“Ho ucciso Giovanni Falcone. Ma non era la mia prima volta: avevo già adoperato l’auto bomba per uccidere il giudice Rocco Chinnici e gli uomini della sua scorta. Sono responsabile del sequestro e della morte del piccolo Giuseppe Di Matteo, che aveva tredici anni quando fu rapito e quindici quando fu ammazzato. Ho commesso e ordinato personalmente oltre centocinquanta delitti. Ancora oggi non riesco a ricordare tutti, uno per uno, i nomi di quelli che ho ucciso. Molti più di cento, di sicuro meno di duecento. Ho strangolato parecchie persone. Ho sciolto i cadaveri nell’acido muriatico. E, prima di farlo, molti li ho carbonizzati su graticole costruite apposta”.
Parole di Giovanni Brusca, il mafioso che esattamente 15 anni fa, il 23 maggio 1992, fece saltare in aria Giovanni Falcone e tutta la sua scorta. Brusca ha messo queste cose messe a verbale e nel 1999 le ha pure raccontate al collega Saverio Lodato.
“Non ho mai avuto modo di conoscere il dottor Falcone. Il mio risentimento nei suoi confronti era identico a quello di tutti gli affiliati a Cosa Nostra: era il primo magistrato, dopo Rocco Chinnici, che era riuscito a metterci seriamente in difficoltà, quella che aveva inaugurato la pagina del pentitismo, che aveva istruito, anche se non da solo, il primo «maxi processo» contro di noi. Era riuscito a entrare dentro Cosa Nostra, sia perché ne capiva le logiche, sia perché aveva trovato le chiavi giuste. Lo odiavamo, lo abbiamo sempre odiato”.
Non erano i soli.
Sin da quando giunse a Palermo nel 1978, chiamato dal consigliere istruttore Rocco Chinnici, Falcone fece poco per rendersi simpatico. A Palermo era stato appena assassinato il giudice Cesare Terranova, e “mafia” era una parola che si pronunciava ancora malvolentieri. Ma poi, dopo l’uccisione del segretario regionale della Dc Michele Reina e del capo della squadra mobile di Palermo Boris Giuliano, dal 1982 al 1988, ricomincerà la mattanza: uno cadranno il presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella, il capitano dei carabinieri Emmanuele Basile, il procuratore di Palermo Gaetano Costa; il segretario generale del Pci Pio La Torre, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e la moglie; il capitano Mario D’Aleo, il capo dell’ufficio istruzione di Palermo Rocco Chinnici; il commissario Beppe Montana, il dirigente della squadra investigativa di Palermo Ninni Cassarà e l’agente Roberto Antiochia, l’ex sindaco Dc di Palermo Giuseppe Insalaco e il giudice Antonino Saetta. E con loro gli uomini delle scorte e gli ignari passanti che si trovano per caso nei luoghi degli attentati.
“Prendemmo la decisione iniziale di uccidere Falcone, per la prima volta, alla fine del 1982” racconta Brusca. “Non tramontò mai il progetto di uccidere Falcone, di eliminare lui e tutti i nostri avversari: quelli che ci avevano tradito, quelli che erano stati amici e ci erano diventati nemici, e mi riferisco agli uomini politici che spesso si trinceravano dietro lo scudo dell’antimafia per rifarsi una verginità. Per esempio quelli che ormai realizzavano tutto ciò che chiedeva Falcone: le sue leggi, i suoi provvedimenti, le sue misure restrittive. Giulio Andreotti per ripulire la sua immagine ci provocò danni immensi: Salvo Lima e Ignazio Salvo sono stati uccisi per questo”.
Falcone non era simpatico neppure ai vicini di casa. Alcuni condòmini del giudice, in via Notarbartolo, stesso stabile dove ora c’è “l’albero Falcone”, scrissero al Giornale di Sicilia nel timore che un attentato potesse tirarli in mezzo. Dopo l’apertura del maxiprocesso nell’aula bunker, nel febbraio 1986, Ombretta Fumagalli Carulli, purtroppo sul Giornale, giunse a scrivere così: “Il vero nodo del contrasto sta in un fenomeno allarmante che solo ora, dopo le notizie intorno alle coperture date da Falcone al costruttore Costanzo, comincia a essere percepito”.
