece, può succedere anche molto tempo dopo, che ti prende una voglia come se avessi spento l’ultima due minuti fa, e se in quel momento sei stanco, o distratto, o davanti a un distributore di pacchetti, e se ne compri uno, è fatta, sei fatto. Non ti puoi rilassare, mai. Quella cosa che dicono dell’alcolismo, che se anche smetti di bere resti un’alcolista tutta la vita, che un bicchiere tra dieci anni ti riporta alla partenza come col Monopoli: non so se sia vero per l’alcol, per il tabacco lo è di certo.
Per una volta, fai tue le parole di un magistrato: “Resistere, resistere, resistere!”.
Forse facevi bene ad andare da Campanelli. Lo dico perchè mi ricorda, se posso, un’analoga situazione personale di una decina abbondante di anni fa. Provai a smettere di fumare di cattiveria, pura forza di volntà. Il risultato era che non pensavo ad altro che a trattenermi dal fumare. Attacchi di voglia della durata di dieci o venti minuti l’uno, per dozzine di volte al giorno. Da sfinirsi. Per non parlare delle relazioni interpersonali, ormai tutte incentrate dalla susistenza o meno del vizio del fumo nel mio interlocutore, sia pure con logica contraria a quella che ora stai adottando tu: non vado da Tizio perchè fuma e non resisiterei allo scrocco, vedo Caio perchè tanto non fuma…
Poi, resomi conto che era un inferno in sedicesimo, tentai l’agopuntura e…magia, il desiderio della sigaretta quasi scomparve. I venti minuti di voglia, reiterati venti volte al giorno, diventarono tre secondi ogni tre mesi (di solito la sera, dopo abbondante cena, ancor più abbondante libagione e compagnia fumante). Ma a un attacco di tre secondi ogni tre mesi si può resistere. E resisto.
Io ho avuto la fortuna (sfortuna) di beccarmi la polmonite e stare un mese in ospedale. Una volta uscito semplicemente non ho ricominciato. Ma prima andavo avanti a due pacchetti al giorno. Non rinnego il mio passato di fumatore. Fumare è bello, è buono il sapore ed è spesso un momento speciale con se stessi. Però sono contento di non esserlo più.
A Facci dico di stare tranquillo. Io la tacchicardia l’ho avuto per mesi interi dopo aver smesso. E anche la storia della fame è una cazzata. Io sono pure dimagrito ed ero inapetente. Ed il fiato non mi è tornato subito. Ci vuole tempo. Te ne accorgi piano piano, facendo le scale con meno fatica. E la voglia di ricominciare non ti passa mai. Diventa solo più opaca, meno chiara.
Una delle cose che apprezzo di più dell’aver smesso è l’essere tornato a sentire di nuovo odori e sapori. E soprattutto il fatto che inizi a sentirti più pulito.
Coraggio Facci
Io punto all’equilibrio.
Non fumare mai più una sigaretta per il resto della vita, scansare fumatori, rifiutarle se le offrono, mi pare un fanatismo speculare, uno squilibrio.
Io non bevo: mai ogni tanto tanto bevo. Non mi drogo: ma ogni tanto tanto mi drogo. M’ammazzavo di caffè: ora ne bevo tre o quattro. Punto che possa succedere anche col tabacco. Per ora sono soddisfatto. E resto convinto che, almeno nel mio caso, smettere completamente aumenta le possibilità di ricominciare sul serio. Se mi capiterà la sera che dice Piti, dopo abbondante cena, con ancor più abbondante libagione e compagnia fumante, io fumerò. Ma comprarle mai. E’ l’unico dogma. Durante il primo weekend ho fermato uno per strada e gli ho chiesto una sigaretta. Lo scorso weekend non ho visto nessuno e non ho fumato mai, toscanello a parte. Penso che possa funzionare.
Io credo che alla lunga tutti i parametri torneranno al loro posto, sei in una fase ipocondriaca al contrario dove (evidentemente per il motivo a cui tu davi risalto, ossia che non hai voglia di smettere), credi di stare male non fumando invece di pensare il contrario. In verità dovresti pensare più agli effetti a lungo termine e meno a quelli a breve a mio parere.
Io non ho mai fumato, proprio per il fatto che a 14 anni gli altri cominciavano, io non lo facevo, probabilmente per anticonformismo.
