Torna brevemente e in attesa di futuri fantastici sviluppi l’imperitura analisi degli articoli prodotti da un famoso sociologo e nella sua rubrica sulla prima pagina di un noto quotidiano.
In un articolo che nemmeno Tremonti ai suoi massimi riuscirebbe a scrivere, il Nostro butta lì casualmente una serie di dati per dimostrare la tesi che “in un Paese rapidamente, talvolta in pochi decenni, esplode la creatività, emergono nuovi imprenditori, nuove forme artistiche, nuove istituzioni politiche, nuovi leader. Segue poi un periodo di fioritura, a cui segue l’irrigidimento e, alla fine, il disordine. Ma spesso, dopo poco tempo, si ha un’altra esplosione creativa.”
A supporto della tesi cita il numero di premi Nobel che l’Italia ha conseguito negli anni 50-60:
Purtroppo per lui, 5 premi Nobel abbiamo avuto nei due decenni citati (Natta, Segrè, Quasimodo, Bovet e Luria) e sempre 5 negli anni 70-80 (Modigliani, Rubbia, Montale, Dulbecco e Levi-Montalcini). Per di più praticamente in modo quasi ugualmente distribuito tra le diverse discipline.
Confutare Alberoni sui dati è come scopare senza goldone nell’africa sub-sahariana. Di una semplicità imbarazzante…
Non spariamo sulla croce rossa, please :-D
Albe…chi?
La dimostrazione che anche chi studia tanto può rimanere un pirla…
beh, una ragione per il suo nickname, da secoli, ci sarà… Banaloni!
Secondo me, quello della ciclicità creativa, potrebbe essere un argomento interessante. Tuttavia l’Alberoni, oltre ad aver estrapolato l’unico esempio sbagliato per suffragarla (quello del cinema mi pare già più consistente), ha anche evitato di considerare che ormai le società occidentali sono talmente uniformate e interdipendenti da non poter più essere valutate come elementi a sè stanti…
Io mi chiedo cosa abbia studiato Alberoni, se ha studiato tanto.
Compatisco la gente che lo sta ad ascoltare e compra i suoi libri.