Quando Falcone andrà a deporre al Csm per giustificarsi circa questa faccenda del costruttore Costanzo, racconterà retroscena inquietanti: infatti, mentre uno dei fratelli Costanzo, primo gruppo di costruttori in Sicilia, gli stava raccontando il sistema delle tangenti nell’isola, il consigliere istruttore Meli lo fece arrestare con un mandato di cattura per mafia basato sulle dichiarazioni di Antonino Calderone. I Constanzo non erano organici alla mafia, sostenne Falcone: ne conoscevano certo uomini e meccanismi, ma il loro contributo era ben più imporatante sul versante delle tangenti. E invece fu fermato. La storia di Tangentopoli, forse, poteva essere scritta da un’altra procura molti anni prima delle confessioni di Mario Chiesa.
Così, quando il 16 dicembre 1987 la Corte d’assise di Palermo comminò 19 ergastoli, le polemiche non calarono: tutti si attendevano che il nuovo consigliere istruttore di Palermo dovesse essere lui, Falcone: ma il Csm, il 19 gennaio, 1988, scelse Antonino Meli seguendo il criterio dell’anzianità. Chi temeva che l’arrivo di Meli avrebbe rappresentato un motivo di divisione si rivelerà facile profeta: sette mesi, in due interviste, una a L’Unità e un’altra a La Repubblica, Paolo Borsellino denuncerà la distruzzone del pool antimafia e del suo metodo di lavoro. A futura memoria, ecco chi nel Csm votò per Meli:
A favore i consiglieri: Agnoli, Borrè, Buonajunto, Cariti, Di Persia, Geraci, Lapenta, Letizia, Maddalena, Marconi, Morozzo della Rocca,Paciotti, Suraci e Tatozzi.
Contro i consiglieri: Abbate, Brutti, Calogero, Caselli, Contri, D’Aambrosio, Gomez d’Ayala, Racheli, Smuraglia e Ziccone.
Si astengono i consiglieri: Lombardi, Mirabelli, Papa, Pennacchini e Sgroi.
Il consiglio approva con 14 voti favorevoli, 10 contrari e 5 astensioni.
Falcone decise di lasciare Palermo per molte ragioni:
“Quello che paventavo è purtroppo avvenuto: le istruttorie nei processi di mafia si sono inceppate e quel delicatissimo congegno che è costituito dal gruppo cosiddetto antimafia dell’ufficio istruzione di Palermo, per cause che in questa sede non intendo analizzare, è ormai in stato di stallo. Paolo Borsellino, della cui amicizia mi onoro, ha dimonstrato ancora una volta il suo senso dello Stato e il suo coraggio denunciando pubblicamente omissioni e inerzie nella repressione del fenomeno mafioso che sono sotto gli occhi di tutti.
E allora, dopo lunga riflessione, mi sono reso conto che l’unica via praticabile a tal fine è quella di cambiare immediatamente ufficio. E questa scelta, a mio avviso, è resa ancora più opportuna dal fatto che i miei convincimenti sui criteri di gestione delle istruttorie divergono radicalmente da quelle del consigliere istruttore divenuto titolare, per sua precisa scelta, di tutte le istruttorie in tema di mafia”.
(Lettera di Giovanni Falcone al Csm. Palermo, 30 luglio 1988)
“Dal gennaio al novembre del 1985, tanto per fare un esempio, non credo di essere uacito se non per 4-5 ore al giorno, e per giorno intendo le 24 ore, dalla mia stanza senza finestre nel bunker. O meglio ne uscii, perché dopo l’omicidio del commissario Cassarà fummo chiamati, io e Falcone, dal questore di Palermo dell’epoca, il quale ci disse che lo stesso giorno dovevamo esseri segregati in un’isola deserta assieme alle nostre famiglie, perché se questa ordinanza non la facevamo noi, se ci avvesero ammazzati, non la faceva nessuno perché nessuno era in grado di metterci mano. Siccome io protestai, dicendo che questa decisione non doveva essere attuata immediatamente, perché Falcone è senza figli, ma io avevo famiglia e dovevo regolarmi le mie faccende, mi fu risposto in malo modo che i miei doveri erano verso lo Stato e non verso la mia famiglia. Sta di fatto che riuscii a otenere 24 ore di proroga, ma dopo 24 ore scaricarono me, Falcone e rispettive famiglie in quest’isola. Tra parentesi – io non amo dirlo, ma lo devo dire – tutta questa vicenda ha provocato una grave malattia a mia famiglia, l’anoressia psicogena, e mi scese sotto i 30 chili. Siamo stati buttati all’Asinara a lavorare per un mese e alla fine ci hanno presentato il conto, ho ancora la ricevuta”.
(Paolo Borsellino, Csm, 31 luglio 1988, Comitato antimafia, Prima commissione referente)
E a Falcone del resto cominciarono a voltare le spalle in tanti.