Ciò che bisognerebbe insegnare ai ragazzini è che prima faceva figo fumare, adesso, nonostante la maggior parte degli adulti ancora pensi il contrario, fa veramente tristezza, perchè denota una mancanza di sicurezza, una mancanza di autocontrollo (brutto vedere gente al cinema correre fuori dopo il primo tempo) e perchè ci si porta dietro una serie di conseguenze minori ma molto fastidiose. Chi fuma non si rende conto che, oltre a infastidire gli altri col fumo passivo, lo fa con un alito tremendo (anche se ritengo l’alito di caffè ancora più terribile) e una puzza fastidiosa. Per non parlare dell’amico che deve fermarsi a comprare le sigarette, perchè se ne compra una stecca poi fuma di più, o di quello che ti cicca dappertutto in macchina. Non elenco le conseguenze negative che da all’organismo, le conosciamo tutti.
Smettere è difficile ok, ma datemi 1 solo buon motivo per cominciare e lo farò.
Io ho comprato il libro qualche giorno fa.
Non so se l’ho comprato per vedere se effettivamente è miracoloso come dicono anche sul sito, o per verificare che è una bufala come tante.
Però ci provo.
Stamattina ho messo il portasigarette nello scomparto della macchina, così non l’ho in borsa.
Anche 2 o 3 al giorno ti rendono fumatore, ed anzi, il fumatore occasionale che è anche il più pericoloso, perchè durante la giornata non si aspetta altro che il momento in cui drogarsi.
Effettivamente è così….nonostante mi faccia ribrezzo il pensiero di essere assimilata ad un drogato che si fa in vena, è questo che sono.
Comunque..stasera se riesco finisco il libro, sono a metà.
Poi vi dirò.
Io te lo do un motivo per cominciare, Pizzicone: fumare è bellissimo. Da sempre. Dall’alba dell’umanità. Il tabacco è meraviglioso. Le pipe. I sigari. Meno le sigarette, ma riuscire a fumarne una ogni tanto è fantastico. Ma non ci riesce quasi nessuno, e le ragioni ho cercato di esporle.
A me spiego meglio: a me le ostriche non piacciono. Ci ho provato e riprovato, ma proprio non mi piacciono. Però mi dispiace. Sono certo che dev’essere un piacere immenso della vita, o così arguisco da coloro che le amano.
Coloro che vanno fieri di qualcosa che non capiscono e o non gradiscono mi fanno un po’ pena. Quelli a cui non piace il tartufo. Quelli a cui non piacciono i formaggi grassi. Quelli che sono astemi veri, non sanno che cosa sia un cognac o un rum o un calvados o un borgogna, che pure io non bevo quasi mai: ma ogni tanto sì.
Le regole servono per rendere memorabili le eccezioni.
Allen Carr dice che smettere di fumare è facile. Corollario, non poco importante e cosa più complicata, del titolo è: – “una volta che agisci sulle motivazioni” -. Mi permetto di aggiugere io: è facile “se colleghi un progetto allo smettere di fumare”.
Smettere di fumare per uno che fuma da 30 anni, vuol dire cambiare vita. E’ questo il progetto più grande: rivedere la propria vita. Smettere di fumare senza cambiare la propia vita è molto più difficile. Smettere di fumare si deve collegare al fatto che – da ieri io sono diverso. Penso diverso, agisco diverso, progetto diverso. Non solo. Ma progettare il proprio futuro sapendo che smettere di fumare, almeno probabilmente, lo allunga. Vuol dire perciò dare maggiore tempo al godimento del progetto del cambiamento.
Non si può smettere di fumare costringendosi alla limitazione, perciò io non parlerei di smettere di fumare parlerei di “iniziare a non fumare”. Darsi un premio pittosto che una rinuncia. Ci deve essere un cambiamento di prospettiva, di processo.
Leggendo a proposito della decisione dell’autore del post non è un caso che l’ha fatto, in modo rituale all’eta di 40 anni, un traguardo abbastanza mitico, di bilanci. E non solo, ma scherzando ha detto che pensava di sposarsi. E ‘ uno scherzo, ma mica tanto. Sottolinea che il progetto è più ampio, a volte globale.
Se uno lega lo smettere di fumare ad una esigenza reale di cambiamento, il riprendere a fumare mette in discussione il cambiamento perciò, che se cosa importante assume una valenza molto maggiore del fumo.
Ci sono vantaggi pratici.
Cambiare vuol dire respirare, insufflare i polmoni di un volume di aria pulita, quando uno la ha a disposizione, che può essere altrettanto inebriante se non di più. Cambiare vuol dire svegliarsi senza la testa pesante, senza la bocca amara, senza il puzzo acre, senza la dipendenza, risparmiando che non è male. Ad esempio ci potrebbe essere il gusto di spendere i soldi risparmiati per un disco, un libro a settimana. Poi si fa meglio l’amore, si salgono meglio le scale, si passeggia più a lungo, non si tossisce più, si prendono meno raffreddori, non ci si deve arrabbattare per trovare uno spazio dove fumare, scegliere il vento giusto per non intossicare il prossimo, baciare dover sempre masticare una mentina, trovarsi gli abiti più odorosi.
La cosa più importante però è un’altra. Sono le implicazioni psichiche. Affrontare se stessi. Affrontare la crisi. Crisi in greco vuol dire “scelta, giudizio, separazione”, la crisi è un’opportunità. Smettere di fumare ti riporta a quando hai iniziato, ti rispolvera le debolezze, le nevrosi e ti dà l’opportunità pratica, quella della sofferenza, di affrontarle. E prospettare un nuovo sé. Perché non approfittare per farsi qualche seduta analitica o introspezioni d’altro tipo, meditazioni, condivisioni di tipo interiore riflessivo. Fare un piccolo viaggio dentro di sé, che può essere molto più bello di molti viaggi alle Maldive o Seychelles, dalle qualli spesso molti tornano più scoglionati di prima. Parlo di quelli che ci vanno solo perché non avrebbero il coraggio di dire agli amici, che sono rimasti in città, perché non gliene poteva fregare di meno di fare un viaggio solo per farlo. Di quelli che parti stressato e torni ancora di più. Perché non ti sei dato niente di niente.
Darsi qualcosa di buono. Vuol dire rispondere al proprio sé, incontrare il proprio senso. Lo vediamo benissimo quando ci divertiamo e quando ci annoiamo. Ci divertiamo quando andiamo incontro al nostro senso, ci annoiamo, quando ci malediciamo perché stiamo facendo qualcosa che ci allontana dal nostro senso. Non tanto qualcosa di noioso in sé, non cè niente di assolutamente noioso, ma qualcosa in cui ci neghiamo.
Stare sdraiato sul divano un’intera giornata può essere divertentissimo, come può essere terribilemente noiosa una festa, anche la più mondana.
Per cui se posso dare un consiglio è di utilizzare la crisi dello smettere di fumare come un’opportunità. Viene meglio forse se lo smettere di fumare segue il progetto, ma se uno inizia dalla fine, l’opportunità è non farsi schiacciare dalla crisi di dipendenza, ma affrontare insieme a quella una parte almeno delle altre dipendenze che ci opprimono. Dipendenze da coazioni ripetitive che nascono da piccoli grandi nuclei non risolti della nostra esistenza. Risolverle o almeno tentare di farlo, che è già risolverle a metà.
Auguri per la nuova vita. Per la rinascita.
si rileva un certo egocentrismo, a giudicare dall’incipit della serie dei commenti immediatamente soprastanti…
Sì, ma una volta tanto è giusto. Ciascuno, credo sinceramente, offre se stesso come parametro e dismette il ditino alzato.
Concordo sul concetto, FF, la mia era solo una curiosità lessical/statistica.
Sembra una rionione dell’Anonima Fumatori. Come già scrissi, io purtroppo ho fallito.
Ma il fatto che un fumatore convinto come Facci ci stia provando seriamente mi fa venire la voglia di ritentare.
Non comprarle è un ottimo modo per non cominciare, piuttosto che per smettere. Io ogni tanto qualcosa fumo, ma mi sono imposto di non comprare mai niente di tabaccoso (a parte il tabacco da pipa che quello non te lo prestano) e la dipendenza è ben lontana, come i relativi problemi di smettere.
Filippo hai ragione, certamente c’è del piacere nel fumare, io stesso un sigaro ogni tanto me lo faccio (talmente raramente che ho scordato di menzionarlo). Ho sbagliato nel dire che non esistono motivi, ma è solo perchè a giudicare dalla massa, c’è un enorme percentuale di gente che si pente di aver iniziato. Allora forse è sbagliato il modo in cui si inizia e quindi il fumatore medio non capisce nulla? Mi spiego: se comincio a fumare a 14 anni è perchè fa figo e non perchè apprezzo il fumo. Dovrei quindi condividere la scelta di chi comincia a fumare a 40 anni. E’ vero che si può apprezzare crescendo ma è pur vero che come dire, il gioco non vale la candela forse?
Poi che dire, spero che sei tra quelli che hanno apprezzato il divieto di fumare nel locali pubblici, tra quelli che non spazientiscono il prossimo per il fumo passivo, per comprare il pacchetto o per doversi fare una sigaretta entro 5 minuti.