Leoluca Orlando, tuonando contro gli andreottiani, era diventato sindaco e aveva inaugurato una cosiddetta “primavera di Palermo” che auspicava un certo gioco di sponda tra procura e istituzioni, anzi “una sinergia” come aveva detto Falcone stesso. Durerà fino all’estate del 1989, quando il pentito Giuseppe Pellegriti accusò il democristiano Salvo Lima di essere il mandante di una serie di delitti palermitani, ma Falcone fiutò subito la calunnia: Orlando si convinse che il giudice volesse proteggere Andreotti. Fu durante una puntata di Samarcanda che Orlando scagliò l’accusa: Falcone ha una serie di documenti sui delitti eccellenti, disse, ma li tiene chiusi nei cassetti. Accusa che verrà ripetuta a ritornello da molti uomini del movimento di Orlando: Carmine Mancuso, Nando Dalla Chiesa e Alfredo Galasso.
E’ di quel periodo, peraltro, un primo e sottovalutato attentato a Falcone: il comunista Gerardo Chiaromonte, defunto presidente della Commissione Antimafia, circa la bomba ritrovata nella casa al mare di Falcone, all’Addaura, scriverà così: “I seguaci di Orlando sostennero che era stato lo stesso Falcone a organizzare il tutto per farsi pubblicità”. E la voce circolò.
Leoluca Orlando: “Vogliamo capirlo che esistono milioni di siciliani che vorrebbero finalmente vedere colpito il mandante dell’omicidio Mattarella, finalmente vedere colpito il mandante di La Torre, finalmente vedere colpiti i mandanti di Insalaco e di Bonsignore? (…)E’ troppo chiedere alla magistratura, alle forze dell’ordine, finalmente di fare chiarezza? Di chiudere, se devono chiudere, questi procedimenti?”
Santoro: “Lei lo dice come se fosse possibile, come se questa verità fosse a portata di mano, invece è verità lontana”.
Orlando: “Io sono convinto, e mi assumo tutte le responsabilità, che dentro i cassetti del palazzo di giustizia ce n’è abbastanza per fare giustizia su questi delitti”.
Santoro: “E allora perché non lo fanno?”
Orlando: “Lo chieda, lo chieda ai responsabili”.
(Dalla trasmissione di Raitre Samarcanda del 24 maggio 1990)
Così, quando Falcone accettò l’invito del ministro della Giustizia Claudio Martelli a dirigere gli Affari penali, la gragnuola delle accuse non potè che aumentare. L’abiettivo di Falcone era creare strumenti come la procura nazionale antimafia, ma in sostanza fu accusato di tradimento.
Si scagliò contro di lui Lino Iannuzzi sul Giornale di Napoli: “Dovremo guardarci da due «Cosa Nostra», quella che ha la Cupola a Palermo e quella che sta per insediarsi a Roma”. Così Sandro Viola su Repubblica: “Non si capisce come mai Falcone non abbandoni la magistratura… s’avverte l’eruzione d’una vanità, d’una spinta a descriversi, a celebrarsi, come se ne colgono nelle interviste dei guitti televisivi”.
L’Unità, due mesi prima che Falcone saltasse in aria, fece scrivere un corsivo al membro pidiessino del Csm Alessandro Pizzorusso: “Falcone superprocuratore? Non può farlo, vi dico perché”:
“La collaborazione tra il magistrato e il ministro si è fatta così stretta che non si sa bene se sia il magistrato che offre la sua penna al ministro o se sia il ministro che offre la sua copertura politica al magistrato. La prima deduzione è che fra i magistrati è diffusa l’opinione secondo cui falcone è troppo legato al ministro per poter svolgere con la dovuta independenza un ruolo come quello di procuratore nazionale antimafia; la seconda deduzione è che tale opinione sarebbe accentuata, e quasi verificata se, in sede di concerto, il ministro si pronunciasse a favore di Falcone e contro tutti gli altri”.
(Da l’Unità, 12 marzo 1992)
“Inaffidabile e Martelli – dipendente. Così si possono riassumere in sostanza le imputazioni del Csm a Giovanni Falcone. Sono i capi d’accusa che gli hanno fatto preferire Agostino Cordova per l’incarico di superprocuratore antimafia. Secondo la commissione, insomma, la fama di magistrato antimafia, che ha accompagnato Falcone fino alla direzione generale degli Affari penali al ministero, è semplicemente usurpata. E contro l’attuale direttore generale del ministero avrebbe vuotato il sacco anche Antonino Meli, l’ex capo dell’ufficio istruzione di Palermo, quando è stato ascoltato qualche mese fa dalla prima commissione del Csm dopo l’esporto dei vertici del movimento della Rete di Leoluca Orlando, che lamentavano presunte irregolarità a Palermo nella conduzione delle inchieste sui delitti eccellenti di mafia”.