Io sono contento così, senza dipendenze, mi piace essere libero e rinuncio a un piacere se ne divento dipendente. Non fumo, non bevo caffè, mi sono creato un lavoro che mi permette di non avere orari. Non mi sembra di averti sentito felice del fatto che tu non riesca a smettere, oppure mi è sembrato che questa frustrazione superasse il piacere di fumare.
Forse come dicevo prima, il gioco non vale la candela?
Sto provando a smettere dal 30 marzo. Sono uno di quelli che ha provato l’agopuntura. Qualche tiro, nei primi giorni, l’ho fatto anch’io. Effettivamente aiuta a smitizzare. Adesso viaggio solo a caramelle e cicche senza più scroccare neanche un tiro. Le sigarette in macchina le ho regalate.
Dal punto di vista fisico ancora non ho visto grandi benefici tranne l’olfatto. Con cui sento la puzza che fino al 30 marzo mi circondava senza che me ne accorgessi. Due mesi sono pochi per dire che ho smesso, per adesso ancora ci sto provando.
io fumo, tanto, non troppo. Nel senso che non so cosa significhi troppo. Fumo e basta. Nel senso che non ho problemi psicologici. Fumo perché mi piace. Non ho intenzione di smettere né di rompere le scatole al prossimo che non ama il fumo. Quando annuso che qualcuno detesta il fumo, non fumo. Ci sono tante cose che fanno male, che fanno morire. Al di là del cibo, dell’aria, dell’acqua, dei farmaci… le persone, per esempio. Non voglio fare apologia del fumo. Voglio solo fumare e non sentirmi in colpa verso me stessa o verso altri. Non me ne vanto, voglio solo fumare.
Io sono stato dipendente praticamente da tutto, eroina e buprenorfina comprese. Sarà qualcosa nei miei geni, o sono semplicemente un pirla. Ora mi barcameno, sigarette e qualche canna. Qualche volta ho provato a farci sopra della filosofia, era l’inizio della ricaduta…
Non fumo da dodici anni ma mi ricordo benissimo quanto mi piacesse fumare, ancora oggi, qualche volta, mi manca non tanto la sigaretta in se ma il gesto di accenderla e di tenerla tra le dita.Tachicardia, mancanza di fiato e nervosismo sono sintomi che scompariranno sicuramente,nel frattempo tanta tanta volonta’e la certezza di stare facendo la cosa giusta. Coraggio!
Oh. Nessuno che parli di catarro. Ipocriti.
Io a dicembre dell’anno scorso ho smesso col caffè. Del tutto. Ho avuto e sto avendo qualche reazione simile a quella indicata da Facci, ma non così estrema.
Penso che sia un assestamento del corpo dopo decenni di dipendenza. E che bisogna aspettare un po’ di mesi.
Io ho smesso di fumare da qualche mese, non ricordo neanche esattamente quando e non mi interessa più di tanto. Ho smesso da solo ma sono uno di quelli che debbono ringraziare Allen Carr. Grazie al suo libro adesso so che non sarò mai più un fumatore. Sinceramente, basta. Ho già dato pure troppo a questa dipendenza. E ho dato pure troppi soldi a chi ancora ci vuole far credere che fumare sia un piacere. Sì.. Avrei fumato anche merda di cammello se rimanevo senza sigarette, altro che piacere. Fumatori, uscite dalla trappola!
Da non fumatrice che detesta chi le fuma anche se ad un metro di distanza, dirò una mostruosità: capita che baciare un uomo che abbia appena fumato (non un pacchetto intero, ovviamente), fa apprezzare il sapore di una sigaretta. Se poi è una canna, è anche meglio. Qui lo dico e qui lo nego, sia chiaro.
Non deciso di non fumare più 50 sigarette al giorno, non ho mica detto che sono diventato un pirla.
Non ho cambiato idea su niente, per il resto. Il salutismo. Il fumo passivo. Lo stato madre. La junk-science. Le balle statistiche.