(Da Il Resto del carlino, 12 marzo 1992, “Falcone, una fama usurpata” di Lucio Tamburini)
Così, alla sua nomina, la commissione incarichi direttivi del Csm preferì quella di Agostino Cordova, procuratore a Palmi. Giovanni Viglietta, di Magistratura democratica, spiegò le ragioni della contrarietà sua e della sinistra alla la nomina di Falcone.
Ma Cosa Nostra aveva già deciso di saldare il conto: la Cassazione, infatti, il 30 gennaio, aveva confermato gli ergastoli del maxiprocesso.
Mentre Roma discuteva su come impedire la nomina di Falcone, Giovanni Brusca stava facendo dei sopralluoghi sull’autostrada Palermo-Punta Raisi.
“Nel periodo precedente all’attentato”, ha raccontato Brusca, “si doveva fare il nuovo presidente della Repubblica e si parlava di Andreotti come uno dei candidati più forti. Noi volevamo che l’attentato avvenise prima della nomina, in modo che il senatore non venisse eletto.Tanto che Riina disse: «Glielo faccio fare io il presidente della Repubblica…». Noi pensavamo:«A cu fannu, fannu, a noi non ci interessa. Basta che non è Andreotti». E così accade. Anche un bambino capisce che in quel periodo, con le voci che giravano su Andreotti, con la strage di Falcone, lui era spacciato. Completamente tagliato fuori”.
Poi, a macerie fumanti, il tentativo di sfruttare la morte di Falcone per portare acqua all’inchiesta Mani pulite resterà uno degli episodi più disgustosi della storia del giornalismo italiano.
Piero Colaprico, su Repubblica, definì Antonio Di Pietro “il Falcone del Nord”, e inventò che “si è saputo solo ieri che Falcone seguiva da vicino l’inchiesta sulle tangenti, ma adesso una tonnellata di tritolo ha spezzato per sempre il suo contributo all’indagine milanese”.
L’Unità scrisse: “A Milano i magistrati hanno considerato la strage anche un avvertimento per quanti vogliono smascherare i signori di Tangentopoli”. Solo Ilda Boccassini, e gliene si faccia onore, ebbe la forza di urlare nella aula magna del Tribunale di Milano, rivolta ai colleghi di Magistratura democratica: ” “Voi avete fatto morire Giovanni, con la vostra indifferenza e le vostre critiche; voi diffidavate di lui; adesso qualcuno ha pure il coraggio di andare ai suoi funerali”.
Due giorni dopo la strage di Capaci, su l’Unità, anche Piero Sansonetti ebbe un sussulto di dignità: “Questo giornale, negli ultimi mesi, e più di una volta, ha criticato Giovanni Falcone per la sua nuova amicizia con i socialisti e per la sua scelta di lasciare Palermo. E ha osteggiato la sua candidatura alla direzione della superprocura. In queste ore terribili una cosa l’abbiamo capita tutti, credo: Giovanni Falcone era un uomo libero. Abbiamo invece fatto prevalere il dubbio politico: forse non è uno dei nostri. Forse è politicamente ambiguo. Forse è il cavallo di Troia. E così abbiamo giudicato la sua scelta tattica una sorta di abbandono. Siamo stati faziosi”.
E’ la sola autocritica, in quindici anni, messa nero su bianco da sinistra.
Per la strage di Capaci hanno fatto almeno undici inchieste, e i processi che hanno inchiodato i capi di Cosa Nostra, i corleonesi, sono almeno sei. Giovanni Brusca, nel libro “Ho ucciso Giovanni Falcone”, come in parte visto, ha rivelato i dettagli di un assassinio che la mafia progettava sin dal 1982.
Caltanissetta, poi, ha inquisito Berlusconi e Dell’Utri quali “mandanti esterni” della strage: archiviata.
La stessa procura, con la stessa accusa, ha inquisito altre cinque persone legate agli appalti siciliani: archiviata.
Caltanissetta, pure, ha inquisito imprenditori e politici che secondo un pentito avevano trescato coi boss prima della strage: archiviata.
La Procura di Firenze, a sua volta, aveva indagato su Berlusconi e Dell’Utri sempre come mandanti esterni: archiviata.
Stavamo per dimenticare “sistemi criminali”, inchiesta palermitana che ipotizzava legami tra mafia, logge segrete, destra eversiva e Lega Nord: archiviata.
Ma non serve. Repubblica nei giorni scorsi ha fatto l’ennesima paginata sui “mandanti” e cioè sul niente, tirando in ballo quella povera donna che è la sorella di Falcone. Ma sono parecchi i giornalisti che ancora favoleggiano sui “mandanti”, con ciò ignorando dove la pazienza e il buon senso comune, da un pezzo, ha mandato loro.
Hanno denigrato Falcone da vivo, lo hanno sfruttato da morto, ora continuano. Sono tra le persone più schifose che conosco.
Aldilà degli effetti nefasti di quella campagna della campagna seguita all’articolo di Sciascia , e stabilito che alcune ( non moltissime )cose dette in seguito da Sciascia erano condivisili, vorrei riportare un altre passo di quell’articolo. Passo che cita una delibera del CSM. Ecco, nello specifico, quella delibera del CSM spiega perchè sarebbe meglio che ad occupare un certo posto sia Borsellino e non un ” altro ( Alcamo)
A me sembra censurabile proprio il MERITO, di quell’articolo. Che , incredibilmente, se la prende PROPRIO con la valutazione del criterio del meriti che il CSM attribuisce in PIU’ a Borsellino rispetto al concorrente.
…”si tratta dell’assegnazione del posto di Procuratore della Repubblica a Marsala al dottor Paolo Emanuele Borsellino e dalla motivazione con cui si fa proposta di assegnargliela salta agli occhi questo passo: “Rilevato, per altro, che per quanto concerne i candidati che in ordine di graduatoria precedono il dott. Borsellino, si impongono oggettive valutazioni che conducono a ritenere, sempre in considerazione della specificità del posto da ricoprire e alla conseguente esigenza che il prescelto possegga una specifica e particolarissima competenza professionale nel settore della delinquenza organizzata in generale e di quella di stampo mafioso in particolare, che gli stessi non siano, seppure in misura diversa, in possesso di tali requisiti con la conseguenza che, nonostante la diversa anzianità di carriera, se ne impone il “superamento” da pane del più giovane aspirante”.
Cioè, Sciascia contesta che venga scelto per un posto che richiede una certa competenza specifica una persona che POSSIEDE esattamente quella competenza specifica e particolare?
Ora, andrebbe bene se Sciascia criticasse solo il fatto che per fare passare Borsellino si sono infrante alcune ” regole “, ma che Sciascia punti proprio su quell’aspetto è sconcertante.
Diverso sarebbe stato se Sciascia avesse scritto che contestava la deroga dalla procedura, ma che effettivamente, e una volta tanto, il CSM aveva scelto secondo criteri di competenza. Pur magari continuando a robadire la sua contrarietà . Questo tacere del tutto su questo aspetto della nomina di Borsellino , anzi usarlo solo per farne oggetto di scherno ,non va ad onore di Sciascia.
Questo solo limitatamente a quell’episodio, perchè ce ne sarebbero altre di cose censurabili, in SCiascia, ma non è il momento e non mi interessa più di tanto.
Federica mi informa gentilissimamente che il bel libro di cui non ricordavo il titolo e’ “Falcone e Borsellino. La calunnia, il tradimento e la tragedia”. Autore: Giommaria Monti.
Beh, questa è buona. E’ proprio da quel libro che ho tratto la maggioranza dei materiali.
Di realmente deprimente, caro John, ci sono soltanto le tue calunnie (Sciascia velenosamente ispirato dall’amicizia col dott. Alcamo o pazzo furioso nell’attaccare Nando Dalla Chiesa, non perchè da questi tacciato di “fare il gioco della mafia”, bensì perchè “era colpevole, l’attuale sottosegretario, di avere dichiarato che il protagonista del giorno della civetta era ispirato a suo padre. Guai.”).
Tutto il resto è opinabile e potrebbe essere sviscerato in un dialogo civile: tuttavia è ormai evidente che la mia arroganza mi impedisce di confrontarmi con te. Peccato.
Non solo arroganza, anche reticenza, Persinofrancesco: ci vuoi dire, s’il te plait, se hai approvato e/o approvi la nomina di Meli, ispirata ai nobili principi sciasciani? Coraggio.
Direi che l’unica pesante omissione nell’ “elenco documentale” di Facci sia la recentissima condanna in Cassazione nei confronti di Bruno Contrada, personaggio controverso per il quale noi popolo italiano ci siamo ancora una volta divisi in bianchi/neri guelfi/ghibellini laziali/romanisti e via dicendo.