E’ già da anni che le autorità britanniche tendono a mettere i fumatori agli ultimi posti delle liste sanitarie, e sull’Independent del 20 febbraio 2003 si poteva apprendere per esempio che era stata “Scartata l’ipotesi di negare la mutua agli obesi”. Si vede che ora i tempi sono maturi, o almeno deve averlo pensato il primo ministro inglese Tony Blair: secondo l’Indipendent diqualche tempo fa, appunto, Blair farà il possibile affinchè fumatori e obesi e alcolizzati siano curati per ultimi o quantomeno in coda a pazienti con uno stile di stile reputato più accorto. Sarebbe un giro di vite come si dice storico, perchè stravolgerebbe il caposaldo secondo il quale non sono possibili discriminazioni tra pazienti neppure in caso di malattie presuntamente auto-inflitte. E qui infatti sorge il primo problema: come si fa a stabilire che una malattia sia davvero auto-inflitta? Non c’è medico disposto a negare che il patrimonio genetico sia causa predominante nell’insorgenza di qualsivoglia patologia, il che spiega perchè ci sono novantenni che fumano due pacchetti al giorno e ventenni salutisti coi tumori ai polmoni; così pure, maliziosamente, non si mancherebbe di far notare che il danno auto-inflitto più frequente è oneroso resta quello dello sciatore fratturato, del calciatore domenicale stirato, del jogger che per una vita intera ha corso respirando benzene. Ma questi discorsi sono reputati evasivi o dilettantistici, al pari di quelli secondo i quali i fumatori versano all’erario inglese assai più di quanto costerebbero in termini sanitari. Sicchè bisogna fare delle scelte tra cittadini e cittadini, ed è questo a trasformare uno stato laico in stato etico senza troppi patemi d’animo. Del resto lo sprone è forte, se è vero che l’obesità costerebbe circa dieci miliardi di euro l’anno alla mutua inglese.
L’importante è sapere dove stiamo andando. E’ in questa direzione che va letto il recente benestare della Commissione europea alla possibilità di non assumere un fumatore in quanto semplicemente fumatore: e si badi bene che la nota polemica sugli effettivi danni del fumo qui non c’entra nulla, perchè stiamo già dando per scontato che fumare faccia male. Così pure fa male abboffarsi di cibo o di alcol: e tuttavia la discriminazione non riguarda un comportamento illegale, non si tratta di negare lavoro o diritti a un tossicomane o a un violento: si parla di escludere chi fumi magari una sola sigaretta al giorno nel buio della propria stanzetta, si parla di un terzo dei datori di lavoro americani (per ora) che ai colloqui di assunzione già chiede esami del sangue e delle urine per cercare tracce di nicotina, e nel caso dei Vigili del fuoco l’assunzione viene rifiutata a chi fosse stato fumatore anche solo due anni prima. Si vogliono declassare le scelte personali a curriculum di idoneità sociale, si stanno spalacando le porte a una definitiva intromissione dello Stato-madre nel nostro privato, si vuole ufficializzare una Sanità pubblica che inglobi ormai la dimensione sociale e comportamentale della nostra vita, un pensiero unico e igienizzato che individui una devianza in ogni presunta causa di insalubrità, in ogni stress, in ogni dipendenza, in ogni potenziale instabilità affettiva. Esagerazioni?
Vedremo. Sta di fatto che presto, probabilmente, assumere un astemio sarà reputato più conveniente che assumere chi sorseggi del Tavernello una volta la settimana. Negli Stati Uniti, almeno in alcuni stati, il peso dei bambini è già un preciso e discriminante voto in pagella; i criteri di calcolo dell’obesità peraltro appaiono quantomeno discutibili anche perché cambiano di continuo: l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha determinato delle soglie differenziate tanto che il calcolo della massa corporea, cambiato nel 1998, in Oriente ha portato il numero degli obesi da un miliardo a un miliardo e settecentomila, tutto in una notte, e negli Stati Uniti ha trasformato in obesi persino Tom Cruise e Mel Gibson. In Italia se ne cominciò a parlicchiare quando il ministro della Salute Girolamo Sirchia propose razioni più modeste nei piatti dei ristoranti, coi panini e i tramezzini a non dover superare i cinquanta grammi: ci fu una mezza sollevazione popolare. Ma ci arriveremo anche noi, sono passaggi obbligati anche se certe campagne neosalutistiche seguiteranno a trionfare più nei paesi protestanti e meno qui nel suk latino, dove si scontreranno sempre con la nostra consueta arte della mediazione. Ma la strada è quella. Il diritto internazionale ovviamente vieta di discriminare le condizioni fisiche di una persona e le sue probabilità di contrarre malattie, e così pure vieta che le aziende possano indagare in tal senso le le pesone che vogliano assumere: è per questo che sia lo Stato che le aziende stanno puntando tutto sui comportamenti privati dei singoli, magari sull’onda di autentiche fobie culturali. In alcuni stati americani, per dire, non assumono scapoli (e non mancano studi secondo i quali gli scapoli vivano meno) mentre in Canada non assumono chi faccia uso di profumo, questo mentre chi appunto ne faccia uso già non può salire su un autobus o su un aereo. Pazzia? In Nordamerica è normale, è già così da tempo: vinta la guerra del fumo, si sono convinti che gli odori e i profumi (persino l’incenso delle chiese, denominato “incenso passivo”) equivalgano a emissioni di sostanze comunque patogene. Anche in Minnesota sono comparse le prime chiese cattoliche che offrono messe “incense-free”. Mentre chi si profuma, in Canada, è malvisto come in Europa lo è ormai il fumatore, e presto il bevitore, dunque l’obeso e poi chissà, il caffeinomane o l’interista: ragioni in fondo se ne trovano di ottime. Negli Usa si parla di prevedere la scritta “nuoce gravemente alla salute” per le bottiglie di vino e sulle famose merendine, ciò per prevenire ogni genere di dipendenza alimentare. Già scrivemmo, su questo giornale, di una ricerca che in Italia è stata tradotta sulla rivista “Industrie alimentari” e secondo la quale il formaggio e la carne andrebbero aggiunti alla lista dei cibi che danno dipendenza, come già sono classificati il cioccolato e il caffè; questi alimenti, si spiegava, rilasciano componenti narcotici simili alla morfina e ne consegue che in giro c’è gente drogata di Taleggio. Esagerazioni?
Vedremo. Per intanto, a partire dal Regno Unito, fumatori e obesi e bevitori stanno per diventare ufficialmente dei cittadini di serie B. Intanto anche lo stato più libero del mondo, come un tempo Giulio Andreotti definiva il nostro Paese, sta via via attorcigliandosi in leggi e leggine che toccano il nostro privato e che finiranno per imbrigliarci come le cordicelle che bloccavano Gulliver. Un po’ alla volta diverremo la versione ingrandita di Singapore, supertecnologici e ipersicuri laddove tutto è è prescritto e controllato e sanzionato. Esagerazioni. Vedremo.
comunque, la vera dipendenza, quella che non smetti mai, quella che in qualunque condizione di salute, psicologica, economica, di stato civile, di fede religiosa, politica, calcistica, che qualunque cosa capiti sai dentro di te che ti accompagnerà fino alla morte
è la dipendenza dalle pugnette
che cosa sono?
(poi mi tocca risponderti su altro, Piti )
adesso ti voglio, piti! :)))))
comunque pare che la dipendenza impossibile da calcellare durante tutta la vita sia un’altra http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/05_Maggio/31/amore_adolescente.shtml
sono sigarette che si tengono in pugno
NO, mi hai detto una bugia.
Sono andata proprio ora su Google, dove vai anche tu, e, se ho ben capito, è tutt’altro!!!
Giuro che credevo fosse un tipo di cibo, sempre se ho capito bene, giova ribadire.
Ma il punto qual’è?
Ho smesso di fumare e non sono diventato immortale?
Di sicuro fumare non è che faccia benissimo, ma l’ago della bilancia del nostro destino non ce l’abbiamo in mano noi e non basta non fumare per avere una vita lunga e piena di salute.
Ho anche scoperto che scrivere un commento mentre ci si tocca scaramanticamente le palle è difficoltoso.
vedi, Morosita,
(atteggiamento da fratello maggiora, mano sulla sua spalla, tono basso e rispettoso, sguardo imbarazzato, ricerca dei termini più neutri possibile, desiderio di essere in una miniera di sale piuttosto che in quella situazione)
vedi, ehm, dicevo, cara, forse tu pensavi alle orecchiette, o magari alle crocchette, o forse alle polpette. Invece si tratta di… ehm, urgh, insomma, sì, un’altra cosa. Potrei dire che spesso chi prepara una pugnetta pensa dentro di sè a qualcosa da infilarsi in boc…, no, questa è meglio di no, non ho detto niente, Morosita cara, ma… mi sembra di sentire un telefono che squilla, sarà mica il tuo…ah, no. No,eh, peccato. Allora dicevo, sai, a volte, uno, magari è lì, è per conto suo, e pensa. Pensa. PENSA. (to be continued)
Guarda che sto capendo, anzi credo proprio di aver capito, fratellino, anzi fratellone.
E Google mi ha dato una grande mano!
Nella mia lingua non si chiama cosi, dico davvero.
Ah, la lingua orale…how many sfumature, how manyiiiiiissime.