Ma non è solo, purtroppo, Facci, a dimenticare l’importanza di questa condanna. Praticamente non ne ha parlato nessuno. Perché generalmente in Italia – da quel poco che capisco io – è meglio per tutti non approfondire alcune questioni, una delle quali è cercare di capire come un branco di semianalfabeti possa mettere mezza tonnellata di tritolo sotto un’autostrada per eliminare Falcone, sapendo il momento esatto in cui usciva dal Ministero per tornare a Palermo, senza alcun aiuto da chicchessia.
La condanna di Contrada rimette in gioco il discorso dei possibili mandanti, o quantomeno di possibili fiancheggiatori degli assassini di Falcone e Borsellino. Almeno qualche dubbio dovrebbe farlo venire, cercando di ragionarci sopra senza fare i tifosi.
Quanto al resto, più che accapigliarsi sulla nomina di Meli a vent’anni di distanza, proporrei di parlare molto più spesso di movimenti come Addiopizzo, che per la prima volta in Italia sfidano da cittadini la mafia sul terreno economico. Persone con un’idea potenzialmente vincente, senza nessuna vocazione all’eroismo o al martirio: e forse per questo se ne parla assai poco.
Enrico Natoli grazie
Non ho parole. Allora doveva essere così, il 2007? Davvero, alla fine sarebbe dovuta essere gente come voi, a giudicarci? Avercelo detto prima. Se uno soltanto di voi fosse qui, in questo momento, capirebbe tutto senza bisogno di niente.
R.O.
(Di quasi tutto ciò di cui parlate, non sapete praticamente niente. State facendo il dibbattito su quel che avete visto o guardicchiato in tv. Siete mediocri. Ma davvero Clarence doveva finire così?)
Non so a chi o cosa Orioles si riferisca nello specifico. Per quanto mi riguarda, sarei dispiaciuta se Orioles faccese riferimento anche a me, perchè non era assolutamente mia intenzione egermi a giudice di fatti e cose di cui non ho ho conoscenza diretta. Solo che il post di Facci mi sembrava molto squilibrato, per i motivi detti da Charles, e ho voluto testimoniare non con le mie opinioni ( non mi sembrava il caso ), ma con una testimonianza diretta alcuni episodi che potevano servire a dare la giusta prospettiva ad alcune circostanze. Perchè se è vero che chi non vive quella storia non può dire di conoscerla bene, è anche vero che dal di fuori si può perlomeno riportare ciò che è stato mostrato. Ciò che i protagonisti hanno mostrato o detto. Le loro parole e i loro gesti.
Almeno, questa era la mia intenzione.
Se avesse trascritto l’ultima untervista a Paolo Borsellino…….ma non lo ha fatto.
Certi antimafiosi non sopportano che ci si addentri nel loro esistenziale seminato. MI spiace per Orioles, ma solo umanamente. Io manco ce l’ho, la tv. Sono appena stato a un dibattito con Ayala, Gionmaria Monti, Francesco La Licata, Emanuele Macaluso e Pietro Grasso: evidentemente loro mi accettano come interlocutore, su Macchianera sono solo uno squilibrato.
Che poi alla fine non ho ancora capito una cosa. Il mio post è palesemente orientato a raccontare chi contribuì a svilire e sputtanare e isolare e screditare Falcone prima che fosse ucciso, non altro: ho messo un sacco di roba proveniente da varie direzioni, e il post è già molto lungo. Posso sapere ancora, e infine, in che cosa questo post sarebbe “molto squilibrato”, per dirla con Maria Josè?
Dato il tema specifico (ripeto specifico) può solo significare che ho omesso qualcosa a vantaggio di una supposta parte e a svantaggio di un’altra: ciò che compone di norma uno squilibrio.
Posso sapere che cosa? Per la terza volta: senza divagare.
(non fosse chiarissimo, Montescemolo è Facci)
“Certi antimafiosi” non ce l’hanno con te, o col povero Facci, o con chiunque altro. Semplicemente noia (fastidio, lieve sorpresa – ma soprattutto noia) del sorriso saputo, della battutina, del bovarismo diventato automatismo e mestiere. E la molestia – ma lievissima, come il ronzio delle mosche in un vecchissimo circolo dei civili – di percepire che gli italiani sono ancora così, anzi più italiani di prima. E Ayala, Pietro Grasso, Napoleone, e er cognato che ccià l’amico ar ministero… Un paese così, qui come altrove. Ci vorrebbe un Arbasino a descrivervi, ma io non ce la faccio, mi annoio troppo.
Beh, se ad un dibattito su Macchianera intervengono Natoli e Orioles, allora questo sito non sta poi cosi’ male…
Lo spunto di Natoli e’ certamente molto stimolante, pertanto lo inviterei a entrare nello specifico: ovviamente la condanna definitiva di Contrada suggella i risultati delle indagini, ma un conto e’ nutrire sospetti generici su cosa Contrada avrebbe potuto fare, altro e’ ragionare su un dato concreto.
Inoltre, vero e’ che le irose tifoserie sono sempre uno spettacolo poco edificante, tuttavia credo a) che siano sempre meglio dei festeggiamenti per il ventesimo genetliaco dei “professionisti” che a gennaio produssero neauseabonde lenzuolate sui quotidiani. b) che sia importante fissare accadimenti dei quali si possa dire: quello fu un errore. Ad una successiva approssimazione restano eccezioni, precisazioni e distinzioni, ma il dato prevalente, da non dimenticare, deve restare che certe cose meglio non fossero mai state fatte, o scritte: l’articolo di Sciascia rientra a mio avviso in quella categoria.
Con Riccardo Orioles mi scuso per averlo coinvolto in una disputa dai toni non eccelsi. Non mi sembra di dovere fare ammenda sugli argomenti, ma credo sarebbe assai arricchente, per chiunque passi di qui, trovare un suo contributo in positivo. Se Riccardo trovasse il tempo/la voglia/il modo di darlo, noi che pur provandoci non capiamo molte cose lo leggeremmo e ascolteremmo con la solita avidita’ e voglia di capire: come se fossimo dei ragazzi.
Ho un giudizio molto deciso sulla condanna in Cassazione di Contrada, ma più che altro non mi è chiaro il collegamento diretto con il caso Falcone nell’accezione in cui se ne discute.
Ma sì che ti si è risposto, Facci.
In questo post è tutto messo in un calderone un po’ troppo indistinto.
Accuse magari forti, ma fatte in buona fede, con accuse altrettanto forti ma fatte in mala fede.
Ancora , critiche a taluni aspetti operativi al lavoro di Falcone, legittime, con critiche gratuite e malefiche ( quel cretino)come quelle di Carnevale e Jannuzzi.
Disaccordi sul lavoro, con veri e propri boicottaggi.
Ancora, manca la voce ” IL Corvo”, le lettere anonime che ad un certo punto cominciarono a circolare a Palermo.
E manca la dichiarazione di Falcone dopo il ritrovamento della a :”
Ci troviamo di fronte a menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa nostra e centri i di potere che hanno altri interessi. Ho l’impressione che sia questo lo scenario più attendibile se si vogliono capire davvero le ragioni che hanno interesse ad eliminarmi. ”
” Centri di potere che hanno altri interessi “.Questa dichiarazione mi sembra non sia certo una sconfessione della teoria dei ” mandanti”, più o meno i.
Di questo, tranne che del Corvo e della dichiarazione di Falcone in seguito al fallito attentato, aveva già parlato Charles, l’ho pure scritto. Altro che ” divagare”.
Ringrazio Charles per la stima, ma io di Riccardo – in quanto a conoscenza dei fatti e di capacità di analisi – non ho neanche un’unghia.
Quanto a Contrada, rispondo a Facci dicendo che mi pareva strano che, se si parla delle stragi e si finisce l’articolo citando una lunga serie di archiviazioni e di assoluzioni, non fosse elencata anche la condanna di Contrada.
Sarà fantapolitica, qualunquismo, populismo, superficialità – ognuno gli appiccichi l’etichetta che gli pare – ma sinceramente mi piacerebbe che qualcuno un giorno ci raccontasse che ruolo abbiano avuto i servizi segreti – e dunque anche Contrada – nelle stragi, dato che qualche elemento lascia spazio ad avere dubbi a proposito.
Se fossi un giornalista stipendiato da una testata chiederei sicuramente di poter approfondire la questione.
Ma per favore, Maria Josè. Qui tra varia gente che distribuisce patenti e accampa competenze c’è una sola certezza: tu non ne sai un cazzo. Tu sei quella secondo la quale le “divergenze” tra Orlando e Falcone “non furono mai cattive”, al punto che “le parole di Orlando si muovevano nella normale dialettica politica”.
Come no. Orlando ha denunciato Falcone al Csm (di sopra ho messo l’esposto) ma era dialettica politica. Orlando ha detto che Falcone proteggeva Andreotti e che nascondeva le inchieste nei cassetti, l’ha detto davanti a milioni di persone a Samarcanda: ma l’ha fatto senza cattiveria. Anzi, “era in buona fede”.
Che c’entra Carnevale? La telefonata in cui pronuncia “cretino” all’indirizzo di Falcone è successiva alla sua morte ed era roba privata, appunto telefonica: ma secondo Maria Josè era “gratuita e malefica”, mentre Orlando che accusa davanti a milioni di persone era in buona fede.