Alla base di ogni dipendenza c’è un bisogno materiale che, per quanto a volte possa sembrare improbabile, esprime un momento di disagio interiore. Lo si chiami come si vuole, ma si tratterà sempre di un horror vacui, della paura del vuoto esistenziale di pochi attimi da colmare in modo facile e piacevole, che si è incapaci di affrontare “in borghese”. C’è quindi chi lo farà mettendosi le dita nel naso, chi scopando come un riccio, chi mangiando crocchette e chi fumando il proprio ansiolitico. Ma già capire che smettere di fumare faccia ingrassare non per magia ma solo perché spinge ad alimentarsi compulsivamente e come buoi muschiati, è un buon inizio. L’importante è fare i conti con le crisi di autentica ANSIA che rendono difficile il momento del bisogno non appagato. Questi momenti possono essere vissuti più o meno consciamente e generalmente provocano una sofferenza profonda, ma non troppo “estesa” nel tempo. A condizione di riuscire a riconoscerla per questo disagio esistenziale anziché per una superficiale brama da cilindro di roba incandescente (o equivalente) tanto piacevole quanto dannosa. Altrimenti, come le crocchette, si ripropone. Le tecniche per affrontare e spegnere i momenti di disagio una volta raggiunta questa consapevolezza sono tante, ma la più economica e gratificante è probabilmente il training autogeno. A condizione di apprenderlo e praticarlo in modo adeguato, con l’aiuto di gente seria. Solo allora, con applicazione e pazienza, si potrà avere la meglio sulle crisi con il pensiero rassicurante di un istante.
Ma per smettere di fumare hai iniziato a esagerare con la liquirizia?
Filippooooooooo!!!! Sono la Simo, oggi non ho avuto un attimo a lavoro! Just the time per leggere il tuo articolo!!! Come faccio??? Sono mesi che cerco di comunicare con te, ma quando io ho tempo, tu….evidentemente no!!!Ora scappo,
A domani,
Simo
Stai per finire al Creatore?! Mi ricorda qualcosa…
Solo che quello aveva un’occlusione all’aorta, dovevano aprirlo dal collo all’ombelico e fumava sulla panchina dell’ospedale.
La simo chissà chicazzè, la GIOPANA è sempre la solita GIOPANA.
GIOPAAAAAAAANNAAAAAAAAAAAAAAA.
http://en.wikipedia.org/wiki/Quitters,_Inc.
Highly recommended.
Facci, ti stai torturando. O cambi prospettiva e ti rendi pienamente consapevole che il desiderio di fumare è dovuto esclusivamente a placare le crisi d’astinenza oppure fuma tutte le sigarette che desideri. Fumandone poche mantieni viva la dipendenza fisica e rendi tutto più difficile. Che fumare sia piacevole è una semi-balla. L’aspetto piacevole del fumo si riduce al debole effetto della nicotina sui livelli di dopamina nel cervello. Effetto notevolmente inferiore a quello dell’eroina, del sesso e dell’esercizio di violenza selvaggia su esseri umani. Vi sono poi effetti neutri che i fumatori interpretano come piacevoli e mi riferisco alla vasocostrizione e all’aumento della secrezione gastrica. In quanto al sapore/odore, i fumatori hanno la funzionalità olfattiva compromessa, in particolare per quanto riguarda gli aromi del tabacco e dunque non sentono gran ché. Ce ne si rende conto se non si fuma per almeno due settimane, la prima sigaretta dopo il periodo di pausa avrà un sapore completamente diverso da quelle che si è fumato sino a quel momento, si riuscirà a sentirne il vero odore e ci si renderà conto che quando si fuma abitualmente non lo si sente per nulla.
Il tabagismo è un’autoinganno e per fotterlo si può usare la stessa arma, ci si può affidare a un credo e seguirlo ciecamente per uscirne. Basta che sia vagamente ragionevole e sapere che serve a sbarazzarsi della dipendenza per non farsi troppi problemi ad adottarlo. È quello che si fa leggendo il libro di Allen Carr.
il fumo diper sè come sostanze non porta al tumore al
polmone ma può aiutare lo sviluppo di batteri pseudomonas che invece
possono portare all’ origine di cellule tumorali, a tutt’ oggi non è
stato provato
sperimentalmente che le sostanze presenti nel fumo possano condurre ad
una origine tumorale.