I mandanti? Ma lo sapete che Falcone non credeva all’esistenza del famoso terzo livello? O no?
La faccenda del corvo: l’ho tolta perchè non era specificamente contro Falcone (la vittima è stata principalmente un’altra, uscita massacrata) e perchè ho ritenuto rilevanti altre cose all’interno di un post già lungo: voi che cosa avreste tolto?
Io comunque non sto neppure praticamente partecipando, al dibattito che in teoria nasce da un mio post: ma almeno il mio post lo conosco e i commenti li ho letti. Qui è pieno di frasi già sconfessate documentalmente dal post stesso o da commenti successivi, ma niente. Non sono neppure intervenuto su Sciascia: mi sta troppo a cuore l’argomento. Ho chiesto che c’entrasse Contrada con il post su Falcone e mi hanno risposto, in sostanza, che non c’entra.
Io ho fatto il post, il mio commento è quello. Per i minimamente competenti: mi ha chiamato Monti, quello del libro consigliato da Charles (e che io avevo usato per il post) e mi ha detto che in una sentenza della Cassazione che c’è nella nuova edizione si spiega per bene come Orlando e compagnia diffusero la notizia (falsa e infamante) che Falcone la bomba dell’Addaura se l’era messa da solo. “Divergenze”.
Per il resto, vi ripropongo la forza dei fatti di Maria Josè, ‘sta poveretta. Testuali:
“una trasmissione di Costanzo in cui si parlava, per criticarla, la decisione di Falcone di andare a lavorare per il Ministero con Martelli. AD un certo punto, Alfredo Galasso,mi pare, dopo avere criticato Falcone per la sua decisione, proruppe in un .” A Giovà, è che non ci piace che vai a Roma!!” IL tono non era accusatorio, ma amichevole”.
“Una manifestazione, poco dopo la morte di Falcone. Prende la parola Borsellino. Ha nello sguardo il dolore della morte di Falcone. La sue prime parole furono:” Come ha detto l’AMICO Orlando…”Anche qui, tono amichevole”.
Saluti. E Maria Josè: piantala di seguirmi per tutti i post solo per scassare la minchia.
Ma che cavolo dici, che ti ” starei seguendo per scassare la minchia?
Giusto per informarti, ma sai davanti a quanti post sono passata avanti, , senza leggere, solo perchè c’era la tua firma? Ma scendi dal piedistallo.
Se intervengo è perchè ritengo di avere qualcosa da dire, che sia giusto o sbagliato, sai quanti mi frega di rompere l’anima a te e proprio a te. COme ho già detto, sotto questo post non volevo postare le mie opinioni, ho riportato solo due episodi che ho visto personalmente. E che a suo tempo mi avevano colpito. Punto. Tra l’altro, sono intervenuta piuttosto di malavoglia, perchè mi sono già resa conto di cosa voglia dire commentare su questioni di giustizia con te.E mi sono già resa conto della ” disinvoltura ” con cui ometti cose che non ti piacciono. Tipo, la seconda parte di una certa norma del codice penale. Per cui, sai quanto mi preme di ” seguirti?”
Carnevale? Il problema non è certo quel ” cretino ” che so benissimo che è stato pronunciato dopo la morte di Falcone. Era gratuito perchè Carnevale se la prendeva col lavoro di Falcone, esprimendo giudizi pesantisu di lui e sul suo lavoro, criticandolo pesantemente. Però, come riporta Charles, il problema era come la Cassazione sembrava vanificare quel lavoro.Cose pratiche, non antipatia o altro.Anche questo poteva essere riportato, perchè era una delle difficoltà che Falcone aveva incontrato nel suo lavoro.
Ancora, sui mandanti ” esterni ” non ho postato la mia opinione, ma quella di Falcone. E mi sembrava una brutta omissione, quella. Sarà perchè smentiva la tua opinione?
Ma cos’è, ogni tot di post devi fare la faccia feroce, per mantenere la tua fama?
Chi sa, fa. E chi non sa, insegna.
Qualcuno doni una pw agli insegnanti di professione. Gli esperti a 360°. I ricercatori operosi e indefessi che sono sempre sul pezzo, Gli scopritori di virgolettati che non capiscono il senso di ciò che leggono. Ma che, instancabili, estrapolano, sfoderando la sicumera dei testimoni sul campo. Senza essere sfiorati dal dubbio che nutre persino chi c’era di persona e non in virtuale. O chi sul tema ci lavora da una vita.
Raccogliamo le firme a favore di una pw per gli insegnanti.
Il mondo muore dalla curiosità di leggere un loro post. Per imparare.