TUMORE POLMONARE CAUSATO DA BATTERI PSEUDOMONAS
sito: http://www.tumori-batteri.info
Slow:
“Ma già capire che smettere di fumare faccia ingrassare non per magia ma solo perché spinge ad alimentarsi compulsivamente e come buoi muschiati, è un buon inizio”
Non è esclusivamente così: quando si smette di fumare avviene una variazione nel metabolismo, che porta a bruciare meno calorie rispetto alla vita da fumatore. E ogni situazione rappresenta un caso a sé.
Io ad esempio smisi quasi completamente di fumare per un anno (ne fumai infatti sette in tutto durante il periodo) e non ingrassai di un grammo. Cosa che, fosse avvenuta, mi avrebbe tra l’altro anche fatto piacere.
Per dire che:
a)fatto benissimo,fumarne una al giorno o quando le scorcchi e’ ottimo,ti direi che non hai smesso di fumare,hai cambiato il tuo rapporto con le sigarette ,che e’ diverso
b)fatti le canne;)
Federica, non saranno variazioni del metabolismo anche cerebrale che accentuano lo stimolo della fame? E comunque sì, ogni caso fa storia a sé.
notevole il commento di Halley!
vedo che quando, nella mia infinita ignoranza, dicevo che la dipendenza più feroce è quella dalle pugnette, sostenevo in modo grezzo ciò che Halley espone in termini scientifici.
Wow! Favoloso: iniziare uno scambio di idee (?) lasciando che l’interlocutore ti appelli con “la Simo Chissà chi cazzè” ;) E’ come lasciarsi trattare male da un uomo al primo appuntamento: mi diverte un casino!
Facci caro, è ovvio che tu non sappia chi sia perchè, nonostante io abbia il tuo CV nel cassetto, ho sempre molto poco tempo e riesco a leggere tutti gli articoli e i post ma quasi mai a scrivere….quando ho tempo io, tu sparisci. Sono sempre la Simo-Chissà-Chi-cazzè ;) e avrei una serie di commenti da fare…troppi. Quindi mi soffermo su un paio di concetti. First of all: anche a me quelli che vanno fieri di qualcosa che non capiscono o non gradiscono o che, addirittura, non hanno mai avuto il piacere di testare, fanno un po’ pena! Poi: io non fumo, tranne una sigarertta dopo un lauto pranzo o simili…ma Pizzicone! Si può sapere come fai a sostenere di essere contento senza dipendenze??? Anche io lo sono, o meglio, concordo nel riuscire ad essere super partes, a riuscire nel non cedere completamente…ma ti assicuro che il caffè è un piacere sublime ( e te lo dice una che ultimamente ne ha dovuto ridurre le quantità!!!) e come non si fa a non cedere a qualche vizio??? I vizi esistono perchè se ne possa godere…nei limiti e con intelligenza, ma si deve!!! E’ come vivere senza mai peccare… ;) che gusto c’è??? Non ci sarà mai una completezza in tutto ciò….non credi??? E mi sento di contraddire anche il caro Facci: io riesco a fumare solo quando mi va. Perchè pensi che non si possa??? Bisogna essere donne (o uomini) di carattere….!!! Quindi…fa’ pure i tuoi conti. Ora aspetto di essere trattata malissimo, ma la cosa mi diverte, anche perchè è nella sua indole…
Baci, Baci,
Simo
Posso chiederti perchè hai deciso di smettere?
Nel senso: casa ti ha motivato così concretamente?
Ti chiedo scusa, ma ci ho pensato e la risposta tutto sommato è molto privata.
…ti chiedo scusa, ma ci ho pensato e la TUA risposta, caro Facci è arguta per uno che ci ha elencato persino le cifre esatte di ogni sbalzo di pressione…ma tutto sommato è privato!!!!
Come dice il mio English friend: “Rightman”. ;)
Simo
Anch’io fumo solo quando ne ho voglia, ma non mi ritengo una persona di carattere per questo.
Il vero carattere non sta nel non fare qualcosa alla quale siamo tutto sommato indifferenti, ma nel rinunciare ad una cosa da cui dipendiamo.
Perciò, bravo Facci e bravi tutti quelli che riescono ad essere padroni dei loro vizi.
…il concetto è lo stesso, in parole differenti. Essere padrone dei propri vizi, implica necessariamente non diventarne dipendenti. La dipendenza, nel caso “bisogno fisico o psichico di assumere una sostanza”, implica lo stadio successivo, in cui il carattere, almeno nella maggio parte dei casi, viene sopraffatto da questo irresistibile bisogno. Concordo, però, sul fatto che si può combatterla. E lo si può con tanta forza d volontà, ovvero col carattere.
Simo